domenica 31 ottobre 2010

Riflessioni

In ogni momento della mia vita, ho occasione di riflettere. Bisogna saper accogliere questi momenti che a volte rimangono nascosti ai nostri occhi, impegnati come siamo in mille faccende, eppure Dio non ci parla sempre e solamente durante l'orazione. A volte ci raggiunge mentre saliamo le scale, oppure facciamo qualcosa in cui Dio c'entra poco. Egli sfrutta tutte queste occasioni, per regalarci le sue ispirazioni e per avviare un dialogo con la nostra anima. Bisogna avere molta attenzione a captare questi messaggi, così fugaci, simili al vento che accarezza la superficie dell'acqua increspandola. Non sono onde che travolgono con i loro spruzzi la nostra mente o qualcosa di spettacolare che attragga la nostra attenzione, è simile ad una brezza, leggera. Ho letto una frase molto bella che mi ha fatto riflettere: ecco il sassolino gettato nel lago dello spirito che ne ha increspato le acque.
"La vita non è sempre giusta, ma è sempre bella"
E' una frase vera. L'uomo nascendo, apre gli occhi ad un dramma che è la vita. Le domande che accompagnano questo atto naturale sono drammatiche. Forse noi siamo abituati a dare risposte pre - confezionate grazie alla nostra fede, ma sono del parere che bisogna sudarsele, sentire il dramma di questi interrogativi che fanno parte di ogni esistenza umana. La vita nasce all'ombra della morte. Volenti o nolenti è così. Mi piace però sottolineare una cosa interessante che ho verificato più volte durante la mia vita. Alla morte di qualcuno, succede quasi sempre la nascita di una nuova vita. Sembra quasi voler indicare la continuità della vita. Nonostante questo, nasciamo sotto questo pesante interrogativo: perché viviamo? Questa domanda è in rapporto alla morte, il vero grande interrogativo dell'uomo. Se non esistesse lo spettro della morte, nessun uomo si domanderebbe il motivo per cui vive. Assaporerebbe semplicemente, senza domandarsi null'altro, ciò che la vita le offre, vivendo d'istinti. E' questo il confine grande, immenso, che ci separa dagli animali che talvolta curiamo più delle persone: la consapevolezza della morte. L'uomo l'ha avuta da sempre. E' cresciuto con questo dramma che sconvolge ogni esistenza. Anche tra i cristiani. Leggendo qua e là uno scritto di un ateo, mi ha colpito una frase cruda ma, da una parte veritiera. "Se tutti i cristiani credessero veramente che esiste un'eternità, non avrebbero così tanta paura della morte e non si lascerebbero lusingare dalle cose terrene, come invece dimostrano di fare."
Lì per lì ho provato indignazione, ma dopo un po' mi sono dovuta ricredere. Non gli ho dato ragione in modo assoluto, però da una parte, non mi sono sentita di smentire drasticamente... Anzi, vergognosamente, ho capito che un certo fondo di verità c'è, perché anche a me talvolta sfugge l'eternità, sebbene fin dall'infanzia, come ho raccontato prima, ho sentito la precarietà della vita, facevo discorsi che bambine della mia età non facevano. Io credevo alla morte, non ho mai pensato che non mi avrebbe potuto mai toccare. Adesso che il tempo è passato, ancora di più: la morte e il pensiero della vita eterna dominano la mia mente... Non è in mio potere non pensarci. Qualche volta, come l'uccellino descritto da Santa Teresa di Lisieux, mi perdo nelle cose della terra, dilettandomi a bagnarmi le piume nelle pozzanghere, a becchettare qua e là in cerca di cibo... della terra. Eppure, posso asserire con sincerità che il mio cuore desidera l'eternità. L'ho sempre desiderata. Come ho detto un'altra volta, a 16/17 anni avevo scritto nel diario che provavo tanta sofferenza a vedere come il mondo grondava sangue e, lontana comunque dalla Chiesa, esclamavo: "Non date solo il corpo alla nuda terra, ma l'anima alla luce!" Non sapevo bene definire che cosa fosse la luce che avevo descritto. Non era strettamente collegata a Dio, che, a quell'epoca, mi aveva profondamente deluso!!!! Sembra strano, ma era così, il mio ragionamento, appunto, si basava sulla prima parte di questa frase: "La vita a volte, non è giusta".
Ma è bella, degna di essere vissuta, perché dietro le nuvole splende sempre il sole ed ogni attimo va assaporato, anche se nasconde il trabocchetto della sofferenza. Allora non comprendevo la seconda parte di questa frase: tante volte capita che la vita sia davvero ingiusta, ma tutto va letto secondo la Sapienza di Dio, a noi incomprensibile. Non secondo visioni pre - concettuali che, inevitabilmente, diventano filosofia di vita, fossilizzata entro un limite, oltre il quale non si può andare. La religione va assimilata e non vissuta tanto perché ce l'hanno insegnata o peggio ancora per abitudine.

Pioggia..

