giovedì 30 giugno 2011

La psicologia

La psicologia è una scienza medica in evoluzione, molto utile per la conoscenza della persona e dei suoi moti interiori. C'è un detto a tale proposito che vale anche per se stessi: "più conosci una persona e più l'ami". Io aggiungerei che, più ci si conosce, più ci si possiede. Temo che tante volte noi proviamo paura nei nostri confronti. Quando si entra in una stanza che è totalmente buia, sebbene si conosca, dopo un po' si perde l'orientamento e si rischia di sbattere contro il muro e quindi farsi male... Così capita quando non ci si conosce: si è come in una stanza buia, si brancola cercando un punto fermo, ma il non distinguere nitidamente i contorni degli oggetti, crea ansietà fino a perdere la speranza di riuscire ad uscirne. Forse questo è un esempio paradossale, però aiuta a comprendere meglio ciò che desidero comunicare.
Questo accade in una stanza che già si conosce, figurarsi in una che ci è ignota! Voglio riflettere su questo esempio, perché ci sono vari gradi di conoscenza di sé. Riprendiamo quindi l'esempio della stanza che si conosce immersa nel buio. Ovviamente intendo un buio fitto fitto. Si entra nella stanza e non si comprende in che punto di essa ci si trovi. Il nostro primo istinto è quello di orientarci. Cominciamo perciò a brancolare nel buio, in cerca di punti che già conosciamo, in modo che da quelli possiamo andare ad esplorare il resto e quindi trovare la porta d'uscita o almeno un interruttore che accenda la luce e faccia chiarezza alla nostra vista. È chiaro che noi cerchiamo istintivamente ciò che conosciamo che ha la funzione di punto riferimento e intuiamo che, appoggiandoci a questo, possiamo trovare sicurezza per il resto. Se conosciamo, riusciamo a far luce dentro di noi.
Mettiamo, invece, che ci troviamo in una stanza a noi completamente sconosciuta. Ci troviamo nel buio più scuro, non abbiamo punti di riferimento... Quante botte! E, soprattutto, quanta ansia!!! E' questo il punto: più non conosciamo, più ci sentiamo a disagio e quindi in ansia. Dobbiamo conoscerci, e dobbiamo essere convinti che per giungere alla conoscenza più prossima a quella vera, dobbiamo lavorare parecchio. C'è sempre una parte di noi che varia, che sfugge ai nostri stessi occhi. Quante volte esclamiamo: “Non pensavo che avrei reagito in codesta maniera in una situazione del genere!” Quante sorprese!... e sorprese, non solo negative, grazie a Dio, ma anche positive!
La psicologia aiuta a comprendere in modo più pieno le reazioni personali, quindi a conoscerci meglio, a possederci e perciò a non spaventarci più di tanto di certe nostre reazioni. La paura che esse suscitano ci gettano nel panico e fatichiamo a domare poi le nostre passioni: diventano cavalli imbizzarriti, capaci di fare danni irreparabili!
La psicologia è molto utile, è una scienza umana e, con sue parole, proclama che bisogna essere liberi dal proprio passato per costruirsi una personalità forte, capace di superare ogni avversità. Purtroppo conoscere se stessi, non basta; conoscere da dove scaturisce una nostra reazione è importantissimo ma non sufficiente. È opportuno anche accostare la psiche allo spirito.
Dopo aver compreso da dove proviene una determinata reazione, (di solito è una ferita), dobbiamo accettarla e saperci riconciliare con il nostro passato. Ahimé, quante reazioni spropositate dai nostri rancori del passato! Reazioni capaci di dominarci fortemente, perché ben radicate nel nostro inconscio. Hanno messo ben bene le radici nella nostra psiche, penetrando nel nostro inconscio. Tante volte ho ribadito che per conoscerci bisogna essere umili, essere capaci di fare verità in noi stessi... ma anche di essere coraggiosi nell'affrontare le parti buie del nostro io... e non è semplice come si pensa. I nostri disagi, affiorano quando noi non sappiamo accettarci, entriamo, cioè, in conflitto con noi stessi. Il nostro disagio con noi stessi, ci mette in condizione di vedere l'altro con uno sguardo cupo. Dobbiamo lavorare alacremente per rendere trasparente il nostro sguardo e la pace nasce soprattutto dal perdono. Se non riusciamo a perdonare noi stessi, non riusciremmo a perdonare agli altri.

