mercoledì 31 dicembre 2014

L'anno che verrà

L'anno sta ormai volgendo al termine, il 2014, e quello nuovo (2015) è alle porte. Scusatemi se oso presentare alcune riflessioni, ma proprio certi atteggiamenti non riesco a comprenderli. Sono stata lontana dalla fede tempo fa e ricordo che l'attesa dell'anno nuovo non mi diceva più di tanto. Ciò che mi lascia perplessa è come festeggia la gente. È contraddittoria! Quando devono festeggiare il compleanno sono tristi, preferiscono non ricordarlo, ma poi, quando si tratta di festeggiare l'anno nuovo fanno pazzie, sparano, si denudano... ma a che pro? No, perché vorrei capirne proprio il senso...Taluni arrivano anche ad uccidere sparando in aria! Sono d'accordo invece al Capodanno passato con le persone con cui desideri trascorrerlo, senza eccessi di alcun genere... I botti non servono a niente... Nemmeno agli animali che si nascondono terrorizzati...
Dovremmo invece porci in atteggiamento di ringraziamento nei confronti del Signore, sia per l'anno passato che per l'anno che verrà: l'anno trascorso è ricco di doni che il buon Dio si è degnato di darci; essere arrivati a quello nuovo è già una grazia e bisogna ringraziare solamente Dio se siamo giunti a cominciarlo... Mettiamo l'anno nuovo sotto la protezione di Maria, chiediamo di non allontanarci da Dio, questa è la grazia più importante! Non sappiamo cosa ci riserverà l'anno nuovo, mettiamolo nelle mani di Dio, sicuri che Lui ne farà un capolavoro... esclusivamente Lui.

lunedì 29 dicembre 2014

Il dramma della fede

Festa della Sacra Famiglia... Immaginiamo tutto amore, niente inciampi... tutto scontato insomma... I componenti della Sacra Famiglia sanno che Dio li protegge, perciò la loro fede è scontata. Già, partiamo sempre da questo presupposto. Come ci poniamo davanti a una storia di cui sappiamo già il finale, così quelle che ci presentano i Vangeli, sono scontate. Solo che se abbiamo un briciolo di desiderio di conoscere e capacità di metterci nei panni degli altri, comprendiamo subito che la situazione di Abramo non era affatto rosea, come d'altronde non lo era quella di Maria e Giuseppe. Abramo non sapeva che l'angelo di Dio avrebbe fermato la sua mano. Abramo ha dato tutto di sé: tutte le sue speranze, le sue attese, il suo futuro... si è fidato davanti alla contraddizione che Dio non ha cercato di nascondere ai suoi occhi: ti darò una discendenza numerosa, ma intanto ti chiedo il tuo unico figlio...
Vivere la fede non è affatto scontato e nemmeno facile. Maria accettò l'annuncio dell'Angelo, sapendo che in quella storia sarebbero ruotate tante persone a cui avrebbe dovuto dare una ragione del suo stato... Ad esempio Giuseppe. Maria sapeva bene che accettando avrebbe messo a repentaglio la sua vita. Gli Ebrei non scherzavano. Abbiamo visto nei Vangeli stessi come Gesù salvò l'adultera dalla lapidazione! Quello sarebbe spettato a Maria. Maria con il suo sì si sarebbe esposta a tutto questo. È evidente la contrapposizione del suo atteggiamento a quello di Eva. Eva, tentata dal serpente, accolse il dubbio sull'operato e sull'amore di Dio per scegliere la “vita, la conoscenza, l'onnipotenza”; Maria, invece, accettò con fede il messaggio dell'Angelo, sapendo che questo l'avrebbe potuta portare alla morte. “Sarà potente, chiamato Figlio dell'Altissimo!”. Allora ecco vibrante la domanda di Maria, carica di significati: “Ma com'è possibile. Non conosco uomo”.
Chi penserà a convincere Giuseppe... Mentre Eva ha paura di Dio e con Adamo si nasconde, Maria sicuramente racconta la cosa a Giuseppe, affidandosi a Dio completamente. I vangeli non raccontano di questo dialogo, però si può dedurre che Maria non riportò totalmente quello che le era accaduto, tanto che Giuseppe pensò di licenziarla in segreto... Era giusto, ma tale atteggiamento avrebbe esposto comunque Maria, come si può ben intuire, alla furia della folla. Fu in quel momento critico e drammatico della storia della Sacra Famiglia che intervenne nuovamente Dio a frenare la mano di Giuseppe. Il dramma del Natale non si ferma a questi eventi, che pure ci richiamano a numerosi atti di fede da parte dei componenti della Sacra Famiglia. Anche dopo la nascita straordinaria di Gesù, la tracotanza di Erode fa esplodere una terribile persecuzione rivolta a bambini innocenti (i santi Innocenti Martiri) con lo scopo di trovare il Re dei Giudei. La sete di potere di Erode è insaziabile e lo porta ad uccidere in modo malvagio e crudele. Non pensiamo infatti che l'uccisione dei bimbi fu indolore! Generò tanta sofferenza! Ma i piccoli erano i precursori di Gesù, i piccoli testimoni dell'uccisione del Salvatore...
È curioso, però, che ogni volta che Gesù si manifesta al mondo, ci siano dei martiri, testimoni disposti a dare il proprio sangue.
La magia del Natale non è fatta di strenne, dolciumi e fiocchi azzurri, è costruita nella fede e nell'amore di altri, di una famiglia che ha saputo vivere imitando la Trinità...
Sì, perché la vita della Sacra Famiglia rappresenta la vita Trinitaria. Dio non ha esitato a dare il suo unico Figlio per la salvezza dell'uomo, sapendo che lo Spirito Santo lo avrebbe risuscitato... Ma non aveva mani, per questo motivo ha scelto quelle di Maria e Giuseppe, per accudire il suo adorato Figlio. Maria e Giuseppe dovevano amare Gesù come Lui stesso, Dio lo amava, per poterlo donare al mondo. Per questo motivo, scelse Maria, perché era piena di Grazia. Dio le aveva donato tutto, e lei lo aveva accettato nella sua vita.
Allora questa meditazione vuole riportare i nostri cuori a delle riflessioni che hanno delle risonanze nella nostra vita concreta. C'è sempre un “comando ipotetico” da parte di Dio nella nostra vita, comando che ci chiede qualcosa di sacrificare qualcosa di molto caro per la nostra vita, come accadde ad Abramo e a Maria. Può capitare qualche volta che Dio fermi la nostra mano in tempo prima che la scure si abbatta sull'oggetto del nostro amore, che si accontenti del nostro atto di affidamento, ma può anche darsi che non fermi la nostra mano e che la scure si abbatta implacabile sull'oggetto del nostro amore. Riusciremo a mantenere la nostra fede intatta come fece Giobbe? Sì, perché Giobbe è il chiaro esempio di colui che lasciò agire Dio nella propria vita indisturbatamente, e tutto ciò che accadde non fu un chiaro volere di Dio, ma di satana. Dio permise a satana di agire nella vita di Giobbe, semplicemente perché da quel male sorse un bene ancor maggiore....

Santo Natale

Il santo Natale è una solennità importantissima per il cristiano. Superficialmente può apparire una festa dolce, tutta gioia e sorrisi, ma se si medita in profondità si scoprono vari risvolti, drammatici, zeppi di una fede che salva, redime l'umanità intera. Un “mistero grande”, insomma. Ma cosa intendiamo per “mistero”? Non è la parolina d'ordine che il cristiano pronuncia quando non capisce più nulla di qualche lato della dottrina, per cavarsela a buon mercato e nascondere la propria ignoranza in materia. Gesù è venuto per spiegarci e mostrarci il Padre, non per annebbiarci la mente. Ricordiamo cosa rispose a Filippo quando gli domandò di mostrar loro il Padre: “Ma come Filippo, da tanto tempo sono con voi e non avete conosciuto il Padre? Io sono nel Padre e Lui è in me”. È chiaro che Dio è grande rispetto alla nostra piccola mente, ma è pur vero che l'uomo è capace di Dio. Santa Teresina, quando spiegò il comandamento dell'amore, ovvero quello che chiede di essere perfetti come il Padre nostro che sta in cielo, disse che Dio non poteva ordinare all'uomo qualcosa che non potesse raggiungere, in quanto era Dio stesso che avrebbe fornito all'uomo gli strumenti necessari per raggiungere l'obiettivo prefissato. Questo non vuol dire che l'obiettivo sia facile da raggiungere, ma il “giogo” che Gesù dà all'uomo da portare è dolce e leggero. Dio è sostanzialmente amore, amore infinito, libero, per cui la chiave di lettura del tutto dovrebbe essere l'amore. Tornando alla parola “mistero”, possiamo giocarci un po' e scavare in essa per trovare un grande significato. “Misterium” in latino significa proprio “segno”. Purtroppo se meditiamo o pensiamo a come è articolata la messa che è... lasciatemi anche dire... un po' “mutilata” nella traduzione dal latino all'italiano, possiamo notare come sia stato usato male il termine “mistero”.
Dopo l'Epiclesi, cioè il momento in cui avviene il miracolo più grande, il pane e il vino si trasformano in Corpo e Sangue di Cristo per opera dello Spirito Santo, il sacerdote pronuncia queste parole: “Mistero della fede”. Con la parola “mistero” o almeno con il significato italiano, intendiamo una cosa di cui non capiamo niente, non ne sondiamo la profondità. Certamente, tutto non possiamo comprendere in questo mondo, tuttavia, con quella formula il sacerdote dice che tutto ciò che è avvenuto durante l'Epiclesi è un mistero, un qualcosa che non si conosce, che è rimasto opaco. No! Non è così! È il “Misterium fidei”, ovvero il “Segno della nostra fede”: tutto verte su quello, sul momento in cui Dio compie il supremo atto d'amore: dà la sua vita in riscatto per l'uomo.
L'avvenimento del Natale ha una portata enorme. La natura non può non prorompere in grida di gioia. Così, come si è riempita di terrore, tremando, scuotendosi, quando Gesù è stato condannato a morte dall'uomo, quando squarciò i cieli per scendere, la gioia deve essere stata davvero grande. L'uomo non meritava di essere salvato. Il capolavoro uscito dalle mani di Dio, non meritava di essere salvato da Dio. Infatti, in seguito alla caduta nel peccato dei nostri progenitori, l'uomo è caduto di peccato in peccato. Il debito era immenso e solo Dio stesso poteva condonarlo. Ci voleva il Sangue e l'amore di Dio! Il sangue dei profeti non bastava. Questo deve farci fremere davanti a quello che è veramente il peccato agli occhi di Dio. Ecco quindi il dramma iniziale, il motivo per cui Dio stesso aveva mandato Gesù sulla terra per redimere l'uomo.
Le letture di ieri ci hanno potuto far meditare sulla figura straordinaria di Abramo. È vero, spesso ci soffermiamo sulla richiesta di Dio fatta ad Abramo, ma non sulla fede di Abramo. La portata teologica di questo, è straordinaria e comprensibile. Dalla promessa fatta da Dio ad Abramo nascono tutte le religioni, anche la nostra. Ma il debito dell'uomo nei confronti di Dio è immenso e la fede di un uomo, anche se grande, è limitata. Ci voleva una fede grande: quella di Dio per poterci giustificare veramente.
Abramo non esita ad offrire il suo unico figlio perché crede fermamente che Dio abbia il potere di far risorgere dai morti. Non sa dove lo porterà questa richiesta di Dio... Ma ovviamente, anche nel momento in cui Dio ha trattenuto la sua mano e non ha permesso che uccidesse suo figlio, Abramo non ha potuto comprendere la portata della promessa fattagli: “La tua discendenza sarà numerosa come la sabbia del mare”... E così è stato: nella sua promessa s'innestano gli Ebrei, tutti i Cristiani di qualsiasi confessione religiosa, i Musulmani. In questo quadro si colloca il senso dell'Ecumenismo, coltivato e rafforzato soprattutto in questi ultimi tempi, ma ostacolato da persone senza scrupolo che trovano l'aberrazione proprio nel fanatismo religioso. Siamo tutti figli di Dio, figli di Abramo, quindi tutti fratelli. Il vero dramma che ha fatto sì che Dio scendesse sulla terra era il peccato dell'uomo.

