giovedì 30 dicembre 2010

La bellezza della vita

A volte la vita è intrisa di una sorta di malinconia nostalgica. Il passato, come un quadro meraviglioso, si tinge di colori stupendi, si riempie di armonie celestiali. Esso è tale perché è come un film che abbiamo già visto. Vissuto al presente ci creava tanta suspance, come quei film in cui non ci capisce mai chi è l'assassino, (Pippo direbbe che è l'assassino è il maggiordomo), ma visto da quello che era futuro e adesso è diventato presente, è una piacevole e sicura replica, che può essere tragica quanto vuoi, ma ne conosci la fine. Il passato affascina perché in realtà è un film di cui conosciamo il finale. Il presente ci dona le sue inquietudini, pesanti o meno e a volte sembra chiederci di fare un salto nel buio. Qualche filosofo diceva che il presente in realtà non esiste, perché nello stesso tempo in cui lo pensi esso è già diventato passato. Nel presente, però, nascono alcuni sentimenti, sofferenze o gioie che durano nel tempo. Piccoli periodi, scorci di tempo, che sono comunque destinati a terminare ma tuttavia hanno il sapore dell'inquietudine, dell'avventura o della tragedia. Spesso non si vive il presente intensamente, perché troppo presi dalla paura del salto nel buio del nostro futuro. Lo vediamo simile ad una voragine che inghiotte i nostri sentimenti. Gesù ci esorta a non pensare al futuro ma ad affrontare il presente: affliggersi per il futuro non ha senso: il presente ha già le sue inquietudini... Ed ecco la meraviglia della fede cristiana: le parole che Gesù pronuncia dopo, intrise di una grande speranza e gioia: "Non vi preoccupate di ciò che mangerete o di ciò che vestirete, il Padre vostro celeste sa di cosa avete bisogno, prima ancora che glielo chiediate. Non vedete come vestono i gigli del campo, non tessono, eppure nemmeno Salomone in tutto il suo splendore, vestiva così. Cercate il Regno di Dio ed il resto vi sarà dato in aggiunta".
Bellissima filosofia di vita e viverla fino in fondo toglierebbe parte della nostra inquietudine e ci farebbe gustare il tempo presente. Carpe diem...Cogli l'attimo. Vivi l'attimo fuggente, perché se lo lasci fuggire troppo in fretta lo chiamerai passato e ti accorgerai in un istante, che non hai assaporato nulla di ciò che invece era dolce come il miele....
De Andrè, in una canzone, ha asserito che gl'istanti più belli fuggono, durano poco: 
E come tutte le più belle cose
vivesti solo un giorno, come le rose.
Proprio perché sono belli, essi fuggono, ci lasciano il sapore della nostalgia. Talvolta, però, non ci accorgiamo che possiamo creare noi gl'istanti più belli, costruire qualcosa di straordinario nell'ordinarietà, decidere di essere felici, nonostante tutto.
Capita anche che dall'alto del nostro presente, il passato, proprio quello che quando era presente, ci aveva fatto tanto penare, è stato un attimo prezioso della nostra vita, grazie al quale non saremmo ciò che siamo adesso... Certo, un cumulo di difetti, ma un prodigio di Dio.... 

mercoledì 29 dicembre 2010

Sempre io, prima a sinistra (sempre seduta), guardando la foto!!!!

Parlando di tempo...

Permettetemi una piccola divagazione: parlando di tempo e girando per internet, ho trovato una, anzi due fotografie di quando ero alle elementari! Io sono quella seduta, la seconda a destra guardando la foto....Ero in seconda!

Come in un film

Nei momenti in cui l'anima si ritrova nel silenzio e nella solitudine assoluti del suo deserto interiore, si rende conto della sua condizione umana in modo consapevole e lucido. Essa vede ciò che sarà del suo corpo con una lucidità sconvolgente. Allora la paura l'assale, comprende di essere davanti ad un mistero più grande di lei. Sente il silenzio e la solitudine del suo deserto interiore, nota con intenso dolore la sua aridità. Sa di aver toccato la freschezza e il biancore della neve che scintilla al sole. Adesso si ritrova nel suo deserto assoluto, assetata ed affamata con la nostalgia struggente di quel paradiso che le sembrava di avere in pugno ma che le è sfuggito come sabbia al vento, attraverso le sue dita intorpidite. Getta uno sguardo con una sorta di disperazione verso quel cielo che ormai sembra talmente lontano da rivestire la certezza dell'irraggiungibilità. Vede il corpo che aveva abitato simile ad un fantoccio privo di vita soggetto alla corruttibilità, affogato sotto un mare di terra, quindi guarda la sua vita come se fosse un film. Rivede con nostalgia struggente e nello stesso tempo un dolore indefinibile, alcune scene della sua vita che vorrebbe mutare. Rivede con sofferenza rinnovata, gli scherni di chi in realtà ha fatto gli stessi suoi sbagli, ma si compiace di burlarsi dei suoi, tanto per credersi più santa. Scene di vita sofferte, travolte dall'onda della sofferenza si susseguono al suo sguardo, mentre trattiene il fiato rendendosi conto di alcuni sbagli stupidi dovuti troppo spesso alla sua mancanza di fede. Rivede come essa sia stata tentata dal demonio, con mosse astute e pericolose.Si dibatte, l'anima, nella sensazione di essere travolta dalle tempeste, dall'ardore della sofferenza. Poi, tutto ad un tratto, proprio quando le sembrava di non avere più speranza, ecco che Dio le offre il Suo aiuto che, appena un attimo prima le pareva impossibile...

Buon 2011!

In attesa della fine dell'anno

Il Natale e il mese stesso di Dicembre, lasciano il sapore vago della nostalgia, nostalgia di un anno a cui si attaccherà l'etichetta con il baldanzoso nome PASSATO. Come ho sempre detto, anche il tempo che passa, nasconde un mistero profondo e questi giorni sono gli ultimi respiri del 2010. Fin da bambina, è una cosa innata, non mi piacevano i botti di Capodanno e nemmeno il pensiero di un anno che era scivolato via. Il tempo da bambini trascorre lentamente, un po' come quando con ansia scrutavamo le lancette dell'orologio che pigramente ticchettavano, ma faticosamente giungevano alle 12.30, fatidica ora in cui sarebbe suonata la campanella che ci avrebbe permesso di uscire dalle nostre aule...Finalmente, dopo quattro ore di studio! Capodanno mi dava un certo sapore di tristezza... Mi dovevano consolare dicendo che il nuovo anno avrebbe avuto le stesse sembianze dell'anno passato... Ma io avevo nostalgia di Natale e, prima di abituarmi al nuovo anno, ci voleva un po'. Era come se lo personificassi. Per me l'anno vecchio era come un nonno, una generazione passata con il fascino della saggezza. E poi dicembre...! Il mese che preferivo di più! Dovevo aspettare per ben un altro anno che ritornasse e mi avrebbe lasciato ugualmente la nostalgia dolce del passato. E' ancora adesso il mio mese preferito. E' il mese in cui io sono nata. Festeggiavo nel medesimo modo Natale e il mio compleanno. E' vero, tante volte risultava uno svantaggio: con la scusa del Natale i regali erano esigui.... Ma i miei veramente non mi hanno fatto mai pesare la cosa. Facevano un regalo più bello, più grande... Eppure, ero fiera di essere nata subito dopo Natale. Era un proseguo di Natale, perché, inconsciamente, per me, erano entrambe la festa della vita! Sì, decisamente, ne andavo fiera. Certo, un tempo aspettavo senz'altro la data del mio compleanno con più gioia... sapete, adesso, gli anni fanno riflettere sulla canizie!!! Una volta si aveva il desiderio di diventare grandi, di sapere cosa si sarebbe diventati.... e allora, il lento incedere degli anni, sapevano della libertà degli adulti!!!! Ricordo i miei pensieri come se fossero attuali, eppure sono già passati tanti anni....
Va bene, allora, buon attesa del nuovo anno!

martedì 28 dicembre 2010

Le anime del Purgatorio proteggono

Questo fatto è accaduto a me, personalmente tre o più  estati fa, mentre stavo in famiglia. A messa mi recavo spesso nella mia parrocchia dove si celebrava alle 8.30. Ovviamente mi ci recavo un po' prima per poter pregare. Ad un certo punto, poco prima delle 8. 30, ho sentito l'impulso di pregare le anime del purgatorio con una giaculatoria molto semplice: "Anime del Purgatorio, proteggeteci.".
Quando tornai a casa, mia madre mi raccontò che dal quarto piano era caduta una sbarra di ferro proprio mentre lei stava lavorando in giardino. Ad un certo punto ha sentito qualcuno che l'ha spinta da parte e, quasi contemporaneamente, un tonfo fortissimo proprio vicino a lei, nel punto in cui stava lavorando pochi secondi prima. Lei non poteva sapere che io avevo pregato le anime del purgatorio proprio in quel momento ed infatti, attribuì la vicenda al fatto che io stavo a Messa....Un pelo...

Le anime che muoiono in incidenti stradali

Maria Simma era un'anima privilegiata a cui Dio aveva dato la missione di accogliere ed offrire per le anime del Purgatorio. Costoro venivano a lei chiedendole ciò di cui  avevano bisogno per andare in paradiso. Talune di queste, morte in incidenti stradali hanno rivelato che non era quella l'ora prestabilita da Dio, ma avevano accelerato l' ora della morte esponendosi ad un rischio grande... Un po' come il suicidio... e che perciò avrebbero dovuto vivere in purgatorio tutto il tempo fino a che sarebbe scaduto quello concesso veramente all'anima sulla terra. 
Altra affermazione di Maria Simma è che purtroppo molti incidenti stradali sono provocati dal diavolo, così come la depressione, il grande male del secolo civilizzato. Le anime del purgatorio si presentano semplicemente per domandare aiuto, suffragi e soprattutto non vogliono il male delle persone, tanto che sono già sante e sono potenti nei confronti di Dio: a tale proposito avrei un fatto da raccontare, una mia esperienza personale ....