mercoledì 29 giugno 2011

La vita di preghiera

Pregare è molto importante, è il cibo dell'anima. In un famoso libro sulla preghiera, l'autore poneva una domanda molto importante. Come mai anche se si prega molto, la vita non cambia? Ignacio Larrañaga, l'autore, rispondeva che forse non si è pregato bene, si è solo fatto un lungo monologo con Dio. La vera preghiera, invece, entra nella vita, la trasforma in modo radicale. Si prolunga nel tempo, non termina nel momento in cui usciamo di chiesa o smettiamo di dire parole a Dio. La vera preghiera costituisce un fitta trama nel tessuto della vita. La vita deve essere permeata dello spirito di preghiera, quindi cambiare la vita radicalmente. È vero, Larrañaga aveva ragione: la preghiera, per essere autentica, deve produrre frutti di vera conversione. Riflettiamo sui vari tipi di rapporti che possono intercorrere fra due persone. Due persone che non si frequentano, avranno un rapporto molto freddo, ovvero di convenienza. Ciascuno fornisce all'altra solamente informazioni. Ognuno ritorna a casa, scordandosi di tutto ciò che si è detto e continuando con il solito tram tram. È stato solo un incontro superficiale. Ecco spiegato il motivo per cui, pur avendo pregato, la vita non cambia: sono stata con Dio, gli ho parlato, non abbiamo litigato ma il nostro incontro è stato molto superficiale, un rimanere nei propri binari, un desiderio relativo di conoscere l'altro. Quando, al contrario abbiamo desiderio di costruirci un'amicizia, gl'incontri si fanno sempre più intensi, non solo ci si scambia delle informazioni,ma si condividono esperienze, si prolungano i momenti d'incontro che hanno il fine di conoscersi, di unire le proprie vite, di fare esperienze comuni.
Unire le proprie vite...
In questo quadro s'innesta la vita religiosa che dovrebbe essere l'unione completa della propria vita a quella di Gesù, un condividere la sua castità, obbedienza e povertà. Ecco perché il celibato per i sacerdoti deve essere importante. Non è solo il condurre una vita di preghiera ma è un fondere il proprio vissuto con quello di Dio. È qualcosa di più rispetto al vivere nel mondo. Questa differenza deve essere chiara a tutti i religiosi per appropriarsi della propria identità.


Abbiamo festeggiato da poco la solennità del Corpus Domini. Giovedì, a Roma, si è celebrata la Messa solenne a San Giovanni in Laterano, celebrazione culminata poi, nella processione che è terminata a Santa Maria Maggiore dove è stata impartita la benedizione alla folla col Santissimo Sacramento. È un evento straordinario che coinvolge l’intera città ma mi sono domandata se si ravvivasse abbastanza la fede nel Santissimo Sacramento. Gesù, sotto le specie del pane e del vino, assume vari nomi. Analizziamoli tutti. Il primo: Santissimo Sacramento. Sacramento significa segno. Il pane e iil vino trasformati in Corpo e Sangue di Cristo sono segno dell’amore di Dio per l’uomo: il pane, alimento essenziale, che fortifica e dà vigore nel pellegrinare dell’uomo; il vino che rallegra la mensa e nello stesso tempo disseta e riscalda.

Secondo termine: Eucarestia. Rendere grazie… Qualche volta rifletto se, dopo aver ottenuto ciò che avevo domandato, ringrazio il Signore. È importante far nascere nel proprio cuore la gratitudine. Essere grati è un po’ come riconoscere la propria piccolezza e la bontà altrui, non certo per un senso di falsa umiltà, bisogna essere riconoscenti per i doni datici da Dio. Se non ringraziamo, siamo convinti che tutto ci sia dovuto; ci riterremo delle regine e dei re! E se anche avessimo il titolo onorifico vero e proprio, saremmo comunque delle creature fragili, bisognose di essere soccorse durante le tempeste.
Terzo termine: comunione. Abbiamo toccato il discorso di essere innestati in Cristo. Essere in comunione con qualcuno vuol dire avere gli stessi intenti, essere in sintonia.