Che giorno curioso! Dense nubi nere ricoprono il cielo con il loro manto grigio e sull'asfalto ampie pozzanghere lo riflettono: il grigio del cielo si mescola a quello delle strade. A me piace molto il tempo così nuvoloso...Mi è sempre piaciuto, tanto che da bambina rimanevo incollata al vetro della finestra per ammirare il mare, così grigio. Il paesaggio, seppur fosse esiguo quello che potevo ammirare, mi attirava, m'ispirava pensieri profondi. Di domenica faceva da sottofondo, il suono armonioso delle campane che suonavano a festa. Il mare sembrava affondare sempre di più in un grigio scuro che sembrava voler presagire una giornata immersa nella pioggia. Eppure, sebbene fosse triste, a me quella vista procurava una grande pace.
Stanotte, proprio riguardo all'infanzia, ho sognato di cantare a squarciagola le sigle dei miei cartoni preferiti che erano pochi...Ma... Seguiti... e vissuti! Desiderio di cantare... Certo, considerando che da una settimana sono senza voce. Giorno curioso, davvero. Sentimenti incerti aleggiano come sulla superficie di un lago.

Tempo...

Tempo… Tempo tiranno, tempo prezioso… Scandito dal ticchettio pigro di lancette che girano monotonamente lo stesso corso. Scivolano sopra numeri che pur ripetendosi non torneranno mai più. Solo la mente può vagare in questi confini, repentinamente e così magistralmente che tutto sembra quasi reale: gioia, nostalgia avviluppano il cuore con le loro spire deliziose che allettano l’animo, lo esaltano, lo fanno sorridere. Lentamente scivola una sera sfiorando la mente, giocando con i ricordi. Vaghi, lontani, emergono sagome di monumenti che paiono così strani ma che aiutano a riflettere. Un angelo che con un vago sorriso ed una mano rivolta alla terra che custodisce le ossa di qualcuno che è vissuto anni fa e con un dito dell’altra addita il cielo dove quell’anima che ha lasciato il proprio involucro è andata a tuffarsi, anelante dell’eternità. Come una coperta il silenzio avvolge il cimitero, nonostante sia brulicante di persone. Mi vedo mentre assaporo quel silenzio misterioso e prezioso, così trattenendo il respiro con lo sguardo rivolto verso la collina ricoperta di tombe: tombe sontuose, tombe povere…
Sulle tombe dei bambini vegliavano alcuni angioletti dall’espressione pensosa, altri con un’aria quasi estasiata come a voler riflettere con la luminosità del volto il paradiso che aveva accolto quel fiore colto prematuramente dal giardino del mondo. Sulle tombe più recenti, sempre appartenenti a bambini, alcuni pupazzetti con gli occhi stralunati stavano lì immoti come se fossero increduli di tanto dolore che ha colmato un’infanzia, dolore che ha strappato quel piccolo fiore dallo stelo della vita. M’incantavo là, davanti a quelle tombe che sembravano traboccare di dolore, il dolore dei parenti ed amici che avevano portato quei ricordi a voler significare la loro speranza nella continuazione della vita. Ma come poteva la vita continuare? Eppure, di fronte alla freddezza di quelle tombe conclusione di vite terrene, il mio cuore sfiorava l’eternità. Il pensiero, racchiuso nella mia mente, poteva volare, sfiorare terre oltre confine. Così sicuramente avveniva a loro: quella cosa non materiale, cioè l’anima volava dal corpo per raggiungere terre oltre confine, quelle eterne. Che mestizia! M’interessava l’epilogo di quelle esistenze. Qualche volta accarezzavo quelle fotografie. Sì, m’interessavano le storie delle giovani vite spezzate. Da sempre. La morte, amica e nemica, mi ha sempre affascinata e l’ho sempre temuta. Amore e odio. Insieme, hanno convissuto per moltissimo tempo. Il silenzio, l’eternità si confondevano insieme. Le punte alte e sottili dei cipressi che ondeggiavano al vento e parevano voler sfiorare il cielo, mi sembravano l’emblema giusto dell’eternità. Morte, cara morte. Non volevo di certo donarle la mia anima. Volevo lasciarle solo il corpo. L’anima, purificata dal cammino di “miglioramento” desiderava la luce. Ma come si faceva a raggiungere l’eternità? Ma perché morire? La morte si confondeva con l’idea della luce, una luce intensa, dolce, colma di pace. M’interessava quel momento, così supremo, intoccabile, irripetibile. Ancora adesso la guardo con curiosità e timore, allo stesso tempo. Qualche volta con lo slancio di avere il cuore già nell’eternità. Leggo con piacere le storie di chi ha affrontato con coraggio la morte e soprattutto le testimonianze dell’apparizione delle anime, per sollecitare la mia anima alla fede. Ancora oggi, come allora, m’interessano soprattutto le vite stroncate nel fior fiore degli anni. Non so ancora spiegarmi il motivo, ma è così, una cosa innata.