domenica 26 dicembre 2010

Un altro fatto sorprendente

Un altro fatto sorprendente che però non fece scalpore come la storia di Anneliese e i diavoli non c'entrano, accadde negli Stati Uniti e anche di questo abbiamo niente di meno che un documento costituito da un filmato, girato da coloro che subirono l'incidente. Storia sorprendente e significativa. Il diavolo non c'entra, la Chiesa nemmeno, ma fa ugualmente riflettere. Si tratta di tre ragazzi che girano con la macchina per le strade del loro Stato. Ragazzi normali, che dicono anche parolacce, che scherzano fra di loro e quindi non si parla di fanatici religiosi, affetti da visionite acuta. Ecco che il ragazzo, seduto sui sedili posteriori, continua a girare un filmato, riproduce i vari dialoghi, insignificanti o meno. I compagni di strada lo esortano a spegnere quella cinepresa e di fare attenzione alla strada che non riescono mai ad azzeccare. Sembrano essersi persi e di vagare sempre nello stesso punto. Per questo motivo continuano ad intimare al ragazzo di spegnere la cinepresa. Egli non li ascolta, fino a che incontrano una ragazza sul ciglio della strada. Chiede un passaggio, la fanno salire sulla macchina ma appare sconvolta. La credono vittima di una violenza. Cercano di farla parlare. Lei non si sbilancia più di tanto, appare con gli occhi sbarrati. I ragazzi intimano ancora al regista in erba di spegnere la sua macchinetta che è forse causa del nervosismo della ragazza, ma ella non parla, continua a tacere con gli occhi sbarrati. Un dramma. I ragazzi comprendono che c'è qualcosa di più. Il filmato s'interrompe nel momento in cui la ragazza indica il punto in cui ha subito l'incidente ed è morta. Anche la macchina dei ragazzi subisce l'incidente e i due che stavano davanti, il ragazzo e la ragazza, muoiono. Sopravvive solo Davide che non sa raccontare ciò che è veramente accaduto durante l'incidente, è sotto choc ma rimane il filmato girato durante il viaggio, testimone verace ed eloquente più di ogni altra cosa. Si fanno delle ricerche in merito alle quali si scopre che è davvero morta una ragazza proprio in quel punto in seguito ad un incidente stradale.....Vero o no, certo, rimane da verificare... Ma io l'ho accostato a tante testimonianze di Maria Simma che ha visto le anime del purgatorio e ha parlato degli incidenti stradali e le loro cause. Ne parlerò in altri post.

Un caso ancora irrisolto

Un caso ancora irrisolto quello di Anneliese Michel, una ragazza morta ad appena 24 anni di denutrizione in seguito ad una presunta possessione. Non conoscevo la sua storia. E' molto complessa ed anche la Chiesa non si è ancora pronunciata del tutto. La storia di questa povera ragazza, che si può leggere anche su internet, a cui si è ispirato anche un film, è sconcertante. Desidero riflettere su questo. Sentire parlare di Dio, agli atei  dà molto fastidio, chiamano fantasie le credenze dei cristiani, o addirittura li giudicano come dei pazzi. Sentire parlare del demonio, dà fastidio ancora di più, perché forse rimuove fin nel profondo la grande paura dell'uomo che esista davvero un inferno e un Dio vendicativo che volevano cancellare definitivamente dalla memoria. Allora l'uomo cerca di trovare a qualsiasi cosa una spiegazione razionale che voglia scacciare la paura di ciò che sfugge al suo controllo come può essere il potere del diavolo. Sanno bene che l'esistenza del diavolo testimonia l'esistenza di Dio! Il diavolo è furbo, perciò spinge gli uomini, anche credenti, a non credere alla sua esistenza. Sebbene siamo informati sulla storia di questa ragazza, ignoriamo affatto il dramma interiore che ha vissuto, i suoi sentimenti, le sue paure e le sue speranze. La medicina afferma che era una forma di epilessia che creava queste visioni orribili e queste manifestazioni sconcertanti della ragazza.... Va bene... Ammettiamo che fosse una forma di epilessia, le cose che non quadrano però, sono tante. Accettiamo che da essa scaturissero quelle forme di avversione a tutto ciò che era sacro e le visioni stesse.... Ma....se il suo corpo era denutrito, spossato per i lunghi digiuni, come poteva richiedere la presenza di una squadra di uomini per trattenerla durante i suoi attacchi? Ammesso che fosse una forma di epilessia, come poteva parlare distintamente, nello stesso tempo, due voci differenti ed in più usando lingue morte come l'aramaico? Questo caso non altro che evidenziare il dramma dell'uomo di fronte a tutto ciò che non è visibile ai suoi occhi. Un vero dramma... Finché si parla di Dio, l'ateo può accusare, fare la parte del "diavolo"! Ma quando si parla dell'esistenza del demonio le corde più profonde del cuore si scuotono, forse anche quelle del cristiano, la paura antica del castigo eterno inflitto a causa dell'ingiustizia umana, ribolle e propone mille interrogativi a cui non riescono a rispondere. Provano a rispondere con concetti medici, elucubrazioni scientifiche... Ma non riescono mai a soffermarsi sul fatto che alcune cose non sono sotto il dominio dell'uomo.

sabato 25 dicembre 2010

Buon Natale a tutti!

Anche quest'anno è arrivato Natale, un Natale lavato dalla pioggia, sempre magico, nonostante tutto. Magico perché è avvenuto il miracolo più grande che potesse accadere: Dio ha assunto la natura umana. Sembra una frase pre - confezionata che ogni anno ripetiamo, ma ogni Natale è diverso dall'altro anche se sommariamente si fanno le medesime cose. La vita è un continuo divenire, un incessante divenire, che non si ferma mai. Il Natale fa meditare sul mistero del tempo che passa inesorabilmente, anche perché subito questa solennità, un anno termina. A volte il tempo trascorso sembra inutile, sembra che ci abbia lasciato solo l'amaro in bocca e un inquietudine vaga per l'avvenire che ci sovrasta con i suoi interrogativi, sempre più pressanti e inquietanti. A volte non ce ne accorgiamo, ma accadono dei miracoli. Miracoli che hanno il sapore della semplicità, una semplicità genuina...Siamo entrati nel tempo, per sbocciare nell'eternità.

giovedì 23 dicembre 2010

In attesa del Natale

Quante luci! I vari poggioli si sono rivestiti a festa, coronati di luci che s'accendono e si spengono inghiottite dal buio della notte, una notte precoce, invernale, scurita dall'ombra delle nubi che in questi giorni coprivano il cielo. Quelle luci mi ricordano l'albero che si allestiva in cucina. Di sera rallegrava e illuminava ad intermittenza il locale piombato nel buio della sera invernale. Era davvero adornato in modo semplice ma molto bello. Qualche volta ci si recava nei supermercati per trovare qualche addobbo nuovo che potesse rallegrare l'albero. Un anno comprammo i capelli d'angelo che diventarono la passione del mio gatto. Egli infatti, che aveva pari entusiasmo rispetto a noi, li mangiava con appetito al posto della solita erba dei vasi che, in quei giorni invernali, diventava fredda o forse le provocava dolore ai denti! Molto meglio quei fili argentati illuminati ad intermittenza dalle luci che lo avviluppavano delicatamente. In men che non si dica, i fili d'angelo avevano disparità fra loro, uno era lungo, l'altro era corto. Avevamo un gran bel da fare per allontanare il gatto, così attirato da quei fili così invitanti! Non si riusciva. Così quelle luci colorate, mi riportano a quello scorcio di tempo in cui illuminavano le lunghe serate invernali. Talvolta la tramontana picchiava forte con la sua sferza, raggelava le mani che sembravano staccarsi dalle braccia. Si tirava su disperatamente con il naso...Allora, ritrovare l'albero illuminato infondeva una sensazione senz'altro piacevole, degna del miglior focolare domestico...

sabato 18 dicembre 2010

Il sole dopo la pioggia

La natura è il miglior libro, dopo la Sacra Scrittura ovviamente, su cui si possono fare le meditazioni più profonde. Ieri la temperatura qui a Roma era veramente rigida e, cosa stranissima, la neve ha fatto capolino per la seconda volta nello stesso anno. La prima, infatti, era stata il 12 febbraio...sempre di venerdì.. Stupenda, meravigliosa è dir poco: ad un tratto le case sulle quali incombeva poco prima un cielo a dir poco grigio, incerto sul da farsi, erano avvolte da eleganti fiocchi di neve che volteggiavano portati via da un vento gelido. Si è posata solamente sui campetti e sui prati, sconvolti da un tempo così insolito. Il freddo ricama meravigliosi panorami, riveste di meraviglia la terra, li colora, li rende candidi cristallizzandoli. Poi, purtroppo, proprio mentre cominciava a ricoprire il cortile, la neve ha deciso di nascondersi nuovamente e di affogare in un mare di pioggia e di brillare sotto lampi argentei che accendevano le case ed un cielo diventato tutt'ad un tratto di un grigio cupo.Torrenti di pioggia hanno cancellato ogni traccia di neve... faticosamente invero, perché la temperatura è rimasta gelida. La neve ha indugiato nel verde dei campetti e si è rifugiata tra i ciuffi d'erba...che quest'estate erano secchi per il gran caldo. Ecco, anche l'anima nel freddo più intenso forma i suoi ricami più belli. Sembra un paradosso ma è esattamente così. Anche la natura sembra morire sotto il manto candido della neve, ma essa sotto il suo gelo custodisce gelosamente il seme della primavera pronto a germogliare. Così accade nell'anima. Il freddo fa soffrire tremendamente, sembra farla morire sotto la sua morsa, ma custodisce il seme del suo risveglio che a suo tempo, fruttificherà. Intanto, con il suo gelo, compone i suoi ricami più belli. 
Oggi il sole. Laddove giaceva un leggero strato di neve, piccole pozzanghere brillavano sotto il sole, come tanti diamanti riversati nel cortile...

venerdì 17 dicembre 2010

La neve a Roma

Qualche fiocco ondeggia allegramente per il cielo, tra il grigio delle nuvole e il vento che gioca con i rami scheletrici, ormai spogliati di ogni foglia. Felicità immensa per i bambini... Ma anche per gli adulti!!!Nevica a Roma!!!

domenica 12 dicembre 2010

Commento al video

Bellissima canzone di De André che profila la sua spiritualità. L'ho inserita perché è risaputo che De André aveva certe idee politiche ed era ateo per definizione. E' vero anche che era sempre dalla parte dei derelitti, dei dimenticati della società, cosa che, a volte, noi cristiani non facciamo con chi è vicino a noi. Siamo pronti a parlarne male dimenticando la carità fraterna affidandoci a regole ferree che, in realtà, non riusciamo a seguire nemmeno noi. Non sto dicendo che vanno eliminati i Comandamenti, lungi da me questo pensiero. Sto solamente discutendo che anche noi, come i farisei, abbiamo dimenticato abbondantemente che ciò che li regola, è la carità e carità, non vuol dire giudicare il fratello e le sue azioni o non rendersi conto della sua sensibilità o dei suoi bisogni. Mi ritornano alla mente alcune parole di Gesù proprio su questo argomento. Fu giudicato dai farisei stessi! Erano quelli che osservavano maggiormente la Legge!

