giovedì 26 dicembre 2013

Rancore

Diciamolo chiaro: vicino alle festività di Natale si dicono tante stupidaggini... o almeno sembra. A Natale si è più buoni. Già, perché esserlo a volte sembra un'impresa disperata. Non bisogna essere buoni solamente a Natale, ma tutto l'anno e questo dipende pure dai valori in cui si crede e alla priorità che si dà a questi. È da idioti per me festeggiare il Natale, scambiarsi dei regali quando poi non viviamo la fede e non riusciamo a perdonare. Tutto questo è incoerente...purtroppo a volte la regola che vige nella nostra vita è: mors tua, vita mea... e non è bastato l'avvento di Gesù a cambiare il nostro modo di ragionare e si mangia alle spalle degli altri. Se
davvero vivessimo il Natale, vedremmo le cose sicuramente in modo differente.

Natale

Il Natale è una festa meravigliosa, anche se non la più importante liturgicamente parlando. L'amore vero, quello divino abbatte tutti i confini. Laddove l'uomo non giunge arriva Dio. Lo aveva detto l'angelo a Maria: nulla è impossibile a Dio! Prendendo un corpo mortale, Dio ha dimostrato che pure l'uomo può varcare la soglia dell'infinito e dell'eternità. Se lui ha squarciato i cieli, ha creato un varco che non si può più chiudere. È questa la magia del Natale. L'uomo soggetto alla caducità, l'insicurezza, ha un destino diverso. Per l'uomo sarebbe un destino irraggiungibile se Dio non avesse voluto dimostrare che tale è la sua volontà. È vero, talvolta, guardando ai nostri limiti e difetti sembrerebbe difficile raggiungere lo scopo per cui siamo nati. L'incarnazione ha reso possibile tutto ciò. Sicuramente la notte in cui è nato Gesù è capitato qualcosa di straordinario. L'impossibile è diventato possibile.

mercoledì 18 dicembre 2013

Incarnazione


L'Incontro vero con Dio avviene solamente ed esclusivamente con un'azione da parte di Lui che viene incontro all'uomo. Maria era una donna eccezionale, ma l'incontro con Dio avviene su iniziativa Sua. Ecco perché dal cuore di Maria sgorga la preghiera eccezionale, meravigliosa del Magnificat. Ella comprende pienamente che ciò che è avvenuto dentro di sé è per opera di Dio e questo perché sa di essere piccola, una semplice creatura nelle Sue mani. Ciò che accadde con Giuseppe che accettò la questione, lo dimostra. Dio va in soccorso di coloro che sono piccoli, poveri, che si abbandonano nelle sue braccia. Non è solamente l'atto dell'Incarnazione a far scaturire dal cuore di Maria l'inno del Magnificat. Fu tutto quello che accadde con Giuseppe... Ricordiamoci però che se è iniziativa di Dio l'incontro con Lui, è anche vero che Maria cercava la sua rivelazione. La fede è un'adesione della ragione umana, non solo un dono che ci casca dal cielo!

Maranathà, vieni Signore Gesù


Durante il periodo dell'Avvento spesso ripetiamo quest'invocazione: “Maranathà, vieni Signore Gesù”. Era il grido dei cristiani, dei primi cristiani che attendevano la venuta di Gesù, il dies natalis. A volte rifletto su questo. I cristiani consideravano il dies natalis, il giorno dell'incontro definitivo con Gesù, in poche parole, la morte. La festa del Natale è prefigurazione di tale venuta definitiva da parte di Dio. Gesù infatti, è già venuto sulla terra e noi siamo tutti pellegrini diretti all'eternità. I cristiani non vedevano l'ora di affrontare l'incontro con Dio, forse perché a quei tempi avevano un vivo ricordo della persona di Gesù. Accade anche a noi quando muore una persona cara. Sentiamo e ricordiamo gli atti di quella persona, poi subentra lo sconforto, la sensazione che ormai quella persona sia lontana. Con le nostre labbra invochiamo Maranathà, vieni... Ma se davvero Dio obbedisse e venisse proprio in quel momento a prenderci??? crediamo all'eternità: la morte non è la fine di tutto... Ma un grande inizio!

San Giuseppe

San Giuseppe è una figura eccezionale, un modello splendido per le nostre vite su come vivere la fede. Il sogno al tempo di Gesù, era il mezzo privilegiato con cui Dio comunicava con le anime. Rivelava catastrofi e cose importantissime per la persona e per il popolo che egli guidava.
Maria si trovò incinta per opera dello Spirito Santo prima che andasse a vivere con Giuseppe. È strano che Dio abbia scelto questo metodo, un metodo che deve indurci a riflettere. Le donne che “conoscevano” nel senso biblico un uomo prima del matrimonio e, soprattutto un uomo che non era il promesso sposo, dovevano essere lapidate secondo la legge. Abbiamo mai pensato, riflettuto su come si possa essere sentita Maria in quel momento? Da come i vangeli raccontano, Maria non si è giustificata con Giuseppe pur raccontandogli ciò che le era successo. Si trovava effettivamente in una posizione delicatissima. Eppure Ella crede alla Parola di Dio. Che coraggio!!! Pensa che Dio la soccorrerà, che qualcosa accadrà in sua difesa...Il contrario di Eva.
Di solito Dio sceglie donne già sposate, avanti nell'età. Usa spesso questo schema nell'Antico Testamento. Manda l'angelo che annuncia la maternità a una donna sterile, questo per dimostrare che è Lui il padrone della vita, che permette che la vita nasca nel grembo di una donna. Questa volta sceglie una donna fertile, giovanissima come lo erano le donne ebree a quel tempo che volevano unirsi in matrimonio con qualcuno. Questo accade prima del matrimonio, per far capire che Dio aveva scelto quella persona e che non c'era alcun intervento umano.
Giuseppe non fa scene di gelosia, ma pensa di licenziare in segreto Maria. Il contrario di Adamo che denuncia Eva. In quel momento cruciale interviene Dio, proprio quando le cose sembrano spezzarsi, finire, e appare in sogno a Giuseppe dicendogli di non temere e di prendere in sposa Maria perché il frutto del suo seno è opera di Dio. Giuseppe dimostra un coraggio eccezionale... come Maria. Accetta di stare accanto ad una donna attraverso la quale si sta compiendo un evento straordinario. Giuseppe non parla, accetta la volontà di Dio costantemente, rivelandoci un modello di fede bellissimo. Non è il suo onore in primis, ma è la volontà di Dio e il suo compimento. Obbedisce costantemente a Lui... San Giuseppe è un santo grandissimo che va riscoperto. Provate a pregare il sacro manto in suo onore.... È un santo potentissimo!

domenica 8 dicembre 2013

Immacolata Concezione

Oggi è la festa dell'Immacolata, festa molto importante per i cristiani. L'Immacolata Concezione è un dogma in cui crede la Chiesa ed è legata alle apparizioni a Lourdes. La storia dell'umile Bernadette Soubirous che vide la Madonna, ha avuto seguito con numerosi miracoli di guarigioni del corpo e dello spirito. Dio, permettendo a Maria, sua Madre, di apparire a Bernadette, ha voluto far comprendere ancora una volta che non sceglie le persone colte e superbe, ma i piccoli e gli “ignoranti”. Sceglie costoro perché chi deve esaminare la cosa, non possa asserire che è stato un puro frutto della fantasia e degli studi della persona. Chiaramente non sceglie le persone che, oltre ad essere ignoranti sono grette di animo, ma coloro che sono piccoli, che hanno una fede straordinaria, che sanno sperare e confidare in Dio. Ogni apparizione ha la sua storia. La Madonna un giorno, apparì a Bruno Cornacchiola di religione protestante proprio mentre esaminava la Bibbia e preparava un sermone contro Maria. Voleva uccidere il Papa. Maria apparve a Bruno e la vita di costui cambiò in un battibaleno. Conosco alcune persone che lo incontrarono e videro il suo sguardo: mi hanno raccontato che aveva gli occhi luminosi e la sua anima era adornata di un'umiltà incantevole.
La storia di Bernadette ha tutt'altro stampo. Ella era cagionevole di salute, afflitta da un'asma che la tormentava con attacchi frequenti. Non aveva cultura, nemmeno del catechismo. La sua fede era pura e genuina, nata tra le mura domestiche dall'esempio della madre e del padre. La sua famiglia fu travagliata da parecchie croci e viveva nella miseria. Bernadette non si riteneva degna di vedere la Madonna e non la chiamò mai tale. “Aquerò” era il nomignolo che le aveva affibbiato la giovane Bernadette, ovvero “quella cosa”. La bella Signora non si era mai presentata se non quando Bernadette, spronata da coloro che volevano valutare il fenomeno, le domandò insistentemente il suo nome. Maria si presentò come l'Immacolata Concezione. Usò il dialetto del luogo, questo a sottolineare che Dio non ha una lingua particolare, l'amore lo spinge a parlare ogni lingua pur di farsi capire dall'uomo.
L'apparizione fu come un'approvazione da parte del Cielo del dogma che di lì a poco era stato proclamato tra grandi discussioni, studi e dibattiti. La Chiesa non può approvare qualcosa contraria alla fede verace. Maria è la Persona più indicata per spiegarci e comunicarci il mistero profondo del Natale e il suo spirito. Maria ha meritato di ospitare nel suo grembo Gesù semplicemente per la sua umiltà. Ella viveva profondamente la comunione con Dio e aspettava ardentemente l'avvento del Salvatore. Per tale motivo fu scelta da Dio, così come lo fu Giuseppe, suo sposo.

mercoledì 4 dicembre 2013

Calunnie


Pazienta per un poco: le calunnie non vivono a lungo. La verità è figlia del tempo: tra non molto essa apparirà per vendicare i tuoi torti.” Immanuel Kant.