lunedì 27 giugno 2011

Costruire la pace

Tutti aneliamo alla pace, ma pochi si rendono conto che la pace dipende da noi. Spesso si desidera che attorno a noi, tutto vada a gonfie vele, senza intoppi di sorta. Non è sempre così. Un proverbio afferma che il mondo è bello perché è vario, ma la varietà crea anche contrasti e, comunque rafforza ed esercita la carità.Ho accennato che qualche volta filtriamo Dio attraverso la nostra psiche, lo vediamo, cioè a nostra immagine e somiglianza e che Lui, essendo perfetto esula dai nostri canoni così rigidi e privi di carità. Così accade con il prossimo. Filtriamo il suo modo di essere attraverso le nostre esperienze, le nostre ferite e lo vediamo alterato. Uno che non ha ricevuto amore dalla famiglia, difficilmente crederà che Dio l'ama e si sentirà perseguitato e non voluto anche dal suo prossimo. Allora bisogna avere l'accortezza di costruire la pace prima dentro il cuore. Un cuore pieno di pace e amore sarà in grado di vedere il bene anche negli altri.

domenica 26 giugno 2011

Shalom...La pace innanzitutto

Dopo la Resurrezione, Gesù apparve ai suoi discepoli annunciando la Pace: "Shalom".Gli orientali davano molta più importanza al valore delle parole rispetto agli occidentali, basti ricordare un detto latino: "Verba volant, scripta manent". Per gli orientali il saluto "shalom" indicava la pienezza, la totalità, non era solamente un annunciare la pace, la tranquillità. Ma, come sempre, Gesù è imprevedibile. In un'altra parte del Vangelo Gesù commenta: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace, non come la dà il mondo, io la do a voi". La pace non è solamente un'assenza di guerra e, quindi, una tranquillità esteriore, deve essere qualcosa di più radicato nel proprio cuore: la pace esterna conta fino ad un certo punto. Infatti, in un ulteriore passo del Vangelo, Gesù afferma che i cristiani saranno perseguitati, anzi che verrà il momento che, chiunque perseguiterà i cristiani, penseranno di rendere culto a Dio. Vale per le persecuzioni iniziali della Chiesa, ma è valido tutt'ora. Quindi la pace senza Dio non è altro che un'assenza di guerra, un "cessate le ostilità" tanto per sopravvivere . La pace di Dio è un'altra ed è la pace dell'amore, la pace dello Spirito Santo.

giovedì 23 giugno 2011

L'amore gratuito

Noi uomini fatichiamo ad avere la concezione di gratuità, siamo sempre costretti nella mentalità della "bilancia", della "giustizia".

Dio però, è immanente, i sui pensieri sovrastano i nostri, così come le sue vie. Non riusciamo perciò a conoscere pienamente Dio, ne abbiamo una vaga concezione. Lo inscatoliamo nei confini angusti del nostro cervello. Dio si limita ad andare avanti e indietro come un carcerato nella sua cella. Pensiamo chi ci voglia bene per ciò che di buono noi facciamo. Un vero genitore, sebbene nei suoi limiti, ama il figlio per quello che è e non per quello che diventerà. A maggior ragione Dio, che ha un amore illimitato, svincolato da ogni legame con la concupiscenza. Ti amo semplicemente perché ci sei, il tuo esserci è la mia gioia. Ecco l'amore gratuito che non chiede di essere ricompensato. Mi viene in mente spesso l'immagine dei genitori che si trastullano con il loro bebé. Il bambino abbisogna di molte cure, tante volte si caccia nei guai, ma l'amore dei genitori va oltre: non importa quanto sia scavezzacollo... Ridono delle monellerie del loro figlio e se questo scampa ad un'immane sciagura, ecco che lo stringono fortemente a sé, dimentichi delle sue malefatte, tutti lieti di non averlo perso. "Se anche una madre si dimenticasse del proprio figlio, io non vi dimenticherò e se anche il nostro cuore avesse di che rimproverarci, Dio è più grande!". Si pretende che Dio indossi gli stessi panne della nostra psiche.

E' un po' come quando si cerca di vedere il sole. Non si può osservarlo ad occhio nudo, bisogna utilizzare un filtro che renda innocui i suoi raggi. L'immagine del sole attraverso il filtro è alterata, così anche l'immagine di Dio che viene filtrata dal nostro bagaglio di esperienze negative e non. Per avere un'immagine il più pura possibile di Dio, bisogna uscire dai propri schemi, considerare Dio veramente come un alter ego.

martedì 21 giugno 2011

Sulla carità

In questi giorni si legge la parte del vangelo riguardande la carità. Pensavo che tutti i discepoli di Cristo, dovrebbero vivere in pienezza il Vangelo. Tanti santi sono riusciti. E' un grande impegno, una lotta continua. Si sbatte contro il muro dei propri limiti, delle proprie inconsistenze che a volte prendono il sopravvento su di noi. 
So infatti che non il bene abita in me, cioè nella mia carne, poiché il volere sta in mia mano, ma non il fare il bene, poiché non faccio il bene che voglio, bensì il male che non voglio. 