Via della croce - Fabrizio De André

domenica 5 dicembre 2010

Verso il Natale...


Giornate fredde che rotolano velocemente verso la solennità del Natale e la fine di un altro anno. Il 2010 sta, infatti, ormai finendo. Nelle città si accendono le illuminazioni che le rivestono a festa. La gente corre, chissà se si rende conto del tempo che passa così velocemente che sembra un lampo che squarcia il cielo con la sua luce fulminea e, a volte, non ti lascia il tempo per pensare. A volte il corso della storia della nostra vita può cambiare in un istante. Un istante può cambiare il futuro, i nostri sentimenti, le nostre paure. E' vero, quell'attimo assume le sembianze di uno scalpello che incide sulla pietra segni indelebili. Ho inserito anche un video, non tanto per la canzone di De André, ma per le zone che vi sono riportate, sono le zone dove ho vissuto quasi tutta la mia vita e che hanno visto i miei sentimenti, le mie sofferenze e le mie gioie. Ad un tratto hanno fotografato anche il palazzo dove abitavo, così la mia mente è andata ai Natali passati. Come non meditare su questo tempo che passa, come foglie strappate dal loro albero e portate lontane, oltre le memorie di un tempo vissuto, memorie che il tempo può comunque cancellare? Non si può non meditare sul tempo che passa! Il tempo ci traghetta, volenti o nolenti nell'eternità.Mi vedo allora passeggiare per i carruggi di Genova, con il naso rosso spuntare appena dalla sciarpa, le mani ricoverate in comodi guanti che a volte non trattenevano il caldo. Oh sì, tutta la città s'illuminava a festa e i negozianti cominciavano ad augurare buon Natale salutando. La città si vestiva di luci. Quella di oggi non è più quella di ieri. Ieri mi è capitato qualche appunto che avevo scritto nemmeno un anno fa, ma quella che lo leggeva non era più quella che aveva scritto. Da una parte, meno male. Se restassimo fossilizzati nei nostri errori, sarebbe grave, bisogna evolversi sempre in meglio. Tornare indietro non si può, ma ho imparato che nemmeno il passato ci appartiene, in certi casi il buon Dio permette che venga distrutta anche la nostra memoria e di ciò che era passato non ci rimane nemmeno un granello. Questo è il dramma umano, un dramma in cui solo Dio può comprendere e leggere. Leggevo ieri una testimonianza di un uomo che all'età di 38 anni ha subito un incidente gravissimo ed è rimasto come un vegetale. Almeno, i medici dicevano di lui così, ma in realtà lui viveva nel terrore, perché comprendeva tutto.Questo mi riporta all'esperienza di Eluana Englaro. Gli uomini possono sbagliare le loro previsioni. Colui che sembrava in un coma vegetativo, si accorgeva di tutto e subiva le dimenticanze di coloro che, senza dirlo, lo credevano morto. E mi riporta anche ad un sogno di un bel po' di tempo fa, quando vidi due persone, Eluana Englaro ed un ragazzo che io non conoscevo e le loro espressioni di gioia, soprattutto di Eluana che esclamava piena di gioia: "Se tu sapessi, come sono felice" In capo nemmeno ad un mese, il padre decise di farla morire....

Omaggio a Genova...

sabato 4 dicembre 2010

Crescere umanamente...

Per diventare liberi, bisogna imparare a far crescere sia la parte umana che quella spirituale. E' un cammino faticoso che necessita  di molta forza, desiderio di cambiare e sincerità. Il Signore conosce meglio di noi i mezzi più consoni per la nostra persona, perciò i due cammini s'intersecano, non possono scindersi nettamente. Devono unirsi e procedere di pari passo. Infatti nessun uomo può guarire da solo alcune ferite, ci vuole il medico divino che è più sapiente di noi e conosce più di noi stessi il nostro cuore. A noi la docilità al suo volere. Non è certamente facile, il Signore chiede tante cose e soprattutto non è semplice combattere contro se stessi, ma poi si ha la ricompensa, il gusto di quella libertà sudata, desiderata, voluta... Perché più ci si accosta a Cristo e più si diventa liberi, l'anima anela all'infinito del cielo....

Oltre quella porta

Oltre quella porta che delimita il mio presente dal passato c'è il mare, un mare che ho visto nelle sue mille sfacettature, in tante ore delle mie giornate... Ma ci sono anche dei monti, stupendi e superbi, che spalancano la porta dei miei pensieri e li fanno vagare per momenti irripetibili, come d'altronde irripetibile è il momento presente. Ho ascoltato per tanto tempo la voce del mare, i suoi sussurri, le sue urla rabbiose. Ogni sua parola è impressa nella memoria, come un timbro indelebile.C'erano momenti in cui la brezza leggera portava delicatamente i pensieri di un'umanità che si specchiava sulla sua superficie e al mare confidava i suoi sogni. Gente di mare, gente abituata a lottare testardamente, contro le onde che sembrano voler inghiottire le memorie e le esistenze di tante persone, confuse, incapaci di trovare un senso alla loro vita.

Le meraviglie della natura...

La natura riesce a stupire sempre con le sue meraviglie, anche nel mezzo di una città. Essa è il riflesso di Dio e della Sua bontà. Ormai è arrivato l'inverno, l'aria ha assunto il suo piglio gelido e si diverte immantinente a spogliare gli alberi delle loro foglie, le quali sembrano dei gioielli bagnati nell'oro. Il cielo stamattina era di un azzurro cristallizzato, sembrava un immenso e calmo mare su cui galleggiavano placidamente alcune nuvolette. Più il tempo passava, più gli alberi e le case s'accendevano dell'oro del sole. Che meraviglia la natura, emblema del tempo che passa! Se si osserva, anche in mezzo alla città, essa ha molto da insegnare all'uomo, il quale, preso dalle mille faccende, non s'accorge della bellezza che lo circonda. Da tempo la natura si stava preparando al suo sonno, lo aspettava con trepidazione. Ecco allora il vento autunnale, carico di rugiada e di lacrime nostalgiche, sfiorare e colorare le foglie di giallo. Lentamente, come assopite, sotto la sua delicata carezza, le foglie si staccano dai rami, diventati sempre più nudi, e ricoprono il manto dei marciapiedi...
Il tempo passa, è una legge così strana e inesorabile...severa... Non si torna più indietro: i minuti che passano, diventano passato, indelebile, separato dal presente da una porta robusta, chiusa a chiave, chiave che solo chi vive il presente possiede. Nessun altro può entrare, se non per brevi istanti chi ha condiviso con la persona quello scorcio di tempo, un piccolo tratto di quella meraviglia che si chiama VITA.

giovedì 2 dicembre 2010

Andare incontro a Cristo

"Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!"
Celebre frase dell'inizio di pontificato di Giovanni Paolo II. Non è così scontata come pare, essa racchiude, nella sua sinteticità, una spiritualità profonda. Spesso l'uomo si fa un Dio a sua immagine e si scorda volentieri che, in realtà, al momento della creazione è accaduto esattamente l'opposto, ovvero, che siamo noi ad essere stati creati ad immagine di Dio. Siamo noi che dobbiamo ricercare l'immagine di santità che abbiamo perduto e questa, la troviamo in Cristo. Abbiamo in mente l'immagine di un Gesù o troppo severo oppure edulcorato tanto quanto basta per avere la coscienza a posto. Il Gesù che invece dobbiamo conoscere è quello del Vangelo, severo con gli ipocriti e i superbi, ma magnanimo con chi è umile e pentito. Certamente Dio non si stanca di cercare gl'impenitenti, Egli è misericordioso ma rispetta la scelta dell'anima alla fine della sua vita terrena che sceglie di piombare all'inferno. Non abbiate paura di lasciare il peccato che appesantisce nel cammino di santità, accogliete Cristo e la sua potestà. Sì, perché a volte siamo veramente affezionati ai nostri peccati e difficilmente troviamo il coraggio di lasciarli. Gesù ci ha insegnato una via tutta nuova, altrimenti con le nostre sole forze, non riusciremmo assolutamente a seguire i comandamenti di Dio. Cristo sembra esigere molto, ma è anche vero che chi si affida, chi ha fiducia in Dio, ha trovato la strada, anzi, l'ascensore per salire in paradiso. E' Lui che ci santifica, non dobbiamo temere, Egli farà meraviglie nella nostra anima se ci affidiamo a Lui! Solo che lo dobbiamo desiderare veramente, senza afferrarci al concetto di giustizia umana che tante volte ci blocca nel nostro cammino pieno di santità. Egli ci farà gustare fin da questa terra le sublimità della vita interiore, solo se nelle sue mani non temeremo nulla.

Rispetto per l'Eucarestia

Il rispetto per l'Eucarestia nasce soprattutto dalla consapevolezza del nostro peccato. Per questo motivo ritengo molto pericoloso che il ricevere la Comunione sullla mano si sia diffuso così rapidamente. La società di oggi non conosce il peccato, tutto è lecito. Questa mentalità si può essere diffusa anche tra i cattolici e perciò, il ricevere la Comunione sulla mano diventa pericoloso. Lo vedo dalla mia esperienza personale: quando sono maggiormente raccolta, non frastornata da mille altri pensieri e consapevole di Chi vado a ricevere, preferisco stare in ginocchio, in adorazione. La consapevolezza del mio peccato non mi allontana da Dio, anzi, mi avvicina sempre di più, in un modo del tutto speciale. Vedo Gesù chinarsi sulle mie ferite, perdonarmi e mi sento davvero felice, anche di essere imperfetta, perché altrimenti non mi sarei potuta rifugiare dentro il Suo Cuore. I nostri atteggiamenti esteriori esprimono ciò che noi abbiamo dentro di noi.
Inoltre pensavo che nelle apparizioni della Madonna, approvate dalla Chiesa, il o la veggente s'inginocchia di fronte alla Madre di Dio...Ma perché allora noi, quando riceviamo il Corpo di Cristo che è anche Dio, non ci inginocchiamo e ci permettiamo di prenderLo sulle mani...Magari ci laviamo le mani dopo...Il colmo! Abbiamo tolto la divinità a Dio, quando in realtà i veggenti cascano in ginocchio di fronte alla Madonna...

sabato 27 novembre 2010

La Comunione

Come ho già detto altre volte, la Santa Messa rimane il momento più importante della mia giornata. Tempo fa ho fatto mie le parole di sant'Agostino, perché le ho sentite e vissute profondamente. "Fame e sete ho di te, mio Signore". Sì, posso affermare di aver sentito fame e sete di Dio. Mi è sembrato di vagare nel deserto, assetata e affamata di Eucarestia... Poi il Signore ha tolto la sensibilità di esse ma il mio cuore ha ugualmente desiderato unirsi costantemente a Lui. Ultimamente ho vissuto la Messa e nel mio cuore sono nate alcune considerazioni, sono ovviamente personali. Ho sentito il Signore vicino, anzi vicinissimo ma, allo stesso tempo, santo. Durante la Messa, entriamo nel mistero eucaristico gradualmente, prima attraverso la proclamazione della Parola, poi nell'offerta del pane e del vino ed infine nella trasformazione in Corpo e Sangue di Cristo. Ho sentito il Signore vicino a me , ma il mio spirito si è soffermato sulla frase che disse il centurione romano e che anche noi ripetiamo: "Signore, non sono sono degno di partecipare alla tua mensa, ma dì soltanto una parola ed io sarò salvato!"
Vero, nessuno è degno, solo il Suo perdono, il suo Amore ci rendono degni di partecipare alla Sua mensa. Solo la Sua Parola ci rende santi e ci permette di accostarci alla Sua mensa. Altrimenti non ne saremmo degni. Questo passaggio mi ha fatto riflettere sul come si prende la Comunione. Ormai la pratica della Comunione presa in mano è diffusissima, ma io non riesco più. Lo sento vicino, vicinissimo, entra nella mia vita, ma mi pare che questa pratica Gli dispiaccia. E' vero, Gesù era un uomo ma era anche Dio. Mi sembra quasi che ci contraddiciamo dicendo che non siamo degni e poi lo arraffiamo per il collo... Non so...

venerdì 26 novembre 2010

c.v.d.

