lunedì 27 settembre 2010

Sequere me

“Seguimi”.
È un comando che Gesù rivolge ai discepoli. Usa spesso questo termine e lo rivolge anche a noi che viviamo in altri tempi, a distanza di 2000 e più anni dalla Sua nascita. “Seguimi”.
Egli è rimasto vivo nell’Eucarestia. Se lo si immagina vivo, presente, allora tante cose non si farebbero. Ecco perché Gesù non ha usato il verbo “imitare”. Seguimi perché sono vivo e ti sostengo lungo il tuo cammino.

Conoscere Gesù

Gesù non scandalizza solamente i farisei con i suoi comportamenti ma anche i cristiani di oggi, quelli che frequentano la Chiesa. Purtroppo c’è il rischio di fossilizzarsi in schemi comportamentali oltre i quali ci sentiamo smarriti, senza comprendere che la misericordia di Dio rompe ogni barriera umana, sovrasta i nostri pensieri e ci aiuta ad uscire da noi stessi, dalle nostre sicurezze, sempre. Con questo non voglio dire che bisogna ignorare i comandamenti di Dio. Il comportamento di Gesù smarriva molti, molto probabilmente perché Gesù era molto fermo in certe cose, ma nello stesso tempo non esitava a praticare la misericordia e quindi a frequentare peccatori anche pubblici. Ecco da dove prende spunto il famoso detto di sant’Agostino: “ama e fa quel che vuoi”.
Gesù non cambiava idea nei confronti del peccato facendo finta che un atto grave non lo fosse tanto per accaparrarsi il beneplacito degli uomini, ma con l’amore conquistava il peccatore, fino a fargli comprendere che l’importante nella vita era il rapporto filiale tra l’uomo e Dio e che il Padre non condannava il peccatore o la debolezza umana. Per Gesù ogni atto non era relativo, andava, anzi, rapportato ad una legge ben precisa. Egli annunciava l’amore di Dio: finalmente sarebbe giunto all’umanità il Paraclito, l’Amore, che avrebbe aiutato l’uomo a compiere per AMORE la volontà di Dio, ossia adempiere i suoi Comandamenti. Quindi, non più osservanza di codici e codicilli, tanto per non essere cacciati dalla Sinagoga, ma la carità avrebbe spinto l’uomo ad agire, carità dettata dal Decalogo completato poi, dalle Beatitudini.

La verità

La verità. Vedendo il film, molto bello di sant’Agostino, mi sono soffermata maggiormente su alcune frasi di grande spessore spirituale. Sant’Agostino era un appassionato ricercatore della Verità, affascinato dalla bellezza, con il cuore inquieto, assetato d’infinito. Ad un certo punto a causa della sua grande abilità come avvocato ed oratore, un uomo viene scagionato dal tentato omicidio della moglie. Rimesso in libertà, questo riesce ad uccidere la moglie. Questo episodio produce sofferenza in Agostino e da ciò scaturisce una riflessione profonda. Capace di aggirare la verità, in realtà svuotando le parole del proprio significato, Agostino riflette sul valore della verità. La serva gli risponde una frase che anche a me ha fatto riflettere: “La verità si può soffocare, ma rimane radicata dentro l’uomo”.
Le parole forse non erano queste, ma il succo del discorso c’è tutto. È vero, la verità rimane come un seme dentro il cuore dell’uomo, radicato in esso. La verità si può aggirare, ma è sempre una e non si può nascondere. Non è composta da opinioni, da fatti soggettivi. La verità è oggettiva.