sabato 15 novembre 2014

Perseverare nella preghiera....

Il vangelo di oggi ci esorta a pregare incessantemente con accenti forti di speranza. Racconta infatti di un giudice disonesto che viene importunato da una vedova. Non vuole assecondare le sue richieste, ma per la sua insistenza, viene spinto a esaudirla. Ciò deve essere segno di speranza per noi. Se un giudice disonesto asseconda i desideri di una vedova che lo importuna, tanto più Dio che ci ama, se noi gli chiediamo cose buone, ci asseconderà. Chiaramente dobbiamo chiedere cose buone. Oltre a questo punto, il vangelo mi ha fatto venire in mente i “Racconti di un pellegrino”. Il pellegrino vuole attuare questa parte del vangelo, ma non sa come fare. Pregare incessantemente non è semplice. Ci lasciamo distrarre da tante cose. Pregare non significa solamente ripetere “Mio Dio, abbi pietà di me” come raccontano i “Racconti del pellegrino russo”, ma il trucco sta nel vivere l'amore ossia a trasformare la vita in preghiera. Non è così semplice... Eppure è ciò che Dio vuole da noi.

lunedì 10 novembre 2014

Il perdono


Quante volte dovrò perdonare? È la domanda che, sgomenti, gli Apostoli rivolgono a Gesù. Già perdonare una sola volta, è difficile, immaginarsi “perdonare sempre”!

Il nodo del problema sta proprio nel perdonare se stessi. Se non riusciamo ad accettare le nostre imperfezioni, non con un facile buonismo, ma con umiltà, riconoscendoci fragili senza l'aiuto di Dio, non riusciremo a perdonare né ad accettare le mancanze degli altri. È un'impresa straordinaria. Spesso e volentieri diciamo agli altri di perdonare, ma poi quando tocca a noi, tutto diventa complicato, s'ingarbuglia e ci accorgiamo che nella nostra mente si deve azionare tutto un meccanismo che, oltre alla fede, coinvolge la memoria e la nostra capacità di ragionare.
Saremo dei veri cristiani quando avremo il coraggio di perdonare sempre. Difficile la pratica, ma non impossibile: ecco la corsa verso la meta che abbiamo accennato nell'altro post. Per praticare il vero perdono, bisogna correre perseveranti verso la meta, ovvero Cristo.
Non c'è altro modo. Dobbiamo però scoprire l'amore che Cristo ha per noi, altrimenti non muoveremo un passo! Riconosciamo il suo amore. Tante volte pensiamo superficialmente che Dio ci ama, ma poi in pratica non lo dimostriamo. Egli ci perdona, sempre, anche ciò che la nostra coscienza non osa perdonare. L'amore di Dio è illimitato e ce lo dimostra pure con il racconto di quella parabola che fa fremere i nostri cuori fin nel profondo, ovvero quando ci racconta che agli operai che ha chiamato per ultimo e che hanno lavorato solamente un' ora, ha elargito la stessa paga di quelli che hanno lavorato per ore sotto il sole. Non sembra, ma questa parabola ci sgomenta: come può dare Dio anche a degli assassini il Paradiso che noi, con fatica, cerchiamo di conquistare ogni giorno, cercando di essere fedeli nella preghiera, nella pratica della Pietà?
Non osiamo dirlo, ma dentro il nostro cuore c'è una rivoluzione. Abbiamo sete di giustizia, tutti noi abbiamo sete di giustizia e quando capitano delle ingiustizie il nostro intimo freme per ottenere giustizia e non abbiamo pace finché questa non si compie davanti ai nostri occhi. Talvolta diventa la nostra speranza maggiore. Solamente che Gesù, oggi, ci esorta ad andare oltre a questa visione umana: dobbiamo desiderare che le porte del Paradiso si spalanchino anche per chi ci ha fatto veramente male, per chi ci ha distrutto completamente la vita, ha spento i nostri sogni e le nostre aspettative. Eppure Gesù ci chiede questo. Impossibile per gli uomini, ma non presso Dio a cui tutto è possibile, anche smuovere le montagne del nostro egoismo. D'altronde se guardiamo meglio dentro di noi, abbiamo tante cose da rimproverarci, troppe. Già, a volte noi siamo portati a non perdonarci ma soprattutto a non perdonare gli altri, ad essere severi, ad essere ciechi davanti ai nostri difetti.
La psicologia lo dice chiaramente: chi non si accetta, è portato ad essere critico con gli altri... e ancora ci dice che, spesso e volentieri, si presenta un paradosso: vediamo i nostri difetti negli altri e pretendiamo che gli altri si correggano.... Vi sembra strano? Eppure è così. Ad esempio pretendiamo che gli altri siano sinceri, ma non ci accorgiamo che noi stessi non lo siamo e pretendiamo, appunto, che gli altri siano sinceri, come noi non lo siamo.

domenica 9 novembre 2014

Gesù e lo zelo per la sua casa

Il vangelo di oggi ci consegna la figura di un Gesù insolito, che ci dà quasi fastidio. È il famoso vangelo di Gesù che, al Tempio, scaccia i venditori e i cambiamonete usando una frusta.
Alcuni atteggiamenti di Gesù ci possono disorientare: quando, appunto, scaccia i venditori dal Tempio, con fare piuttosto violento, oppure quando non esita a chiamare vipere e ipocriti i Farisei, Scribi e i Dottori del Tempio.
Eppure anche questi racconti fanno parte dei Vangeli. Sono fatti accaduti sul serio e che hanno fatto riflettere gli Evangelisti o gli Apostoli.
Riflettiamo sull'atteggiamento di Gesù proposto dal vangelo di oggi. Gesù afferma che hanno fatto della casa di Dio un mercato. Alla domanda esterrefatta degli astanti su chi gli dava l'autorità di fare questo, Lui risponde che è Dio con un'espressione particolare: “Distruggete questo Tempio ed io in tre giorni lo ricostruirò”.
Parlava del suo Corpo. Con questa premessa è facile dedurre che la Chiesa è il Corpo mistico di Cristo e che lui sta denunciando, non solo gli abomini che stavano compiendo in quel momento nel Tempio, ma di ciò che sarebbe accaduto poi nella Chiesa, sia come edificio che come Corpo mistico. Come ci comportiamo negli edifici adibiti al culto come le chiese o come membra della Chiesa? La meditazione assume un ampio respiro e ci coinvolge in tutta l'interezza della nostra persona.

sabato 8 novembre 2014

San Paolo e la santità


Le letture di oggi devono essere eloquenti per tutti i cristiani. San Paolo afferma di essere iniziato a tutto, di essere allenato a tutto, alla ricchezza come all'indigenza,. Tale espressione ci riporta a un'altra sua meditazione: ogni cristiano è un atleta che deve correre con perseveranza verso la meta finale per conquistare la corona di gloria che non appassisce. Per fare ciò, bisogna essere temperanti in tutto.

Paolo, santo dal carattere forte, oserei dire “difficile”, - tanto che Marco (anche lui santo) diverge talmente tanto da lui che preferisce percorrere strade differenti come ci raccontano gli atti e una lettera di san Paolo stesso, - è un gigante nell'amore, nella santità.

Ci dovrebbe consolare. Spesso spostiamo l'idea, il concetto di santità in attributi che la costituiscono ma, fondamentalmente non ne compongono l'essenza. In particolare, viene scambiata per “santità” la forza... Forse perché i martiri hanno avuto il coraggio di dare la vita per Cristo, di non vacillare davanti ai persecutori... Ma questo non esclude che abbiano versato le loro lacrime. Tutti abbiamo paura della morte, chi più e chi meno, ma il coraggio non sta nel non sentire la paura ma nell'affrontarla credendo fermamente che oltre quel salto nel buio, verso l'ignoto, esiste veramente un padre che ci ama, quello che ci ha annunciato Gesù: Dio.

La forza umana nasconde troppo spesso l'incapacità di temperare il proprio carattere, la debolezza e la diffidenza verso il prossimo (la paura) e, al contrario l'arroganza di ritenersi superiori a tutto e a tutti.

La forza vera, che costituisce la santità cristiana, ricalca la figura del Cristo che agonizza nell'orto degli ulivi durante la passione che lo condurrà a morire sulla croce: l'amore. L'amore non ha timore di chinarsi, di versare lacrime... anche di sangue.

Santa Teresina di Lisieux l'aveva compreso molto bene: l'amore era l'anima della santità!

Ritornando a san Paolo e ai suoi meravigliosi scritti, vorrei soffermarmi su due meditazioni che il santo in poche parole accenna: “Tutto posso in Colui che mi dà forza”.

San Paolo è un santo dal carattere impetuoso ma la sua grande forza, la sua santità, risiede tutta nella convinzione che è Dio che gli ha donato tutto. Il suo merito è stato quello di approfittare dei doni che il buon Dio gli ha elargito: “Per grazia
di Dio sono quello che sono”...