sabato 30 ottobre 2010

Il dolore delle cadute, il coraggio di rialzarsi

Quando il buio diventa fitto e non vediamo ad un palmo di naso, è facile cadere, farsi del male. Ci sono certi momenti in cui sembra di aver raggiunto il fondo del dolore, si sente il cuore straziato, come se un pugnale ne lacerasse la carne; momenti in cui il buio è talmente fitto che ha offuscato tutti i tuoi valori, il tuo sentire, i pilastri della tua vita. Allora, non vedendo dove si cammina, passo dopo passo, s'inciampa, si cade. Il dolore è straziante, ma è il momento della purificazione, dell'umiliazione interiore, che strappa dei gemiti profondi, ma è salutare per l'anima. Senza saperlo, mentre l'anima continua a camminare gemendo, senza più vedere la meta, con il deserto che sembra soffocare ogni forma di vita e la fede stessa, essa si purifica. A volte non si comprende se il buio è la conseguenza di qualche errore personale oppure se è semplicemente permesso da Dio per innalzare l'anima a gradi più alti dell'umiltà, ma si comprende tutto ad un tratto, quand'appena comincia a filtrare da quella cortina scura un po' di luce, che Dio sta permettendo quel periodo di sofferenza per il bene stesso dell'anima, per innalzarla fino a Lui. La purificazione è molto dolorosa, il cuore sanguina copiosamente: il coltello si muove dentro la carne... Ma, è proprio vero, che è nella notte più profonda che si vedono le stelle più luminose. Non si avrebbe voluto cadere, provare l'umiliazione di farsi vedere meschini, intrisi ancora di egoismo, come una spugna di acqua ma era opportuno per la crescita dell'anima, nell'infinita sapienza di Dio. Allora bisogna avere il coraggio di rialzarsi, di andare avanti, nonostante il dolore delle ferite faccia ancora urlare l'anima e si senta il fuoco della vergogna divampare ardente. Mi viene in mente un inno che spesso si prega nell'Ufficio divino nei vespri: "Se le tenebre scendono sulla città degli uomini, non si spenga la fede nel cuore dei credenti".

E' facile avere dubbi: si possono comprendere i non credenti, quando si domandano dov'è Dio. Forse per questo Dio permette che scendano queste terribili tenebre che fanno dubitare di tutto, di Dio, di una vita oltre la morte. Si comprende perfettamente, nella desolazione più assoluta, che, senza Dio, la vita non ha senso. Quel "non - senso" della vita ti fa pensare alla morte come alla fine di tutto, ad un epilogo inevitabile e terribile. La notte oscura dell'anima... Terribile: ti vedi ad un passo dalla tomba, da una tomba fatta di pietra che raccoglierà le tue ossa: il buio dove piomberai per l'eternità. Nonostante tutto l'anima geme, cerca il suo Creatore così tanto amato e che sente così lontano, come una bruma leggera che indugia sui rami degli alberi ed accarezza i prati. Piano piano le ombre si diradano e da quella cortina che la teneva avvinta, vede filtrare un sottile raggio... Ma, sapete, un raggio, per quanto sia sottile, nell'oscurità più profonda, illumina e scalda l'ambiente. Senti l' anima rinascere, lentamente. Una resurrezione che ti fa stare con il fiato sospeso. Com'è possibile che un cuore che ha sentito il desiderio profondo di Dio, possa essere stato avvolto da tenebre così fitte da dubitare persino dell'esistenza del Paradiso? I piani di Dio sono misteriosi. Non si comprendono, a volte sono dolorosi. Ma, come ho già detto, sono salutari per l'anima, una piccola spinta verso la perfezione.

domenica 24 ottobre 2010

Comunicare con i gesti

Il dialogo si compone, non solo di parole, ma anche di gestualità. Essa nasce dal proprio inconscio e perciò è molto più sincera delle parole. Con la gestualità, comunichiamo i nostri sentimenti più profondi, le nostre ferite. L'inconscio emerge alla superficie attraverso la gestualità.

sabato 23 ottobre 2010

Il mare

Silenzio: vaghi ricordi aleggiano sulla superficie del mio spirito. Il mare, la sua voce baritonale, il suo schiaffeggiare la costa, il suo sciabordio continuo. L'azzurro che si confonde con quello del cielo e scintilla spruzzando accarezzato dalla luce del sole. Silenzio. Raffiora nel presente e smarrita mi guardo attorno, incapace di pensare e di esprimere i miei pensieri più profondi. Rimangono attoniti e con passo felpato, attraversano il mio cuore. Non so cosa sta accadendo, con il fiato sospeso scruto il mare, mentre il tempo, inesorabilmente continua ad andare avanti.

Il gelo dell'anima

Profondo, nell'anima, il gelo. S'infiltra nei suoi interstizi, scavando, provando l'anima. L'uomo che fa il bene, che cerca con animo sincero Dio, sperimenterà senz'altro il gelo dell'anima. Con questo Egli vuole rafforzare l'uomo, il quale non deve cercare solo le consolazioni di Dio, ma semplicemente il Suo Regno. E' molto penoso: il buio è una fitta cortina impenetrabile, il desiderio d'eternità una mera chimera. Sembra che nella vita esista solo la morte, quella della tomba, oltre il silenzio abissale. Un silenzio cupo, impenetrabile. Sofferenza, dubbio, buio, non solo: anche sensazioni indefinibili che provocano ancora più sofferenza. Si va avanti solo grazie alla volontà, a volte ci si domanda perché: la fede, un sottile velo pronto però a squarciarsi. Il dramma dell'uomo...Un dramma enorme, perché quando la sofferenza lacera il cuore, si ricerca il senso più profondo della propria esistenza, si sa che è in Dio, ma anch'Egli tace.

martedì 19 ottobre 2010

Vagare nel buio

Vago nel buio della notte. Scintille di luce argentea, di una luna opaca, schizzano il mare dove la mia barchetta, silente, naviga. Il mare è scuro, riflette l'oscurità della notte, ma è tranquillo: una tavola silenziosa, inerte, immersa nel silenzio, in un silenzio spettrale. Solitudine. Signore, tutta la notte la mia mano è tesa e non si stanca! Io rifiuto ogni conforto! Tutt'attorno silenzio. Ti cerco, Signore, come il naufrago la terra. Mia roccia, mia difesa...Piccole stelle ammiccano in cielo. Nonostante il silenzio che mi abbraccia, sento l'anima in tempesta e il suo gemito agonizzante. Ti prego, Signore, soccorrimi! Non mi abbandonare! Se tu mi lasci, sarò annoverato tra i peccatori, perché senza la tua forza, io sono un nulla, un nulla sprofondato in una notte, così buia, che il silenzio rattrista l'anima, l'avviluppa con spire terribili, fredde. Aiutami ad accettare queste notti, così lunghe ed amare, perché la mia anima ha così sete di te, che aspira al Tuo amore eterno. Dio, mio amore, mio rifugio...