Quanto dolore però! Il cristiano pensa che in questi casi, quando sia oggetto di calunnie, Dio prenda le sue difese. I tempi di Dio non sono i nostri e il suo modo di difenderci è sapiente perché ci conosce fino in fondo e... conosce anche gli altri. Quante volte i salmi cantano: “Quando ero ancora informe, già mi conoscevi.”
I santi hanno conservato la loro gioia perché facevano questo: affidavano a Dio tutte le loro pene, sapendo che lui li avrebbe difesi. Dio non si compiace della menzogna, presso di lui il malvagio non trova dimora... e li esclude dal suo Regno. Chi compie il male, chi inganna, chi ama la menzogna, non riesce ad entrare nel Regno dei Cieli, non riesce ad arrivare alla conoscenza di Dio, non otterrà così facilmente il dono della fede, semplicemente perché lui stesso ha chiuso il suo cuore e nonostante Gesù bussi al suo cuore, non apre, non lo sente... o finge di essere sordo e cieco, perché intuisce che Dio è comunque esigente e quando qualcuno lascia che Lui diventi padrone della sua anima mette tutto a soqquadro, come noi non vorremmo. Riprendiamo l'episodio dell'adultera. Dio la perdona... però è anche vero che il suo perdono deve cambiare qualcosa nella sua anima. Gesù infatti rivolgendosi all'adultera, dopo che tutti sono andati via senza condannarla, dice queste parole: “Nessuno ti ha condannata? Neanch'io ti condanno, d'ora in poi va' e non peccare più”
Dopo l'incontro vero con Gesù non si deve più peccare... o almeno ci si prova.
Mi colpì molto il comportamento di Padre Pio di fronte alle calunnie mosse sul suo conto: “Bisogna perdonare, bisogna saper perdonare persone come queste...” ed ancora di fronte alle ristrettezze ingiuste che la Chiesa gli opponeva: “Sono figlio della Chiesa, la Chiesa è madre e non può volere il mio male!”
Chiaramente è un amore divino e umano insieme: ci vuole l'aiuto della Spirito Santo!

martedì 3 dicembre 2013

Umiltà

Questa domenica è cominciato l'Avvento, il periodo in preparazione al Natale. Così come la Quaresima, l'Avvento ci esorta ad esercitare e coltivare le virtù, soprattutto la regina di tutte: la carità. Non dobbiamo dimenticare, però, che la carità trova terreno fertile in un cuore umile. L'umiltà è una virtù umana e “divina” insieme. Al giorno d'oggi è stata relegata nel museo del tempo andato, in mezzo a cianfrusaglie, piena di polvere. Dovremmo riscoprirla e darle il posto che le compete, ovvero tra le virtù fondamentali per il cammino personale verso la perfezione. I grandi filosofi, cristiani e non, hanno affermato che non esiste la staticità, che tutto si muove, si evolve. È vero. Anche san Paolo in una lettera aveva osservato che tutto è in divenire: da adulto si abbandonano certi atteggiamenti aventi da bambini, sarebbe stupido mantenere un comportamento infantile! Può anche darsi che alcuni aspetti del nostro carattere siano rimasti infantili, ma questo non vuol dire che sia giusto. C'è poi l'infanzia spirituale di cui ha parlato pure Gesù. Non vuol dire che dobbiamo rimanere o ridiventare come eravamo da bambini! Tutto subisce un'evoluzione, che lo vogliamo o no. Basta osservare la natura: il tempo, che pure è una cosa astratta, è una realtà determinante della nostra vita. Essa fa in modo che il creato subisca la corruzione o evolva. Niente rimane stabile, tutto è soggetto alla precarietà. Ciò emerge continuamente nella nostra stessa storia: nasciamo che non sappiamo fare altro che piangere quando abbiamo fame o sete, dormire quando ci sentiamo stanchi e ci ritroviamo da adulti ad essere capaci, nei limiti della sopravvivenza, ad essere capaci di comandare ai nostri bisogni e istinti primari. Ecco perché la maturità umana è trovare un'armonia tra tutti i nostri bisogni, ciò che noi vogliamo e quello che possiamo realmente fare. Non possiamo dare libero sfogo a tutte le nostre esigenze, bisogna in qualche modo saperle discernere, comandare, altrimenti diverremo schiavi del nostro corpo. Qualche volta non sono i più acerrimi nemici a renderci schiavi, ma è il nostro stesso corpo. Bisogna amarlo veramente, perché tempio dello Spirito Santo, non bisogna maltrattarlo, ma educarlo sì. Non lasciamo i bambini fare tutto ciò che vogliono quando li vediamo in pericolo, ma facciamo capire loro ciò che è il vero bene per loro che tante volte non corrisponde al suo volere... Anzi, il più delle volte è sempre il contrario. Così accade a noi. Il nostro vero bene non corrisponde a ciò che noi vorremmo. Non si può passare il Vangelo attraverso il setaccio dei nostri capricci. Quando Gesù affermava che per entrare nel Regno dei Cieli bisogna entrare per la porta stretta, intendeva proprio quello. Il Regno dei Cieli e addirittura la sua comprensione, non è di tutti; è riservata a coloro che possono e sanno intendere. Non è Lui che fa le selezioni, siamo noi stessi, quando ci opponiamo ai suoi voleri. Ha poi detto: “Chi non diventerà come un bambino, non entrerà nel Regno dei Cieli”. Del vangelo spesso prendiamo ciò che noi vogliamo, desideriamo un Gesù sdolcinato... ma non lo era. Gesù possedeva un grande equilibrio e in certe cose, quelle che riguardavano il Padre, era intransigente. Aborriva prima di tutto la superbia ed è per quel motivo che si scagliava contro i Farisei, gli Scribi e i Dottori della Legge, ma apriva le braccia a coloro che erano palesemente dei peccatori: adulteri, pubblicani... Però dobbiamo convenire sul fatto che qualcosa nella vita di questi peccatori, una volta che incontravano Gesù, cambiava. Ricordiamo Zaccheo: quando si arrampicò sul sicomoro per vedere Gesù, era ancora peccatore... ma quando Gesù mise piede in casa sua, la sua vita cambiò... “Restituirò tutti i soldi che ho rubato!” affermò Zaccheo. Non si può incontrare realmente Gesù e rimanere uguali! Umiltà è verità. Facciamo verità dentro di noi e non vittimismo... La Madonna gioì nel Signore quando nel Magnificat esclamò: “Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo nome”
Maria non dice che Dio ha fatto un gran pasticcio nella sua anima! Non può dirlo perché ciò non corrisponderebbe a verità... Però afferma che è il nome di Dio ad essere santo e che lei è solamente il riflesso della sua santità.

domenica 24 novembre 2013

Cristo Re


Oggi è la festa di Cristo Re e con essa si conclude l'anno della Fede, con una celebrazione suggestiva che vuole richiamare alle nostre menti il momento in cui siamo stati battezzati. Durante la rinnovazione delle promesse battesimali, si sono accese le candele, come capita il Sabato Santo. La fiamma viene alimentata da quella del cero pasquale. Il prete accende la sua candela e poi offre la luce al popolo. È un segno importante. Questo mi ha rammentato alcune parole di Gesù prima di consumare la Pasqua: “Sono venuto sulla terra per portare il fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso!”


È il fuoco della fede e dell'amore. Senza fede non c'è vero amore e senza amore non c'è vera fede. Il sacerdote accende la sua candela con la fiamma del cero pasquale. È solamente Cristo che accende nel cuore dei credenti la fede, ma è il sacerdote che in quel momento, come ministro, lo rappresenta, quindi è lui che comunica ai fedeli la fiamma che accende le candele degli astanti. Dovremmo accenderci a vicenda nel cuore la fede in Dio. È una fiamma che non va soffocata, ma va comunicata.
Il vangelo di oggi, poi, c'invita a meditare sulla grande misericordia di Dio nei confronti dell'uomo. È il vangelo del buon ladrone. Forse toccato dal modo in cui Gesù sopporta il supplizio della croce ingiustamente, il ladro si converte. Difende Gesù di fronte al suo compare e fa la sua professione di fede: “Ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno”
Bellissima questa professione di fede che in una piccola frase racchiude la storia conclusiva di un uomo che ha rubato e ucciso. Nonostante il suo passato, ha fede nella misericordia di Gesù, comprende, al contrario dei Farisei, che il suo Regno è un regno spirituale del quale sta per varcare la soglia. Rende palese la sua fede in un momento estremo in cui sta pagando delle sue malefatte e viene esaudito. Per lui il paradiso si concretizza nell'oggi dell'eternità. E ci voleva tanta fede da riconoscere in quel corpo straziato un re!

venerdì 22 novembre 2013

Nel sociale, combattenti dell'amore

I cristiani devono impegnarsi nel sociale, non devono nascondersi nelle Chiese, intese come edifici, per pregare solamente e intanto godersi la tranquillità. Il cristiano deve impegnarsi per rendere la vita migliore, deve in qualche modo sporcarsi le mani. Lo fecero tanti santi in passato, basti citare il famoso e stimato don Bosco che seppe conquistare alla sua epoca i favori del ministro dell'Istruzione per la sua azione profondamente umanitaria. Il cristiano deve impegnarsi nella politica, non può lavarsene le mani, per paura di essere giudicato da persone senza scrupolo che in realtà, tante volte, troppe, trapelano la loro ignoranza. Einstain aveva detto bene: più si sa e più si ha la consapevolezza di non sapere, di avere molto da imparare. Così dovrebbe essere il nostro atteggiamento: essere scolari di una vita che ha sempre da insegnarci qualcosa. Il vero sapiente è davvero colui che sa di non sapere.
Il cristiano, insomma, non deve seguire un politico perché simpatico, ma perché si fa fautore delle idee della Chiesa. Non deve arretrare in nome di quei “Patti Lateranensi”: abbiamo tutti il diritto di affermare le nostre idee, anche i Cattolici. Chi nega la libertà degli altri, nega la propria e afferma la sua più profonda ignoranza e tirannia, pure in un clima di democrazia come c' è adesso.

E noi?