Anche san Paolo si lamentava di sè. A volte è una lotta aspra, ma questo serve per la nostra umiltà. Davvero, si pensa che l'austerità sia sinonimo di santità. Il cuore della Chiesa è invece l'amore e su di esso si basa la santità del credente. In fondo elencando le proprie austerità, si fa come il fariseo al Tempio che impostò la sua preghiera su un elogio personale. "Ah, io non bevo mai caffé, mi mortifico..." Sinonimo di: "Voi non lo fate, io sono più santo, fatevi miei imitatori..." Oh, poveri noi! Se fosse così, povera Chiesa!!!! Non sappiamo che un novello san Paolo è sorto nella nostra comunità di credenti... 
I nostri limiti e peccati, servono anche per credere nell'onnipotenza di Dio e... forse, soprattutto per questo.
Bisogna avere tanta pazienza con se stessi e credere fermamente nell'amore di Dio.

lunedì 20 giugno 2011

Entrò a porte chiuse

Quando ci chiudiamo nell'egoismo, chiudiamo le porte a Dio e al prossimo. Ci barrichiamo nelle nostre pretese e vizi... ci prendiamo troppo sul serio, facciamo delle nostre esigenze il nostro mondo. Gesù, però, ha dimostrato di saper entrare anche quando le porte sono chiuse: supera i confini dei nostri egoismi, perché il suo amore non ha confini, non conosce ostacoli. Egli ci ama non perché abbiamo alcun merito ma semplicemente perché è amore puro. Non lo spaventano le resistenze, Egli entra nel nostro cuore e ci saluta: “Pace a te!” ovvero: “Shalom!”.
Cadono perciò le barriere e, con la sua grazia, apriamo il cuore ai fratelli.

venerdì 17 giugno 2011

La malattia del secolo: sintomo di mancanza di fede!

 (citazione dal sito: farmacoecura.it)
La causa della depressione non è mai unica.
Solo in alcuni casi la malattia può essere scatenata da un evento singolo, la depressione spesso colpisce persone che prima si sentivano bene, ma all’improvviso si sono trovate di fronte a un lutto famigliare o a una grave malattia. In altri casi sono i cambiamenti del sistema nervoso che influenzano l’umore e causano la depressione. A volte le persone molto stressate, come ad esempio chi si prende cura degli anziani, dei bambini o dei malati, possono sentirsi depresse. Altre persone, infine, cadono in depressione senza un motivo preciso.
A volte, invece, la depressione è una conseguenza di una malattia grave, come ad esempio: un tumore, il diabete, le malattie cardiache, gli attacchi cardiaci o il morbo di Parkinson. In queste persone, la causa che scatena la depressione è la preoccupazione per l’impatto della malattia sulle loro vite. Potrebbero sentirsi stanchi e non in grado di affrontare qualcosa che li rende tristi. La terapia per la depressione potrà aiutarli a gestire i sintomi depressivi e migliorare la qualità della vita.
La depressione è una forma di mancanza di fede. Lo slogan dei nostri tempi è questo: "La sofferenza deve essere bandita!". Sono d'accordo: l'uomo deve adoperarsi affinché la qualità della vita migliori e non ci siano divari economici come mostrava in modo lampante una fotografia, scattata a Milano e poi condivisa sul web, che rappresentava un uomo indigente "comodamente sdraiato" sotto l'insegna di un negozio di abiti firmati; l'uomo deve fare di tutto per debellare le malattie usando mezzi leciti....Però, in alcuni casi, non possiamo cancellare la sofferenza dalla vita e quindi resta solamente una cosa, giocare una carta che forse è la più difficile: accettarla. Se non l'accettiamo, ecco che nasce la ribellione e quindi la depressione. Si stava bene... perché tutto andava bene... In fondo si dice così anche per la fede. Si ha fede finché non ci sono intoppi. La sofferenza è la prova del 9, quella che aiuta a comprendere se siamo forti realmente, oppure abbiamo finto spudoratamente... o, addirittura, come si dice a Genova: siamo già "molli come panisse": è soffiato un vento un po' più forte, ed è bastato affinché la casa crollasse.
Ma come si può pensare di condurre una vita senza sofferenza? Impossibile! Purtroppo fa parte della natura umana! Quanti santi (anche non canonizzati) hanno dimostrato che si può vivere la sofferenza nella vita in modo dignitoso! Certo che c'è stato il momento di crisi iniziale, non è che uno può accettare la sofferenza senza battere ciglio,  non ci sarebbe alcun merito! Però c'è il travaglio dell'accettazione, eroica se è continua... Si scopre allora che quella sofferenza ha fatto sì che dentro maturasse una sensibilità diversa, più importante della salute stessa.
Anche con la malattia si possono fare grandi cose, aspirare a traguardi alti, forse più di chi è sano.