Scalando la montagna

Mio Dio, mi affanno nella sofferenza. Combatto con me stessa e mi pare che non riuscirò mai a vincere. Con la mente offuscata, odio i miei limiti, li detesto, vorrei aver già scalato la montagna e poterti incontrare. Vorrei cancellarli, ma comprendo che anche loro, nella mia vita sono importanti, mi fanno crescere. Colui che raggiunge la vetta, il più bravo scalatore, non è colui che sa percorrere i sentieri dolci, ma chi affronta con coraggio la tormenta di neve, il gelo profondo che penetra l’anima, i pendii più scoscesi, gli ostacoli più impensati, senza abbattersi, senza desiderare qualcosa di meglio se non la vista spettacolare che godrà sulla vetta, che gli è stata promessa. Il bravo scalatore sa scommettere anche la vita, mette in gioco tutto seppur la posta sia molto alta. Quella, l’eternità, è la nostra meta che a volte non scorgiamo, avvolta com’è nelle tenebre della nostra ignoranza e delle prove che ci travolgono. Ma chi ha fede sa che oltre quelle nuvole, c’è un sole sfolgorante che splende e inonda della sua luce anche le nuvole.

L'abitudinarietà che uccide

Anche chi è religioso o afferma di essere tale, può non credere alla vita eterna. La fede diventa qualcosa di abitudinario nella vita, un velo rado appena visibile che non interpella il credente, lo lascia semplicemente così com’è. Non siamo più afferrati dallo stupore di Cristo, ma ci arrabattiamo volentieri in teorie che come una leggera bruma autunnale, s’appende ai rami scheletrici degli alberi che ormai sembrano aver perso la loro vitalità, la loro linfa e attendono la morte. La cosa insidiosa è che il credente non si accorge del suo stato, pensa di vivere bene, di essere nel giusto. Questo è deleterio per la vita dell’anima che non scorge e non sente più il fascino di Cristo, semplicemente si accomoda in gesti abitudinari ed ama solamente la parte esteriore della sua vita, anche se è di sacrificio.

lunedì 18 ottobre 2010

Quando il Cristianesimo diventa una filosofia come tante…

Purtroppo esiste il rischio grave che il Cristianesimo diventi una semplice filosofia come tante, un’ascensione verso un Essere supremo di cui non si ha propriamente una conoscenza, se non nebulosa, offuscata da tanti interrogativi. La filosofia del cristianesimo è quella di seguire certe leggi morali, etiche ed assolvere a certi doveri od obblighi, come può essere ad esempio il partecipare alla Santa Messa o confessarsi ogni tanto. Di certo questo, non è lo spirito del cristianesimo. È inevitabile che ci siano dei limiti in colui che si professa cristiano. Qualsiasi uomo, seppur tenda alla perfezione, ha dei limiti con i quali si scontra ogni giorno, a volte suscitando pure molta sofferenza. Ma ciò che delimita il confine tra il vero cristiano e quello che vaneggia alcune teorie che poi rimangono tali, è l’incontro con Cristo, Dio vero e vivo. Da lì, come in una sorgente, scaturisce tutto il bene, il desiderio di conformarsi alla mentalità di Cristo che, ci piaccia oppure no, ha detto che siamo legati profondamente alla Chiesa e quindi al suo Capo. Rischiano di diventare pura ideologia, quando viviamo “cristianamente” perché abbiamo ricevuto un’educazione nell’infanzia che si è radicata nel nostro spirito fino a diventare atteggiamento abituale. Se pensiamo che questa sia perfezione, ci sbagliamo di grosso: nessuno può osservare i comandamenti senza l’aiuto della grazia e l’incontro con Cristo. Anche nel Vangelo, le varie vocazioni che precedono la sequela di Cristo, sono anticipate da un incontro con Gesù e la sua misericordia. San Paolo può essere un esempio per noi che non siamo vissuti al tempo di Gesù. Egli lo incontrò e solo dopo tale incontro, la sua vita fu trasformata, i suoi ideali furono ribaltati e diventò cristiano a tutti gli effetti, capace di seguire Cristo fino alla morte cruenta.


Meditazioni sul fariseismo

L’errore più madornale di colui che è affetto da fariseismo, in realtà è così fine che pochi si accorgono di possederlo, anche se è correlato con il guardare l’operato degli altri. Si pensa erroneamente che le virtù siano nostre. Pensiamo di possederle! È un errore estremo che fa agonizzare l’anima: l’induce ad entrare nello scoraggiamento più profondo qualora cadesse in qualche difetto. Automaticamente, si è portati a giudicare il prossimo: perché lui stesso non impiega la nostra stessa fatica? Difficile davvero diagnosticare la malattia del fariseismo. Ci sono però certe categorie che sono chiamate per dovere a correggere, come il Papa, i superiori delle comunità, i parroci. Sono i pastori delle comunità e quindi sono chiamati a dover rispondere delle anime a loro affidate… E guai se non lo facessero! Chi scavalca queste autorità, deve essere più che guardingo nel muovere un’osservazione al proprio fratello. Deve valutare approfonditamente ciò che lo muove, se è il suo amor proprio, oppure il non tollerare la diversità, la gelosia, il fariseismo, cioè la superbia.