Il cammino del cristiano è tutt'altro che semplice, eppure non bisogna negare che sia entusiasmante intraprenderlo! Tutto il messaggio si concentra in questo concetto: Dio Padre ti ama. Gesù, rivolgendosi a Dio, lo chiama spesso con l'appellativo di “Dio Padre”. Lo chiama “Dio” perché comunque rimane il padrone delle nostre vite. A questo punto bisognerebbe addentrarsi in un discorso assai complesso riguardante il concetto di “libertà” che per adesso non voglio affrontare. Lo chiama “Padre”, ovviamente con la “p” maiuscola, perché è lui che ha donato a noi tutti la vita. Anche qui si potrebbe affrontare l'altro discorso un po' difficile sulla maternità di Dio. L'essere Dio implica tanti attributi, l'onniscienza, l'onnipresenza...ecc.... Insomma, come tanti salmi recitano, Dio sa tutto di noi: sebbene abbiano contribuito l'uomo e la donna nella generazione di un uomo, la decisione fondamentale della vita spetta a Dio. È in questo contesto che s'introduce il concetto importantissimo del matrimonio come sacramento d'amore e partecipazione all'atto creativo di Dio e della famiglia come cellula fondamentale della società. Non voglio affrontare questi discorsi importantissimi, lo faremo in un altro momento, desideravo soffermarmi su un altro pensiero. Siccome Dio è Padre, in teoria e poi in pratica, noi saremmo tutti fratelli. Spesso e volentieri facciamo esperienza che l'essere fratelli non implica un legame di sangue: le amicizie profonde, che tendono al completamento, alla condivisione reciproca, toccano vette sublimi che, a volte, non hanno niente a che vedere con i rapporti difficili tra persone che hanno lo stesso sangue. Vero è che i familiari non sono scelti da noi, mentre le amicizie sì. Non scordiamo che, ad ogni modo, l'amicizia si deve costruire giorno per giorno, superando le difficoltà, senza escludere dei confronti, dei litigi. Chi non litiga mai, in realtà, è perché uno dei due non si fa conoscere fino in fondo, non svela le sue idee e non si mette in gioco per timore di una rottura del rapporto... e qui, si dovrebbero fare tanti discorsi, tante riflessioni, su come in un rapporto si possa nascondere tanto egoismo... Interrompo qua e procedo con il mio discorso.

Proprio ieri sera un film poliziesco ha toccato un pensiero importantissimo: l'amore fraterno, il perdono reciproco, l'assenza di giudizio. L'amico del poliziotto si era convertito, dopo aver condotto una vita da ladro e malfattore, ed era diventato prete di una parrocchia che non lo accettava per il suo passato burrascoso. In quella comunità cristiana, emergeva il giudizio di condanna verso il parroco. È il pericolo che corrono tutte le nostre parrocchie e comunità. In un momento in cui il prete si trovava in difficoltà con i parrocchiani che lo stavano rigettando pubblicamente durante una funzione, il poliziotto che non era praticante, dal pulpito li ferma con una citazione di una frase di Gesù, richiamando un episodio bellissimo e commovente del vangelo: “Chi è senza peccato scagli la prima pietra!”. Anche nel film, i parrocchiani se ne andarono senza fiatare, lasciando in pace il prete. Dobbiamo riconoscere e discernere ciò che è bene e ciò che è male. Gesù non dice che l'uomo debba privarsi della capacità di giudizio che è propria dell'uomo. È una sua peculiarità. Dice, invece, che il giudizio non deve tramutarsi in condanna. Ciò è spiegabile anche umanamente: che vergogna riprendere il nostro fratello per una piccola colpa, per una svista quando magari noi abbiamo fatto di peggio. Tutti noi abbiamo bisogno di perdono, per questo motivo non dovremmo mai giudicare gli altri. Questo ci renderebbe ridicoli e senza alcuna affidabilità... È la storia del bue che dice all'asino “cornuto”. È la storia di Davide... La racconto per chi non la sapesse. Davide aveva ceduto alla tentazione della carne unendosi con la moglie di un soldato del suo Regno. Ovviamente alla donna non restava alcuna scelta. La Bibbia, invece, induce a riflettere sulla scelta di Davide. Egli, dopo aver appreso dalla donna che era rimasta incnta di un suo figlio, fa uccidere con l'inganno Uria, il marito. Egli si mette così la coscienza a posto, ma non ha fatto i conti con Dio che odia gli inganni e i soprusi verso i più deboli: si riprenderà quel figlio illegittimo. Davide piange molto per quel figlio, ma Dio vuole farlo riflettere e gli manda Natan, un profeta, che gli racconta la storia di un pastore che possedeva solamente una pecorella alla quale era ardentemente affezionato. Un uomo ricco che possedeva tantissime cose, s'invaghì di quella pecorella e la rapì, la portò via con l'inganno. Davide, sentendo quella storia, s'indignò molto e asserì: “Dimmi chi è quell'uomo, lo farò morire per l'ingiustizia fatta!”. E Natan si rivolse a Davide dicendo: “Quell'uomo sei tu!”.

Davide si pentì grandemente del suo atto ingiusto... Ma noi, ci rendiamo conto dei nostri inganni nei confronti dei più deboli o la nascondiamo dietro una cosa che A NOI pare giusta? Se sì, come possiamo osare criticare aspramente i nostri fratelli? Togli la trave che hai nel tuo occhio e ci vedrai bene per togliere la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello. Quanta psicologia c'è nel vangelo! Non è solamente un libro di Rivelazione!

sabato 16 novembre 2013

Umiltà...verità!

“La nostra meta non è di trasformarci l'un l'altro, ma di conoscerci l'un l'altro e d'imparar a vedere e a rispettare nell'altro ciò che egli è: il nostro opposto e il nostro completamento” – Herman Hesse

Desidererei riflettere su questa frase detta da Herman Hesse. “La nostra meta non è di trasformarci l'un l'altro”. Questo è importantissimo nei rapporti umani. Prima di tutto bisogna partire dalla conoscenza di se stessi. Tempo fa ho parlato del silenzio: il silenzio è una componente fondamentale nella conoscenza di se stessi. Se io mi assordo con musica, mass media, traffico e tutto ciò che crea rumore, non riesco ad entrare in intima relazione con me stessa e non potrò mai ascoltare le mozioni più profonde del mio cuore. Talvolta ci assordiamo perché abbiamo timore di ascoltare noi stessi, eppure questa è la chiave fondamentale del vivere bene con se stessi e con gli altri. Questo permette che non si abbia paura del diverso e che quindi si rispettino le idee altrui senza vederle come un'aggressione verso se stessi. La paura che abbiamo di noi si trasmette nell'altro. Siamo irripetibili, una creazione unica uscita dalle mani di Dio, perciò speciale. Dobbiamo cominciare a vederci con occhi diversi, realisti, accettando i nostri limiti e i nostri pregi. Non dobbiamo nascondere le nostre qualità dietro una falsa umiltà altrimenti, con il nostro comportamento attesteremmo che Dio con noi ha fatto un disastro unico, ha sbagliato tutto. Come possiamo pensarlo? Il salmista prorompeva in un grido di gioia: “Ti lodo, Signore, perché mi hai fatto come un prodigio... sono stupende le tue opere!”. Poi capita che usiamo male i nostri talenti e possiamo sbagliare, ed p proprio qui che entra in gioco l'umiltà: dobbiamo accettare di essere fallibili, di non avere un'intelligenza che possa abbracciare tutte le opzioni! L'umiltà, ricordiamoci, si basa sulla verità, su questa sola. Quando ci raccontiamo menzogne, l'umiltà affoga nel mare del nostro errore più grande: la superbia e l'ipocrisia, difetti che Gesù aborriva. Vero, perché se da una parte possiamo sprofondare nel vittimismo di una bassa autostima, possiamo anche cadere nella superbia più assoluta: ci capita, così, di criticare sempre gli altri, di tenere la nostra testa troppo alta e quindi di non accorgerci che esiste l'altra persona... figuriamoci se ci rendiamo conto che può avere opinioni diverse dalle nostre e magari anche giuste! Quindi, il vederci realmente come siamo, ci porta ad apprezzarci, ad amarci senza sottovalutarci o sopravvalutarci e di non volere di trasformarci l'un l'altro ma ad ammirare l'altro per le opinioni diverse, come completamento ed opposto.

martedì 12 novembre 2013

Il silenzio

Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che Gesù insegnava con i suoi atti, parole e silenzi. Tutta la sua persona era tesa all'additamento delle qualità e degli attributi di Dio Padre e allo spronamento all'imitazione delle sue virtù. Desidero meditare con voi proprio sui silenzi di Gesù. Che tesori sono i Vangeli donatoci dagli Evangelisti. Pur essendo stati scritti “telegraficamente”, in modo che in essi non trapelasse né un'esortazione esplicita alla conversione che potesse sembrare un forzare la psicologia altrui a credere, né alcun giudizio personale che ovviamente sarebbe stato a favore del Messia, non si esauriscono in una sola meditazione. Lo Spirito Santo gioca, illumina alcuni aspetti in tempi diversi... questo per far comprendere al lettore la frase che Gesù rivolse a Pietro quando fece la sua professione di fede: “non per volontà di uomini hai compreso questo, ma perché ti è stato rivelato da Dio Padre.” 
Vero. Nessuno può dire che Gesù è il Signore senza l'aiuto e l'ispirazione dello Spirito Santo. Ovviamente l'orientale, come spesso ho ricordato, dava alle parole il significato più intrinseco e un'efficacia che i Romani non conoscevano: basti pensare al proverbio latino che affermava: “Verba volant, scripta manent”.
L'orientale, quindi, riempiva la parola del suo contenuto più profondo. Ancor oggi lo Spirito Santo afferma con le illuminazioni ed ispirazioni che ci dona quanto il suo agire sia fantasioso. Questo avviene attraverso la preghiera, ma non necessariamente. Gli eventi controllati da Dio Padre, possono essere le lezioni di vita in cui l'uomo deve imparare umilmente, lezioni che deve ascoltare, assimilare, fare sue e non subirle. Certamente, ribadisco, non è semplice. Bisogna imparare a farne tesoro piano piano. La sofferenza è inevitabile nella vita dell'uomo. Allora ecco i silenzi che Gesù ha usato durante la passione, il silenzio durante la preghiera e l'intimità con Dio Padre.  Su quest'ultimo tipo di silenzio volevo soffermarmi. Gesù cerca il Padre, vive la sua intimità con Dio Padre stando con gli apostoli e la gente bisognosa di amore, comprensione, guarigione. L'unità della Trinità in Lui diventa concreta. Nelle azioni di Gesù risplendeva l'amore del Padre. Il Figlio cercava l'intimità con il Padre nei lunghi momenti di silenzio nel deserto, in cui cercava la sua presenza. Mi piace paragonarlo all'amore umano, perché, in fondo Dio parla un linguaggio umano. Al momento della Creazione, Dio trova il coronamento del suo operato nell'uomo, unica creatura capace di interagire con Lui. Utilizza, perciò, un linguaggio comprensibile all'uomo, linguaggio costituito anche da silenzi, da atti che non si traducono in parole. Due fidanzati non hanno bisogno di tante parole, hanno bisogno di stare vicini, di comunicarsi l'amore reciproco con abbracci e con il contatto fisico. Così avviene con Dio. Il Cristiano cerca il contatto con Dio, stando davanti a Lui, ascoltando i suoi silenzi, accogliendo i suoi regali e persino le sue ammonizioni. Quando ci troviamo davanti a Lui, spesso sentiamo il bisogno di pronunciare tante parole ma non ci rendiamo conto che ciò che desidera di più da noi è la nostra presenza e il nostro silenzio, semplicemente per poterlo riempire del suo infinito... le parole infatti non possono contenere l'infinito di Dio, sono limitate da lettere, da concetti limitati rispetto alla grandezza di Colui che ha creato le stesse parole. Per questo motivo il Verbo di Dio ha utilizzato pure i silenzi e le azioni oltre alla predicazione...  Dio non poteva essere contenuto nelle povere umane parole.