"Anticoncezionale o aborto?"


Fra tutte queste notizie, che di certo non sono un balsamo per chi soffre di depressione e forse ricordarle crea il clima adatto per comprendere i post seguenti e quindi chi soffre di depressione, ecco che ne appare una che ha le sembianze di buona notizia ma, se vai a vedere, non ha nulla di diverso dalle altre che raccontano di efferati omicidi. "Approvata la pillola dei 5 giorni!"... Bello! Eclatante! Interessante! Sarà mica qualche medicina che guarisce qualche malattia grave? Noooooooooo !!!!!!!!!!!!! Si rimane delusi, è la nuova macchina di morte per gli embrioni...... Ma la cosa che fa ridere (o piangere...) è che l'articolo fa notare che, prima di assumere la pillola, bisogna essere sicuri che non ci sia una gravidanza in atto... Sia ben chiaro a tutti, eh? Non siamo mica per l'aborto!!!Lo dice la legge N° 194 (se non erro il numero, visto che, dopo averla letta, ho dato i numeri io). Il medico che l'ha sperimentata esulta..... Non sarà mica come la RUe qua c'è un altro numero... 486. Ricordo che qualche tempo fa... mi pare verso il 1939... c'erano numeri che si applicavano a uniformi a righe, simili a pigiami... In realtà l'anticoncezionale agisce come se fosse un aborto. Ma, per carità... negare l'anticoncezionale è come togliere un diritto. Intanto aggiungiamo peccati su peccati che esigono riparazione.

giovedì 16 giugno 2011

"Notizie sensazionali"

Internet e giornali...Bollettini di guerra! Quante notizie tragiche! "Roma, 24 ore di sangue!" "Batterio killer si diffonde in Europa"... Ho citato solamente due titoli, comunque eloquenti...e poi, bastano e avanzano.Notizie tragiche, che sanno di sensazionalismo e di.... formalismo. poveri noi! Bisogna davvero avere molta fede per non cadere in depressione! E proprio di questo volevo parlare nei post seguenti. Stai conducendo una vita piatta? Leggi il giornale e vedrai che diventerà bella movimentata!

mercoledì 15 giugno 2011

Ho bisogno del tuo perdono

                                         
Rifletto sempre molto sul vero valore della Confessione, tutte le volte che devo affrontare questo Sacramento. Tra tante frasi che ho sentito mi ha colpito particolarmente questa: dobbiamo essere convinti di aver bisogno del perdono di Dio. A volte si vorrebbe essere perfetti, non avere alcuna macchia... Ma questo cela una soddisfazione personale, un certo desiderio di perfezionismo che ha poco a che vedere con la santità autentica.

martedì 14 giugno 2011

La vita è meravigliosa

L'umanità di oggi è senz'altro profondamente ferita: svaluta la vita come una moneta fuori corso: così come questa diventa un pezzo da museo con un valore inestimabile che farebbe l'acquolina in bocca al miglior collezionista di questo mondo, la vita diventa la foto di un volto, su una tomba, sbiadita dalla pioggia... Un ricordo caro avvoltolato da profumo intenso di un mazzo di fiori legato al palo vicino a cui una vita ha cessato di esistere. Quanti mausolei fanno bella mostra lungo le nostre strade!
Se quella dell'omicidio di Yara causato da una ragazzata è stata smentita, questa notizia tragica induce a riflettere sul valore attribuito alla vita. Un ragazzo, saputo della sua bocciatura, s'impicca nella stanza.Il momento di disperazione diventa l'assoluto che conchiude una vita terrena nel fiore dell'età... Per una bocciatura... Mah... Questo deve indurre a riflettere sul rapporto familiare, oppure sulla paura eccessiva del fallimento: il fallimento diventa un assoluto e cancella in un secondo ciò che di bello ci regala o regalerà la vita. Tutto finito in un soffio, con un colpo di spugna. E' vero che ci sono attimi colmi di sofferenza che sembrano voler risucchiare tutto spingendolo in un vortice sempre più impetuoso. Bisogna avere la pazienza di attendere e la burrasca, lentamente, si allontanerà definitivamente: quel momento diventerà un ricordo che ci dovremo premurare di curare affinché non torni nel presente e non ricrei quella rottura interna e riprenda vigore e risucchi la nostra esistenza in modo pericoloso.