Ci ricorda anche che la santità richiede allenamento, non è qualcosa che si conquista da un giorno all'altro, oppure una volta per tutte. Chi pratica sport agonisticamente, sa bene che richiede molto spirito di sacrificio e temperanza che coinvolge corpo e spirito: san Paolo non poteva trovare paragone più azzeccato. Non dobbiamo pensare di non essere chiamati a tanta grazia o di essere presuntuosi a desiderarlo! È vero che chi si è impegnato seriamente nel cammino della santità, si è pure accorto che non è così semplice e che non si tratta di una cosa sensibile, ma tante volte sfuggevole e condita di amarezza. Purtuttavia dobbiamo essere convinti su quale sia la nostra meta finale, il possesso di Dio. Vi ricordate di Heidi e della sua amica Clara? Clara, paralizzata alle gambe, passò il suo periodo più difficile proprio quando comprese che poteva camminare ma che questo richiedeva molta fatica, costanza, sopportazione e accettazione della propria condizione fisica oscillante. Ella aveva capito che poteva camminare, aveva pregustato la gioia immensa che si prova ad avere il dono dell'uso delle gambe, ma la sua più grande paura era quella che fosse tutto un'illusione destinata a rimanere tale e che ciò che aveva pregustato, si sarebbe limitato a saper muovere le gambe ma non a muovere i primi passi e quindi a correre. Anche noi, come lei, se abbiamo sperimentato davvero la preghiera e quindi pregustato le gioie del Paradiso, sappiamo bene quale gioia ci attende... Ma abbiamo paura di non poterla raggiungere mai perché rimane un'aspirazione troppo alta... Noi, però, abbiamo questa grande speranza e certezza che ci deve donare delle ali d'aquila: la presenza e l'amore di Dio.... Allora saremo certi davvero che possiederemo il Paradiso!

martedì 14 ottobre 2014

Alluvione 2014, Genova

Desideravo dedicare questo post al disastro che ha colpito la mia cara città: Genova. Le immagini drammatiche che i mass – media hanno divulgato, parlano chiaro, anche se non mostrano veramente la sofferenza delle persone. Ancora una volta Genova piange i suoi morti... È stata “fortunata” perché è successo di notte, poteva essere una strage: Qualcuno, con la Q maiuscola, ci ha protetto.
La mattina dopo l'esondazione del Bisagno e del Fereggiano, mi venivano le lacrime agli occhi. Nessuno di noi può dire: “io non sono stato toccato dal disastro”, nessuno. La tragedia ha colpito tutti... Ogni genovese... ogni italiano...
L'alluvione è stato più grave di quello del 2011 anche se ci sono stati meno morti. Questo però non deve essere il metro di valutazione per misurare i danni avuti! Ripeto che se fosse accaduto durante il giorno sarebbe stata una vera strage, visto che nella zona colpita, c'era l'uscita della metropolitana di Genova: Brignole. Una sola morte è eloquente per misurare un grande disastro... e anche se non ci fossero stati morti, la questione sarebbe stata ugualmente grave! E un grazie immenso a chi ha spalato fango....

venerdì 5 settembre 2014

Vangelo, Eucaristia, Preghiera


All'Angelus di domenica scorsa, papa Francesco ci ha esortato a tenere presenti nella nostra vita cristiana tre punti fondamentali: Vangelo, Eucaristia e Preghiera.

Sono i tre cardini della vita cristiana e l'ordine con cui li ha enunciati, è eloquente.

Il Vangelo... papa Francesco ci ha detto di portarlo sempre con noi e di leggere ogni tanto qualche passo durante la giornata. Credere nel Vangelo è basilare e si poggiano gli altri due pilastri: l'Eucaristia e la preghiera. È pur vero che durante la giornata ci lasciamo prendere da tante cose, sia belle che brutte e scordiamo di richiamare alla mente ciò che Gesù ci ha insegnato. Siamo portati ad essere egoisti, ad allontanarci dai nostri nemici, a dare semplicemente lo stretto indispensabile. Leggere ogni tanto il Vangelo ci riporta ad una realtà più grande che non ci esenta dal soffrire, ma ci fa sentire amati e protetti da qualcuno che non ci scorderà mai: Dio Padre.

Tutti noi siamo meritevoli d'ira da parte di Dio, ma Dio Padre ci vede attraverso l'immagine del Figlio suo. Per tale motivo dobbiamo imitarlo in modo sempre più perfetto, per far coincidere l'immagine nostra con quella di Gesù. Dio vuole tanto da noi. La nostra anima è infatti creata per la luce dell'eternità. Non si limita a dire di essere perfetti, ma aggiunge il seguente complemento di paragone: “come il Padre”. La meta a cui dobbiamo puntare infatti, non è la cima del monte più alto, ma il cielo stesso che la sovrasta e non è un'impresa da poco. Ci vuole l'aiuto dello Spirito Santo e la presenza costante e reale dell'Eucaristia.

Arriviamo perciò al secondo punto ricordatoci da papa Francesco: Eucaristia. Se impegniamo seriamente il nostro tempo alla tensione della sequela di Cristo, ci accorgiamo immediatamente che l'impegno è troppo grande per noi. Abbiamo bisogno, appunto, di una forza superiore che renda soprannaturale la realtà terrena: lo Spirito Santo. Lo Spirito Santo non può che essere a sua volta Dio. Il programma di Cristo esula dai sentimenti esclusivamente umani, anche se parte o può partire da questi. È un programma divino e quindi solo Dio può aiutarci a svolgerlo.

È lo Spirito Santo durante l'Epiclesi a intervenire per cambiare il pane e il vino in corpo e sangue di Cristo. Ricordare il sacrificio di Cristo sulla croce, ci aiuta a non allontanarci da Lui, a ricordare con quale amore ci ha amati, un amore sublime, gratuito. E dall'incontro della nostra anima con l'Eucaristia, scaturisce il bisogno di pregare, di ringraziare Dio dei doni che ci ha dato e che tanto più spesso nel nostro egoismo non riusciamo nemmeno a scorgere, di lodarlo, di chiedere ed esporre le nostre suppliche. Ciò che è importante nella preghiera, è però la lode. Dio sa già ciò di cui abbiamo bisogno e ha cura di noi, tuttavia a volte desidera che noi esponiamo le nostre richieste per ricordarci che siamo tutti dei poveri mendicanti, bisognosi di tutto. È solo Dio che può arricchirci. Per questo motivo gli sono gradite le nostre richieste, ma con questo non dobbiamo scordare che comunque queste devono essere secondo la Sua volontà, ovvero secondo il suo progetto d'amore. Spesso e volentieri si limita a pensare che fare la volontà di Dio significhi fare questo o quello, andare in un posto o meno. Non è solo quello, anzi la base della volontà di Dio non è questa ma è semplicemente imbevere e trasformare la nostra realtà in amore così come accade nel momento dell'Epiclesi: trasformare la realtà che viviamo in Eucaristia. Possiamo perciò fare scelte sbagliate nella vita, andare di qua anziché di là e magari Dio non lo voleva, ma dobbiamo fare in modo che tutto si trasformi in Amore, in Gesù Cristo. È questo principalmente fare la volontà di Dio! In secondo luogo è assumere un ruolo, andare in un posto piuttosto che in un altro, ma l'importante è amare.

Senza preghiera, ovvero l'incontro con Dio, non possiamo trasformarci. La preghiera non è una serie di formule da dire interamente fino alla fine. Abbiamo spesso un'idea molto gretta della preghiera. Pensiamo che se non diciamo ad esempio tutto il Rosario fino alla fine, Maria non ci ascolti! Non è così! L'anima che vive in Dio semplicemente lo loda in ogni istante della sua vita. Abbiamo molto da imparare dalla Natura! Guardiamo gli uccellini! Basta un po' di sole, un po' di caldo, che cantano e il loro canto è sublime! Non possono pronunciare parole e concetti alti ma semplicemente gioiscono di ciò che di bello li circonda ed esprimono nel loro canto tutta la gioia di cui è colmo il cuore. E Dio li cura... Lo ha detto Gesù stesso. E ha detto pure che noi valiamo più di molti passeri! Noi abbiamo un altro linguaggio, la parola che Dio ci ha dato rispetto agli animali, e che dobbiamo usare per lodarlo, esporre le nostre richieste.

venerdì 29 agosto 2014

Santa Monica e sant'Agostino


Il 27 e il 28 agosto sono dedicati a due santi che “meritano” ricevere le nostre attenzioni e riflessioni: santa Monica e sant'Agostino, mamma e figlio. Monica è una donna di Dio che ama il marito nel vero senso della parola, ovvero, desidera la sua conversione, così come, in seguito farà con suo figlio.

Monica piange per la vita dissoluta che conduce suo figlio e ne desidera la conversione. La nostra conversione, la nostra fede, in qualche caso, è voluta e desiderata da qualcuno che ha pregato e offerto per noi. Quale grande amore di questa madre! Spesso quando parliamo di benessere, soprattutto al giorno d'oggi, siamo sempre propensi a pensare a quello economico. È vero: la crisi attualmente miete vittime ogni giorno. Oggi stesso un uomo si è tolto la vita a causa della crisi... e chissà da quante altre persone è stato preceduto. Spesso e volentieri, parliamo di crisi a sproposito. È una parola che ci riempie la bocca, ma non ci siamo mai accorti che la crisi è principalmente dovuta alla mancanza di morale in cui versa il nostro popolo. Il benessere, quello vero, è quello spirituale, una volta raggiunto questo si avrà pure quello materiale. Qualche anno fa avevo letto in un libro scritto da un sacerdote, che i parenti quando un loro congiunto stava per morire, tendevano a non chiamare il sacerdote per non spaventare ulteriormente il malato. Questo è sbagliato! Non ci si accorge che facendo così chiudiamo le porte del paradiso alla persona che sta per entrare nella vita eterna. Pur essendo credenti non abbiamo veramente a cuore la salute spirituale dei nostri cari! Terribile! La persona che sta per morire, sente in cuor suo che sta per affrontare e compiere il passo più importante della sua esistenza, quello che deciderà del suo eterno futuro. Solo lui può capire in quell'istante che si sta giocando il tutto per tutto in quel momento! I parenti hanno ancora i piedi sulla terra e ragionano ancora da uomini, ma colui che sta per varcare l'eternità, sa bene che l'uomo non è fatto per la terra ma per il cielo. Se teniamo bene a mente questo, non ragioneremmo mai come uomini destinati a diventare nuovamente polvere, ma come anime destinate all'eternità e alla luce.