domenica 17 ottobre 2010

Riflessioni sulla storia

Storia odierna, fatta di violenze, di soprusi. L'era di pace di cui noi tanto ci vantiamo, è punteggiata di fatti di violenza inaudita, di ferocia incontrollata. Era di pace europea, non certo in altri paesi, come potrebbero essere quelli orientali. Stiamo bene noi, cosa ci importa degli altri? Invece tanti stati subiscono ancora delle repressioni o delle guerre di cui noi non ci occupiamo perché di esse, non abbiamo il contraccambio o non ne subiamo le conseguenze dirette.
Mi è rivenuto in mente un film molto toccante, che racconta uno spaccato di un periodo grondante sangue: quello della seconda guerra mondiale, più precisamente l'olocausto. Un periodo osceno, in cui satana sembra sciolto da ogni legame. Storia toccante, che presenta una realtà agghiacciante, che non fanno vedere in immagini violente, ma nel dramma degli sguardi e di mentalità contrastanti. L'uomo non ha mai smesso di essere violento e di uccidere solamente per il gusto di uccidere. Una tremenda follia collettiva. Uccisioni che passavano per giuste, per il bene di un paese. Inculcavano idee pazzesche che la stessa umanità non accettava e che razionalmente condiderava come assurde. In questo scenario tremendo, di morte e sofferenza, nasce una stupenda amicizia tra due bambini che, in teoria avrebbero dovuto essere nemici. Il tedesco, pur essendo molto ingenuo, capisce benissimo che loro due non potevano essere amici. Nemici. Dovevano essere nemici. Ma, pur essendo cresciuto nell'ambiente militare del padre, educato da un precettore ad odiare gli ebrei, comprende che non è umana l'ideologia nazista e dubita persino del padre. Entrambe i bambini sono prigionieri, in modo differente. Uno ha tutto il cibo che desidera, vive riccamente, ma non può uscire dal proprio giardino, perché oltre quello ci sono gli orrori di una guerra sanguinaria e crudele... Ma nemmeno razionale. Gli giunge, nonostante tutti gli accorgimenti, l'eco di quel massacro crudele, che doveva essere nascosto al mondo, compresi i tedeschi stessi. Eco che visibilmente si concretizza in un fumo maleodorante, uscito dalle ciminiere dei forni crematori. Suo padre è coinvolto nella soluzione finale in prima persona. Bruno aiuterà l'amico a cercare il proprio padre morto già nelle camere a gas. Vestirà i suoi panni, il famoso pigiama a righe e ne condividerà la sorte. Il vero senso della vita, sembra sottolineare il film è l'amore che può crescere in ambienti impensabili, che supera ogni barriera, di ideologia e di un filo spinato atto a non far scappare le persone. Interessante che, proprio il più piccolo della famiglia, non si lascerà raggirare dalle chiacchiere dei tedeschi e coltiverà un'amicizia per lui molto importante.

La preghiera

Ho riflettuto sulla preghiera e sul suo valore intrinseco. Coincideva con la liturgia di oggi ma, in realtà sono riflessioni di giorni e giorni. Spesso mi soffermo su questo argomento. Ascoltando poi, la seconda lettura di san Paolo, si sono aggiunte ad esse, altre riflessioni.
Prego un rosario intero, l'ufficio, assisto alla Santa Messa, ricevo l'Eucarestia, quando posso mi confesso. A volte, anche queste cose, buone e giuste, nascondono un trabocchetto che delimita il confine tra vera vita vissuta in Cristo e fariseismo puro, anche inconsapevole: non sempre si sceglie, anzi, il più delle volte chi è "fariseo" è cieco e non vede i suoi difetti, ma, piuttosto, vede quelli degli altri.

L'Ave Maria. Preghiera semplice che si ripete chissà quante volte al giorno, densa di significato. Ave: saluto rivolto alla Madonna. Si può salutare per pro-forma; si possono salutare anche persone che non si conoscono o per un'educazione impartita ai tempi della propria infanzia. Forse, il più delle volte si recita meccanicamente e non si comprende che, ogni volta che si dice ave, si saluta la Madonna. Si saluta la propria madre con un moto di affetto del cuore, accompagnato da uno sguardo che esprime i propri sentimenti. Di certo, noi occidentali abbiamo svuotato molto le parole del loro significato. Il saluto dell'Angelo a Maria nel momento dell'annunciazione, era denso di significato, per questo la Madre di Dio si turbò a tale saluto. "Ave, o Piena di Grazia! Il Signore è con te". Interessante il modo di salutare degli antichi romani: Ave o salve; e la risposta relativa: "Ave et tu" Salute anche a te. Era il Signore che esprimeva il motivo per cui Maria era colma di grazia. Il nostro saluto deve diventare, perciò, simile a quello che si rivolgerebbe alla propria madre naturale: non ci stanchiamo mai di salutarla, eppure la formula del Corsivonostro saluto rimane uguale: Ciao! E non sentiamo noia o fastidio, anzi, se possiamo, accompagniamo il nostro saluto con un bacio o un abbraccio. Teniamo molto alla forma di saluto verso gli estranei o conoscenti o amici, perché, sotto sotto, vogliamo fare noi una bella figura. Gli orientali davano molta più importanza al saluto: shalom. Noi occidentali spesso scindiamo la parola dal suo significato: forse è eredità dei Gentili? Forse. Cos'è diventata l'ave Maria? Una preghiera da recitare meccanicamente, al ritmo di una marcia, oppure di una rilassata passeggiata, stando attenti a non superare gli altri... e mentre pensiamo a questo, alla forma esterna, ci scordiamo con chi stiamo parlando e ci perdiamo le grazie più sublimi.Corsivo