La vita come un gioco

Ed ecco che nelle indagini sull'omicidio di Yara, spunta l'ipotesi, orribile, di una ragazzata, una ragazzata finita in tragedia. Fa ancora più nervoso e pure riflettere: se fosse stato un pazzo ad ucciderla, sarebbe stato diverso, la pazzia è una malattia... ma un gioco...
Un tempo Gesù osservò che dai frutti si può riconoscere l'albero. Dai frutti, possiamo quindi conoscere la società, una società che, per gioco, distrugge un'intera famiglia! Incredibile davvero!
Non si pensa alle conseguenze dei propri gesti, si mette a repentaglio la propria vita e quella degli altri, con una rapidità che sa di un'insana coscienza e di un'incapacità di valutare le situazioni. Perciò...
La vita come un gioco, una recita continua in uno scenario che muta sempre. E' un attimo che fugge, durante il quale si prova l'ebbrezza sensazionale e che poi viene gettato alle spalle. In quell'attimo è lecito fare tutto ciò che si ritiene opportuno, sventatamente, senza pensare alle conseguenze indelebili: la parola che diventa l'assoluto e getta nel baratro della disperazione o dell'euforia; il sentimento che diventa passione travolgente, capace di togliere la vita o di rovinarla per sempre. Ma come si può gettare nell'immondezzaio, per un solo attimo, una cosa così meravigliosa che è la vita?

domenica 12 giugno 2011

Il Cardinale Bagnasco nella chiesa di Don Seppia

Ciò che è accaduto alla chiesa genovese è dir poco terribile, tristissimo...Ma è una Chiesa forte che vuole affermare con coraggio la propria fede. Mi sono messa nei panni dei parrocchiani... Potete immaginare lo sgomento nell'apprendere che il proprio parroco di cui, forse, ci si fidava anche, era tutt'altro che uno stinco di santo! Dev'essere stato veramente devastante, eppure la Chiesa di Genova rialza la testa: il Cardinal Bagnasco, in occasione della solennità della Pentecoste, si reca nella chiesa dello scandalo, ferita profondamente da tutto ciò che è accaduto, nella chiesa di cui era parroco don Seppia. Il Cardinale testimonia così l'amore del Padre che ricerca le sue pecorelle in pericolo, travolte dalla bufera dello scandalo. Le sue parole sono bellissime.
«La gioia di questa festa è oggi offuscata da quanto è accaduto, ingiustificabile e grave, che ha ferito le nostre anime. Ci addolora e ci addolorerà sempre»
E' vero, fa ancora male allo spirito il ricordo di ciò che è accaduto, il pensiero che un ministro si sia lasciato lusingare dal male e che, invece di essere portatore di Cristo, sia stata la pietra dello scandalo. Fa male, ma induce pure a pregare per i sacerdoti, a non giudicarli... E' facile avere il giudizio pronto, è anche umano, però bisogna interrogarsi se quel fratello è caduto in cose così abbiette perché è stato lasciato solo, non ha avuto nessuno con cui confidarsi... Forse non sarà la questione di don Seppia, ma, in fondo siamo tutti figli di quell'umanità ferita... Non sentiamoci così superiori: in fondo quando si giudica il fratello o si sparla di lui, si cade nello stesso errore.