giovedì 7 novembre 2013

L'amore di Dio

In questi giorni il vangelo che ci presenta la Liturgia della Parola della santa Messa, ci ricorda il grande amore che Dio possiede nei confronti dei peccatori, amore che anche un vero cristiano dovrebbe avere. Dio ha un forte desiderio di cercare il peccatore che si è perso nei suoi sbagli, lontano da Lui. Immaginiamo il cuore di un padre terreno che vede il proprio figlio farsi del male, quale ansia possa agitare il suo cuore e forte sia il desiderio di riportarlo a casa sua! L'amore di Dio Padre è ancora più perfetto. Cerca la pecorella smarrita e, felice, vuole festeggiare. Pensare che anche noi cristiani dovremmo fare festa se, finalmente, un peccatore ritorna inginocchiato davanti al Cuore di Dio! Quante volte invece facciamo attenzione più alle cose esterne, preferiamo tenere il bilancio dei peccati degli altri, piuttosto che spalancare le nostre braccia come ha fatto Dio con noi sulla croce!
Troppo spesso siamo come i farisei, ci sentiamo giusti, pensiamo di essere vicinissimi a Dio, semplicemente per il fatto che adempiamo alla legge del Signore. Come ho detto precedentemente, ci sentiamo giusti perché andiamo a Messa e preghiamo, magari versando qualche lacrima di compassione. Non è di certo questo che ci rende veri CRISTIANI.
Se guardiamo dentro di noi, veramente, ci rendiamo conto che, sentendoci giusti, non abbiamo più bisogno di Dio. Se Dio ritraesse la propria mano, noi saremmo sicuramente peggio degli altri. Preghiamo, vero, però il nostro cuore è lontanissimo da Dio. In modo assoluto. La nostra vita cristiana è un apparato esterno, il nostro cuore non è coinvolto realmente... e poi si può sentire compassione per gli altri ma questa rimane un semplice sentimento che non si traduce in atto concreto. Essa è assolutamente sterile. Dio infatti, ha provato santi come Madre Teresa di Calcutta, non facendole sentire la compassione. La compassione è buona, ma deve tradursi in atto concreto. Possiamo piangere quanto vogliamo davanti al dolore altrui, ma se non ci sporchiamo le mani, se non ci mettiamo in gioco, tutto ciò è vano!

Individualismo



Individualismo: la società di oggi è tutta impastata di individualismo, persino la fede. Ognuno la vive personalmente senza condividerla con altri, semplicemente recitando le proprie preghiere, assistendo alla santa Messa domenicale e stop. L'impegno del cristiano è terminato là. Oltre quel confine non si va. Invece noi tutti facciamo parte di un corpo mistico: la Chiesa. Essa non è costituita solamente dalla gerarchia ecclesiastica, ma da tutti i fedeli. Il Concilio Vaticano II si era espresso in proposito molto chiaramente: tutti noi facciamo parte del Corpo mistico che è la Chiesa e i laici sono come lievito che fa fermentare la pasta. Certamente! Inseriti nel mondo possono testimoniare efficacemente il messaggio di Cristo. In fondo Dio permise nel corso degli anni la diaspora, la dispersione dei cristiani per il mondo, affinché testimoniassero il Vangelo fino ai confini della terra. I Giudei, infatti, perseguitarono i cristiani: era un male, ma da ciò nacque un bene per la dottrina. Disperdendosi per il mondo, in Italia in particolare, la buona novella si propagò in tutto il mondo. I Romani erano molto tolleranti rispetto alle varie religioni, per cui finché i cristiani non si rifiutarono di incensare l'imperatore, poterono annunciare tranquillamente il vangelo, per poco tempo senza persecuzioni, tuttavia abbastanza da comunicare il fascino della sequela Christi.
Per vedere il volto di Cristo e sperimentare la sua misericordia, bisogna partecipare attivamente alla vita della Chiesa. Solamente così si può saggiare la misericordia di Dio, nessuno è un'isola. Non basta, perciò, andare a Messa di domenica, dire le proprie preghiere. Bisogna vivere l'amore per rendere viva la Chiesa.

sabato 26 ottobre 2013

Vera gioia

Ritorniamo al discorso sulla vera gioia. Vi sono emozioni negative e positive. La gioia, ovviamente, fa parte di quelle positive. La parola “positiva” significa costruttiva. Ma come facciamo a catalogare le emozioni in positive e negative? Non è tanto ciò che produce piacere in noi, anche se ovviamente anche la virtù, sebbene la pratica di essa ci faccia sudare, ci dona gioia. Positivo è tutto ciò che contribuisce a costruire qualcosa di noi stessi: la persona integra. In questo si radica la gioia cristiana. Le emozioni infatti, spesso e volentieri sono passeggere. Uno stesso evento, vissuto in tempi diversi, ci procura una reazione differente, non per questo cambia lo scopo e la natura di questo. La sostanza dell'evento è quella, siamo noi che lo accogliamo in modo diverso. Sappiamo bene che noi umani abbiamo bisogno di stabilità. Non dobbiamo lasciarci portare via dal vento delle nostre emozioni come se fossimo delle dune di sabbia. Abbiamo bisogno di una roccia stabile e, nella nostra vita, è solamente Dio. Non può essere altro. Tutto il resto è soggetto al mutamento, al divenire, alla corruzione. Solamente Dio è immune a questo processo di cambiamento. Dio è immutabile in quanto è eterno. Diventare stabili, perciò, significa fare tutto ciò che ci conduce a Dio, anche se ci costa. La pratica della virtù non è così semplice: essa talvolta ci chiede di negare qualcosa a cui teniamo. Perché lo dobbiamo fare? Semplicemente perché questo ci aiuta a costruire la nostra persona, interiore e fisica. Il bambino non deve toccare il fuoco, anche se questo è bello da vedersi... Però fa male...
Con questo torniamo alle origini del mondo, quando Dio creò l'uomo e la donna. Tante volte ho analizzato il momento in cui l'uomo cadde nel peccato per la prima volta. Il peccato si era presentato come una cosa buona e bella... Perciò l'uomo e la donna caddero nel peccato. È la nostra storia. Il peccato non si presenta mai come qualcosa di brutto. Si camuffa in qualcosa di bellissimo, adorabile e allettante. È qualcosa che sembra soddisfarci pienamente. In realtà non è così. Il gesto della donna e dell'uomo è preceduto dalla tentazione, cioè dal dubbio insinuato dal serpente nei confronti di Dio. Il peccato si nasconde spesso in una cosa buona e giusta... ma non è. Ci vuole molta capacità di discernimento e tanta prudenza. A questo si arriva solamente con la preghiera, non con altro, altrimenti potrebbe essere dettato da una nostra esigenza... Il frutto del peccato era bello da vedersi, buono al palato, ma produsse tanta amarezza, perché introdusse la morte nella vita dell'uomo. Già, spesso ciò che soddisfa il nostro corpo e i nostri sensi, ci conduce alla morte.
Voglio ricordare inoltre, che il diavolo, spesso e volentieri, quando appariva ai santi per tentarli, si presentava come un bellissimo uomo, distinto ed elegante e proponeva quasi sempre qualcosa di buono per il corpo. “Non fare questo, fa male al tuo corpo!”... No, il cristiano deve mettere sempre l'esigenza dello spirito: tante volte infatti neghiamo a Dio delle cose che non fanno per niente male al nostro corpo!

Maria, nostra madre

Vorrei dedicare questo post alla Madonna. Ottobre è il mese del Rosario e non sarebbe giusto non dedicare almeno un post a Maria, nostra madre celeste.
La Chiesa è molto cara a Gesù perché è nata dal suo costato squarciato, dal suo Cuore trafitto. Meditare sull'origine della Chiesa è molto importante: una persona, infatti, si può conoscere veramente solo se sa quali sono le proprie origini. La Chiesa è nata ai piedi della Croce di Cristo. Ma andiamo per ordine. Gesù, in precedenza, aveva “nominato” Pietro primo apostolo in seguito alla sua professione di fede. Gesù in quell'occasione aveva lodato l'impetuoso Pietro sottolineando che non era stata la sua intelligenza a farlo parlare, ma lo Spirito che gli aveva donato una fede profonda... La Chiesa, perciò, è fondata sulla professione di fede. Ma ahimé... Gesù conosceva molto bene Pietro, sapeva che al momento della Passione lo avrebbe tradito per timore della morte. Eppure, nonostante ciò, Gesù non scelse Giovanni, l'apostolo che lo seguì fino alla Croce, fino al momento del suo ultimo respiro. Questa scelta la dice lunga su come ragiona Dio. Pietro lo tradì miseramente e in modo “perfetto”: il numero tre indica la perfezione. “Non conosco quell'uomo!” aveva detto per ben tre volte. La Chiesa è fatta di uomini che tradiscono seppur ricoprano in essa cariche importanti. Questo per far capire che non sono gli uomini a guidare la Chiesa ma lo Spirito Santo, lo Spirito di Dio. Giovanni non ebbe la carica di primo papa sebbene lo seguì fin sotto alla croce, sebbene visse il dolore con coraggio e fedeltà, ma ricevette un mandato per nostro conto. Gli Ebrei attribuivano alle ultime parole pronunciate da un morente, importanza particolare. Anche noi abbiamo ereditato questa mentalità: sono in pratica le ultime volontà del defunto. Gesù in quel momento si rivolse a Maria e le disse: “Donna, ecco tuo figlio”; poi si rivolse a Giovanni e disse: “Figlio, ecco tua madre”.
In quel momento Gesù affidò a Maria l'intera Chiesa e fu per quel motivo che si rivolse prima a Maria. Nello stesso tempo noi siamo stati affidati a Maria. E chi è una vera Madre? È colei che ama il figlio non per quello che fa ma per quello che è, in ogni circostanza. Lo educa al bene: sì, lo conduce al bene, alla Verità, quindi a Gesù... Solo Lui è la Verità! Solo in Lui c'è il vero bene, tutto il resto è chimera. La pietà popolare vuole onorare Maria con una preghiera semplice che per qualcuno può essere solamente ripetitiva: il Rosario. No, non è una preghiera ripetitiva... Quando amiamo veramente una persona, non ci stanchiamo mai di dirle quanto le vogliamo bene, sentiamo l'esigenza di farlo e a volte il farlo è una conquista... e se conosciamo bene e realmente la nostra debolezza, non esitiamo a domandare aiuto, perché sappiamo che siamo sempre in bilico e che, anche se non ci sembra, potremmo cadere da un momento all'altro. Ecco perché la recita dell'Ave Maria per ben 200 volte: il Rosario intero è composto da 20 misteri. Rivolgiamoci quindi a Maria con questa bellissima preghiera: Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te, tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del Tuo seno, Gesù. Santa Maria, madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte, Amen.