Padre nostro. Preghiera sublime, insegnata da Gesù. Lo ripetiamo spesso, ma come le altre parole, quelle che diciamo, le recitiamo. Senza volerlo e, soprattutto senza accorgercene, affermiamo: recitiamo il Padre Nostro. Recitare significa esattamente: dire di nuovo. Ma noi, non dobbiamo recitare una parte, dobbiamo far nascere dalla sorgente del nostro amore, il Padre nostro. Dobbiamo dire, far nostro e la chiesa lo afferma giustamente durante la Santa Messa: diciamo insieme, osiamo dire PADRE NOSTRO. Dire, non recitare. E diciamo tante storie: persino la nostra condanna: rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori. E forse, non abbiamo perdonato il nostro fratello... Così, non recitiamo, ma decidiamo la nostra condanna.

Possiamo pregare infinite ore, tutti insieme, in comune, ma la preghiera non ha nessun valore se essa è meccanica e non nasce dal profondo del proprio cuore, come da una sorgente d'amore, un dialogo incessante con il proprio Dio. E non ci accorgiamo, perché ciechi, che siamo caduti nel fariseismo. Sintomi di tale "sindrome"? Non vivo più dentro di me, ma osservo ciò che fanno gli altri. Applico le meditazioni alla vita altrui e, appena posso, taglio loro la strada per far comprendere che la vera santa, o il vero santo, sono io e non quello/a. Mi occupo di apparire ligio all'esterno, scusando assassini crudeli ma condannando, sparlando, di coloro che mi sono più vicini, così m'ILLUDO di avere una grande carità, ma non comprendo che sono cieco, orribilmente cieco e, non sapendolo, volentieri urto la mia povera testa contro qualche albero. Faccio tutto bene, i lavori più duri sono i miei, ma intanto critico il fratello e osservo se lui li fa, talvolta sbagliando clamorosamente perché come possiamo vedere i difetti degli altri in modo veritiero quando non vediamo i nostri? Non possiamo perché siamo accecati dai nostri e spesso e volentieri, vediamo negli altri i nostri difetti che superiamo solo esteriormente, compiendo i lavori duri, ma interiormente, avremmo voluto che li avessero fatti gli altri ed il nostro lavoro diventa la nostra condanna, contro la carità. Il fariseismo nel cristiano o religioso è molto sottile. Il metro con cui giudicare il vero santo è la carità, non il lavoro duro che compiamo. Lo dice la Sacra Scrittura stessa: fate tutto senza mormorazioni o critiche perché siate figli dell'Altissimo...
Il problema grosso, forse perché abbiamo i piedi troppo piantati a terra, sarà quando Dio ci domanderà della nostra vita e noi non sapremo rispondere perché siamo stati occupati a vedere la vita degli altri!!!!

giovedì 14 ottobre 2010

Il tuo silenzio

Tu mi scruti e mi conosci, tu sai tutto di me, o Dio. Conosci il mio cuore. Nel silenzio profondo della mia anima lacerato solo dal suo urlo di sofferenza, tu intessi l’armonia della Tua musica, un canto nuovo. Riempi i lunghi silenzi, con le note deliziose del Tuo amore, una sinfonia senza pari, che non tutti sanno o possono udire. E anche se prendessi le ali dell’aurora, per abitare all’estremità del mare, anche là mi guida la tua mano. Per te le tenebre sono come luce e la notte è chiara come il giorno.
Anche se dovessi fuggire dalla tua presenza, Tu mi circondi con il Tuo amore e mi afferra la tua destra, sai mutare il mio lamento in danza, il mio sacco in abito di gioia.
Scrutandomi, vedo nel mio cuore solo fitte tenebre. Tenebre scure, dense e vischiose, come un mare immerso nel buio della notte, senza la luce delle stelle e della luna. Solo il buio, il silenzio profondo dell’anima smarrita, smossa dal vento della burrasca, l’ululo del vento che smorza il vuoto immenso della preghiera.
Il mio silenzio è riempito dal Tuo amore immenso. Allora esso si trasforma: da roccia diventa sorgenti d’acqua. Il tuo amore trasforma, come la fiamma che brucia e purifica. Sì, così è il tuo amore, un abisso insondabile.

mercoledì 13 ottobre 2010

La misericordia di Dio nella confessione

E nel deserto dell'anima, ecco che lentamente l'acqua lenisce l'arsura. Penetra tra le fessure della terra spaccata, assetata. Dal profondo a te grido, o Signore! Hai sentito l'urlo della mia anima? Hai sentito il silenzio profondo in cui è caduta? Nel dramma dei suoi limiti, del suo incespicare, della sua solitudine infinita, ha avuto il coraggio di voltare il suo sguardo alla fonte, alla sorgente della vita che sei Tu, o Dio. La misericordia è quell'acqua che irrora il deserto della mia anima. Ed ecco tutto ad un tratto che fiorisce...Esplode la primavera. Il mio deserto è intriso ora di profumi di fiori ed il silenzio diventa l'armonia della natura che esplode... Oh sì, immensamente ti amo o Dio e dal profondo la mia anima a te grida... oh Signore, ascolta. Hai ascoltato il grido della mia bocca...Signore, mio Dio, ti loderò per sempre!