domenica 26 settembre 2010

Frammenti di vita

Spesso amo guardare fotografie di monti, alti, con le vette che sembrano tuffarsi nell’azzurro del cielo. Mi richiamano alla memoria i ricordi vissuti, piccoli frammenti di vita. Come scaglie di lucente specchio frantumato, la mia mente riflette, splendente, attimi di vita, come briciole perse nel vento, desiderose di fluttuare, ritrovare nell’intimo la persona che sono.
Anelo all’infinito, a quell’immenso dove si perdono e trovano compimento allo stesso tempo, le mie aspirazioni più profonde. Signore, cerco il tuo volto. Desidero immergermi nella tua presenza, amare come amasti tu. Com’è difficile! Ma non è impossibile, perché il mio cuore rimane proteso verso di te, nonostante gli errori, le mie mancanze, non desidero altro che te, come quella vetta che s’immerge nel blu del cielo, al di sopra del buio delle nuvole, al di sopra delle contingenze della terra. Voglio incontrare seriamente il Vero Gesù del Vangelo, quello che non aveva timore di abbassarsi, di stare con i peccatori, di poter offrire il loro perdono anche nei confronti di chi lo avevano crocifisso. Arduo, difficile, ma davvero non impossibile. Lo disse san Paolo: “Tutto posso in Colui che mi dà forza”.
È così, è vero, Egli agisce nell’anima in modo profondo, ma ciò che esige da noi è soprattutto l’ascolto. “Ascolta, Israele!”.
Ascoltare è un’arte difficile da imparare volta per volta.

La vita, un cantico d'amore

Così come Chiara e Mario Filippo, tanti altri santi, anche nascosti, hanno fatto della loro vita un cantico d’amore. Come una sinfonia è composta di tante note ben ordinate, armoniose, così la vita di un santo è formata di tanti atti d’amore verso Dio e il prossimo, fino a comporre un meraviglioso cantico d’amore che è la vita. Ho accennato nel post precedente, come in realtà, Dio non cambi il nostro carattere: questo spiega la grande varietà di santi. In fondo i santi sono come dei pittori che nelle tele delle loro vite, hanno saputo esprimere i sentimenti più profondi dell’anima. Ognuno ha il suo stile e questo non sottende che un Dalì sia più grande di un De Chirico. Entrambe sono dei pittori straordinari, ma hanno un modo diverso di vedere la realtà e di esprimere i loro sentimenti. Le sfumature, i colori usati sono diversi, ma ciò che conta è l’opera terminata e il suo effetto globale. La vita è davvero meravigliosa, ricca di sfumature, di colori straordinari. Rimango sempre incantata di fronte alla natura e i suoi colori. Allora la mente viene rapita dai ricordi, soprattutto quando mi recai nelle alture di Savona. I miei occhi riflettono i colori che vidi allora e che mi fecero estasiare. Le loro sfumature mi fecero toccare la grandezza di Dio. Quella mattina recitai assieme al nostro gruppo, le lodi in quel grande prato. Si sa che in Liguria, trovare una pianura è un’impresa assai ardua. Era una collina ricoperta del verde smeraldo dell’erba che profumava delicatamente mentre si lasciava sempre più accarezzare dall’oro del sole. I papaveri (forse erano quelli tante volte ammirati da De André) si dondolavano accarezzati dalla brezza che ormai sapeva d’estate. Il rosso sgargiante spiccava in mezzo al verde. E poi ancora, le passeggiate verso Stella, il comune dove nacque Sandro Pertini, dove l’oro del sole aveva lasciato il cielo e aveva tinto di giallo le foglie degli alberi del bosco: il cielo era diventato lattiginoso, come cristallizzato dal freddo ancora autunnale. Le note meravigliose del Creato, le ha composte Dio Padre tramite il Verbo, nell’Amore dello Spirito Santo. Ed è un cantico speciale, pieno di note armoniose. Figurarsi cosa può fare Dio nei nostri cuori, visto la cura che ha usato per rivestire l’erba.


sabato 25 settembre 2010

Il profumo della vita

Il profumo della vita... delicato... Come quello di un fiore appena sbocciato. La vita è costituita di piccole cose, di profumi, di aromi, d'immagini che s'incidono nella nostra mente, come lo scalpello di uno scultore sul bianco marmo.

domenica 19 settembre 2010

Chiara Badano

"Non ho più niente, ma ho ancora un cuore e quello posso ancora amare"


"Il dolore abbracciato, rende liberi".