Come volevasi dimostrare! Linguaggio matematico che si può applicare a ragionamenti di qualsiasi tipo. Il discorso del Papa sembra aver suscitato scalpore nella gente che non ha troppa fiducia nella Chiesa. Prima di affrontare questo argomento, ho pregato e poi ho aperto un libriccino intitolato “buona giornata” con vari pensieri di Padre Pio. Interessante il pensiero che mi è capitato: “Io odio il peccato! Fortunata la nostra patria, se essa, madre del diritto, volesse perfezionare in questo senso le sue leggi e i suoi costumi nella luce dell’onestà e dei principi cristiani.”
Straordinario! Proprio di questo volevo parlare!
Sono da chiarire prima di tutto alcuni concetti. Il papa è infallibile quando pronuncia i dogmi in materia di fede. I cristiani non sono dei pecoroni. Tanti santi hanno dimostrato di saper parlare e richiamare persino il Vicario di Cristo alla verità. Ricordiamo, infatti, santa Caterina da Siena. Non esitò a richiamare il vescovo di Roma al suo dovere. Strano a dirsi. Sul soglio pontificio si sono succeduti papi così pieni di difetti, eppur non sono stati mai promulgati dogmi contro la dottrina di Cristo o la vita! Cristo agisce nell’autorità costituita, sebbene questa sia una fragile e fallibile creatura. Si narra infatti, a questo proposito, che un certo papa di cui non ricordo il nome, stava per promulgare una legge ecclesiastica… Ebbene, Dio non volle: il papa morì la notte stessa! Scoprirono poi che se avessero applicato quelle leggi, ne avrebbero avuto danni ingenti. Se Dio non vuole una cosa anche dall’autorità ecclesiastica, blocca tutto in un modo o nell’altro. E poi…
Le frasi che ha pronunciato il papa vanno lette nel contesto del discorso tenuto. Egli, in una serata in cui ha rivestito d’autorità alcune persone, ha fatto un discorso sull’umiltà e quindi ha asserito che anche lui, non aspirava tanto all’autorità che gli appioppano le persone che lo contestano, ma, semplicemente si sente pronto a compiere la volontà di Dio, foss’anche di lasciare il pontificato.
Sbagliatissimo il pensiero di alcuni che credono che la Chiesa condanni le prostitute. Non è affatto così. Infatti, il primo che non le condannò, fu proprio Cristo e questo insegna la Chiesa, i tanti santi che hanno tolto dalla strada tante persone diseredate, dando loro un lavoro e la possibilità di condurre una vita dignitosa. Fu Cristo infatti che assolse quell’adultera e che fermò la sua lapidazione! La salvò dalla morte, divenendo quasi complice e disse una frase famosa che dovrebbe riecheggiare nel cuore di ogni uomo perché intrisa di grande sapienza: “chi è senza peccato, scagli la prima pietra”
Lui, che fu il primo, non certo papa Benedetto XVI, a predicare il celibato per il regno dei cieli e la continenza nel matrimonio assolse una che fu sorpresa dentro il letto con un uomo…
Donna (stesso titolo dato a Sua Madre Maria alle nozze di Cana), nemmeno io ti condanno, ma d’ora in poi, non peccare più. È il peccato che Gesù aborrisce perché opera del demonio, non certo la peccatrice. Purtroppo ciò che è da aborrire nella prostituzione, non è tanto la donna che vende il proprio corpo. Sappiamo, infatti, che la maggior parte di queste sono costrette a farlo da terzi o spinte dalla miseria. Il punto di riferimento della vita dei cristiani è Cristo e su di Lui si costruisce il Credo della Chiesa. Sempre e comunque, nonostante le parole, ad ogni modo equivocate, del papa, ogni cristiano vero crede fermamente nella vita e nel dono di essa, e sa benissimo che ogni parola e discorso con gli atei non porta quasi a nulla e quindi il più delle volte, invece di fare grandi discorsi, tacerà di fronte al muro dell’incredulità di chi ascolta, preferendo la preghiera…

mercoledì 24 novembre 2010

Un video con la mia vita


Anche questo è un video prodotto da me, in ringraziamento dei doni ricevuti da Dio. Egli ha saputo sempre riempire i lunghi silenzi della mia vita... Almeno da quando ha ricevuto il dono della fede.

martedì 23 novembre 2010

Alla tua presenza

Giorni corti che piombano nel buio, scomparendo, imbevuti di pioggia, pioggia screziata di sole il quale, con i suoi raggi, l'accende... Scompaiono inghiottiti da un denso buio. Il tempo corre veloce, scrivendo la storia, accendendo i cuori, fiaccandoli a volte con il suo incedere inesorabile. Ma in questo buio, attraversato da slanci e da speranze, illuminato da desideri e da gioie, il Signore parla, entra, erompe nella vita. Finito un altro anno liturgico, ci accingiamo ad entrare nel clima dell'avvento, tempo di attesa e di speranza. Talvolta penso che anche noi cristiani non viviamo nell'attesa di Dio, ma smarriamo il senso dei nostri giorni, ingoiati, inabissati nelle cose da fare, nel ritmo vorticoso dei doveri e delle mansioni da svolgere. Non devono assorbirci talmente tanto da non farmi pensare più a Dio. Ogni azione deve avere il suo inizio, il suo compimento, la sua fine solamente in Dio, altrimenti perderebbe parte del suo valore. Egli deve essere il motore di ogni cosa. Bisogna credere fermamente alla Sua presenza. Solo questa può darci la speranza di una vita migliore, con uno scopo trascendentale che supera ogni attesa umana. Senza ciò, ci dibatteremmo nel fango delle contingenze terrene che ci travolgerebbero e quindi ci affogherebbero, senza farci comprendere nemmeno il senso del loro avvenire. Tutto ha un senso, non avviene nulla a caso: c'è una sapienza divina che governa il mondo. Se io sto alla sua presenza, la mia vita cambia, si trasforma. M'immagino Gesù mentre si china sulle mie ferite e mi dà il balsamo del suo perdono. Ecco cosa vuol dire vivere il mistero dell'incarnazioe... Credere che Dio irrompa nella storia personale...

sabato 20 novembre 2010

OOOPPPsss

Scusatemi...oggi sono lanciata!!!!

Genova Crêuza de mä

Video

Ho pubblicato insolitamente questi due video: mi hanno colpito profondamente per due motivi differenti. Quello di Giovanni Paolo II mi ha riportato ad un tempo particolare della mia vita, misto di preghiera, di ricerca, di allontanamento e di riavvicinamento...L'ho già ricordata la giornata in cui era venuto a Chiavari. Un bagno di folla, la piazza traboccava di gente, un senso di ecclesialità, simile a quello che avevo provato a Roma, quando ero andata quattro anni prima... Il grande papa...Giovanni Paolo II. Bellissimi momenti. Il secondo è girato a Genova, ho riconosciuto subito la spiaggia...Che emozione! Dove facevo i bagni da bambina!!!!

Su ali d' aquila

Giovanni Paolo II - Jesus Christ You are my life

lunedì 15 novembre 2010

Desiderio d'eternità

Illusioni? Persone che per acquietare il loro disagio interiore, s'inventano un Dio che le accecano? Alla seconda domanda, si deve rispondere collegandosi alla prima. No... L'uomo è nato con il desiderio d'eternità. A volte lo esprime in modo totalmente terreno, come ad esempio la stessa stesura di un'opera letteraria o la composizione di una musica che vuole sfidare l'usura del tempo. Non erano idioti i nostri antenati che adoravano l'arte, la musica come dei! In essi vedevano la continuità della vita, la sua eternità. E' anche da sottolineare che al tempo di Gesù, non tutti credevano alla resurrezione. Ad esempio la setta dei sadducei faceva parte dei "miscredenti". Questo per dire che Gesù fece germinare la Sua dottrina in un campo tutt'altro che facile e formato da creduloni! La sua dottrina non assecondava il desiderio di chi lo ascoltava e che non era pronto ad accettare l'idea di un uomo/Dio.
Il risultato di tanti cristiani, proviene dal fatto che hanno incontrato Cristo, sono stati affascinati dalla Sua Persona e hanno abbracciato i suoi ideali. Questo incontro è senz'altro frutto della grazia. Non a tutti è concesso.

domenica 14 novembre 2010

Senso di ecclesialità

Oggi a San Pietro c'era un bagno di folla: c'erano per lo più delle Confraternite venute da tutta Italia. Mi hanno poi detto che sono venute anche alcune persone che conosco. Normale: in Liguria ce ne sono molte, particolarmente diffuse quelle che portano i grandi Cristi, crocifissi enormi. Ovviamente non ho visto nessuno di chi conoscevo, ma mi sono venute in mente i ragionamenti degli atei: i cristiani sono degli illusi! Mamma mia, questa che c'è a San Pietro è solo una piccola parte dei cattolici, e sono tutti degli illusi, figurarsi quelli che non sono venuti!!! Il mondo è pieno d'illusi! Com'è triste pensare che viviamo solo per questa vita terrena! Com'è possibile avere in mente solo questo? L'ateo, in realtà, sballottato dai marosi della vita e della sua drammaticità, comincia a credere a tutto: ai maghi, alla superstizione, a tutto ciò che è ancora più illogico della fede cristiana. Non è quindi uno che non crede, è uno che crede a tutto, alle cose più svariate, più illogiche! Il bello è che deride i cristiani. Io domanderei a queste persone: "ma scusa, dopo la morte tu pensi di piombare nel nulla? Perché vivi?" Lo domando agli altri perché io stessa me lo sono domandato e rispondere alla prima domanda con un sì, mi lasciava muta di fronte alla seconda. Non so perché vivo, eppure sento che la mia esistenza va al di là di quella degli animali, io sono molto di più. Sono giunta a questa risposta, eppur convinta che la mia esistenza si esaurisse su questa terra, nonostante anelassi a giungere a qualcosa di più grande.