Entrare nel deserto

Entrare nel deserto, nel silenzio più totale, negli abissi insondabili della prova interiore, nella solitudine più estrema, nella sofferenza dei propri limiti. Si sente la propria anima gemere, come un animale ferito. Avrebbe voluto raggiungere l’apice del rapporto con Dio, ma ella si trova nell’abbandono più totale…
Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio.
Tutta la notte la mia mano è tesa e non si stanca: dove sei, o Dio?
L’aridità del deserto: si avanza senz’acqua. Il freddo penetrante della notte sembra calare come un macigno sulle membra intorpidite. Come per arsura d’estate, inaridiva il mio vigore. Un’agonia lenta. Gli errori… Come sabbie mobili che non perdonano, si avvinghiano, come mani invisibili, per trascinare l’anima e il corpo nell’abisso profondo dell’ “inferno”.
Una profonda angoscia, un silenzio totale, sibilante, sofferente. L’assenza di ogni suono che genera interrogativi angoscianti.
Ma no, Signore. Nonostante il peccato, nonostante il silenzio terribile della mia anima, la solitudine più profonda e lacerante, SO che il tuo bastone mi sostiene. Ti vedo mentre spalanchi le tue braccia. No, davvero, non sono gli errori che ti fanno scandalizzare. Il tuo cuore ha posto per tutte le miserie, purché ritorni a te, fiduciosa nel tuo perdono, nel tuo amore senza limiti che accoglie tutti. Via, davvero, ogni traccia di orgoglio, anche sul lato spirituale. È questo che vuoi, ma è tanto doloroso.
Un vento sibilante e gelido, entra nelle fessure della mia anima. Un abisso, Signore, ma è l’ inferno? Ciò che veramente temo?

martedì 12 ottobre 2010

Ancora indifferenza

Ancora indifferenza, sofferenza. La cultura d'oggi coltiva l'omertà, il silenzio, la diffidenza. Ancora atteggiamenti discutibili e impressionanti. Un banale litigio alla stazione della metro, forse per una coda non rispettata. Un giovane romano di appena vent'anni dà un pugno in pieno volto ad una rumena di 32 anni, infermiera professionale, quindi affermata nella società. Un'esplosione violenta di fronte ad un futile motivo. Perché? Ma ciò che colpisce maggiormente, è l'indifferenza della gente che, invece di soccorrere la donna, passava come se niente fosse accanto al suo corpo...
Indifferenza, relativismo, paura... tutti lati oscuri della nostra società che ci portano ad allontanarci sempre di più dai valori fondanti la nostra esistenza. Grande città? Questo può essere una scusante? Mah... Non ho parole. Io penso che l'indifferenza sia generata da sentimenti che nemmeno osiamo pronunciare, come egoismo. Tante volte siamo egoisti anche nei confronti dei nostri fratelli che ci vivono accanto, senza andare a pescare questi episodi eclatanti che suscitano disgusto e disapprovazione. Non ci curiamo della sua sofferenza, ci sentiamo indifferenti e siamo mossi da invidia, gelosia e diffidenza. Sono sentimenti orribili ma così vicini alla nostra realtà di ogni giorno.

Inneggiamenti alla violenza... la cultura della morte

Non voglio per niente commentare l'omidio di Sarah, penso che il silenzio debba ormai sostituire ogni commento. Di fronte a tale dolore, a tutto ciò che ancora viene detto, commentato, bisogna lasciare spazio al rispetto e non alla curiosità di sapere ogni minimo particolare. La cosa su cui volevo riflettere, invece, è come molti non si sono nemmeno lasciati commuovere da tale avvenimento, anzi, hanno inneggiato alla violenza, hanno approvato in pieno l'uccisione di Sarah. Altre pugnalate al cuore di chi l'ha conosciuta, nemmeno un po' di compassione. Approvare l'uccisione di una povera ragazza...Roba da matti o da demoni. Impossibile, eppure su internet hanno detto anche questo. Questo fa riflettere sullo stampo della nostra cultura che diventa sempre più intrisa di violenza. Ma perché? Da ciò si comprende davvero quale sia il livello spirituale delle persone. Il desiderio del macabro, l'incitamento alla violenza e al sopruso... Una rabbia inespressa? E' vero, qualche volta capita che, quando non si riesce ad esprimere la propria rabbia, si esploda con la violenza... Ma, approvare un tale comportamento, quello di un assassino, vale a dire partecipare allo stesso atto di violenza, vuol dire che se una persona di quel genere, si trovasse in tal frangente, ucciderebbe anch'essa. Non si farebbe scrupolo di nulla! Un atto così può generare solo nausea, ulteriore sofferenza, disapprovazione.
La nostra cultura, una grande macchina della morte...