Proprio quest'estate ho letto la biografia di Chiara Badano, la giovane Gen, morta a soli 18 anni, per un osteosarcoma alla spalla. La sua vita, il suo sorriso soprattutto, me la rendono vicinissima. Il fatto poi che sia nata a Sassello ancora di più. E' impressionante come la mia vita si sia intrecciata con quella di Mario Filippo Bagliani e di Chiara Badano, morti entrambe per un tumore. Storie diverse, stesso male. Ognuno nella sua vita vive la fede con le sue sfumature relative al proprio carattere che Dio non si permette di cancellare. Ciò che rende importante l'uomo, non è tanto il suo involucro, il corpo, destinato a scomparire, a dissolversi nelle spire del tempo, ma è l'anima e i doni che Dio fa ad essa. Le due frasi che ho riportato, sono proprio di Chiara Badano. Le sento mie, sono come la linfa che nutre la mia vita interiore e che piano piano le dà l'energia per andare avanti. Il dolore abbracciato, non sopportato, non subìto, rende liberi. E la malattia è un grande dono di Dio per l'anima. Immergo le mani in quest'acqua che è il dolore e che lentamente si sta purificando, fino a lasciar scorgere il fondo e più si va avanti, più vedo e raccolgo quelle perle preziose che il buon Dio ha preparato per me. Il dolore spoglia di tutto, anche della pretesa di essere perfetti nello spirito, mostrando a sé e agli altri che in realtà, anche le virtù non appartengono a noi, ma sono grazia esclusiva di Dio...

Tutto per Te, o Dio!

Dalle nebbie della mia mente, oggi è emerso un problema spirituale che, comunque, ho toccato tante e tante volte: il problema della rettitudine di coscienza. Nonostante ogni giorno ci si ripeta che bisogna fare tutto per Dio, mi accorgo che il proprio "io", silenziosamente e assai scaltramente, mette la sua impronta nel cammino spirituale e rovina tutto. La rettitudine di coscienza purifica l'anima, la rende trasparente, come l'acqua delle sorgenti di alta montagna. E' quella che rende libera l'anima di compiere ciò che crede meglio. Per amore, può diventare burbera, senza temere di essere respinta perché si compiace solamente della carità e in essa trova il suo nutrimento. All'anima che cerca solo Dio, non interessa il risultato delle proprie azioni, perché ha agito per amore. Lascia entrare la misericordia di Dio nella sua vita, senza impastoiarsi nei suoi stessi fallimenti e chiudendo definitivamente la porta allo scoraggiamento.

martedì 14 settembre 2010

Un'esperienza di fede

Oggi, festa dell’esaltazione della Santa Croce, le letture del giorno erano proprie, ma non avendole a disposizione, ho letto quelle ordinarie. Mi ha sempre commosso la lettura della morte del giovinetto, oggi in modo particolare. Mi ha colpito soprattutto la commozione di Gesù. Ho potuto vederlo mentre consolava la mamma del ragazzo in pianto. L’ho visto chinarsi sul suo dolore, mentre accarezzava la bara. “Non piangere”.
Chissà quante volte anche a me ha detto affettuosamente di non piangere. Mi sconvolge sempre l’umanità di Gesù mentre rimbalzano alla mia memoria le varie frasi pre-costruite. Abbi fede, adesso la tua persona cara sta in paradiso… Eh sì, senz’altro, ma Gesù non ha timore di partecipare al dolore di quella madre e si commuove. Il dolore sincero di questa madre e la sua stessa commozione, gli strappano il miracolo. Mi viene in mente la sequenza pasquale, il tratto in cui si dice: “Vita e morte si sono incontrate, in un prodigioso duello”.
Gesù, Dio, si è incontrato con la morte e ne è uscito vittorioso…

domenica 12 settembre 2010

Ho incontrato Gesù!