venerdì 25 ottobre 2013

Credo nell'intima bontà dell'uomo

E’ un miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perchè esse sembrano assurde e inattuabili.
Le conservo ancora nonostante tutto perchè continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo. … Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l’avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace e la serenità.
Intanto debbo conservare intatto i miei ideali; verrà un tempo in cui saranno ancora attuabili


Comincio questo post citando una celebre frase che Anna Frank aveva scritto nel suo diario. Quattordicenne, sembra possedere più maturità di un sessantenne. Morirà di tifo in un campo di concentramento . Quella che sta parlando non è una ragazzina che conosce solamente la pace, ma una consapevole che fuori dall'alloggio in cui tutta la sua famiglia si nascondeva, si consumava un eccidio che ha coinvolto non solamente degli Ebrei ma tantissima altra gente. L'ho pubblicato per far comprendere che la gioia del cuore non è un ammattimento dei cristiani, una fissa dei cristiani. Nasce dalla vera fede, quella in Dio, l'unica che può spiegare e dà senso ad ogni sofferenza umana. Non c'entra l'età: Anna era molto giovane, aveva tutta una vita davanti a sé. La fede non ha età, semplicemente ti dà la certezza di un futuro eterno.

La gioia

Continuando il discorso dell'altro post, vero è che alcuni Ebrei che subivano l'Olocausto, avevano perso la loro fede in Dio, o almeno, erano giunti a dubitare della sua presenza. Nel film sopracitato, “Il pianista”, alcuni Ebrei vedendo la grande sofferenza che subivano, com
mentavano di dubitare della presenza di Dio... E come biasimarli? Ciò che noi vediamo nelle fotografie raccapriccianti, loro lo avevano visto realmente. Noi voltiamo lo sguardo inorriditi, oppure cerchiamo di evitare di pensare, loro erano costretti a sotterrare i corpi di familiari e amici con l'obbligo di non lasciar intravedere alcuna emozione sia positiva che negativa, pena la vita. Sto parlando dell'Olocausto, ma tali riflessioni sono applicabili a qualsiasi altro genocidio o guerre che passano sotto silenzio visto che non implicano il commercio del petrolio. Basti pensare alla tragedia consumatasi nei Balcani nel '90; alle guerriglie nel continente africano tra tribù differenti che di certo non andavano per il sottile usando machete e asce per farsi “giustizia”e sterminare così intere famiglie; alla tragedia degli Armeni più volte braccati dai Turchi; alle persecuzioni dei cristiani ad Algeri dove fu massacrata un'intera comunità di cistercensi. A tale proposito vi consiglio la visione del film “Uomini di Dio” che racconta semplicemente la loro storia, umana e spirituale, fatta di paura, redenzione, olocausto, croce e resurrezione.
Insomma, è l'odio umano che prende corpo in violenze camuffate da idee politiche, religiose, tribali, ma che, in verità, non ha alcuna giustificazione. Eppure in un luogo lugubre come un campo di concentramento nazista, dove si impazziva per la sofferenza o sempre più spesso si sceglieva la morte volontaria, si poteva assistere ad atti eroici d'amore. Viktor Frankl ha raccontato questi episodi nel suo libro “Uno psicologo nei lager”: egli aveva osservato che in luoghi come quelli o s'impazziva, si diventava assolutamente egoisti, capaci solo di perseguire la propria incolumità, oppure si era capaci di atti di amore eroico. Egli studiò l'atteggiamento degli internati e aveva osservato che coloro che sublimavano la propria esperienza di sofferenza nell'offerta a Dio, sapeva vivere felicemente anche in un lager e morire serenamente perdonando persino i suoi aguzzini. Com'è possibile? Eppure sono storie vere. Viktor Frankl ha raccontato queste vicende e le ha viste con i propri occhi. Ha dimostrato che anche in una condizione terribile, sia fisica che psicologica, si può essere felici e altruisti! Nel mondo cristiano tanti sono riusciti a morire martiri in un campo di concentramento, basti pensare a Edith Stein, a Massimiliano Kolbe. Hanno affrontato il loro martirio con dignità, a testa alta, facendo tremare la mano dei loro stessi boia, come d'altronde hanno fatto i primi cristiani. Allora il segreto della felicità non sta in quello che ci accade, nelle contingenze della vita, ma in una intensa vita cristiana, nella visione di una vita eterna...

domenica 20 ottobre 2013

La violenza

Ultimamente in una rete privata hanno trasmesso nuovamente il bellissimo film capolavoro di Roman Polanski, "Il pianista". Espongo brevemente la trama per chi non la conoscesse. Il film è ambientato in Polonia al tempo del Nazismo. Questo drammatico periodo storico viene presentato con gli occhi di un artista che ama profondamente la musica, arte che si rivelerà come ancora di salvataggio. Persa tutta la famiglia ingoiata dall'odio nazista nei campi di concentramento, salvato da un gendarme che lo aveva già aiutato in precedenza, il pianista, Władysław Szpilman, vive ramingo fino alla liberazione della Polonia. Egli vive le drammatiche vicende del tempo che vede gli Ebrei e non solo, vittime di un odio che non ha pari, di una follia generale che uccide senza ragione e gode della tortura della sofferenza altrui. Władysław Szpilman vede i rastrellamenti, le fucilazioni, i morti di fame ai margini della strada... vede un odio cieco che uccide bambini innocenti. Dopo che Varsavia insorge, Władysław ritorna nel ghetto e vaga in cerca di cibo. Si rifugia in una soffitta con una scatola di cetrioli che aveva trovato. La fame è molta e l'unica scatola che può salvarlo, è dura da aprire. Mentre cerca di aprirla con mezzi di fortuna incontra un ufficiale tedesco che, venuto a conoscenza della sua antica professione di pianista, gli chiede di suonare l'opera 23 di Chopin. L'ufficiale è colpito dalla sua esecuzione e lo aiuta portandogli da mangiare e regalandogli il suo pastrano per difenderlo dal rigore del freddo. L'ufficiale tedesco viene poi catturato dall'Armata Rossa e quindi deportato nei campi di lavoro. In seguito ad alcune ricerche, l'ufficiale tedesco viene identificato come Hosendelf Wilm, un uomo che, durante la guerra, svolse un'azione umanitaria straordinaria, salvando numerose vite dall'odio nazista.
Il film induce alla riflessione, soprattutto in seguito alle vicende di Pribke, uno degli autori dell'eccidio delle fosse Ardeatine.
L'odio cerca sempre una giustificazione. A quei tempi la giustificazione era l'appartenenza a un gruppo politico. Il film "Il pianista" dimostra che non è quello che giustifica. Tra i boia c'erano anche uomini che avevano il coraggio di essere uomini rischiando la loro stessa vita, come fece Hosendelf. Sì, perché qui si tratta di fare la differenza tra uomini e assassini. Non si spara senza ragione per ragioni politiche, è solo un pretesto. Ciò che accadde a quei tempi è inammissibile. Non si può spiegare una tale crudeltà. Il film di Polanski è crudo ma non rappresenta poi tutta la realtà così com'era. Sorge spontanea una domanda: e se fosse capitato a noi? Se fossimo stati noi gli ebrei? Avremmo accettato la "logica" dell'olocausto? No, credo di no. A volte si parla senza riflettere, senza aver vissuto sulla pelle certe cose. Bisognerebbe imparare a mettersi nei panni degli altri per capirli veramente e porsi questa domanda: a me piacerebbe essere trattato così? E così, in nome di una bandiera, di idee politiche si è diventati degli assassini "legali", giustificati. Non è così, non può essere così: la violenza non si deve mai giustificare, a qualsiasi bandiera appartenga. Al tempo della seconda guerra mondiale, infatti, non hanno sbagliato solamente i nazisti. Come Martin Gray aveva raccontato nel suo libro, "In nome dei miei", la vendetta non riportava i suoi in vita: erano stati ingoiati dalla furia e follia nazista, ma nemmeno la vendetta ricercata facendo parte dell'Armata Rossa, aveva riportato i suoi cari in vita. L'odio li aveva uccisi e la vendetta era amara, non gli dava alcun conforto: o si era boia o vittime. Mentre faceva parte dell'Armata Rossa, si accorgeva che i suoi metodi erano spietati come quelli dei nazisti: il suo sguardo si posava su bambini, donne, uomini tedeschi anonimi che non avevano nulla a che fare con i boia che li picchiavano, li uccidevano nei campi di sterminio. La sua vendetta non trovava respiro: si sentiva come i boia tedeschi che avevano rovinato la sua vita. L'odio non si giustifica che si vesta di rosso o di nero. Mai. Così capì che i suoi potevano ritornare in vita con la generazione di altre vite e non con la vendetta. Questo riporta alle parole di papa Francesco: non si risponde alla violenza con la violenza. Martin non era cattolico, era ebreo, non "accettava" la predicazione di Gesù di non opporsi al malvagio, eppure l'aveva compresa pienamente, era stata la sua coscienza a raccontargli il vero amore.
Stiamo attenti a come agiamo: Gesù aveva detto che è dalle piccole cose che si comincia. Se si è senza scrupoli nelle piccole cose, lo saremo anche nelle grandi. Chi è fedele nel poco, lo sarà nel molto. Se siamo crudeli o disonesti nel poco, lo saremo anche nel molto... Abbiamo i politici e la società che noi ci meritiamo. Cominciamo noi ad essere fedeli, onesti, costruttori di pace e umanità, senza aver paura dei nostri limiti, perché nessuno è perfetto, ma cerchiamo di costruire noi una società migliore, smettendo di puntare il dito contro gli altri. Facile responsabilizzare sempre gli altri, ma io cosa faccio per rendere la società migliore?