venerdì 12 novembre 2010

Un amore che abbraccia il mondo

Chi sta a contatto con Cristo, sa bene che è difficile rimanere uguali. Egli interpella, mette in discussione e, come un turbine, sconvolge la nostra vita, spezzando le catene dell'egoismo. Importante nella vita cristiana è crederlo vivo e presente. Non deve diventare una sterile filosofia di vita: siamo fortunati, Dio ci ama e forse non meditiamo e non crediamo abbastanza a questo. Sì, lo vediamo ancora sulla croce, sappiamo che ci ama e che dobbiamo amare i fratelli... Ma, a volte non c'interpella fino in fondo, non crea quella crisi necessaria al mutamento radicale di vita. C'imponiamo stili che abbiamo appreso, ma non ci accorgiamo che, come una macchia d'olio, galleggiano sull'acqua della nostra esistenza, inquinandola e non andando in profondità. Agiamo con leggerezza perché, in realtà, manchiamo di fede vera in Dio. Ogni peccato, oltre che ad essere mancanza di carità nei confronti di Dio, è mancanza di fede: camminiamo ancorati alla terra, sprofondati nelle nostre sicurezze, incapaci di spiccare quel salto che ci permetterebbe di prendere il largo, di credere nell'impossibile. Pensiamo che tutto il bene che compiamo sia nostro. Dio nelle nostre virtù, c'entra poco o niente. Il nostro cammino è il miglioramento tipico di uno scolaro che tenta di fuggire le grane delle sgridate dell'insegnante. C'è molto di più, anzi, ci perdiamo il più bello della vita cristiana che è scommettere il tutto per tutto per conquistare Cristo. San Paolo diceva che reputava tutto spazzatura rispetto a Cristo, perché lo aveva incontrato realmente. Si può incontrare Cristo senza lasciarlo entrare nella nostra vita. Un esempio lampante sono i farisei. Anche loro, come i discepoli, hanno incontrato Cristo, ma non l'hanno accolto, non hanno spalancato le porte del loro cuore come fece invece Zaccheo. Allora, spalanchiamo le porte dei nostri cuori, facciamolo entrare nella nostra vita, nelle nostre gioie e nei nostri problemi ed Egli ci farà gustare le gioie più vere della vita cristiana.

domenica 7 novembre 2010

Il cammino di Gesù sulla terra

Scordiamo spesso che Gesù non era solo Dio, ma anche uomo. La Sua umanità era perfetta. Come ho già detto, non si vergognava di far vedere i suoi sentimenti più profondi, di svelare i suoi pensieri. Era un uomo libero. Gesù, venendo sulla terra, non aveva comunque la consapevolezza totale della Sua condizione, infatti sul Vangelo vi è scritto che crebbe in età, sapienza e grazia, davanti a Dio e agli uomini. Sua Madre non intervenne quasi mai nella Sua vita. Quando Gesù si smarrì nel tempio, i genitori lo cercarono angosciati. Dodici anni: era l'età in cui i bambini ebrei erano ormai considerati adulti. E' la prima volta che Gesù menziona che deve fare la volontà del Padre Suo. I genitori, di fronte a tale risposta, rimasero sconcertati. Si dice che Maria meditò quelle parole nel suo cuore. Gesù non usò mai il fatto che fosse Figlio di Dio per farsi valere nei confronti dei farisei: sarebbe stato idiota, perchè gli Ebrei detestavano ogni rappresentazione umana di Dio, tanto che non osavano nemmeno dirne il nome. Nelle Scritture vi era scritto di un Messia, Figlio dell'Altissimo e tanti si spacciarono tali, anche dopo la morte di Gesù. Ne parlarono gli stessi Ebrei dopo la morte di Gesù e commentarono che, se era una dottrina venuta da Dio, sarebbe continuata, ma se fosse idea di uomini, sarebbe ben presto finita. Infatti... Sono trascorsi ben 2010 anni e la barca di Pietro, nonostante gli scandali assurdi, continua a navigare nel corso dei secoli. Sarebbe stato idiota da parte di Gesù, se avesse cercato solo successo e consensi terreni, spacciarsi per il Figlio di Dio, proprio in mezzo ad un popolo che aborriva ogni forma di idolatria e non farlo, invece nel popolo greco che l'avrebbero accettato immediatamente, come fecero con Paolo quando videro i miracoli che compiva. Il motivo per cui Dio mandò Suo Figlio per salvare l'uomo è relativamente semplice: il sangue degli animali, non poteva saldare il debito contratto dall' uomo con il peccato. Il debito era immenso, perciò ci voleva un sacrificio perfetto: quello di un Dio fattosi uomo: nessun uomo infatti, sarebbe riuscito a sopportare la sofferenza che Lui patì.

sabato 6 novembre 2010

Amareggiati nella sofferenza...

La domanda "Dove sei, Signore" è l'eco tremendo della sofferenza umana, del chiedersi il motivo di tante ingiustizie perpetrate nel mondo. Un'eco dolorosa, un'eco che parla del dramma umano. E' un'eco che ha attraversato la storia di fede di un popolo intero, quello ebraico e ancora attraversa il popolo dei credenti e di tanta gente smarrita che non ritrova più se stessa.
Voglio raccontare un breve episodio della mia vita che senz'altro mi ha segnato profondamente. Per vari motivi sono stata a contatto con il favoloso ex reparto di pediatria del Galliera di Genova. Là ho conosciuto la sofferenza degli innocenti, di tanti bambini la cui vita non si era ancora schiusa, ma già dovevano affrontare un passo più grande di loro, quello della morte. In quel reparto, per la prima volta, anch'io, sebbene fossi piccola, mi domandai: "Dove sei, Signore?" Ho conosciuto, però, anche la generosità di molti medici che hanno dato la vita per ridare salute a tanti piccoli che avevano bisogno di loro. Ho incontrato medici che hanno vissuto la loro professione come una missione. Era un'equipe di giovani medici, impegnati a lenire anche il dolore interiore di tanti piccoli bimbi martoriati. Nel reparto vi era degente una ragazza, Emanuela, ammalata di leucemia. La si vedeva scivolare per il reparto, flebo alla mano, con un vago sorriso sulle labbra. Siccome io ero molto più piccola, avevo dodici anni di meno, la guardavo un po' come un modello. La vedevo camminare per il reparto, con passo veloce. Il suo capo, privo di capelli, era coperto da un fazzoletto rosso, era alta, magrissima. Lo studio dei medici era tutto tappezzato dei nostri disegni che facevamo per dimostrare loro la gratitudine che avevamo nei loro confronti. Sì, perchè tutti noi, sebbene piccoli, comprendevamo bene che stavano facendo di tutto per salvare o rendere migliori le nostre vite. Ben lungi da noi, il pensare che le punture, i prelievi o qualsiasi altro esame, fossero fatti per farci del male. Anzi, offrivamo la nostra collaborazione, seguivamo il decorso della malattia, discutevamo di essa con loro. I medici ci parlavano apertamente, non ci nascondevano nulla. Lungi da noi, davvero, i capricci che fanno certi bambini di fronte ai camici bianchi dei medici: sapevamo bene che la vita nostra, dipendeva da loro. E veramente, sarà la generosità dei bambini stessi, erano lontani da noi anche certi atteggiamenti di non accettazione o ostentazione della malattia di alcuni adulti. Capitava, perché nessuno, nemmeno i santi hanno accettato la sofferenza a cuor leggero: hanno sudato per accettarla, per accoglierla nella propria vita e solo così si accumulano meriti. Ma, appunto, dopo il momento di sconforto, ecco comparire nuovamente il sorriso, come il sole dietro una nuvola. E lei, Emanuela, la mia "sorella maggiore", camminava dritta con l'albero della flebo accanto, senza ostentare la sofferenza, senza camminare curva sotto il suo peso. Ed un giorno vidi un suo disegno attaccato al muro dello studio dei medici; ce n'erano tanti suoi e mi colpì una scritta, forse di qualche medico...Non so. Emanuela aveva 22 anni. C'era scritto: "Arrivederci, Emanuela." Chiesi spiegazioni, ero ancora piccola. Mi risposero senza guardarmi negli occhi, che era andata in cielo. Avrei voluto piangere, chiedere il perché: tanti bambini che avevo conosciuti sono andati in cielo. Ho vissuto la speranza dei genitori, l'altalena di gioia e dolore, dei giovani pazienti. Il mio cuore era colmo di dolore. Fu la prima, vera volta, che dal mio cuore emerse questa domanda, grondante dolore: "Dove sei, o Dio?"
Sì, Dio talvolta si nasconde ai nostri occhi: ci sentiamo travolti dalla sofferenza, dalle tragedie. Tante volte in seguito mi sono chiesta dove fosse Dio, ma poi, un giorno, aprii gli occhi, quelli del cuore e vidi bene dov'era: era appeso ad una croce. Lui che aveva vissuto nella giustizia, sanando e facendo del bene, era stato picchiato, flagellato e Crocifisso: sì, insomma, anche Lui, pur essendo innocente, aveva subito il dolore...

Dove sei, o Dio?