Oggi ho ascoltato il Vangelo come se fossi stata presente a quei tempi. Mi ha toccato il cuore! Lo Spirito Santo mi ha aiutato a vedere tutta la scena e a fare in modo che ascoltassi quel discorso come se fosse la prima volta. In fondo quando si ascolta la Parola di Dio è sempre come se fosse la prima volta. Gesù intendeva anche questo quando proclamava beati i poveri di spirito. Chi sa di non sapere, si mette in ascolto di chi gli sta parlando. Stamattina per me è stato così. Mi sono immaginata tra la folla dei peccatori, dei pubblicani, di coloro che erano indegni di essere al cospetto di Dio e ho ascoltato le parole di Gesù, senza seguire alcun schema mentale, come mi era capitato all’inizio della mia conversione. Avevo ascoltato quel brano di Vangelo che trattava della provvidenza di Dio e finalmente, dopo tanto tempo, mi aveva toccato il cuore, fin nel profondo, come non mi era mai capitato con nessuna parola d’uomo.
Ed ecco Gesù che racconta la parabola del figliol prodigo, finemente tocca il discorso della misericordia di Dio. Oh no! Non serve a nulla sapere tante cose di Dio quando non lo s’incontra realmente nella propria vita. Tante nozioni, sono come quelle che possedevano i farisei: non servono a null’altro che a renderci come dei cembali rumorosi che infastidiscono e basta. È l’amore che vivifica ogni rapporto. Mi entusiasma come si rapporta Cristo con gli uomini, senza barriere di sorta alcuna, spalancando le braccia ai peccatori più abbietti. Com’ è brutto sentirsi giusti! Vuol dire non sentire più il bisogno di Dio! È la cosa più tremenda. Si può peccare anche mortalmente e riconciliarsi con Dio, ma sentirsi giusti e non aver bisogno dell’ amore di Dio, è quella chiave che chiude definitivamente al cuore l’accesso al Regno di Dio. Ogni giorno bisogna cercare il Signore, ma cercare d’incontrarlo veramente, intendo dire personalmente. Non incontrarlo negli atteggiamenti schematici e doverosi, ma trovarlo laddove nemmeno lo immagineremmo, magari nel fratello o nella sorella che sono così lontani da Dio, che non sanno più nemmeno cosa voglia dire inginocchiarsi.

Incontro all'autunno

Giorni bagnati di sole dorato, un’atmosfera strana, pregna di attesa. Domani inizierà la scuola, un nuovo anno scolastico. Nelle strade si riverseranno flotte di bambini e giovani che si recheranno a scuola. Tanto tempo fa mi recavo anch’io a scuola. Avevo un grande desiderio dell’inizio della scuola, di rivedere i miei compagni delle lunghe giornate invernali. L’inverno mi è sempre piaciuto. Proprio qualche giorno fa c’è stato un nubifragio a Genova che mi ha fatto tornare indietro nel tempo. Infatti, più di quindici anni fa, vi è stato un periodo in cui ogni anno era stravolto da queste alluvioni. L’inizio fu un 27 settembre ed io mi trovavo proprio vicino al Bisagno, gonfio di acque, mormorante. Sì, l’ho già raccontato perché a distanza di anni, io stessa mi sono stupita della mia incoscienza. Non mi ero spaventata per niente e, tra l’incantato e lo stupito, io e M. ammiravamo quel torrentello mugghiante che prometteva di uscire dagli argini. Decisamente, aveva ragione mamma a dire che eravamo state senza testa. Per me, quell’alluvione, segnava solo il termine dell’estate e il tanto sospirato inizio dell’autunno. Stanche dei bagni in mare, ci sembrava la cosa più bella del mondo, ritornare tra i banchi di scuola a raccontare i nostri pensieri, le nostre aspettative ed ammirare il grigiore delle giornate che si sarebbero susseguite giorno per giorno. Ci sembrava bello iniziare anche se i pomeriggi sarebbero stati scanditi dallo studio, dalle interrogazioni e tutto ciò che ne consegue. I pomeriggi non erano solo pregni di studio. Ci trovavamo a casa sua soprattutto in occasione di qualche versione di latino da tradurre particolarmente difficile, il che capitava ogni giorno, oppure qualche cosa di algebra così complessa che ci spaccava il cervello…
Ma tra una versione di latino (odiavamo particolarmente quelle di Cicerone), un’espressione a due incognite di algebra, ci scambiavamo la nostra visione della vita, ammiravamo i cambiamenti del nostro spirito, con quell’attesa tipica degli adolescenti che, con meraviglia, s’affacciano dalla finestra della vita, e scrutano con trepidazione l’orizzonte, se per caso ci sono dei grandi mutamenti nella vita. E noi, riguardo all’orizzonte, non avevamo nulla da invidiare a nessuno. Dalla via dove lei abitava, sovrastata dai monti, si poteva contemplare la lunga linea dell’orizzonte dove spesso scomparivano le grandi navi con i loro comignoli che sputavano fumo nero. Così sembravamo noi: dei marinai che scrutavano con trepidazione l’orizzonte, in attesa della comparsa di una nave che avrebbe imbarcato i nostri sogni e li avrebbe portati lontani da noi, dove noi, invero, non osavamo sperare. Mi piacevano quei pomeriggi che si tingevano di un colore cupo, scuro. Le nuvole si ammassavano sui monti e non riuscivano a passare oltre quella barriera. Ed ecco che anche il mare, minaccioso, diventava color platino, brillava ancora specchiando le nuvole nere. Si alzava un vento sinistro che, con il suo alito, presagiva pioggia.