Poi Bagnasco si è rivolto direttamente ai tanti fedeli che aveva davanti: «Vi ringrazio del vostro attaccamento alla Chiesa. All’inizio della messa, un parrocchiano aveva rivolto al cardinale il saluto della comunità, ringraziandolo per la «presenza e la vicinanza», mostrate anche oggi: «Ho sentito echeggiare la vostra anima e il vostro cuore - ha detto Bagnasco - L’anima, il cuore e la volontà di guardare avanti, di non restare ripiegati sotto le ferite, di rinnovare la fiducia, la speranza di stare uniti nell’amore di Cristo e del Vangelo. La cura di questo giorno e di questa chiesa, la cura che mi è stata sottolineata anche da don Roberto Ghiara, mostrano ancora una volta il vostro attaccamento alla Chiesa, la vostra chiesa, e la volontà di guardare avanti con fiducia insieme. Vi ringrazio per questa testimonianza. Il Signore è e resta con noi nella divina Eucaristia, nella preghiera, nelle sacre scritture, nella carità fraterna, nella comunità cristiana. Lui è sempre con noi».
Infine, un ammonimento a difendersi dal male: «Se non alimentiamo ogni giorno l’anima nell’intimità di Cristo, allora anche il bene si scolora, diventiamo meno vigili davanti alle maschere del peccato, e diventiamo preda del male e protagonisti di male». Il cardinale ha sottolineato l’importanza dello Spirito Santo, senza il quale, ha detto, «saremmo smarriti, non conosceremmo la meta del nostro peregrinare terreno, saremmo senza criterio certo del bene e del male». Nella chiesa in cui don Seppia, secondo l’accusa, avrebbe anche tentato di indurre minori alla prostituzione, Bagnasco ha aggiunto che «dobbiamo reagire alla sonnolenza spirituale che può insidiare progressivamente tutti, sino ad addormentare il cuore. Per questo il Signore risorto ci ha inviato il suo spirito di luce e di fuoco, per tener deste le anime, vigili le menti, caldi i cuori del calore della verità e dell’amore. Cari amici, dobbiamo avere coraggio e rinnovare la fiducia, guardare avanti».
Alla fine dell’omelia, i fedeli hanno applaudito a lungo per ringraziare il cardinale della sua presenza e delle sue parole.

Grande Chiesa di Genova, che vuole rialzare con fierezza il capo ed ancora una volta riaffermare la propria fede...
Quando succede che un intero gruppo venga travolto dalla bufera, questo deve tentare un vero rinnovamento spirituale, profondo, dello spirito, non esteriore, fatto solo di presenza corporale o rigidezza farisaica o simile. Il rinnovamento deve avvenire nella carità: ecco il vero rinnovamento che può stornare un castigo di Dio... castigo, che potremmo chiamare correzione da parte di Dio. E Dio corregge sempre perché ama.

L'uomo e l'occulto

Fin dalle origini, l'uomo ha un senso innato del divino. Esso è portato a pensare all'eternità e alla divinità come parti integranti della propria vita. Esso è nato per la felicità e, quando smarrisce il senso di Dio, rimane in balia di ogni credenza, diventa superstizioso, teme ciò che il futuro gli può riservare. Il demonio s'infiltra facilmente nell'ignoranza: in fondo, si può pensare, che male c'è farsi leggere le carte almeno una volta? Varie statistiche e comunque varie esperienze di esorcisti, hanno confermato che gli esorcismi più penosi sono quelli eseguiti su persone vittime di magia africana e brasiliana. Non ci si deve stupire, perciò del fatto che molte persone religiose, mischino religiosità e riti magici. La magia africana è molto potente e gli Europei riguardo a questo, risultano degli sprovveduti e così qualche volta ne rimangono vittime in modo assai grave. Padre Amorth, grande esorcista modenese, ha raccontato di persone, a cui ha dovuto applicare esorcismi, vittime inconsapevoli di questi riti voodoo. Terribili, ha commentato; queste magie risultano molto potenti, riti a servizio di satana. Una ragazza aveva partecipato ad una danza africana, pensando che fosse tale. Invece, era un rito voodoo. Da lì la ragazza soffrì terribilmente e dovette sottoporsi a parecchi esorcismi. Non c'è dubbio, praticando la magia nera ci si mette a servizio di satana... Bisogna essere prudenti.

venerdì 10 giugno 2011

Un mondo che cerca magia...