"Dove sei, o Dio?"
Domanda dell'uomo in ricerca di Dio, della Sua presenza, soprattutto di fronte a certe sofferenze umane che sembrano insormontabili. La sofferenza a volte, raggiunge l'apice, soprattutto quando è causata dalla cattiveria umana. Pende, allora, come un macigno questa domanda: "Dov'è Dio?"
Non è assolutamente giusto che gli uomini si arroghino il diritto di entrare in una vita, di spezzarla, di spogliarla della sua dignità. Eppure la cattiveria giunge anche a questo. E allora la solita domanda: "Dove sei, o Dio?"
Gesù è ancora sulla Croce: nonostante sia risorto, Egli è rimasto sul legno della croce, sullo strumento di salvezza per gli uomini, sembra quasi a voler significare che soffre ancora con noi e per noi.

giovedì 4 novembre 2010

Entrando nel silenzio

Entro nel silenzio della mia anima...Voglio unirmi a te, o Signore, avere i tuoi stessi sentimenti. Mi accorgo, però di essere vuota, di non poter più pensare a nulla. Come le 99 pecorelle di cui ha parlato il Vangelo, io mi sento abbandonata nel deserto. So di essere quella errabonda. Quante volte hai districato il mio vello dalle spine della vita e mi hai cullato, mi hai posto teneramente sulla tua spalla e hai parlato al mio cuore. Sento di essere nel deserto, assorbita da mille cose, incapace di alzare gli occhi al cielo. Che ironia! Quando il cielo era oppresso da pesanti nubi scure e piangeva a dirotto, nel mio cuore c'era il sole! In questi due giorni, il cielo è privo di foschia, così limpido ed azzurro, ma il cielo della mia anima è appesantito da una fitta nebbia. Il silenzio cala nella mia anima, un silenzio che nello stesso tempo si proietta nell'immensità di Dio e nell'aridità del deserto. Assorbita da tutto il resto, anelo a sentire la tua voce. Ti osservo silenziosamente, attendendo un tuo gesto d'amore e mentre scendono le tenebre che avvolgono la città, tremo di fronte a certi miei sogni. Cosa desideri, oh Signore...Parla al mio cuore. In questo deserto, forse la tua voce risuona ed io non la sento. Stai plasmando il mio cuore, ma io non me ne accorgo. Come la sentinella attende il dileguarsi del buio, scruto il tuo ritorno. Ti aspetto, ti attendo, assetata. Tremando ascolto il grido di tanti miei fratelli che nel dramma della loro esistenza, esclamano e domandano: "Dove sei, o Dio?"
Il grido dell'umanità che soffre, che cerca Dio. Anche il popolo ebraico, errante nel deserto, durante l'esodo esclamava e si domandava, nelle atroci sofferenze: "Dove sei o Dio?"
Solo tu, o Signore, dall'alto della Tua Croce, puoi rispondere alla nostra angosciosa domanda. Sei risorto, sulla croce non c'eri più, ti hanno deposto dalla Croce, ma tu, nella tua infinita bontà, sei voluto rimanere ancora inchiodato alla Croce, per dire ad ogni uomo: "Sono qui, sarò sempre con te". Si potevano rappresentare croci nude, senza il tuo corpo, ma tu hai voluto essere ancora presente, vivere la Tua Passione in tanti fratelli che vivono il grande Esodo della vita, ma che si domandano drammaticamente: "Dove sei, o Dio?"

martedì 2 novembre 2010

Credere nell'impossibile

Dopo la pioggia, oggi, il sole fa capolino da un cielo ancora parzialmente coperto di nubi minacciose. Oh sì, è sempre così! Dopo la pioggia viene sempre il sole. Ieri, meditando sui Santi, mi sono venute in mente cose che mi hanno fatto riflettere profondamente. I Santi, come spesso ho detto, non sono quelle persone che sono vissute nei trasporti confortanti di una fede sensibile o che sono stati circondati da ammirazione totale da parte di coloro che hanno vissuto accanto a loro. In realtà, hanno conosciuto molto spesso, la notte oscura dei sensi. Hanno sperimentato il senso di inutilità delle loro opere e l'abbandono più amaro, sia da parte di Dio che degli uomini. Mi è venuta in mente l' esperienza di san Francesco. Egli, alla fine della vita, entrò in una depressione più assoluta. Pensò addurittura che tutta la sua opera fosse stata inutile, che avesse seguito solamente la sua volontà e non quella di Dio, creando una congregazione specifica che prese in definitiva uno stampo totalmente diverso da quello che lui aveva concepito. Spesso sorvoliamo su questo punto e concludiamo che San Francesco compose il suo più bel cantico proprio quando era diventato cieco e sapeva che ormai stava per morire. Sì, tutto questo è vero, ma penso che alcune sofferenze interiori siano ancora più acute rispetto ad altre. La sua sofferenza comprendeva tutto un insieme di fattori: alla cecità si aggiungeva la crisi interiore, una crisi che è stata definita di fede. Il suo merito di santo? Quello di credere contro ogni speranza. A volte sembra pazzia, sembra pazzia anche per chi attraversa quel momento di sofferenza e di buio interiore, perché Dio si è nascosto VERAMENTE ai suoi occhi. Dio sembra essersi dimenticato di Lui. Con terrore, il credente, che ha sempre vissuto per Lui, si ritrova smarrito, in una solitudine che nessuno può sconfiggere. San Francesco aveva vissuto profondamente il momento della conversione, per cui la sofferenza intensa e lo "scoraggiamento" sperimentati alla fine della sua vita, erano in proporzione ad essi. Abbiamo un'immagine assai distorta dei santi: pensiamo sempre e desideriamo pensarlo, che siano "senza sentimenti", che sappiano superare ogni attimo di sofferenza senza che gli altri se ne accorgano... Ma non ci rendiamo assolutamente conto che, in realtà, anche Gesù non disdegnò affatto mostrare i suoi sentimenti più profondi nonostante fossero per noi, cristiani affermati, (!!!!!) negativi. Egli, infatti, pianse calde lacrime di fronte alla morte di Lazzaro. Non si vergognò per niente di mostrarle. Gesù è profondamente umano e la Sua santità, il Suo essere Dio, si manifesta nel credere e fare l'impossibile: risuscitare Lazzaro. Così San Francesco, nonostante il buio interiore, ebbe l'ardire di credere e affermare l'impossibile: "Laudato sii, o mi Signore, per sorella nostra morte...da cui nessuno può fuggire..."...
Anche santa Teresina, nell'arco della sua vita compose poesie stupende. Le sue consorelle commentavano dicendo che "doveva pur vivere nelle consolazioni"! Ma ella rispose: "Io scrivo solamente quello che voglio credere!".
Stupefacente, straordinario! Ma pure sconcertante!E...consolante! I Santi non erano già santi, ce lo dobbiamo mettere bene in testa, ma hanno saputo credere sempre nell'impossibile, nell'azione di Dio...

lunedì 1 novembre 2010

Festa dei Santi

Oggi è la festa dei Santi, di tutti i Santi. Piove ancora a dirotto: mi piace vedere i vetri spruzzati di gocce d'acqua, quell'aria cupa, scura... Le foglie degli alberi ormai screziate di giallo.... Già il buio della sera invernale sta calando, avvolgendo ogni cosa. Giornata davvero molto strana. Tanto tempo fa mia madre ebbe un incidente, dal quale si salvò miracolosamente. Per me è sempre stata una giornata molto particolare, anche oggi. Quasi sempre vissuta all'ombra della Croce, anche oggi. La Croce è il segno della Speranza, della Salvezza, con la S maiuscola. Mi domandavo... Ma allora, chi sono i Santi? Di solito è gente che passa inosservata, a meno che non sia stata insignita di doni speciali da parte di Dio, come potrebbe essere Padre Pio. Non sono solo loro, anzi, ultimamente i santi elevati agli onori degli altari sono persone "laiche" che hanno vissuto la loro vita nella normalità. Non sono coloro che hanno sofferto maggiormente, anche se poi, in concreto, il Signore ha chiesto loro molto perché conosceva la generosità del loro cuore. I santi sono coloro che hanno riconosciuto che ogni dono viene dal Signore, hanno speso la loro vita alla Sua ombra, senza domandare nulla...

domenica 31 ottobre 2010

Riflessioni

In ogni momento della mia vita, ho occasione di riflettere. Bisogna saper accogliere questi momenti che a volte rimangono nascosti ai nostri occhi, impegnati come siamo in mille faccende, eppure Dio non ci parla sempre e solamente durante l'orazione. A volte ci raggiunge mentre saliamo le scale, oppure facciamo qualcosa in cui Dio c'entra poco. Egli sfrutta tutte queste occasioni, per regalarci le sue ispirazioni e per avviare un dialogo con la nostra anima. Bisogna avere molta attenzione a captare questi messaggi, così fugaci, simili al vento che accarezza la superficie dell'acqua increspandola. Non sono onde che travolgono con i loro spruzzi la nostra mente o qualcosa di spettacolare che attragga la nostra attenzione, è simile ad una brezza, leggera. Ho letto una frase molto bella che mi ha fatto riflettere: ecco il sassolino gettato nel lago dello spirito che ne ha increspato le acque.
"La vita non è sempre giusta, ma è sempre bella"
E' una frase vera. L'uomo nascendo, apre gli occhi ad un dramma che è la vita. Le domande che accompagnano questo atto naturale sono drammatiche. Forse noi siamo abituati a dare risposte pre - confezionate grazie alla nostra fede, ma sono del parere che bisogna sudarsele, sentire il dramma di questi interrogativi che fanno parte di ogni esistenza umana. La vita nasce all'ombra della morte. Volenti o nolenti è così. Mi piace però sottolineare una cosa interessante che ho verificato più volte durante la mia vita. Alla morte di qualcuno, succede quasi sempre la nascita di una nuova vita. Sembra quasi voler indicare la continuità della vita. Nonostante questo, nasciamo sotto questo pesante interrogativo: perché viviamo? Questa domanda è in rapporto alla morte, il vero grande interrogativo dell'uomo. Se non esistesse lo spettro della morte, nessun uomo si domanderebbe il motivo per cui vive. Assaporerebbe semplicemente, senza domandarsi null'altro, ciò che la vita le offre, vivendo d'istinti. E' questo il confine grande, immenso, che ci separa dagli animali che talvolta curiamo più delle persone: la consapevolezza della morte. L'uomo l'ha avuta da sempre. E' cresciuto con questo dramma che sconvolge ogni esistenza. Anche tra i cristiani. Leggendo qua e là uno scritto di un ateo, mi ha colpito una frase cruda ma, da una parte veritiera. "Se tutti i cristiani credessero veramente che esiste un'eternità, non avrebbero così tanta paura della morte e non si lascerebbero lusingare dalle cose terrene, come invece dimostrano di fare."
Lì per lì ho provato indignazione, ma dopo un po' mi sono dovuta ricredere. Non gli ho dato ragione in modo assoluto, però da una parte, non mi sono sentita di smentire drasticamente... Anzi, vergognosamente, ho capito che un certo fondo di verità c'è, perché anche a me talvolta sfugge l'eternità, sebbene fin dall'infanzia, come ho raccontato prima, ho sentito la precarietà della vita, facevo discorsi che bambine della mia età non facevano. Io credevo alla morte, non ho mai pensato che non mi avrebbe potuto mai toccare. Adesso che il tempo è passato, ancora di più: la morte e il pensiero della vita eterna dominano la mia mente... Non è in mio potere non pensarci. Qualche volta, come l'uccellino descritto da Santa Teresa di Lisieux, mi perdo nelle cose della terra, dilettandomi a bagnarmi le piume nelle pozzanghere, a becchettare qua e là in cerca di cibo... della terra. Eppure, posso asserire con sincerità che il mio cuore desidera l'eternità. L'ho sempre desiderata. Come ho detto un'altra volta, a 16/17 anni avevo scritto nel diario che provavo tanta sofferenza a vedere come il mondo grondava sangue e, lontana comunque dalla Chiesa, esclamavo: "Non date solo il corpo alla nuda terra, ma l'anima alla luce!" Non sapevo bene definire che cosa fosse la luce che avevo descritto. Non era strettamente collegata a Dio, che, a quell'epoca, mi aveva profondamente deluso!!!! Sembra strano, ma era così, il mio ragionamento, appunto, si basava sulla prima parte di questa frase: "La vita a volte, non è giusta".
Ma è bella, degna di essere vissuta, perché dietro le nuvole splende sempre il sole ed ogni attimo va assaporato, anche se nasconde il trabocchetto della sofferenza. Allora non comprendevo la seconda parte di questa frase: tante volte capita che la vita sia davvero ingiusta, ma tutto va letto secondo la Sapienza di Dio, a noi incomprensibile. Non secondo visioni pre - concettuali che, inevitabilmente, diventano filosofia di vita, fossilizzata entro un limite, oltre il quale non si può andare. La religione va assimilata e non vissuta tanto perché ce l'hanno insegnata o peggio ancora per abitudine.