Monica, insomma, era una di queste persone. E ce ne sono state tante altre, ad esempio santa Rita da Cascia. Il suo coraggio di madre, poi, è stato veramente eroico. Dopo la morte violenta di suo marito, i figli volevano vendicarsi. Rita aveva paura che i figli si macchiassero di peccato mortale. Ebbe il coraggio di chiedere al Signore la loro morte piuttosto che cadessero in peccato mortale, macchiandosi di così atroce delitto. È l'amore di una madre che ama veramente l'anima di coloro che ha generato.

Monica ha offerto le sue lacrime e suppliche e fu esaudita. Sant'Agostino conduceva una vita dissoluta, nella lussuria e vagando di eresia in eresia. Il suo cuore era assetato di verità, ma non riusciva a trovare la sua vera pace. Nelle celebri “Confessioni”, Agostino racconta la sua travagliata vicenda spirituale, senza mezzi termini racconta le sue avventure con le donne, i suoi incontri sbagliati. E proprio in questo bellissimo libro che troviamo il suo cantico che raggiunge il parossismo in queste parole:

“stimolato a rientrare in me stesso, sotto la tua guida, entrai nell'intimità del mio cuore, e lo potei fare perché tu ti sei fatto mio aiuto. Entrai e vidi con l'occhio dell'anima mia, qualunque esso potesse essere, una luce inalterabile sopra il mio stesso sguardo interiore e sopra la mia intelligenza. Non era una luce terrena e visibile che splende dinanzi allo sguardo di ogni uomo. Direi anzi ancora poco se dicessi che era solo una luce più forte di quella comune, o anche tanto intensa da penetrare ogni cosa. Era un'altra luce, assai diversa da tutte le luci del mondo creato. Non stava al di sopra della mia intelligenza quasi come l'olio che galleggia sull'acqua, né come il cielo che si stende sopra la terra, ma una luce superiore. Era la luce che mi ha creato. E se mi trovavo sotto di essa, era perché ero stato creato da essa. Chi conosce la verità conosce questa luce.

O eterna verità e vera carità e cara eternità! Tu sei il mio Dio, a te sospiro giorno e notte. Appena ti conobbi mi hai sollevato in alto perché vedessi quanto era da vedere e ciò che da solo non sarei mai stato in grado di vedere. Hai abbagliato la debolezza della mia vista, splendendo potentemente dentro di me. Tremai di amore e di terrore. Mi ritrovai lontano come in una terra straniera, dove mi pareva di udire la tua voce dall'alto che diceva: 'Io sono il cibo dei forti, cresci e mi avrai. Tu non trasformerai me in te, come il cibo del corpo, ma sarai tu ad essere trasformato in me'.

Cercavo il modo di procurarmi la forza sufficiente per godere di te, e non la trovavo, finché non ebbi abbracciato il «Mediatore fra Dio e gli uomini, l'Uomo Cristo Gesù», «che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli». Egli mi chiamò e disse: «Io sono la via, la verità e la vita»; e unì quel cibo, che io non ero capace di prendere, al mio essere, poiché «il Verbo si fece carne».

Così la tua Sapienza, per mezzo della quale hai creato ogni cosa, si rendeva alimento della nostra debolezza da bambini.

Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco che tu stavi dentro di me e io ero fuori e là ti cercavo. E io, brutto, mi avventavo sulle cose belle da te create. Eri con me ed io non ero con te. Mi tenevano lontano da te quelle creature, che, se non fossero in te, neppure esisterebbero. Mi hai chiamato, hai gridato, hai infranto la mia sordità. Mi hai abbagliato, mi hai folgorato, e hai finalmente guarito la mia cecità. Hai alitato su di me il tuo profumo ed io l'ho respirato, e ora anelo a te. Ti ho gustato e ora ho fame e sete di te. Mi hai toccato e ora ardo dal desiderio di conseguire la tua pace.”

Non ha bisogno di nessun commento: è semplicemente un'anima che ha toccato il fondo e ha conosciuto veramente Cristo, incontrato una persona che lo ha fatto innamorare. Lui, eretico, entrò a

far parte della Chiesa e divenne addirittura vescovo...

Tardi ti ho amato... è l'anima che avrebbe voluto conoscere Cristo prima perché ne ha assaporato la bellezza. Tardi ti ho amato, è la frase che potrebbe sospirare anche un dodicenne quando si accorge di aver incontrato autenticamente Cristo... è sempre troppo tardi per l'anima che sperimenta il vero amore...

lunedì 25 agosto 2014

Dio è Padre


Confidare in Dio non è cosa sempre facile: uscire dai propri schemi per abbracciare la mentalità e il progetto di Dio, significa fidarsi di qualcuno che ci ama e vede meglio di noi. Abbiamo spesso meditato sul fatto che ciò che ci accade non sempre è nella volontà di Dio, alla maniera di Giobbe. Il buon Dio permette che ci capitino alcune cose affinché da queste possa trarre un bene che tante volte noi non riusciamo a scorgere. Non è un bene ciò che ci è accaduto, ma da questo ne trae un bene senz'altro maggiore.

Dio spesso si nasconde, non dà le cose che noi desidereremmo e chiediamo. Dobbiamo avere pazienza (non è facile perché richiede di saper uscire da se stessi), di attendere che Lui intervenga. Non si può dare una moto a un bambino di due anni. Bisogna aspettare che diventi maggiorenne, altrimenti, ammesso che riesca a salire sulla moto, provocherebbe un incidente. Noi che tremiamo davanti alle insicurezze della vita, da sempre, non riusciamo a entrare in tale discorso. Sì, perché scordiamo che Dio è Padre. Da bambini, si aveva la sensazione che i genitori fossero eterni, che loro solo potevano fare tutto ed erano capaci di fare tutto; si aveva la sensazione della stabilità, che fino a quando ci sarebbero stati loro, non ci sarebbe accaduto nulla di male. È questo che Gesù intendeva quando affermava che solamente chi diventa bambino entrerà nel Regno dei Cieli. I genitori sono stati quelli che ci hanno nutrito quando noi sgambettavamo solamente e parlavamo con qualche vagito. Incomprensibile agli inizi, i nostri hanno imparato a capire quel linguaggio, a tenerci in braccio e a lasciarci quando abbiamo cominciato a imparare a camminare. E siamo caduti. Nonostante la loro presenza rassicurante, siamo caduti. Rialzati, abbiamo faticato a riprendere il cammino. Non era volere dei nostri genitori che cadessimo. Tuttavia, l'atteggiamento ideale del genitore, sarebbe stato quello di non agitarsi e rassicurarci della loro presenza. La caduta ci è forse servita a stare più attenti. A capire fino a quanto dovevamo spingerci o cosa ci avrebbe fatto del male. Dio è così. Si commuove e soffre per le nostre cadute o sofferenze, che non erano volute da lui, tuttavia attende, perché vede chiaramente che nell'anima si è attuata una metamorfosi essenziale. Un poco come accade al bruco: bruttissimo quando è un semplice vermetto che striscia sulla terra e non vede altro che sabbia, fango, terra, ma nel suo lungo letargo, sa trasformarsi in una bellissima farfalla colorata, capace di volare.

In questi ragionamenti e meditazioni, si spiegano tante cose difficili, tanta cattiveria che esiste e ferisce. Talvolta ferisce indelebilmente, rimane la cicatrice e l'anima non riesce ad uscire dalla sua prigione. Lasciamoci riconciliare con Dio. Le nostre ferite possono essere lenite solamente con il suo balsamo.

domenica 24 agosto 2014

L'amore di Dio

La vita è una cosa seria, quindi. Ma se non abbiamo l'opportunità dataci dalla reincarnazione, come possiamo avere un'altra chance? Dio c'invita a vivere l'esistenza seriamente: questo, automaticamente, dà senso alla vita: se riesci a viverla consapevolmente e positivamente, avrai la tua definitiva ricompensa, che tu stesso sceglierai. Allora la nostra chance?

La nostra chance sta proprio in Dio. Anche se la nostra coscienza avrà di ché rimproverarci, Dio è ancora più grande.

Dio Padre è colui che ci ha annunciato Gesù nelle sue parole e nella sua vita. Ha parlato di amore ai fratelli, di un pastore che cerca angosciosamente la pecorella perduta. Dio è questo. Quando ci perdiamo ci cerca disperatamente e quando finalmente ci trova, ci stringe teneramente a sé, cura le nostre ferite, felice di averci ritrovato. Quante parabole ha raccontato su questo argomento! La bellissima parabola del figliol prodigo: il padre fa festa al ritorno del figlio. È questa la chance che Dio ci offre, e non è poco. Ogni giorno simboleggia una nuova opportunità di cambiare vita. Dio ci dà la vera speranza che tutti possono cambiare: sulla croce il ladrone riconosce di avere fatto del male e chiede perdono, chiede di entrare nel paradiso di Gesù. Quale audacia! Eppure viene premiata! In quel momento il ladrone non ha messo di fronte ai suoi occhi tutti gli sbagli commessi, ma la grandezza della misericordia di Dio. In quel momento ha CREDUTO che Dio poteva tutto, anche perdonare tutte le scempiaggini commesse ed essere ammesso direttamente nel suo paradiso. Haimé quante volte invece noi umani chiudiamo le porte del paradiso ad altri? Un po' come i farisei! Tante, troppe volte, ci ergiamo giudici delle coscienze altrui e chiudiamo loro la porta del paradiso! Che diritto abbiamo? Non siamo mica Dio! Osiamo, crediamo, che Dio ci abbraccerà e ci stringerà a sé, nonostante tutto. Affidiamoci a Lui, alla sua infinita misericordia e troveremo ristoro.

La Via, la Verità e la Vita


Se rimaniamo alla testimonianza di Gesù lungo il corso della sua vita terrena, dovremmo credere fermamente che Dio e quindi, la vita eterna esistono. Avere tale consapevolezza è fondamentale. Come raggiungere la felicità, la luce prospettate dall'aldilà? A questa domanda risponde Cristo stesso: “Io sono la Via, la Verità e la Vita... Chi conosce me, conosce anche il Padre”.