mercoledì 9 ottobre 2013

I dieci Comandamenti

Si pensa che i Dieci Comandamenti siano gravosi perché limitano la libertà dell'uomo, eppure sono inscritti nel suo cuore più di quanto si possa pensare. Fuori di essi c'è disordine e sofferenza, pur senza volerlo. Ciò che li rese gravosi ai tempi di Gesù, erano i tanti codicilli che li accompagnavano e che erano in verità opera e pensiero dell'uomo. Gesù era molto severo riguardo a questo. I Farisei dimenticavano che i Comandamenti più importanti che sintetizzavano gli altri erano questi: Ama Dio con tutto il cuore, la mente e le tue forze e il prossimo tuo come te stesso.
Amare sinceramente il prossimo dipende sicuramente da come si ama Dio. Se si ama tanto una persona si tende a pensarla sempre, a farla diventare il vertice su cui si basano tutte le altre scelte, si desidera condividere la propria vita, le proprie emozioni, i momenti di silenzio e a prenderla come modello. Così dovrebbe accadere ad ogni cristiano. Amare Dio intensamente non è per pochi. Nell'Antico Testamento si alternano momenti drammatici, di fedeltà e tradimento, di passione per il servizio di Dio e cadute nell'abiezione più totale. Il filo conduttore, però, rimane sempre l'amore e la fedeltà di Dio verso un popolo che talvolta lo tradisce, che pecca gravemente ma che poi ritorna sanguinante. La vita degli Ebrei era basata sull'amore di Dio, non si può negare: agli inizi il loro governo era teocratico. Tutti erano religiosi, nessuno poteva escludere Dio dalla propria vita. Gesù non abolisce sicuramente i Dieci Comandamenti ma li completa, li scrive nel suo cuore e cancella il peccato dell'uomo, gli apre le porte del Paradiso, non più quello terrestre, ma quello della piena comunione con Dio. Sono scomodi, eppure delineano la strada che porta alla vera gioia.

domenica 6 ottobre 2013

Spalancate le porte a Cristo


Papa Giovanni Paolo II, all'inizio del suo pontificato, pronunciò una frase che sintetizza il programma del cristiano: “Aprite, spalancate le porte a Cristo”. È un programma molto impegnativo anche questo. I successori di Giovanni Paolo II non hanno fatto altro che spiegare quest'imperativo a cui ogni uomo dovrebbe obbedire. Un cuore aperto non può fare selezioni. Basti pensare all'atteggiamento di Gesù raccontatoci nei vangeli: Gesù lasciò che una peccatrice gli bagnasse e asciugasse poi i piedi dalle sue lacrime... Si è lasciato accarezzare da una donna! Se andiamo al significato di tale gesto, potremmo comprendere il motivo di tante discussioni intorno alla vita di Gesù e alla costruzione di tante menzogne sul suo conto. Qualcuno aveva pensato che Lui avesse una donna, da qui il libro del “Codice da Vinci”. Già, perché lavarsi i piedi, in ebraico significava “conoscere” la propria moglie. Nell'enciclica “Deus Charitas est” è spiegato molto bene questo concetto, come l'amore cristiano si avvalga anche di gesti umani sublimandoli, rammentando che questi riportano al momento dell'atto creativo di Dio. Gesù è talmente libero che non si pone scrupoli nel lasciarsi accarezzare; lascia che quella donna esprima l' amore che prova nei suoi confronti nel modo che le è più confacente. Non ha timore di essere giudicato dai Farisei. Il suo cuore è aperto ad accogliere ogni dolore umano. Non scordiamo che per gli Ebrei lasciarsi toccare da un peccatore voleva dire rendersi impuri, non poter partecipare alle funzioni religiose, ovvero essere scomunicato totalmente dalla comunità civile e religiosa del tempo. Gesù non ha timore di questo, affronta la sofferenza, sapendo che comunque la vita ferisce. Sostiene l'amore fino a compromettersi, libero di amare, libero dai vincoli storici e dai giudizi della mentalità del tempo. L'amore, quello vero, rende liberi. La verità, in tutte le sue sfaccettature, rende liberi. Dire la verità, significa abbracciare Cristo. Ogni menzogna fa male e se per la verità e l'onestà, si è capaci di perdere se stessi, la propria reputazione, gli “amici”, si conquista la libertà di Cristo, di essere se stessi anche se tutti gli altri agiscono diversamente. Non è la massa che decide i comportamenti giusti da attuare, ma gli ideali in cui credi fermamente. Ecco ciò che muoveva i soldati a dare la vita per la propria Patria, o i cristiani a dare la vita per Cristo. L'amore, la solidità nei propri ideali che si rendono vivi se hanno radici nella persona che li vive. “Tutti fanno così”, allora mi sento in dovere di farlo anch'io a costo della vita e felicità degli altri. No, non deve essere questo il faro che regola la tua navigazione... perché il “Tutti fanno così” può cambiare in un istante. Cristo, invece, no, è la roccia eterna. Se tutti fanno così, io devo essere capace di andare contro corrente... così come nel vangelo, Gesù salirà sulla mia barchetta e placherà il furore del mare e la lascerà scivolare placida in mezzo alle onde...al suo porto sicuro.

Cristiani da pasticceria


Papa Francesco ci sorprende con le sue frasi impegnative e sicuramente difficili da attuare se si prendono sul serio. Riflettiamo su una di queste.

“Senza spogliarci, diventeremo cristiani da pasticceria”. Che cosa vuole dire papa Francesco con questa espressione? Viene pronunciata in un contesto particolare, la festa di san Francesco, patrono d'Italia. Francesco aveva abbandonato le sue ricchezze per farsi povero, per abbracciare la povertà con tutta la sua vita. Aveva compreso che noi non siamo fatti a cantoni, ovvero a compartimenti stagni. Nonostante spesso ci sentiamo spezzati dentro, siamo un tutt'uno. Quando in noi si verifica una scissione, ecco che entriamo in crisi. Ci mettiamo in discussione, critichiamo il nostro operato. La critica può essere costruttiva. Ogni crisi può sfociare in qualcosa di buono che ci induce a modificare i nostri schemi comportamentali.

Francesco aveva compreso pienamente che Dio poteva riempire il vuoto che aveva nel cuore. Mutò totalmente il suo stile di vita e lo iniziò dopo un gesto clamoroso che suscitò ammirazione nel vescovo: portato a giudizio dal padre davanti al vescovo, reo di aver sperperato i suoi beni, Francesco si spoglia davanti a tutti. Rimane nudo davanti agli astanti. Al giorno d'oggi questo fa scalpore, ma a quei tempi essere nudi non era poi così scandaloso. Le famiglie erano numerose e spesso nelle famiglie si svolgevano anche gli atti più intimi con il rischio di essere visti. Ciò che, invece, scandalizzò gli astanti, fu il fatto che lasciò tutte le proprie ricchezze per abbracciare uno stile di vita non riconosciuto nemmeno dalla Chiesa. La gente conosceva i conventi, le comunità monastiche, che possedevano comunque dei beni ed esercitavano un potere temporale. Il vescovo, infatti, fungeva da arbitro, da giudice, ecco perché il padre di Francesco chiamò il figlio davanti a lui. Quando si sperimenta la vera pienezza di Dio, non si desidera altro che viverla nella sua totalità, in ogni ambito di vita, senza sentirsi menomati, ma persone complete, migliori. Così Francesco sperimentò Dio nella sua totalità e fece una scelta che compromise la sua reputazione. Lasciò tutto per Dio. Si spogliò dell'uomo vecchio e si rivestì di quello nuovo. Chi non fa esperienza di Dio, non può comprendere ciò che accadde nello spirito di Francesco. Essere veri cristiani vuol dire essere gioiosi, saper portare la gioia, la vera letizia pure nella sofferenza. Essere veri cristiani significa saper fare scelte pur sapendo che queste non saranno comprese e che tanti ti volteranno le spalle deridendoti, anche tra coloro che si professano cristiani cattolici e poi non lo sono. Il vero cristiano è colui che sa perdere la propria vita sapendo che sta conquistando quella eterna, che sta trovando il vero tesoro. Tanti possono lasciarti, in certi ideali ti sentirai solo, ma se li hai sperimentati e senti nel tuo cuore la vera gioia, sii sicuro che quella è la strada giusta. Accadde anche a Gesù. Il suo fascino ammaliava tanti, ma quando toccava argomenti duri che costavano, ecco che tanti discepoli gli voltavano le spalle. No, non bisogna aver timore della solitudine, perché il vero cristiano sa di non essere mai solo e che sta lottando per qualcosa che rimarrà in eterno...

domenica 29 settembre 2013

Fare esperienza di Dio


Fare esperienza di Dio è una grazia immensa. Egli è colui che appaga completamente lo spirito, lo allieta. Chi non ha avuto questo rapporto con Dio, non può comprendere come l'anima si possa sentire paga. Basta testarlo una sola volta e si ci può rendere conto di che cosa questo comporti.

L'anima si sente colma di Dio, desiderosa solamente di immergersi in esso. Ecco perché l'angelo quando annunciò la nascita di Gesù a Maria, le si rivolse dicendole: “Ave, piena di grazia”.

Maria viveva la pienezza di Dio. Noi non raggiungeremo mai la pienezza che Maria possedeva, però possiamo viverla in parte. Essere pieno significa non aver posto per altro. Maria era colma di grazia, della grazia di Dio perciò era come se vivesse già il paradiso su questa terra. Era la donna nuova, la nuova Eva, l'icona della salvezza dell'umanità intera. Vivere seriamente il proprio rapporto con Dio, rende insipida la vita terrena e tutto ciò che le concerne, svuotandola dell'effimero e donandole l'eternità.

sabato 7 settembre 2013

La pace


Tempi bui, venti di guerra. Oggi è la giornata dedicata al digiuno per impetrare da Dio il dono della pace. È la Madonna che deve presentargli le nostre richieste. Chi, più di una madre, può comprendere le esigenze dei propri figli? Nessuno. Perché siamo giunti a questo punto? Quali sono le ragioni della guerra? E che cos'è la pace, quella vera? Perché fare digiuno? Che valore ha il digiuno nella vita del cristiano?