Pioggia..

Che giorno curioso! Dense nubi nere ricoprono il cielo con il loro manto grigio e sull'asfalto ampie pozzanghere lo riflettono: il grigio del cielo si mescola a quello delle strade. A me piace molto il tempo così nuvoloso...Mi è sempre piaciuto, tanto che da bambina rimanevo incollata al vetro della finestra per ammirare il mare, così grigio. Il paesaggio, seppur fosse esiguo quello che potevo ammirare, mi attirava, m'ispirava pensieri profondi. Di domenica faceva da sottofondo, il suono armonioso delle campane che suonavano a festa. Il mare sembrava affondare sempre di più in un grigio scuro che sembrava voler presagire una giornata immersa nella pioggia. Eppure, sebbene fosse triste, a me quella vista procurava una grande pace.
Stanotte, proprio riguardo all'infanzia, ho sognato di cantare a squarciagola le sigle dei miei cartoni preferiti che erano pochi...Ma... Seguiti... e vissuti! Desiderio di cantare... Certo, considerando che da una settimana sono senza voce. Giorno curioso, davvero. Sentimenti incerti aleggiano come sulla superficie di un lago.

Tempo...

Tempo… Tempo tiranno, tempo prezioso… Scandito dal ticchettio pigro di lancette che girano monotonamente lo stesso corso. Scivolano sopra numeri che pur ripetendosi non torneranno mai più. Solo la mente può vagare in questi confini, repentinamente e così magistralmente che tutto sembra quasi reale: gioia, nostalgia avviluppano il cuore con le loro spire deliziose che allettano l’animo, lo esaltano, lo fanno sorridere. Lentamente scivola una sera sfiorando la mente, giocando con i ricordi. Vaghi, lontani, emergono sagome di monumenti che paiono così strani ma che aiutano a riflettere. Un angelo che con un vago sorriso ed una mano rivolta alla terra che custodisce le ossa di qualcuno che è vissuto anni fa e con un dito dell’altra addita il cielo dove quell’anima che ha lasciato il proprio involucro è andata a tuffarsi, anelante dell’eternità. Come una coperta il silenzio avvolge il cimitero, nonostante sia brulicante di persone. Mi vedo mentre assaporo quel silenzio misterioso e prezioso, così trattenendo il respiro con lo sguardo rivolto verso la collina ricoperta di tombe: tombe sontuose, tombe povere…
Sulle tombe dei bambini vegliavano alcuni angioletti dall’espressione pensosa, altri con un’aria quasi estasiata come a voler riflettere con la luminosità del volto il paradiso che aveva accolto quel fiore colto prematuramente dal giardino del mondo. Sulle tombe più recenti, sempre appartenenti a bambini, alcuni pupazzetti con gli occhi stralunati stavano lì immoti come se fossero increduli di tanto dolore che ha colmato un’infanzia, dolore che ha strappato quel piccolo fiore dallo stelo della vita. M’incantavo là, davanti a quelle tombe che sembravano traboccare di dolore, il dolore dei parenti ed amici che avevano portato quei ricordi a voler significare la loro speranza nella continuazione della vita. Ma come poteva la vita continuare? Eppure, di fronte alla freddezza di quelle tombe conclusione di vite terrene, il mio cuore sfiorava l’eternità. Il pensiero, racchiuso nella mia mente, poteva volare, sfiorare terre oltre confine. Così sicuramente avveniva a loro: quella cosa non materiale, cioè l’anima volava dal corpo per raggiungere terre oltre confine, quelle eterne. Che mestizia! M’interessava l’epilogo di quelle esistenze. Qualche volta accarezzavo quelle fotografie. Sì, m’interessavano le storie delle giovani vite spezzate. Da sempre. La morte, amica e nemica, mi ha sempre affascinata e l’ho sempre temuta. Amore e odio. Insieme, hanno convissuto per moltissimo tempo. Il silenzio, l’eternità si confondevano insieme. Le punte alte e sottili dei cipressi che ondeggiavano al vento e parevano voler sfiorare il cielo, mi sembravano l’emblema giusto dell’eternità. Morte, cara morte. Non volevo di certo donarle la mia anima. Volevo lasciarle solo il corpo. L’anima, purificata dal cammino di “miglioramento” desiderava la luce. Ma come si faceva a raggiungere l’eternità? Ma perché morire? La morte si confondeva con l’idea della luce, una luce intensa, dolce, colma di pace. M’interessava quel momento, così supremo, intoccabile, irripetibile. Ancora adesso la guardo con curiosità e timore, allo stesso tempo. Qualche volta con lo slancio di avere il cuore già nell’eternità. Leggo con piacere le storie di chi ha affrontato con coraggio la morte e soprattutto le testimonianze dell’apparizione delle anime, per sollecitare la mia anima alla fede. Ancora oggi, come allora, m’interessano soprattutto le vite stroncate nel fior fiore degli anni. Non so ancora spiegarmi il motivo, ma è così, una cosa innata.

sabato 30 ottobre 2010

Il dolore delle cadute, il coraggio di rialzarsi

Quando il buio diventa fitto e non vediamo ad un palmo di naso, è facile cadere, farsi del male. Ci sono certi momenti in cui sembra di aver raggiunto il fondo del dolore, si sente il cuore straziato, come se un pugnale ne lacerasse la carne; momenti in cui il buio è talmente fitto che ha offuscato tutti i tuoi valori, il tuo sentire, i pilastri della tua vita. Allora, non vedendo dove si cammina, passo dopo passo, s'inciampa, si cade. Il dolore è straziante, ma è il momento della purificazione, dell'umiliazione interiore, che strappa dei gemiti profondi, ma è salutare per l'anima. Senza saperlo, mentre l'anima continua a camminare gemendo, senza più vedere la meta, con il deserto che sembra soffocare ogni forma di vita e la fede stessa, essa si purifica. A volte non si comprende se il buio è la conseguenza di qualche errore personale oppure se è semplicemente permesso da Dio per innalzare l'anima a gradi più alti dell'umiltà, ma si comprende tutto ad un tratto, quand'appena comincia a filtrare da quella cortina scura un po' di luce, che Dio sta permettendo quel periodo di sofferenza per il bene stesso dell'anima, per innalzarla fino a Lui. La purificazione è molto dolorosa, il cuore sanguina copiosamente: il coltello si muove dentro la carne... Ma, è proprio vero, che è nella notte più profonda che si vedono le stelle più luminose. Non si avrebbe voluto cadere, provare l'umiliazione di farsi vedere meschini, intrisi ancora di egoismo, come una spugna di acqua ma era opportuno per la crescita dell'anima, nell'infinita sapienza di Dio. Allora bisogna avere il coraggio di rialzarsi, di andare avanti, nonostante il dolore delle ferite faccia ancora urlare l'anima e si senta il fuoco della vergogna divampare ardente. Mi viene in mente un inno che spesso si prega nell'Ufficio divino nei vespri: "Se le tenebre scendono sulla città degli uomini, non si spenga la fede nel cuore dei credenti".

E' facile avere dubbi: si possono comprendere i non credenti, quando si domandano dov'è Dio. Forse per questo Dio permette che scendano queste terribili tenebre che fanno dubitare di tutto, di Dio, di una vita oltre la morte. Si comprende perfettamente, nella desolazione più assoluta, che, senza Dio, la vita non ha senso. Quel "non - senso" della vita ti fa pensare alla morte come alla fine di tutto, ad un epilogo inevitabile e terribile. La notte oscura dell'anima... Terribile: ti vedi ad un passo dalla tomba, da una tomba fatta di pietra che raccoglierà le tue ossa: il buio dove piomberai per l'eternità. Nonostante tutto l'anima geme, cerca il suo Creatore così tanto amato e che sente così lontano, come una bruma leggera che indugia sui rami degli alberi ed accarezza i prati. Piano piano le ombre si diradano e da quella cortina che la teneva avvinta, vede filtrare un sottile raggio... Ma, sapete, un raggio, per quanto sia sottile, nell'oscurità più profonda, illumina e scalda l'ambiente. Senti l' anima rinascere, lentamente. Una resurrezione che ti fa stare con il fiato sospeso. Com'è possibile che un cuore che ha sentito il desiderio profondo di Dio, possa essere stato avvolto da tenebre così fitte da dubitare persino dell'esistenza del Paradiso? I piani di Dio sono misteriosi. Non si comprendono, a volte sono dolorosi. Ma, come ho già detto, sono salutari per l'anima, una piccola spinta verso la perfezione.

domenica 24 ottobre 2010

Comunicare con i gesti

Il dialogo si compone, non solo di parole, ma anche di gestualità. Essa nasce dal proprio inconscio e perciò è molto più sincera delle parole. Con la gestualità, comunichiamo i nostri sentimenti più profondi, le nostre ferite. L'inconscio emerge alla superficie attraverso la gestualità.

sabato 23 ottobre 2010

Il mare

Silenzio: vaghi ricordi aleggiano sulla superficie del mio spirito. Il mare, la sua voce baritonale, il suo schiaffeggiare la costa, il suo sciabordio continuo. L'azzurro che si confonde con quello del cielo e scintilla spruzzando accarezzato dalla luce del sole. Silenzio. Raffiora nel presente e smarrita mi guardo attorno, incapace di pensare e di esprimere i miei pensieri più profondi. Rimangono attoniti e con passo felpato, attraversano il mio cuore. Non so cosa sta accadendo, con il fiato sospeso scruto il mare, mentre il tempo, inesorabilmente continua ad andare avanti.