Imitare Gesù Cristo diventa perciò parte integrante della vita del credente. Per poter giungere alla vita eterna, a godere delle bellezze del paradiso, bisogna concretizza nella propria la vita di Cristo. Verità: Gesù è l'unica verità. Esiste solamente una verità. Non ne esistono due. La verità è una, come Dio, per la teoria degli opposti. Da ciò ne consegue che tutto ciò che non riguarda Cristo è menzognero. È lui la verità. Vita: tutto ciò che è positivo ci porta alla gioia, alla vita! Solo lui è la vita, porta cioè gioia, serenità. Tutto quello che esula da lui, ci conduce alla tristezza. Il potere, il denaro, la vendetta, ci portano ad una gioia fugace che si spegne in un soffio. Quella che ci propone Dio, invece, è duratura, eterna, ovvero con i suoi stessi attributi: chi vive in comunione con Dio, possederà gli stessi attributi di Dio. Certo, per possedere tutto questo bisogna lottare: Dio non ci dà delle pappe pronte, ma vuole che gli ingredienti li mettiamo noi, lui poi farà il resto.

Alcuni mescolano filosofie orientali con il cristianesimo... Grande sbaglio: Dio non ha parlato di reincarnazione, ma di fuoco della Geena e di risurrezione. Gesù, dopo la morte, non ha preso alcun corpo di animale o altra persona illuminata, ma il suo corpo si è trasfigurato alla luce del Padre nello Spirito Santo ed è tornato definitivamente al Padre.

Forse per l'uomo il pensiero dell'esistenza della reincarnazione è rassicurante. In fondo dopo la morte, prendere un corpo che sperimenterà un tipo di vita che già conosciamo, è rassicurante, seppur questa sia stata dolorosa per noi. Dolorosa, ma la conosciamo bene. Conosciamo il dolore e seppur ci faccia paura soprattutto quando questo assume toni intensi, sappiamo più o meno affrontarlo... ma una realtà così definitiva com'è l'eternità, è difficile per noi assimilarla. Ci piace avere tante opportunità, tante occasioni di redenzioni, ma con la realtà dell'eternità, tutto assume un'altra prospettiva: ogni singolo atto che noi facciamo ha ripercussione nell'eternità. È una grande responsabilità, un qualcosa che coinvolge in modo significativo la nostra coscienza, cosa che, credere alla reincarnazione, mitiga eloquentemente. Credere all'eternità non ci permette di giocare con la vita degli altri, a vivere nella disonestà, nemmeno per un attimo. Questa ci presenta sempre alla nostra coscienza e abbiamo sperimentato che questa, è più spietata di Dio stesso.


Fede personale


Credere in Dio e in Gesù Cristo è fondamentale per costruire poi l'edificio solido della vita cristiana. Come spesso viene ricordato da Cristo, se la propria vita non è costruita sulla roccia, ovvero su Dio, è destinata a crollare miseramente al suolo. Non si può costruire la propria serenità sulla sabbia, su principi, cioè, non stabili, che possono essere portati via dagli elementi atmosferici che l'uomo non può controllare né comandare.

Il vero padrone di tutte le cose è Dio, dobbiamo ammetterlo: ci sono certe cose appartenenti alla nostra esistenza che sfuggono al controllo, nostro malgrado. Questa convinzione spesso non è dimostrata nella vita concreta. È difficile credere a una persona che predica l'amore e poi non si fa scrupoli a far del male al prossimo. Il vero banco di prova è la vita che uno conduce.

La fede, però, è un dono: una virtù umana e teologale. È la virtù per eccellenza che ci lega a Dio e ci ottiene la carità e la speranza.

Tutta la nostra esistenza verte su questo. Le nostre scelte prenderanno determinate strade a seconda della fede che possediamo.

Credere in Gesù Cristo, significa credere fermamente che lui esista e perciò, di conseguenza, a tutto ciò che ha insegnato. Non è una semplice filosofia, è uno stile di vita ben particolare.

Al giorno d'oggi, come allora, forse per motivazioni differenti, il cristianesimo, nonostante il fascino e la bellezza del suo messaggio, fa fatica ad attecchire. Molti preferiscono altre religioni o filosofie, oppure credere a un cristianesimo edulcorato, mitigato o addirittura stravolto in certi punti. Il grande dramma dell'uomo, come spesso ho ripetuto, è il suo rapporto con la morte. Questa lo induce alla riflessione, impone alla sua attenzione interrogativi ai quali non sa rispondere definitivamente.

C'è chi si ritiene ateo e pensa di credere solamente a ciò che vede. Questo è ridicolo perché la maggior parte delle cose su cui è fondata la nostra vita è astratta. Le cose astratte sono fondanti. Senza pace, amore, armonia, la vita diverrebbe un vero e proprio inferno! Di certe cose, come ad esempio l'elettricità, vediamo solamente i loro effetti. Non per questo motivo non esistono. Proviamo a toccare dei fili elettrici e continuiamo ad affermare che crediamo solamente a ciò che vediamo... Mmmm, forse dopo potremo parlare anche dell'esistenza dell'aldilà, semplicemente per il fatto che toccando quei fili ci siamo caduti irrimediabilmente! Senza contare che spesso Dio si è servito di queste persone per testimoniare la sua esistenza. Un medico, assertore della scienza, ateo per definizione, non credeva assolutamente all'esistenza di Dio e tanto meno all'aldilà. Colpito da malore, fu considerato clinicamente morto. Tornato in vita raccontò l'esistenza di un luogo bellissimo dove una presenza forte, piena d'amore e positività, regnava. Ciò che ha testimoniato che la sua esperienza non era fatua, è stata proprio la sua esistenza. Si comprende tutto ad un tratto che ciò che dovrebbe regnare nelle nostre esistenze, non è la paura dell'ignoto e della morte in generale, ma è la fede in un Dio che ci attende in un'altra vita, una vita di eternità. Tutto, in questa prospettiva, diventa relativo. Non dico che cancelli del tutto le nostre paure, o non ci permetta di cascare nei nostri errori, ma sicuramente che colori la vita in modo diverso, la carichi di positività e fiducia, cancelli l'odio e il pessimismo.

A proposito di ciò, ho sempre raccontato che pure i santi sono passati per la notte della fede. Un dolore forte, la contraddizione, possono far tremare anche l'edificio costruito sulla roccia. I terremoti esistono ugualmente, le mareggiate non sono calmate se non con il comando di Dio. Tutto ciò non c'impedisce di gridare “Aiuto!”, ma c'impedisce di colare a picco, di affogare travolti dai marosi o soffocati dalle macerie. Tutti sono soggetti ai dubbi, ma, un po' come avviene con la paura, ci sono solamente per essere superati e rafforzare la fede.

La fede

Avere fede in Dio non è così scontato, è un cammino di un'intera vita. Vale la pena percorrere queste
vie straordinarie, simili a quei sentieri bellissimi che attraversano le montagne: dietro a una curva, ecco che davanti al nostro sguardo si apre un panorama suggestivo, da mozzare il fiato. Ma bisogna camminare, non si può stare fermi in un punto. Ciò diventerebbe pericolosissimo per noi perché vedremmo un paesaggio incantevole, ma sarebbe sempre lo stesso e ci precluderebbe la possibilità di vedere le cose da un altro punto di vista e soprattutto di scorgere la vetta.

Siamo miseri, è vero, ma la nostra meta deve essere la vetta. Da lì si può godere una vista a 360 gradi, senza che lo sguardo sia ostacolato da altre montagne.

La fede osa laddove l'uomo vede un ostacolo insormontabile. Nulla è impossibile a Dio. Ciò dovrebbe incoraggiarci: la consapevolezza di essere nelle mani di un Dio misericordioso che conosce, anche di noi stessi, più di quello che noi sappiamo, dovrebbe spronarci a non avere timore, a sperare contro ogni speranza. Il giudizio umano, spesso, non coincide con quello di Dio e l'uomo, davanti a tale pensiero, dovrebbe tremare. Dio non chiude nessuna porta, al contrario, al momento del suo sacrificio sulla croce, ha lasciato che il suo cuore venisse aperto e i suoi tesori venissero profusi all'umanità intera, anche a chi non comprende e non desidera nemmeno accogliere l'amore di Dio. Ci ha svelato il suo volto e mostrato il suo cuore. Non ha lasciato nulla di sé nascosto agli occhi dell'uomo. Gesù, inoltre, ha fondato la sua Chiesa sulla fede, sulla professione di fede di Pietro. Tale concetto è molto importante: pure nel vangelo di Giovanni si ricorda che l'opera più grande che può fare l'uomo è “credere in Dio”. Su questo si fonda tutto il resto, la carità e la speranza. È una fede che deve poi diventare vita, farsi carne come Dio si fece carne in Gesù Cristo.

giovedì 21 agosto 2014

Accoglienza

Volevo soffermarmi, però, su un altro aspetto che si sta vivendo in Iraq: la persecuzione dei Cristiani. A volte non si pensa: noi cristiani potremmo essere chiamati, tutti, a questa testimonianza e dovremmo prepararci giorno per giorno per essere pronti a tale evenienza. È vero che il nostro mondo, imbevuto di ateismo, ci offre un altro tipo di persecuzione, tuttavia quella di sangue rimane quella estrema. Oltre ad essere consapevoli di avere molti martiri per la Patria, lo siamo anche di averne altri per la fede? Quanti! Tantissimi e a loro dobbiamo la nostra spiritualità. Che dire che nemmeno di questo ci rendiamo conto? Le nostre chiese si sono svuotate, coloro che dovevano essere testimoni sono diventati codardi e sostenitori di una vita pressoché mondana che poco ha di che spartire con la spiritualità se non una facciata esterna fatta di parole ripetute all'infinito, gente che si barrica nel proprio perbenismo spirituale, dimenticando che la perfezione sta nell'amore! Gente che pensa che farsi vicino al prossimo significa tenere lo stesso loro stile di vita. Quante volte papa Francesco ha cercato di rompere il muro dei cattolici perbene che non hanno più il coraggio di sporcarsi le mani ma sono diventate aziende, come qualsiasi, che non sanno più dare vita, ma sempre più spesso comunicano stanchezza, morte ed egoismo. Dovremmo prepararci, sì, sempre, rispolverando le nostre radici, per poter conoscerci meglio... Un giorno Cristo ha scelto Roma per espandere il suo messaggio d'amore e di pace... Dovremmo esserne fieri, ma purtroppo abbiamo dimenticato le nostre origini. Però qualcosa ridonda nel modo di essere di noi italiani, se non altro per l'accoglienza e la difficoltà con cui penetrano le idee atee nella nostra legislazione. E riguardo all'accoglienza... è tutto chiaro: la tragedia di tanti immigrati che preferiscono affrontare viaggi pericolosissimi su mezzi di fortuna per approdare in un'Europa più fortunata economicamente parlando... Il fatto è che non vorrebbero rimanere in Italia, il loro viaggio dovrebbe continuare per stati che stanno ancor meglio dell'Italia... Il “bello” è che nessuno di questi li ha accolti o ha pensato di aiutare l'Italia nella sua difficile incombenza. Ma siamo noi Italiani dei boia, da lasciar affondare quei barconi, senza muovere un dito? Come potremmo? Gli altri stati si vantano del loro benessere economico grazie alle loro leggi spietate, noi dobbiamo vantarci della nostra accoglienza che sebbene non sia fatta sempre più spesso a regola d'arte, ci ritornerà prima o poi, magari non come i più si aspetterebbero... il bene che si fa non va mai perso e sono sicura che ci ritornerà. Fiera di essere cristiana? Sì, certo!