Non sono di certo risposte così immediate come può parere. Affrontiamo l'argomento con ordine, cercando di soddisfare ogni domanda con una risposta ragionevole.

PERCHÉ L'UOMO SENTE L'ESIGENZA DI FARE GUERRA? CHI È L'UOMO?

Due domande strettamente correlate ed estremamente complesse.

L'uomo è un essere vivente fatto di materia ma anche di spirito. La materia gli impone certe esigenze fisiche che comportano un innesco di meccanismo di difesa che si espande anche alla sfera mentale e quindi alle sue impellenti esigenze. La centralina dell'uomo è il cervello. È lui che comanda ogni istinto e suggerisce la soddisfazione degli stimoli vitali. L'uomo vive di cose concrete e astratte. Le cose concrete comprendono gli stimoli che aiutano il corpo a vivere, quali fame, sete, sopravvivenza. Le cose astratte invece sono valori di cui l'uomo si ciba sebbene non implementano direttamente la crescita del corpo: il bisogno di affetto, le emozioni, il dolore, la gioia, la paura... etc. Stilando in fretta un elenco ci accorgiamo immediatamente che i valori astratti incrementano maggiormente la vita dell'uomo e che fra esigenze fisiche e astratte, vi è un legame imprescindibile e che s'influenzano a vicenda.

In poche parole, quindi, l'uomo è un impasto di fisico e mente.

L'uomo impara via via, lungo il corso della vita, quali sono gli atteggiamenti adatti da tenere. Quando è bambino, l'ambiente lo influenza a tal punto da fornire al cervello degli impulsi sia negativi che positivi, ai quali risponde difendendosi. Se una situazione si presenta in continuazione, il bambino risponderà ad essa con un certo comportamento che, nel tempo, diventerà abituale e che secondo lui è la risposta migliore, quella che lo fa soffrire meno. Facciamo un esempio banale che si può trasferire poi, in situazioni molto più complesse. Il bambino di fronte a un diniego da parte del genitore, piange. Vede che il genitore cede sempre di fronte alle sue lacrime. Il bambino apprende che se piange otterrà ciò che vuole. È uno schema che diventa abituale in lui, uno schema che gli ha permesso una soddisfazione a una sua esigenza. Il bambino non sa ancora bene ciò che può nuocergli. Per questo motivo applicherà questo schema come standard che gli fa ottenere qualcosa a cui anela. Quando diventerà grande il meccanismo si è sedimentato nel suo inconscio e sebbene sappia che non si deve ottenere tutto ciò che si vuole e che quel modo è sbagliato, lo applicherà ugualmente perché quell'atteggiamento è diventato un'abitudine, una cosa che si fa senza pensarci e quindi difficilmente sradicabile e fonte di sofferenza.

L'uomo perciò vive dei ricordi e atteggiamenti del suo passato, ricordi e atteggiamenti che diventano comportamenti abituali. Chi ha appreso che con la rabbia otterrà ciò che vuole, avrà un carattere portato all'irascibilità. Certamente non si può sintetizzare tutte le dinamiche comportamentali dell'uomo in poche linee perché intervengono nella formazione vari fattori che a loro volta diventano fondamentali.

L'uomo è, quindi, il risultato di tutte queste dinamiche. È pur vero che ha esigenze che trascendono i bisogni astratti che possiede. La pace, il desiderio della pace, può appartenere e appagare pure una persona non religiosa. Ma ci sono certi desideri che trascendono la natura umana: il desiderio d'eternità. Se non esistesse l'eternità, come potrebbe l'uomo averne un concetto?

L'uomo è perciò una triade inscindibile: corpo, mente, spirito. Il corpo è tutto ciò che è materia nell'uomo; la mente riguardano tutte le emozioni, atteggiamenti, apprendimenti; lo spirito comprende e risponde a tutte le esigenze soprannaturali dell'uomo.

PERCHÉ L'UOMO VUOLE LA GUERRA?

L'uomo desidera intensamente la pace, perché anela all'armonia, eppure in certi uomini prevalgono altri valori, sempre astratti, ma che vertono su emozioni negative: affermazione di sé, desiderio di potere...

L'uomo dà priorità a queste emozioni e alla soddisfazione di esse per averne un effetto piacevole su di sé e conseguentemente alla diminuzione della sofferenza. Quella parte di sé ha bisogno di essere alimentata, altrimenti sentirà il dolore della fame....

PERCHÈ IL DIGIUNO?

Il digiuno serve a comandare al corpo di non soddisfare un'esigenza del corpo. Siccome l'uomo, come abbiamo detto è una triade inscindibile, trattenere e comandare lo stimolo fisico, comporta una capacità assoluta di comandare a un'esigenza della mente: sete del potere, ira... così via.

QUAL È LA VERA PACE?

La vera pace non è solamente l'assenza della guerra, ma è lasciare entrare pienamente Cristo nella propria vita, accettando il suo “Shalom”. È affrontare la diversità di opinioni con coraggio, cercando di capire la posizione e le aspettative dell'altro e di andare loro incontro. Non è quindi il non cercare il conflitto, ma è risolverlo nel dialogo, nella sperimentazione, nell'incontro.

venerdì 6 settembre 2013

La mia anima canta


Transustanziazione



L'Eucaristia richiede molta fede. È il Sacramento che ne richiede di più. In effetti se scorriamo velocemente gli altri sei, ci accorgiamo che in essi vi può essere una componente umana. Il Battesimo, la Cresima, il Matrimonio, l'Ordine, l'Unzione dei malati e la Riconciliazione, hanno una liturgia particolare che, sebbene rimandino necessariamente a realtà celesti, tuttavia possono essere vissuti come una cosa esteriore, una tappa da vivere in modo superficiale o ancor peggio, un rituale scaramantico più che di fede. Il Sacramento dell'Eucaristia, invece, richiede molta fede. Anche la Riconciliazione può essere vissuta come un Sacramento puramente umano. Taluni vanno dal prete come se andassero dallo psicologo, per togliersi un peso dalla coscienza, ma lo scopo prioritario di questo, non è mettersi solamente in pace con se stessi, ma con Dio. Nel Sacramento della Riconciliazione si rischia effettivamente, nonostante essa costi in quanto si raccontano i propri sbagli ad una persona come noi, di accettarla più dell'Eucaristia, perché può assumere quella componente umana che, senza accorgersene, può prendere campo. L'Eucaristia invece richiede una fede pura, da domandare a Dio come la chiese il centurione romano a Gesù: “aumenta la mia fede”. Il pane usato durante la santa Messa è senza lievito. Gesù si nasconderà in quel pane, ma dovremo essere noi quel lievito che lo faccia fermentare; si nasconderà in quel vino, ma dovremo essere noi la gioia che ci anima... Durante la liturgia eucaristica, nel momento dell'Epiclesi, cioè dell'invocazione dello Spirito Santo, avviene la TRANSUSTANZIAZIONE. Dal latino significa passaggio di sostanza: la forma e la materia (gli accidenti) rimangono tali e quali, ma cambia la sostanza.

Se crediamo fermamente all'esistenza di Gesù, allora crederemo anche alla sua presenza reale nell'Eucaristia. Ovviamente questo è un cammino spirituale che si snoda tra dubbi e conferme. Spesso i dubbi sono tentazioni da cui uscire con la preghiera, con una preghiera veramente intensa. Quando si è affetti dai dubbi, anche se il nostro spirito ne farebbe volentieri, bisognerebbe pregare ancora di più.

giovedì 5 settembre 2013

Eucaristia


Meditare sull'Eucaristia non esaurirà il discorso ma farà scaturire altre domande, tuttavia ritengo importantissimo affrontare alcuni interrogativi che la riguardano. Poco tempo fa mi capitò di assistere alla paraliturgia tenuta da un ministro straordinario dell'Eucaristia in sostituzione della santa Messa. Avevo ricevuto l'Eucaristia, ma mancava qualche cosa. Assistere alla Santa Messa è più completo. Essa è composta da varie parti che preparano a ricevere l'Eucaristia. L'Eucaristia è il perno della vita cristiana, è un sacramento istituito da Gesù Cristo stesso e ci permette di vivere ancor oggi della sua presenza reale.

Per capire la sua ragion d'essere, bisogna tornare indietro nel tempo, al momento in cui Gesù stesso stava celebrando la Pasqua ebraica nel cenacolo. Parte integrante della cena della Pasqua ebraica, era il sacrificio di un agnello per la remissione dei peccati. Gesù si dona come nuovo agnello, un agnello senza macchia, l'unico che possa offrirsi come sacrificio per i peccati dell'umanità intera. In quel momento Gesù celebra una nuova pasqua, quella cristiana, il passaggio dell'umanità dalla condizione di peccato a quella di santità. Questo passaggio deve assolutamente avvenire attraverso Lui. Nel vangelo questo è ricordato più volte con diverse espressioni. Si deve passare attraverso Lui per arrivare al Padre. Egli, infatti vede l'umanità attraverso l'immagine immacolata del Figlio. Gesù si dona al posto dell'agnello e usa due elementi frutto della terra e del lavoro dell'uomo per nascondere la sua presenza. Il Dio cristiano è il Dio nascosto. È difficile parlare di umiltà di Dio, perché di per sé Dio non può essere umile, eppure quando prende un corpo, si nasconde interamente, umilmente, in un involucro limitato che ha bisogno di cure, che sente dolore. Veramente il Dio cristiano è un Dio nascosto. Si nasconde in un corpo umano, nel dolore e nella morte per poi sfociare nel grande evento della risurrezione. È chiaro che Gesù, durante la sua vita terrena compì dei miracoli. La sofferenza dell'uomo lo spingeva ad avere compassione, non poteva rinnegare se stesso. Ognuno dà a seconda delle sue possibilità e Dio, si sa, è onnipotente. Gesù che voleva mostrare il grande amore del Padre, non poteva stare con le mani in mano. Il suo amore si rendeva tangibile mediante i miracoli. I miracoli, però, non erano il fine e lo scopo della sua venuta sulla terra. Egli mostrava semplicemente come l'amore di Dio agiva concretamente nel corpo e quindi nell'anima: il suo perdono, era un perdono effettivo e non delle parole dette a vuoto. La parola di Dio è efficace, non copre un sentimento falso. A volte noi umani pronunciamo delle parole che esprimono la parte superficiale di noi, si pronunciano tanto per dire, senza volerlo non raccontano ciò che abbiamo nel nostro interno. La parola di Dio è invece VIVA ED EFFICACE. Viva, non è parola morta, agisce. Così avvenne la sera dell'ultima cena di Gesù sulla terra. La sua parola aveva trasformato il pane e il vino in corpo e sangue suo. Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue. Non ha detto che erano simboli del suo corpo e del suo sangue. Questo è il perno del credo cristiano, tutto il resto ruota attorno a tale evento. Tutti gli altri sacramenti scaturiscono dal sacramento dell'Eucaristia. Ciò che accadde nell'ultima cena era l'anticipazione del sacrificio cruento che avvenne il giorno dopo sulla croce. E fu ai piedi della croce che nacque la Chiesa, irrorata dall'acqua e dal sangue scaturiti dal suo costato. Il centro del cristianesimo è ovviamente Cristo, perciò l'Eucaristia.