giovedì 9 settembre 2010

Nel mio cuore

Rientro nel mio cuore.Sento l'esigenza di ascoltare i suoi palpiti, ogni suo respiro. Faccio silenzio. In lontananza odo i rumori delle auto che sfrecciano lungo la strada. Ho bisogno di Dio, del Suo aiuto. Comprendo che tutto nasce da là, da questo reale bisogno di Dio. Ecco la radice dell'infanzia spirituale: riconoscersi debole,bisognoso di aiuto. Devo saper riconoscere anche gli altri bisognosi di Dio e del Suo aiuto. Non solo io. No, Signore, non posso attuare ciò che mi domanda il Vangelo, senza il Tuo aiuto. Così anche gli altri. Stai muovendo il mio cuore, Signore, affinché vada oltre, prenda il largo.

mercoledì 8 settembre 2010

La sera della vita

Dalla finestra guardo la sera che silenziosamente scende sui palazzi i cui tetti sono accarezzati dal vento. Il silenzio cala. Ascolto la musica perché mi concilia la meditazione, la mia anima si eleva, vede la passione di Cristo. Scende davvero il silenzio nella mia anima. Comincio a pensare alla sera della vita. Non è destinata a morire nella notte, è destinata ad esplodere nel fulgore dell’alba. L’azzurro del cielo è solcato dalle luci di un aereo che assomiglia ai pensieri dell’umanità: veloce, fugge verso un porto sicuro, dove può finalmente riposare e affidare alla terra tutte le vite che ha custodito nel volo. Stanca, l’umanità si affanna. La vedo che corre, che fugge, che preferisce affogare i suoi pensieri, i suoi problemi, nel tumulto delle auto che sfrecciano, rombando. Consuma la sua vita nelle preoccupazioni senza pensare alla sera della vita, mentre, tristemente, il mare continua a lambire languidamente le coste ed i monti ad innalzarsi verso l’infinito del cielo, cristallizzandosi nel buio. La vita continua a pulsare, per alcuni senza un ritmo particolare, sordamente, tra sofferenze atroci. Bisogna ricordare quest’umanità, senza pregiudizio, senza condannarla con le nostre infrastrutture della fede. O com’è vero che la lettera uccide! Gesù non si spaventava assolutamente di fronte al peccato, non indietreggiava, non accostava giudicando la persona, sapeva ascoltarla, così dovremmo fare anche noi, spalancare le porte ai fratelli, senza paura, senza desiderare di difendersi. Spalanchiamo le porte alle loro sofferenza, sperando di poter dare ad essa un balsamo, che possa lenirla…
Se non desideriamo questo, non possiamo essere cristiani davvero.