Ciò che si deplora maggiormente di questo mondo è che non crede in Dio. Questo lo pone allo sbando, in balia delle onde più furiose che possono gettarlo contro gli scogli e sfracellarlo. Ma, ancora una volta, il mondo odierno è caduto in contraddizioni così profonde, che rischia di lacerarsi completamente. Infatti la gente non crede in Dio e ha una paura profonda del suo futuro. Pur credendo e confidando nella scienza, questa non riesce a colmare la voragine che si è creata nel cuore dell'uomo con il suo ateismo. L'uomo, privo di ogni punto di riferimento, si affida sempre di più alla magia e... finisce nel credere a tutto tranne che alla presenza di Dio! Sembra strano ma è così. Rimangono poi vittima di qualcosa di più grande. Purtroppo con la magia infrangono il più importante dei Comandamenti e spalancano il loro cuore al demonio che gioisce più per una persona che si dà alla magia che per una che si ritiene atea.

mercoledì 8 giugno 2011

La preghiera di Gesù al Padre

Gesù ha offerto come modello la propria vita. Come pregava Gesù? Egli pregava con spirito filiale, prima di ogni decisione importante... Si ritirava in solitudine a pregare... Importantissima, perciò la preghiera personale.

sabato 4 giugno 2011

L'abitudinarietà... un tarlo!


Dopo aver affrontato il problema di "vivere la Messa" sorge spontanea la riflessione sull'abitudinarietà. Non bisogna darla per scontata o sottovalutarla: l'abitudinarietà è un tarlo che rode all'interno della spiritualità di una persona, fino a consumare ciò che c'è di vivo. Andare alla Santa Messa è un grande bene, ma può diventare una semplice abitudine, un habitus, un qualcosa, cioè, che si vive solo esteriormente, che s'indossa. Se il partecipare alla Santa Messa è una semplice abitudine, essa si getterà nel cumulo delle cose che non servono più, passate di moda. Anche in un rapporto di coppia l'abitudinarietà può consumare l'amore: nasce una sorta di noia, d'indifferenza e di freddezza. A maggior ragione quando si tratta di cose spirituali che abbisognano di una sollecitazione continua. La Santa Messa possiede degli schemi precisi: l'ossatura rimane quella. In tal caso è opportuno ravvivare la fede. E' un po' come il fuoco in un caminetto: se non alimentiamo la fiamma, essa langue fino a spegnersi del tutto.

Ravviviamo il fuoco della fede e della carità, in modo da non morire spiritualmente, ma dare luce e calore a chi sta accanto a noi.

mercoledì 1 giugno 2011

Vivere le Messa

Ho riflettuto come sia importante dare significato alle parole che si pronunciano durante la Celebrazione Eucaristica. L'abitudinarietà, che implica talvolta la distrazione, può indurre a spogliare di significato gesti anche sacri come lo è la Santa Messa. Ribadisco l'importanza della gestualità, tanto che Gesù pure, nel Vangelo, durante il racconto della parabola del Fariseo e del Pubblicano, fa notare l'atteggiamento dei due personaggi, dando ad esso una preponderanza significativa. Gesù, infatti, è Colui che "infrange" le regole più austere dei Farisei, per affermare il primato della carità e, a chi lo segue solamente perché vede che sta alleggerendo il fardello delle innumerevoli regole farisaiche, s'affretta a rispondere che non è venuto per abolire le leggi ma a dar loro compimento. Rimprovera i farisei che eseguono meticolosamente le abluzioni e trascurano la carità... Però non esita a raccontare nei particolari l'atteggiamento abbinato alle parole del Fariseo e del Pubblicano al Tempio. Gesù, lasciatemelo dire, è il primo e il più grande psicologo della storia. E' eccezionale: Egli comprende subito chi ha davanti (ovviamente, è Dio) e dà a ciascuno la risposta appropriata. E' Dio, però ci ha donato lo Spirito che ci aiuta ad imitarlo come Lui stesso ci ha comandato. Noi, voglio dire, non possiamo comprendere al 100% chi ci parla, però possiamo tentare, cercando di comprenderlo per poter dare una risposta il più appropriata possibile.
Tornando all'atteggiamento del Fariseo e del Pubblicano, proviamo ad analizzare il loro comportamento. Il Fariseo stava ritto in piedi e ringraziava Dio perché non era cattivo come gli altri, ma pagava le decime... e così via... Gesù sottolinea... il fatto che il Fariseo stava in piedi!
Il Pubblicano (peccatore) se ne stava distante e si batteva il petto chiedendo misericordia. 
E' chiaro che lo stare ritto in piedi è sinonimo di arroganza e superbia, così come per il Pubblicano il battersi il petto sinonimo di umiltà. e' importante che il fedele si accosti alla Santa Messa con umiltà, non solo per la salute della propria anima ma per quella di tutti i fedeli.