Seconda guerra mondiale


Stiamo assistendo impotenti ai grandi eventi catastrofici che interessano il Medio Oriente. In effetti si sta consumando una vera e propria tragedia umana, si stanno ledendo i più basilari diritti dell'uomo, come ad esempio quello della vita. Tante volte noi riteniamo scontate tante cose che abbiamo, dimenticando che il frutto della pace che stiamo assaporando, è dovuto al sacrificio di tante persone che ci hanno preceduto.

Pochi giorni fa ho guardato parte di un documentario molto interessante trasmesso da “Rai storia”. Riguardava la posizione dell'Italia nella seconda guerra mondiale. Sono cose che non si studiano sui banchi di scuola, gli autori dei libri pur essendo grandi studiosi, non possono affrontare il discorso approfonditamente. Se un tempo la televisione ha aiutato tanti analfabeti a imparare a leggere e a scrivere, adesso aiuta a sviscerare o rendere più profonda la conoscenza che abbiamo già. La nostra sete di sapere è un dono di Dio e la cultura non deve servire a insuperbire la nostra mente, ma a renderla più aperta e flessibile, idonei a guardare le cose dal punto di vista altrui. Chi veramente sa, si accorge di non sapere un bel niente! Quante volte anche Gesù ha affrontato questo discorso... “I farisei non sanno di essere ciechi... se sapessero di essere ciechi, non avrebbero colpa”.

Come tutti sanno, l'Italia era alleata della Germania, ma in fin dei conti quest'ultima, non l'ha mai considerata tale. Mussolini era affine a Hitler anche se poi, di fatto, non ha mai partecipato in modo sistematico all'olocausto degli Ebrei. Al momento dell'armistizio firmato nel '43, i soldati italiani diventarono di fatto “nemici” dei Tedeschi, senza saperlo. I soldati erano all'oscuro di tutto e Roma non rispondeva alle loro domande. Si videro, perciò, internare nei campi di concentramento tedeschi da una parte e russi dall'altra... un esercito di più di 700.000 soldati. Il giornalista ha domandato alla storica come mai i soldati italiani non si opposero al loro internamento, erano tanti e preparati a combattere... La studiosa ha risposto che i tedeschi erano stati molto astuti, sapevano che prima o poi si sarebbero trovati in quella posizione nei confronti degli italiani, in quanto questi non erano in grado di stare al passo della Germania nazista e al momento della deportazione, avevano fatto credere loro che, essendo finita la guerra con la firma dell'armistizio, li avrebbero fatti rientrare in Patria. Una volta internati, essendo prigionieri di guerra non potevano godere dei diritti degli altri e quindi nemmeno della scarcerazione. La situazione era molto difficile. Ridotti anche loro a degli scheletri, al momento della ricostituzione del Fascismo con la Repubblica di Salò, vennero posti davanti a un bivio fatale: servire l'Italia fascista o morire di fame nei campi di concentramento. La scelta del più degli Italiani e ci deve rendere fieri di essere tali e di avere quel sangue nobile che scorre nelle vene, decisero di sacrificare la loro vita nei campi di concentramento: pochissimi si unirono nuovamente al Fascismo. Quello che subirono i soldati italiani aveva tutti i connotati per essere considerato un eccidio.

La pace che noi viviamo, è frutto di questi sacrifici umani. Camminiamo su una terra bagnata dal sangue di martiri per la fede e per la Patria e spesso, purtroppo, dimentichiamo le nostre radici e sputiamo su quel suolo da cui siamo stati tratti.

lunedì 4 agosto 2014

Il pane moltiplicato


Gesù ha saputo della morte di Giovanni Battista e si ritira in un luogo deserto, solitario. Giovanni Battista ha additato l'Agnello di Dio durante la sua vita, con le parole e la sua vita. Ha preparato la strada al Messia. Così come ha fatto con le sue parole, la sua vita, lo fa anche con la sua morte. Giovanni dà fastidio a chi conduce una vita dissoluta e moralmente devastata. Non ha timore di denunciare il marcio e per questo motivo, perde la vita. È precursore di Cristo anche per questo. Anticipa con la sua la morte del Redentore.

Gesù non ha però il tempo di ritirarsi per pregare o riflettere su ciò che era accaduto. Profondamente umano, Gesù ha sicuramente sofferto per la morte di Giovanni. Viene raggiunto da una folla affascinata da lui, una folla che non esita a seguirlo anche nel deserto. Sembra sapere che ciò che è più importante nella proprio vita non è ciò che perisce ed è caduco, ma è proprio la Parola di Dio. Dio cura i suoi figli. Il miracolo lo fa lui, ma si serve di ciò che l'uomo ha: dei pani e dei pesci e delle mani che hanno gli apostoli e discepoli. La Parola di Dio si fa pane concreto che nutre un popolo che ha sperimentato come possa esistere un luogo senza tempo. Se si sta con Dio, tutto il resto non conta.

Chi ci separerà dall'amore di Cristo?


Nelle necessità crediamo che Dio ci abbia dimenticato. Vorremmo una vita che scorresse senza intoppi, liscia come il velluto, ma troppe volte ci rendiamo conto che non è così: c'è un qualcosa di superiore che la regola, che talvolta le dà una svolta inaspettata e dolorosa... allora la nostra fede vacilla. La nostra barchetta annaspa tra le onde, talvolta imbarca acqua e minaccia di essere travolta dai marosi. Dio dov'è? È la nostra domanda che echeggia nel nostro cuore, domanda drammatica che è rimbalzata nel cuore di molti e ha riempito lo spirito anche di tanti santi... Rincuoriamoci perciò e non scoraggiamoci davanti a questa domanda che sembra minacciare pericolosamente la nostra fede e il nostro rapporto con Dio. San Paolo, nella lettera ai Romani, ci ricorda che nulla può separarci dall'amore di Cristo. Tutto ciò che noi riteniamo male, non può allontanarci dall'amore di Cristo... anzi, dice di più: in tutte queste cose noi siamo più che vincitori...

D'altronde è quello che ha vissuto lo stesso Gesù. Dopo aver predicato l'amore del Padre, aver fatto tanto bene, liberato dal demonio e dalle malattie la gente, viene condannato alla morte di croce, perseguitato, oltraggiato. La sua predicazione è stato un fallimento totale anche tra gli apostoli: nessuno, tranne Giovanni, gli è rimasto accanto! Totale fallimento... eppure Lui vive la croce fino in fondo. Non scende dalla croce anche se ai piedi della croce, fra tutta la gente che aveva beneficato, non era rimasto che un manipolo di donne, sua mamma e Giovanni.

È pur vero che tanti santi sono stati provati nella fede e questa prova ha avuto la connotazione di un dramma profondo... La cosa curiosa è che ciò che ha portato alla sofferenza e al “dubbio” tanti santi, non è stata tanto la prova delle malattie, ma la contraddizione emersa tra ciò che Dio chiedeva loro di fare e il freno che la Chiesa intesa come organo costituzionale imponeva loro. Basti pensare allo slancio del Serafico Francesco. Per il suo Ordine desiderava la povertà assoluta e Dio sembrava chiedergli proprio questo, ma la Chiesa diceva “no”. Le maggiori persecuzioni che padre Pio ebbe gli vennero proprio dalla Chiesa: fu allontanato dal confessionale, dall'altare, dal popolo... eppure Dio gli chiedeva proprio questo! Anche l'Antico Testamento ci pone come esempio il santo Giobbe. Lui accetta la privazione dei beni, la morte dei suoi parenti e la precarietà della salute... ma la sua fede vacilla quando gli amici discutono la sua integrità di vita... eppure lui era sicuro di essere approvato da Dio nella sua condotta. Tutti, quindi, anche i santi, sono stati provati nella fede... solamente che non si sono lasciati andare alla ribellione, si sono mantenuti fedeli, nonostante le grandi contraddizioni, e non si sono disperati.

I cibi succulenti


Soffermiamoci adesso su ciascuna lettura e riflettiamo in modo più approfondito.

La prima lettura è quella tratta dal profeta Isaia. È rivolta a un popolo non ricco, dedito alla pastorizia e all'agricoltura e quindi completamente dipendente dalla natura e dal suo corso. Spesso attraversava il deserto. Figure perciò fondamentali per questo popolo, ricorrenti nella Bibbia, echeggianti la figura di Dio sono: roccia stabile (dune del deserto); sorgenti d'acqua (aridità e siccità); cibo (carestia)...