sabato 4 settembre 2010

Elevazione

Che cosa ci ha donato di più bello il Signore della nostra vita? Meravigliosa, è dir poco. Poveracci coloro che non riescono a vedere le sue meraviglie. Dovremmo avere degli occhiali speciali, senz’altro, perché le meraviglie della vita sono costituite dalle cose più semplici: la natura, la musica, il sole, il cielo quando di sera si tinge di un azzurro pieno di nostalgia…
Sono le cose più semplici che cantano lo splendore della vita. E le persone che ci stanno accanto? Oh, se sfruttassimo tutte le occasioni per imparare qualcosa, quanta strada faremmo nella vita dello spirito! Invece tante volte rimaniamo terra terra, impantanati nei sentimenti negativi, convinti che ne sappiamo sempre più noi degli altri! Ma come sarebbe positivo, se dessimo ascolto alle vicende della vita! Non ci sono parole che possono esprimere il mio ringraziamento a Dio per il dono della vita. Splendida, meravigliosa, da vivere ogni istante…
Sorridere, amare la vita è la cosa più saggia in questa vita. Dietro le nuvole c’è sempre il sole.
Dio, mi hai amato fin nel profondo della mia anima. Ci siamo guardati per lungo tempo, hai bussato al mio cuore. Sei la mia perla preziosa, il mio amore più grande. Ti amo, Signore, il mio cuore ha trovato la pienezza in te solamente. Tu sei la mia gioia, il perdono, la pace, la mia eternità…
Sollevami sulle tue ali, portami nell’azzurro del tuo cielo, fino a toccare l’immensità della tua luce, dove i colori si confondono. Ti assicuro che ti cercherò anche nel buio, quando tutto sarà avvolto dalle tenebre. Ti cercherò, ma so già che mi aspetterai, che sarai sulla soglia del mio cuore. Non mi abbandonerai alle brame del maligno, che vuole a tutti costi allontanarmi dal tuo amore. Mi rifugerò nelle corde più profonde del tuo cuore, dove il nemico non potrà farmi nulla, continuerà a battere i piedi, a cercare di ridurre la mia resistenza come sta facendo adesso. O Amore, squarcia la tela della fede, affinché t’incontri, e nell’eternità canti le tue meraviglie… Oh fuoco, ardore sempre vivo, che vivifichi, che dai forza allo spirito, non abbandonarmi ti prego. Senza di te non sono nulla.

Le mie montagne

Stanotte, dopo tanto tempo, ho sognato nuovamente le montagne rocciose, con la neve sulle vette. C’erano anche dei bellissimi laghi che riflettevano l’azzurro del cielo. Quanta pace! Le mie montagne… Desidero ancora vederle, respirare l’aria leggera e pulita. Per me la montagna è simbolo del mio incontro con Dio. Sì, anche nel sogno affermavo, così decisamente, che non avrei cercato altro nella mia vita che Lui e che aborrivo ogni forma di idolatria, alla quale nel sogno ho reagito violentemente. Nel sogno l’idolatria sottintendeva anche ogni forma di tentazione proveniente dal maligno.

mercoledì 1 settembre 2010

Essere cristiani autentici

Parlando con una persona, questa mi ha raccontato che padre Livio aveva affermato che aveva paura, non tanto degli atei, ma dei cristiani rilassati. Lo condivido. Infatti, un cristiano rilassato può provocare danni immensi con i suoi scandali. Essere autentici cristiani, è molto difficile, esige un sacrificio continuo, un impegno arduo, eppure è ciò che Cristo ci chiede nel Vangelo usando anche toni abbastanza forti: “Chi non porta la sua croce ogni giorno, non è degno di me”.
Dire un no, anche piccolo, alla grazia, è come perdere un briciolo di paradiso. È difficilissimo aderire a Cristo e al Suo Vangelo in modo pieno, quando ci chiede poi di calpestare il nostro amor proprio. È come se qualcuno fendesse la carne con un coltello, e lo muovesse dentro la piaga. Ma anche qui, su questo, non ci sono dubbi. Lo ha detto chiaramente: “chi perde la vita per causa mia la troverà”.
La felicità del tempo presente: già rinnegandosi si sente una felicità enorme, una gioia che sorpassa tutte quelle terrene. Ma fa male quando si perde la vita… solo se il chicco di grano caduto in terra muore, produce molto frutto…