Il gelo dell'anima

Profondo, nell'anima, il gelo. S'infiltra nei suoi interstizi, scavando, provando l'anima. L'uomo che fa il bene, che cerca con animo sincero Dio, sperimenterà senz'altro il gelo dell'anima. Con questo Egli vuole rafforzare l'uomo, il quale non deve cercare solo le consolazioni di Dio, ma semplicemente il Suo Regno. E' molto penoso: il buio è una fitta cortina impenetrabile, il desiderio d'eternità una mera chimera. Sembra che nella vita esista solo la morte, quella della tomba, oltre il silenzio abissale. Un silenzio cupo, impenetrabile. Sofferenza, dubbio, buio, non solo: anche sensazioni indefinibili che provocano ancora più sofferenza. Si va avanti solo grazie alla volontà, a volte ci si domanda perché: la fede, un sottile velo pronto però a squarciarsi. Il dramma dell'uomo...Un dramma enorme, perché quando la sofferenza lacera il cuore, si ricerca il senso più profondo della propria esistenza, si sa che è in Dio, ma anch'Egli tace.

martedì 19 ottobre 2010

Vagare nel buio

Vago nel buio della notte. Scintille di luce argentea, di una luna opaca, schizzano il mare dove la mia barchetta, silente, naviga. Il mare è scuro, riflette l'oscurità della notte, ma è tranquillo: una tavola silenziosa, inerte, immersa nel silenzio, in un silenzio spettrale. Solitudine. Signore, tutta la notte la mia mano è tesa e non si stanca! Io rifiuto ogni conforto! Tutt'attorno silenzio. Ti cerco, Signore, come il naufrago la terra. Mia roccia, mia difesa...Piccole stelle ammiccano in cielo. Nonostante il silenzio che mi abbraccia, sento l'anima in tempesta e il suo gemito agonizzante. Ti prego, Signore, soccorrimi! Non mi abbandonare! Se tu mi lasci, sarò annoverato tra i peccatori, perché senza la tua forza, io sono un nulla, un nulla sprofondato in una notte, così buia, che il silenzio rattrista l'anima, l'avviluppa con spire terribili, fredde. Aiutami ad accettare queste notti, così lunghe ed amare, perché la mia anima ha così sete di te, che aspira al Tuo amore eterno. Dio, mio amore, mio rifugio...

Scalando la montagna

Mio Dio, mi affanno nella sofferenza. Combatto con me stessa e mi pare che non riuscirò mai a vincere. Con la mente offuscata, odio i miei limiti, li detesto, vorrei aver già scalato la montagna e poterti incontrare. Vorrei cancellarli, ma comprendo che anche loro, nella mia vita sono importanti, mi fanno crescere. Colui che raggiunge la vetta, il più bravo scalatore, non è colui che sa percorrere i sentieri dolci, ma chi affronta con coraggio la tormenta di neve, il gelo profondo che penetra l’anima, i pendii più scoscesi, gli ostacoli più impensati, senza abbattersi, senza desiderare qualcosa di meglio se non la vista spettacolare che godrà sulla vetta, che gli è stata promessa. Il bravo scalatore sa scommettere anche la vita, mette in gioco tutto seppur la posta sia molto alta. Quella, l’eternità, è la nostra meta che a volte non scorgiamo, avvolta com’è nelle tenebre della nostra ignoranza e delle prove che ci travolgono. Ma chi ha fede sa che oltre quelle nuvole, c’è un sole sfolgorante che splende e inonda della sua luce anche le nuvole.

L'abitudinarietà che uccide

Anche chi è religioso o afferma di essere tale, può non credere alla vita eterna. La fede diventa qualcosa di abitudinario nella vita, un velo rado appena visibile che non interpella il credente, lo lascia semplicemente così com’è. Non siamo più afferrati dallo stupore di Cristo, ma ci arrabattiamo volentieri in teorie che come una leggera bruma autunnale, s’appende ai rami scheletrici degli alberi che ormai sembrano aver perso la loro vitalità, la loro linfa e attendono la morte. La cosa insidiosa è che il credente non si accorge del suo stato, pensa di vivere bene, di essere nel giusto. Questo è deleterio per la vita dell’anima che non scorge e non sente più il fascino di Cristo, semplicemente si accomoda in gesti abitudinari ed ama solamente la parte esteriore della sua vita, anche se è di sacrificio.

lunedì 18 ottobre 2010

Quando il Cristianesimo diventa una filosofia come tante…

Purtroppo esiste il rischio grave che il Cristianesimo diventi una semplice filosofia come tante, un’ascensione verso un Essere supremo di cui non si ha propriamente una conoscenza, se non nebulosa, offuscata da tanti interrogativi. La filosofia del cristianesimo è quella di seguire certe leggi morali, etiche ed assolvere a certi doveri od obblighi, come può essere ad esempio il partecipare alla Santa Messa o confessarsi ogni tanto. Di certo questo, non è lo spirito del cristianesimo. È inevitabile che ci siano dei limiti in colui che si professa cristiano. Qualsiasi uomo, seppur tenda alla perfezione, ha dei limiti con i quali si scontra ogni giorno, a volte suscitando pure molta sofferenza. Ma ciò che delimita il confine tra il vero cristiano e quello che vaneggia alcune teorie che poi rimangono tali, è l’incontro con Cristo, Dio vero e vivo. Da lì, come in una sorgente, scaturisce tutto il bene, il desiderio di conformarsi alla mentalità di Cristo che, ci piaccia oppure no, ha detto che siamo legati profondamente alla Chiesa e quindi al suo Capo. Rischiano di diventare pura ideologia, quando viviamo “cristianamente” perché abbiamo ricevuto un’educazione nell’infanzia che si è radicata nel nostro spirito fino a diventare atteggiamento abituale. Se pensiamo che questa sia perfezione, ci sbagliamo di grosso: nessuno può osservare i comandamenti senza l’aiuto della grazia e l’incontro con Cristo. Anche nel Vangelo, le varie vocazioni che precedono la sequela di Cristo, sono anticipate da un incontro con Gesù e la sua misericordia. San Paolo può essere un esempio per noi che non siamo vissuti al tempo di Gesù. Egli lo incontrò e solo dopo tale incontro, la sua vita fu trasformata, i suoi ideali furono ribaltati e diventò cristiano a tutti gli effetti, capace di seguire Cristo fino alla morte cruenta.


Meditazioni sul fariseismo

L’errore più madornale di colui che è affetto da fariseismo, in realtà è così fine che pochi si accorgono di possederlo, anche se è correlato con il guardare l’operato degli altri. Si pensa erroneamente che le virtù siano nostre. Pensiamo di possederle! È un errore estremo che fa agonizzare l’anima: l’induce ad entrare nello scoraggiamento più profondo qualora cadesse in qualche difetto. Automaticamente, si è portati a giudicare il prossimo: perché lui stesso non impiega la nostra stessa fatica? Difficile davvero diagnosticare la malattia del fariseismo. Ci sono però certe categorie che sono chiamate per dovere a correggere, come il Papa, i superiori delle comunità, i parroci. Sono i pastori delle comunità e quindi sono chiamati a dover rispondere delle anime a loro affidate… E guai se non lo facessero! Chi scavalca queste autorità, deve essere più che guardingo nel muovere un’osservazione al proprio fratello. Deve valutare approfonditamente ciò che lo muove, se è il suo amor proprio, oppure il non tollerare la diversità, la gelosia, il fariseismo, cioè la superbia.

domenica 17 ottobre 2010

Riflessioni sulla storia

Storia odierna, fatta di violenze, di soprusi. L'era di pace di cui noi tanto ci vantiamo, è punteggiata di fatti di violenza inaudita, di ferocia incontrollata. Era di pace europea, non certo in altri paesi, come potrebbero essere quelli orientali. Stiamo bene noi, cosa ci importa degli altri? Invece tanti stati subiscono ancora delle repressioni o delle guerre di cui noi non ci occupiamo perché di esse, non abbiamo il contraccambio o non ne subiamo le conseguenze dirette.
Mi è rivenuto in mente un film molto toccante, che racconta uno spaccato di un periodo grondante sangue: quello della seconda guerra mondiale, più precisamente l'olocausto. Un periodo osceno, in cui satana sembra sciolto da ogni legame. Storia toccante, che presenta una realtà agghiacciante, che non fanno vedere in immagini violente, ma nel dramma degli sguardi e di mentalità contrastanti. L'uomo non ha mai smesso di essere violento e di uccidere solamente per il gusto di uccidere. Una tremenda follia collettiva. Uccisioni che passavano per giuste, per il bene di un paese. Inculcavano idee pazzesche che la stessa umanità non accettava e che razionalmente condiderava come assurde. In questo scenario tremendo, di morte e sofferenza, nasce una stupenda amicizia tra due bambini che, in teoria avrebbero dovuto essere nemici. Il tedesco, pur essendo molto ingenuo, capisce benissimo che loro due non potevano essere amici. Nemici. Dovevano essere nemici. Ma, pur essendo cresciuto nell'ambiente militare del padre, educato da un precettore ad odiare gli ebrei, comprende che non è umana l'ideologia nazista e dubita persino del padre. Entrambe i bambini sono prigionieri, in modo differente. Uno ha tutto il cibo che desidera, vive riccamente, ma non può uscire dal proprio giardino, perché oltre quello ci sono gli orrori di una guerra sanguinaria e crudele... Ma nemmeno razionale. Gli giunge, nonostante tutti gli accorgimenti, l'eco di quel massacro crudele, che doveva essere nascosto al mondo, compresi i tedeschi stessi. Eco che visibilmente si concretizza in un fumo maleodorante, uscito dalle ciminiere dei forni crematori. Suo padre è coinvolto nella soluzione finale in prima persona. Bruno aiuterà l'amico a cercare il proprio padre morto già nelle camere a gas. Vestirà i suoi panni, il famoso pigiama a righe e ne condividerà la sorte. Il vero senso della vita, sembra sottolineare il film è l'amore che può crescere in ambienti impensabili, che supera ogni barriera, di ideologia e di un filo spinato atto a non far scappare le persone. Interessante che, proprio il più piccolo della famiglia, non si lascerà raggirare dalle chiacchiere dei tedeschi e coltiverà un'amicizia per lui molto importante.