La figura ricordata in questo brano è quella del cibo. Dio è quel cibo tanto desiderato dal popolo, la sazietà che manca nei periodi di carestia. Dio è quel cibo gratuito, conquistato senza la fatica del lavoro. È lui che ha in mano la vita di ogni vivente! Troppe volte lo scordiamo. Schiavi di una intelligenza umana che da una parte ci ha tolto da tanti impicci, scordiamo troppo spesso che la nostra vita dipende invece dalla provvidenza di Dio. Ciò di cui siamo circondati è tutto dono Suo! Per questo motivo non sappiamo più ringraziarlo dei suoi doni... e dimentichiamo che la nostra intelligenza è anch'essa un dono di Dio che, se lui volesse, potrebbe riprendere in ogni istante.

domenica 3 agosto 2014

Le tre letture


Le letture di oggi ci presentano molti punti di riflessione. Sono collegate fra loro e ci rimandano a ciò che è essenziale per noi, per la nostra vita. La prima lettura è tratta dal profeta Isaia. Dopo un invito del Signore a un banchetto gratuito costituito appunto da ciò che è essenziale, pane e latte, esorta il popolo a non dilapidare il denaro per ciò che non sazia e non serve e ad ascoltare la Sua Parola. La Parola sazierà il popolo di cibi succulenti. La seconda lettura è una riflessione bellissima di san Paolo. La sua domanda è questa: chi ci separerà dall'amore di Cristo? La tribolazione, il dolore, il pericolo, la spada, la povertà...? no! Afferma l'Apostolo, nessuno potrà mai separarci da Cristo... Infine il Vangelo è esplicito. La folla è affascinata da Gesù e non lo lascia nemmeno riposare. Gesù, però, accoglie tutti, guarisce, insegna. La folla ha fame di Dio e non si cura neppure del tempo che passa. La Parola di Dio esprime chiaramente e comunica efficacemente l'idea dell'eternità.

sabato 26 luglio 2014

Ottenere le grazie

Solamente amore... Solamente l'amore dà ampio respiro alla vita cristiana.
Ho ricevuto tante grazie dalla Madonna e questo mi ha fatto riflettere su come bisogna chiederle. Prima di tutto è necessario non pretendere di ricevere le grazie che si chiedono. Dio sa bene di cosa abbiamo veramente bisogno. Per questo motivo bisogna disporsi anche a non riceverle e rimanere ugualmente con la stessa fede; ciò che rimane importante nella vita è l'amore e l'abbandono in Dio. Ottenere la salute o ciò che pensiamo un bene per noi, serve semplicemente per amare di più il Signore e mettere tutti se stessi a suo servizio. Questo è fondamentale per non scambiare Dio per un ju box che elargisce grazie su richiesta... Umiltà, amore e distacco... il male più grande che può capitare ad una persona non è di certo il perdere la salute ma il perdere Dio e cadere nel peccato.

venerdì 25 luglio 2014

Il pessimismo

Dove sta andando il mondo? A vedere come sta andando, si sarebbe tentati di “crogiolarsi” nello scoraggiamento: guerre fratricide, vendette nazionali, omicidi efferati. Papa Francesco ci ha esortato a non lasciar morire la speranza che c'è in noi. È questo il punto principale: veniamo bombardati da numerose notizie terribili che rischiano di farci soccombere, annientati dal pessimismo, anticamera della depressione... e mentre siamo intenti alle cose negative, ci lasciamo sfuggire quelle positive delle quali abbiamo disimparato a godere. Quante volte infatti, ascoltando i ragionamenti delle persone, più è più volte si parla delle cose negative della propria vita! Così facendo la nostra vita scivola dalle nostre mani, come sabbia tra le dita, sottile, insinuante, e senza che ce ne avvediamo, quando finalmente ci accorgiamo che il nostro pessimismo sta rischiando di sommergerci, nel pugno non ci è rimasto che qualche granello di sabbia... ed è già tanto che lo notiamo.
Il problema è questo... non ci accorgiamo della fortuna che abbiamo, tanto abituati siamo a lamentarci, a pensare che la nostra situazione sia tragica. Certamente la cosa è complessa. Arrivare a vedere il positivo e il bene, è un cammino da fare, lungo e duro, ma non impossibile se fatto con Cristo. È Lui che fa la differenza. Se vorremmo affrontare la vita soli, con le nostre forze, soccomberemmo immediatamente, travolti dai marosi della vita. La vita è dura, non è un gioco e talvolta impieghiamo tutte le nostre forze per stare a galla.
Il problema del mondo è il nostro. Non dobbiamo scuoterci la polvere di dosso e dire che non è affar nostro, tanto la guerra non ci tocca... tocca, eccome, le nostre vite, perché nel momento in cui desideriamo e facciamo il male dell'altro, scateniamo una piccola guerra. L'odio è brutto in piccole e in grandi dosi. Dobbiamo ringraziare Dio del periodo di pace che l'occidente sta vivendo. Talvolta non ci rendiamo conto di quale grande dono sia la pace. Non avremmo di certo il tempo di perderci in futilità e croci che noi stessi, con le nostre mani, ci siamo costruiti per avere su di noi l'attenzione altrui... Non avremmo più paura di affrontare i piccoli dispiaceri quotidiani, perché le nostre forze sarebbero impiegate a combattere contro una precarietà che minaccerebbe continuamente la nostra vita e ancor più quella dei nostri cari. Aspettando di avere il coraggio di vivere la nostra esistenza, nascondendoci in problemi fatui, arriveremo alla tomba senza nemmeno sapere che cosa voglia dire vivere. Perso tutto, il bello della vita ci è già sfuggito dalle mani! Il brutto è che non possiamo più tornare indietro, e dovremmo gustare, questa volta davvero soli e non per una solitudine paventata, l'amarezza di non aver saputo gioire! È vero anche, che ci accorgiamo dell'importanza di una cosa, solamente quando l'abbiamo persa. Già, perché tutto ciò che abbiamo, è scontato per noi. Abbiamo poco o niente la concezione di dono. La vita non è tutto un problema, è anche gioia. C'è un detto particolarmente significativo: a tutto c'è rimedio, tranne che alla morte. Cristo ci ha insegnato che questo detto è sbagliato: anche alla morte c'è un rimedio ed è sempre quello della vita stessa: Lui, solamente Lui.
Pensando alle cose positive che abbiamo, dovremmo quasi vergognarci di averle: chi siamo noi per avere di più di quei paesi martoriati sotto i colpi della guerra? Interi ospedali, scuole, luoghi comuni rasi al suolo... una tristezza infinita...

sabato 12 luglio 2014

Dio Padre

La liturgia della Parola di oggi ci presenta delle letture molto interessanti su cui meditare. La prima lettura è tratta dal Libro del profeta Isaia. Isaia ha una visione: vede Dio e per questo teme di morire. Nessuno può vedere Dio e rimanere vivo. La bocca di Isaia è impura e un serafino la purifica passandole un carbone ardente. La purificazione non è opera d'uomo ma di Dio. L'uomo ha poco merito, anche se Dio esige il suo sì.
Il vangelo ci porta un'immagine commovente di Dio. Dio sa tutto di noi e ci ama. Spesso ci preoccupiamo troppo delle cose materiali di cui abbiamo bisogno o di cui hanno bisogno i nostri cari, e non per quelle spirituali. Il vangelo è chiaro: non dobbiamo temere gli uomini, dobbiamo temere Dio. Egli si preoccupa di noi e non permetterà che ci accada qualcosa di male. I nostri capelli sono tutti contati... i passeri sono meno importanti di noi, eppure il Padre non permetterà che neppure uno di questi cada senza che Lui lo voglia.
La nostra vita è, perciò, nelle sue mani. Questo implica tutta una filosofia e uno stile di vita particolari impregnate di una connotazione divina sublime, mosse dall'azione dello Spirito Santo.

lunedì 7 luglio 2014

Testimoni luminosi

Come avevo detto nei post precedenti, molte persone sembrano aver travisato il pensiero di papa Francesco, colorandolo di un certo buonismo che effettivamente pare inesistente. Il desiderio di molti che la Chiesa assecondi tutte le immoralità della gente non trova riscontro nelle posizioni prese dal papa. Si vuole un cattolicesimo “moderno” che apra le porte al pensiero corrente, forse per poter far tacere la propria coscienza o vedere in esso un semaforo verde che dia libero sfogo ai propri istinti. Non è così. È vero che papa Francesco predica la misericordia di Dio, ma è pur vero che ricorda anche la difficoltà di entrare realmente nel Regno dei Cieli. Gesù stesso fu travisato in quel senso, tanto che ad un certo punto si sente in dovere di affermare che non è venuto ad abolire la Legge, ma a darle compimento. In tal maniera l'uomo dimostra di non comprendere affatto che cosa sia l'amore vero. Per qualcuno sarebbe l'accettazione totale da parte dell'altro degli atteggiamenti palesemente scorretti. L'amore vero non è quello.
A quindici giorni appena dalla presa di posizione da parte di papa Francesco riguardo ai mafiosi, due atteggiamenti che sembrano una protesta aperta nei suoi confronti: in Molise i detenuti del carcere disertano la Santa Messa celebrata dal Santo Padre e l'inchino della Madonna al boss mafioso... Speriamo che la Chiesa non ceda di fronte a queste proteste ridicole: la Chiesa ha bisogno di altri testimoni che siano fermi, capaci di dare la propria vita per la giustizia, come fece don Puglisi e altri preti coraggiosi che seppero essere davvero luminosi esempi di fortezza e giustizia.

La famigerata processione

L'inchino della Madonna davanti al boss in Calabria, ha suscitato choc e polemiche. Terribile. Un atto che grida vendetta davanti a Dio! La Madonna non può inchinarsi davanti a uno che ha deciso la morte di tante persone e ha cospirato contro lo Stato. Sono gli uomini che portavano la statua, religiosi fatui, e ancor più chi l'ha deciso e comandato, ad essere in grave errore. Dopo l'anatema scagliato dal Santo Padre a tutti i mafiosi, ecco un episodio che suscita scalpore e scandalo! Scatta immediatamente la scomunica per questi religiosi fatui. Ancora echeggia il grido di Giovanni Paolo II che trova e prende corpo in quello di Francesco I.

venerdì 4 luglio 2014

Ecco... i giornali...

Riguardo alla questione di papa Francesco, riporto alcune considerazioni di un sito scandalizzato per il fatto che Papa Francesco non sia dalla parte dell'immoralità...
 