domenica 18 agosto 2013

Decentrarsi

La ginnastica preferita del cristiano dovrebbe essere quella del trasferimento dell'interesse personale verso il proprio io all'altro. È un esercizio da compiere, difficile ma entusiasmante. Non intendo che bisogna interessarsi dei fatti altrui che sarebbe semplicemente soddisfare la curiosità, ma comprendere gli altri per intuirne le dinamiche spirituali e psicologiche. 
Per comprendere le dinamiche della Fede, devo saper uscire da me stessa. Alcuni studi di psicologia hanno affermato che si trasferiscono sugli altri i propri sentimenti ed emozioni, senza comprendere che l'altro ha un vissuto differente che lo caratterizza e che perciò sente diversamente. Ad esempio se io sono pauroso, tenderò a vedere quest'emozione negli altri. Questo vale per tutti i difetti: se sono bugiardo, penserò che tutti mi tendano tranelli e che m'ingannino, semplicemente perché io lo faccio
con gli altri. Negli altri vediamo i nostri difetti!!! strano ma vero. È così. Il più delle volte ciò che assolutamente non riusciamo a digerire negli altri, lo abbiamo noi. Taluni hanno detto che gli altri sono lo specchio della nostra anima... forse anche a proposito di questo. Non solo... prendiamo il vangelo e le parole di Gesù: “gli occhi sono lo specchio dell'animo”. Vero, qualche volta vediamo la realtà in modo distorto, catalogandola secondo le nostre sensazioni e esperienze e questa valutazione può essere errata. Per tal motivo la correzione fraterna è molto difficile da compiere: potremmo vedere nell'altro la proiezione dei nostri difetti. Essa esige una preghiera intensa e un amore vero e puro verso l'altro. Per comprendere Dio, bisogna uscire da se stessi. A lui spesso attribuiamo una severità nei nostri stessi confronti che lui non ha. Dovremmo capire che per leggere il vangelo abbiamo bisogno dell'aiuto di Dio, quindi dello Spirito Santo. Come si può pretendere d'interpretare le Scritture, quando queste raccontano un'altra Persona, con un'altra mentalità, mentalità che non è la nostra...
Vi sembra strano? Eppure noi fra le righe del Vangelo, vogliamo vedere il nostro volto e le nostre sensazioni e sentimenti. Non è così. Come si fa a comprendere Dio se siamo imbevuti di noi stessi?

Essere come bambini

Il Vangelo di ieri ci esortava a diventare come dei bambini. Interessante meditare su questo e sui vari risvolti delle affermazioni di Gesù. Esaminiamo quest'affermazione dal punto di vista psicologico.
Di solito un bambino di una famiglia normale è portato ad amare i propri genitori, in quanto ha bisogno di loro e loro soddisfano  tutte le loro necessità. Si è però notato che il bambino proveniente da famiglie disastrate dove viene maltrattato, tende comunque a giustificare i genitori, semplicemente perché li ama. La cultura di oggi fatica a concepire un Dio che punisce, eppure nessuno si sogna di cambiare la formula dell'atto di dolore: “ho meritato i tuoi castighi”. Il castigo, infatti, ha come obiettivo quello di rendere casto, ovvero puro, senza macchia. Il genitore non ama castigare il proprio figlio, così come l'insegnante non vorrebbe usare maniere forti. Eppure talvolta si rendono necessari perché la dolcezza porterebbe a un comportamento errato e quindi ad una tristezza dell'animo. Quindi è d'uopo il castigare. Dio permette, perciò, alcuni dolori nella vita per castigare, cioè rendere puro il cuore. Come il bambino che riceve percosse dal genitore, lo ama comunque, noi dovremmo amare sempre Dio, sebbene permetta nella nostra vita qualche dolore. Perché, talvolta, permette invece che soffra un innocente? Questo un insegnante lo capisce bene! Spesso si chiede di fare delle commissioni proprio a quegli alunni che si mostrano generosi. Si chiede a loro perché è più facile strappare un consenso. Non si può chiedere ad un alunno che spesso dice di no anche quando gli si domanda di compiere piccole cose, di pulire un'aula intera. Prima lo si educherà a pulire lo scaffale, recalcitrerà nel farlo, poi dopo averlo ottenuto riuscirà a donare più tempo e dedizione. Ecco perché ai santi accadevano molte più cose dolorose. Dio in quel momento aveva bisogno che gli donassero quella sofferenza per purificare qualche altra anima.
Torniamo perciò all'esortazione di Gesù di diventare come bambini. Chi ha avuto a che fare con i bambini sa quanto qualche volta siano capricciosi! Gesù non intendeva asso
lutamente dire agli adulti di diventare capricciosi. Il bambino sa che ha sempre bisogno di imparare, non ha timore a rifugiarsi fra le braccia della mamma se ha paura. Il cristiano deve essere consapevole che le braccia di Dio sono accoglienti, che lo difenderanno dal vero male, quello dello spirito. Noi umani ragioniamo spesso come uomini e il dolore maggiore è quello fisico. Non è così! Quello che ci lede è quello che rimarrà eternamente... quindi la conseguenza del peccato mortale. È quello il nostro vero male.
Il bambino, soprattutto i primi anni della vita, non sa bene la distinzione tra bene e male. Ritorniamo alla condizione originaria di Adamo e Eva. Non sapevano qual era il male, non conoscevano nemmeno il peccato. Il bambino cresce e impara imitando. Dobbiamo davvero pensare che Dio sia nostro padre, così lo imiteremmo come farebbe il bambino con il genitore. E poi il bambino desidera imparare: i suoi perché insistenti fanno perdere la pazienza all'adulto, ma per il bambino è una fase importantissima e ineludibile per saziare il suo desiderio cognitivo. Anch'io devo imparare qualcosa da Dio, sono un bambino desideroso d'imparare di concretizza l'amore nella mia vita. Questo atteggiamento è fondamentale per l'umiltà, mi aiuterà non solamente a non ritenere me infallibile, ma pure gli altri. Se accetto i miei sbagli, accetterò anche quelli degli altri.

La pace di Cristo

Le parole di Gesù riportate dal Vangelo di oggi sono chiare e inducono a riflettere. La pericope si apre con un'esclamazione da parte di Gesù che rivela il fuoco dell'amore che ardeva nel suo Cuore. Egli desiderava donare la propria vita per la salvezza dell'uomo. Aggiunge poi che non è venuto a portare la pace sulla terra. Tale considerazione sembra contraddire l'amore che lui predica, eppure è chiara. Gesù non vuole persone molli, amanti del quieto vivere. Vuole persone ardenti, che sappiano do
nare la propria vita per la fede; persone capaci di affermare le personali convinzioni anche di fronte all'ostilità altrui, senza paura di rimanere sole. Se riflettiamo alle conseguenze di tale fermezza, possiamo concludere che essere cristiani non è poi così semplice. Il nostro amor proprio, la nostra autostima talvolta si basano sull'opinione che hanno gli altri di noi. Eppure il vangelo sradica queste convinzioni umane: non è colui che riceve più plausi umani ad essere più santo, anzi... abbiate timore di voi stessi se tutti parlano bene di voi! Perché Gesù fa quest'affermazione? Perché qualcuno dovrebbe parlare male di noi?
Le risposte sono semplici. 
Se parlano tutti bene di noi vuol dire che noi assecondiamo chiunque con il nostro comportamento, anche chi non percorre sentieri ortodossi. Tutto ci va bene puramente per il quieto vivere. Se noi facciamo osservazioni, se indichiamo alla gente ciò che sbaglia, ecco che automaticamente ci rendiamo antipatici e odiosi. Non assecondiamo i loro vizi. Se non diamo fastidio, sotto sotto affermiamo che il loro comportamento incontra la nostra approvazione. In realtà non è vero, tacciamo semplicemente per il quieto vivere, ovvero per una pace fatua, falsa, pronta ad esplodere. È questo che fa affermare a Gesù che persino i parenti saranno divisi fra loro, oppure in un altro pezzo che nessun profeta è apprezzato in casa sua e nella propria patria. Ricordiamo che “profeta” non significa predire il futuro, ma parlare per qualcuno, in questo caso Dio. Il nostro comportamento non induce alla riflessione ma semplicemente si adatta alle varie situazioni. Un po' come fa il camaleonte: si mimetizza a seconda dell'ambiente in cui sta per essere lasciato in pace. Questa pace, però, è puramente egoista perché ha come obbiettivo lo stare bene personale. Un vero atteggiamento da cristiano porta a reazioni violente. Anche a Gesù è accaduto. Per amore della Verità è morto in croce. Ecco spiegata l'affermazione di Gesù: “non sono venuto a portare la pace”. Egli vuole persone che si compromettano per la fede, che sappiano mettere in gioco il proprio orgoglio, l'amore di se stessi. Per tale motivo ecco san Paolo esultare: “mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle percosse”.... vuol dire che sono un cristiano tutto d'un pezzo che per amor di Cristo, so donare tutto, persino la stima che hanno gli altri su di me.