domenica 10 ottobre 2010

La Madonna del Rosario

Poco conosco la storia della Madonna di Pompei, ma stamattina mi è nuovamente capitato qualcosa di singolare. E' venuta a consolarmi, come aveva fatto tanto tempo fa, dimostrandomi così, che non mi ha lasciato mai. Che bella sensazione, non riuscivo più a ritornare nella realtà....
Mi ha indicato un Tabernacolo posto molto in alto, esattamente su un trono. Era coperto da un conopeo rosso, cioè una tendina che ne ricopriva la porticina, orlato d'oro. Ciò che mi è rimasto impresso è che fosse posto sopra un trono. Certo, dopo anni, in un periodo molto difficile della mia vita, la Madonna mi consola, facendomi capire che non sono sola. E' dal quattro luglio dell'anno scorso che sta intervenendo... Certo, non come vorremmo forse noi umani, togliendo malattie, persecuzioni o altro, ma facendo sentire la Sua Presenza, tangibile. Forse non mi dà degli appoggi umani che comunque non possono conoscere la parte più profonda di un'anima che sfugge agli uomini, tanto sono abituati a vedere gli effetti concreti di una cosa, ma fa ancora di più. Si presenta Lei, mi continua ad additare ciò che per me rimane sempre più importante nella mia vita: il Tabernacolo, ovvero la presenza di Dio nella mia vita. E' anche vero che non capisco subito i Suoi messaggi, anzi, mi sento molto ignorante e d'altronde non m'interessa nemmeno capirli. In fondo, come avevo spiegato in altre occasioni, il bimbo appena nato, non comprende il linguaggio della mamma, ma ne cerca il contatto che gli comunica il calore e la sua presenza. Così è per me. Per adesso non desidero nemmeno capire perchè, tanto mi sento indegna di queste cose, e come... So solo che le sono grata per la Sua Presenza e per questi attimi di beatitudine che fanno desiderare sempre di più il distacco definitivo dalla terra. Non riuscivo davvero a ritornare alla realtà, è come una marea che ti trascina sempre più lontano, ti stacca completamente dalle contingenze terrene....e non so come... Infinite grazie, alla Madonna e al Dio Onnipotente, perché sceglie creature fragili per far comprendere che a Loro non spaventa il peccato, ma ama immensamente la creatura e la consola.

mercoledì 6 ottobre 2010

Dietro la porta dell'eternità

Questa sera mi sorprendo a pensare ancora una volta a sorella morte, al suo passo felpato simile al buio della notte che sembra ingoiare la fioca luce delle stelle. Mi sorprendono ancora quelle domande fondamentali a cui solo la fede può dare una risposta. Tanti interrogativi emergono dal mio passato, come una chiazza galleggiante su un mare opaco. Un tuffo nel passato, quando gl’interrogativi gorgogliavano nel profondo del mio cuore. Emergono allora figure, sensazioni, sofferenze e gioie, in uno scenario avvolto dall’aroma della salsedine. Il mio spirito si ferma là, nell’alto di quel monte, da cui si poteva ammirare una vista da fiaba e che sovrastava anche quella che viene comunemente chiamata la casa di tutti, ovvero il cimitero. Già, ancora una volta, come feci quel giorno, di fronte a quel mare d’argento, pensai alla morte, come alla mia compagna più vicina. La scrutavo con interesse, sorpresa e sgomento e così reale e tangibile quanto una persona in carne ed ossa. Sentii quella pace profonda, ma come una bruma lieve e delicata, gl’interrogativi pressanti dell’uomo, aleggiavano nel mio cuore. Dove sto andando? vedevo fuggire i miei giorni, come uno stormo di uccelli migrare verso terre lontane… Ma dove stavo andando? Pur essendo molto giovane, comprendevo che quello era il destino ultimo dell’uomo. Quella bruma aleggia ancora come un velo sul mio cuore, galleggia indifferente e pallida, lasciandomi con il fiato sospeso, perché qualcuno che conosco bene, squarcerà quel velo e aprirà la porta che accede alla Luce eterna. Respiravo, respiro di quel desiderio, non posso davvero credere che l’uomo è solo fatto di quest’involucro che è il corpo, che si dissolverà e diventerà di nuovo terra, un mucchio di polvere destinato a perdersi nel vento. Penso e credo che l’uomo sia quella luce che porta dentro il cuore, quel frammento di cielo nel cuore, destinato all’eternità, ad immergersi nell’infinito di Dio. Com’è fragile l’uomo e la sua vita, legati ad un sottilissimo filo destinato a spezzarsi per ben poco! Curiosità, desiderio e timore si compenetrano a vicenda di fronte a sorella Morte. E bussa ancora una volta alle porte del mio cuore, confondendosi fra le nuvole del passato, emergendo lentamente, come una macchia dal fondo, sulla superficie limpida di un lago.
Allora scruto, attraverso quell’opacità che ottenebra la vista, quella porta che un giorno, lo sento così forte, si aprirà anche per la mia anima. Penso alla luce che la inonderà e mi sembra di vedere le lontane domeniche affogate di sole che facevano da scenario ai miei pensieri, alle mie sensazioni così strane per quell’età. Uno sguardo nell’infinito, sperando davvero di poter immergermi presto in esso.

domenica 3 ottobre 2010

Autunno

E' cominciato l'autunno... E' cominciato un mese nuovo. Autunno, che con le tue foglie ricopri i sentieri della nostra vita, mentre i giorni trascorsi, ululano come il vento tra le ore presenti, e con il tuo fresco ancora incerto seppellisci i nostri pensieri...
Autunno, un nuovo mese, mentre il cielo s'intristisce, si colora di grigio e riversa il suo pianto sull'asfalto. Com'è breve la vita terrena! Un soffio di vento tra le fronde degli alberi, il nostro corpo non ha di certo una vita lunga anche se a taluni sembra proprio così, perché godono ancora della salute...Ma, presto, come il vento che soffia in autunno, i giorni nostri si disperderanno nell'immenso.