SATANA. «Fate attenzione: noi non siamo in lotta con i poteri umani, ma contro la potenza delle tenebre. Come ha fatto con Gesù, Satana cercherà di sedurci, di perderci, di offrirci delle “alternative praticabili”. Noi non possiamo permetterci il lusso di essere creduloni o sufficienti. È vero che noi dobbiamo dialogare con tutto il mondo, ma non si dialoga con la tentazione».
ELIMINAZIONE DEI PIÙ DEBOLI. «Noi siamo cresciuti con l’appetito insaziabile del potere, il consumismo e un’idea distorta di eterna giovinezza che rifiuta i più deboli come qualcosa da disprezzare in una società diventata ipocrita, dove ognuno si preoccupa di soddisfare il suo desiderio di vivere “come più gli piace” (come se questo fosse possibile) e guidati solamente dalla soddisfazione di capricci adolescenziali. Il bene comune ci sembra una cosa di poco conto, purché il nostro ego sia soddisfatto. Noi ci scandalizziamo di certi fatti nella società che ci raccontano i media… Ma noi ci ritiriamo nella nostra corazza e mai decidiamo di assumerci le conseguenze politiche che dovrebbe essere la più alta espressione di carità. Oggi i più deboli vengono eliminati: i bambini e gli anziani».
SPIRITUALITÀ FRIVOLA. «Il male peggiore che può capitare alla Chiesa è cadere in una spiritualità frivola, come diceva il cardinale de Lubac. Questo male è anche peggiore degli eccessi dei papi di altri tempi. Questa spiritualità frivola consiste nel cercare di fare buona impressione, nell’essere come gli altri, nell’imborghesimento spirituale, nel rispettare gli orari, le regole: “Io sono cristiano, io sono consacrato o consacrata, io sono prete”. Non affidatevi al mondo, all’ipocrisia al clericalismo ipocrita, alla spiritualità frivola».
GESÙ RIVOLUZIONA IL MONDO. «A riguardo del potere: (…) il vero potere è l’amore. È l’amore che dona agli altri la loro forza, che suscita le iniziative, che nessuna catena può bloccare perché è possibile amare fino alla croce o fino al letto di morte (…) Niente può fermarlo. Così Gesù, così debole e insignificante agli occhi dei politologi e dei potenti della terra, ha rivoluzionato il mondo».
MATRIMONIO OMOSESSUALE. «Noi non vogliamo giudicare chi non la pensa come noi. (…) Il matrimonio precede lo Stato, è il fondamento della famiglia, la cellula della società e viene prima di qualunque legge e della Chiesa stessa. Di conseguenza, l’adozione di un progetto di legge [che legalizzi i matrimoni omosessuali, ndr] sarà un grave passo indietro antropologico. Il matrimonio (formato da un uomo e una donna) non è uguale all’unione di due persone dello stesso sesso. Distinguere non significa discriminare, ma rispettare; differenziare per discernere vuol dire valutare correttamente, non discriminare (…). Noi non possiamo insegnare alle generazioni future che prepararsi a sviluppare un progetto familiare fondato sull’impegno di una relazione stabile tra un uomo e una donna sia uguale a vivere con una persona dello stesso sesso. (…) Io vi scongiuro di non ospitare, né nelle vostre parole né nei vostri cuori, alcun segno di aggressività o di violenza nei confronti di nessun vostro fratello».


Papa Francesco...???


Ritorniamo perciò a parlare della figura di papa Francesco e agli interrogativi che ne sono nati, gli sconvolgimenti, il timore che si smarrisca la tradizione cristiana. Dio non lo permetterà. Dio veglierà sulla Chiesa.

È ovvio che non possiamo sapere le vere intenzioni del papa. Semplicemente stiamo assistendo ad un abbattimento di alcune infrastrutture che hanno sempre protetto il Vaticano. Le origini di queste vanno cercate nel passato. Non scordiamo che un tempo la Chiesa aveva un potere temporale, non solo spirituale. A Lei appartenevano alcune regioni italiane e su di esse esercitava il suo dominio, purtroppo anche malamente. Sappiamo che esisteva la pena di morte! Noi che ci battiamo contro questa barbarie talvolta scordiamo che il Vaticano praticava sistematicamente la pena di morte! Ci vuole tanta fede davvero per non dubitare sull'azione di Dio, guardando all'azione della Chiesa. La cosa straordinaria è che Dio si è servito di una persona che ha compiuto tanti abomini per rimettere la Chiesa al suo posto e costringerla a non assumere più un potere temporale: Mussolini. Non si può dire che Mussolini sia santo! Sappiamo dalla storia che lui ha tappato la bocca in modi spesso illeciti a coloro che non condividevano la sua azione politica. Chi tiranneggia non è mai un santo! Dio stesso lascia la libertà di scegliere e chi siamo noi a voler piegare le altre menti al nostro pensiero? Ebbene, possiamo affermare che Dio si è servito di Mussolini per non far intromettere la Chiesa nelle faccende temporali, privandola in effetti di un vero e proprio potere. Ovviamente anche questo ha avuto due conseguenze, una negativa e l'altra positiva: se da una parte ha spogliato la Chiesa di tutti i suoi orpelli e, apparentemente, dalla sua sete di potere, dall'altra non le ha più permesso di mettere bocca sugli abomini che ogni giorno si commettevano nei confronti degli Ebrei e non solo. Mussolini sapeva bene cosa stava facendo. Dio si è servito di lui per ricordare alla Chiesa che il suo potere deve essere principalmente spirituale.

In tempo di pace, nella Chiesa si sono formate altre forme di ambizione: c'è chi pensa di fare carriera all'interno di essa! Purtroppo è così, non possiamo negarlo. Cardinali ricchi (e non solo), desiderio di carriera, di potere, di onore... Si ci è dimenticato nuovamente del messaggio di Cristo: chi è veramente religioso non cerca il prestigio! Soldi, potere... una Chiesa gerarchica sempre più lontana dai modelli evangelici. Allora ha un certo senso la figura di papa Francesco: le sue continue esortazioni nei confronti della gerarchia della Chiesa a una vita più sobria e soprattutto più evangelica prendono corpo in una realtà che smarrisce sempre di più i valori fondamentali del Vangelo, quelli veri. Questa strada l'aveva già aperta Giovanni Paolo II, continuata poi da Benedetto XVI. I santi proclamati da loro? Quasi tutti “laici”!

martedì 1 luglio 2014

La Chiesa


Il Vangelo di oggi ci presentava l'episodio della tempesta sedata. Questo mi ha indotto a riflettere sul momento che sta vivendo attualmente la Chiesa e ai tanti, inevitabili, interrogativi che ne sono nati.

Gesù è sulla barca con i discepoli, quando si scatena una tempesta furiosa che minaccia di affondarla. Apparentemente Gesù non si accorge di ciò che sta accadendo e non interviene, anzi, dorme. I discepoli sono costernati: la barca può essere travolta dai marosi e capovolta dal vento e il loro maestro dorme tranquillamente senza accorgersi di nulla e senza intervenire a loro favore. Molto probabilmente i discepoli non si aspettavano che lui sgridasse gli elementi e li calmasse da quanto emerge poi nel momento in cui Gesù interviene a sedare la tempesta. Si aspettavano forse che lui li aiutasse a governare la barca o tanto meno si preoccupasse della sua stessa sorte. I discepoli lo svegliano e, finalmente, Lui interviene sedando addirittura la tempesta. Ciò fa scalpore: in quel momento i discepoli si accorgono che Lui è davvero figlio di Dio. Perché? Siamo abituati a leggere e rileggere questo brano con la spiegazione già pronta senza andare a fondo sull'avvenimento di quel momento e alla sua importanza. L'avere la riflessione già pronta va bene fino a un certo punto, perché non ci permette di far nascere nel nostro spirito considerazioni prettamente nostre.

Chi comanda appartiene senz'altro a un gradino più in alto di chi è comandato. Ciò vale nell'ambito dei rapporti interpersonali, ma quando si tratta di elementi naturali, nessuno di noi può comandare! Chi ha comandato la natura in quel momento, sta in un gradino più su della natura stessa e chi... se non Dio stesso che l'ha creata? Ne conviene quindi che Gesù era Dio stesso.

Calare questo nella nostra realtà ecclesiale, significa non aver timore: Dio guida la Chiesa nonostante gli scossoni davvero energici dell'incuria degli elementi. Lui può placare gli elementi proprio nel momento in cui sembra che questi abbiano il sopravvento sul bene. Tale considerazione ha una netta importanza nel momento storico che stiamo vivendo: la figura carismatica di papa Francesco suscita nei cristiani cattolici e non solo, numerosi interrogativi, talvolta sconvolgenti e drammatici. Chi sta guidando la Chiesa? La novità fa sempre paura. Pensiamo solamente alla figura di Giovanni Paolo II. Agli inizi della sua elezione gli interrogativi erano molti. La svolta annunciata da Giovanni XXIII, continuata da Paolo VI, stava trovando la sua definizione in Giovanni Paolo II, un papa non italiano salito al soglio pontificio in uno dei tanti momenti delicati della nostra Patria, gli anni '70. Il cambiamento spaventa... e se in taluni casi Dio ha permesso che salissero al comando anche persone non scelte da Lui stesso, è pur vero che la figura del Papa ha il suo sostegno e aiuto. In passato, infatti, sono saliti al soglio Pontificio, papi che per il loro curriculum vitæ, non dovrebbero essere nemmeno chiamati cristiani. Spesso Dio permette che a capo di grandi opere volute da Lui salgano dei perfetti incompetenti: questo non perché voglia distruggere la sua opera, ma per dimostrare che è lui che agisce nella storia e che, nonostante ci sia la cattiveria umana, il bene trionfa sempre. Faranno dei danni? Enormi... Soprattutto nelle coscienze umane, però la storia ha dimostrato benissimo che i papi non cristiani, non hanno mai potuto affermare qualcosa contrario alla dottrina cristiana. Dio non glielo ha mai permesso! È motivo di consolazione, che ci fa rendere conto che non ci accadrà nulla di male.

Certo, è ovvio che tale considerazione fomenta numerosi quesiti. Perché Dio permette che alcune persone incompetenti e non spirituali, non portate alla preghiera ma ambiziose e prepotenti ottengano posti importanti? Numerosi santi carismatici hanno raccontato che nelle elezioni dei Responsabili di Congregazioni, maschili e femminili, lo Spirito Santo sia centrato poco o niente e che sia entrata in gioco la sete di potere. Parlo di ciò anche in relazione al post precedente nel quale ho riportato alcune considerazioni del demonio riguardo al Concilio Vaticano II. Sono cose che danno i brividi e davvero scuotono la fede del più profondo cattolico e possono generare dei dubbi spaventosi e ancor più smarrimento che può portare alla mancanza di fede e al conseguente allontanamento della persona dalla Chiesa, intesa come istituzione... e il demonio qui ha la sua vittoria: fuori dalla Chiesa difficilmente si trova la salvezza. Dio in questo modo vaglia la Chiesa. “Nonostante ci sia quella persona incompetente alla quale permetto anche di fare del male, credi che non ti lascerò affondare ma che ti darò il mio sostegno e userò tutto questo per il tuo bene?”

Non è una storia lontana dalla Bibbia. Il santo Giobbe ci offre questo esempio. Dio permette che sia tentato da satana. Permette che gli accada di tutto di più, fino a portarlo all'esasperazione. In lui non c'è colpa.

Ecco perché Dio permette anche delle cose che non vengono da Lui, che le persone sbaglino le loro scelte! Questo non ci deve scandalizzare quindi, sul fatto che l'insegnamento del Concilio Vaticano II sia stato ampiamente travisato, senza considerare affatto gli effetti devastanti che hanno avuto sulla fede del popolo nell'Eucaristia... Non tutte le nostre scelte vengono da Dio...