sabato 28 giugno 2014

Annaliese Michel


In un post precedente, di qualche anno fa, avevo affrontato la storia di Annaliese Michel, una ragazza tedesca che pare sia stata posseduta da alcuni demoni per permissione di Dio. Casualmente, un po' di tempo fa, ho avuto occasione di rileggere la sua storia spaventosa. Annaliese era una ragazza religiosa, amante delle Sacre Scritture, frequentante la sua chiesa locale. Ella accettò di soffrire su richiesta della Madonna, in modo che le anime non cadessero nell'inferno. Ciò che ebbe a soffrire fu terribile e la portò ben presto alla tomba a soli 24 anni. Non voglio affrontare nuovamente la sua storia ma riportare di seguito le dichiarazioni dei demoni, dichiarazioni che mi hanno molto colpite. Eccole qui:

● “Sapete perché combatto così tanto io? Perché io fu precipitato proprio a causa degli uomini.

● “Io, Lucifero, ero in cielo, nel coro di Michele.” L’esorcista: “Ma tu potresti essere tra i Cherubini!” Risposta: “Si, io ero anche questo.

● “Giuda me lo sono preso io! Lui è dannato. Quello si poteva salvare, ma non ha voluto seguire il Nazareno.

● “I nemici della Chiesa sono nostri amici!

● “Da noi non c’è ritorno! L’inferno è per tutta l’eternità! Nessuno torna indietro! Qui non c’è amore, c’è solo odio, combattiamo sempre, ci combattiamo l’un l’altro.

● “Gli uomini sono così bestialmente stupidi! Credono che dopo la morte sia finito tutto.

● “In questo secolo ci saranno tanti Santi, come non ce ne sono mai stati. Ma anche tanta gente viene da noi.

● “Contro di voi ci scagliamo e potremmo ancora di più, se non fossimo legati. Noi possiamo solo fino a dove arrivano le catene.

● L’esorcista: “Tu sei il colpevole di tutte le eresie!” Risposta: “Si, e ne ho ancora tante da creare.”

● “La talare ormai non la indossa più nessuno. Questi modernisti della Chiesa sono opera mia e mi appartengono tutti ormai.

● “Quello laggiù (il Papa), quello solo tiene in piedi la Chiesa. Gli altri non lo seguono.

● “Tutti adesso tirano fuori le zampe per prendere la Comunione e neanche si inginocchiano più! Ah! Opera mia!

● “Di noi quasi nessuno parla più, neppure i sacerdoti.

● “L’altare rivolto verso i fedeli è stata idea nostra…sono tutti corsi dietro agli Evangelici come meretrici! I Cattolici hanno la vera dottrina e corrono dietro ai Protestanti!

● “Per ordine dell’Alta Dama devo dire che si deve pregare di più lo Spirito Santo. Voi dovete pregare molto, perché i castighi sono vicini.

● “L’enciclica Humanae Vitae è importantissima! E nessun prete può sposarsi, egli è sacerdote in eterno.

● “Ovunque venga votata una legge a favore dell’aborto, tutto l’inferno è presente!

● “L’aborto è omicidio, sempre e comunque. L’anima negli embrioni non arriva alla visione beatifica di Dio, arriva lassù in Cielo (si tratta del Limbo), ma anche i bambini non nati possono essere battezzati.

● “Peccato che il Sinodo (Concilio Vaticano II) sia finito, ci ha rallegrato moltissimo!” (NOTA IMPORTANTE: LEGGERE A RIGUARDO IL COMUNICATO DELLA REDAZIONE NEI COMMENTI)

● “Tante Ostie vengono profanate perchè vengono date sulle mani. Non si rendono nemmeno conto!

● “Il nuovo catechismo olandese l’ho scritto io! È tutto falsificato!” (NOTA: il demonio fa riferimento alla congregazione che eliminò i riferimenti alla Trinità e all’Inferno nel catechismo dei Paesi Bassi).

● “Voi avete il potere di scacciarci, ma non lo fate più! Non ci credete neppure!

● “Se aveste idea di quanto è potente il Rosario…è fortissimo contro Satana…non voglio dirlo, ma sono costretto.



venerdì 27 giugno 2014

Educazione


Desideravo riflettere sul concetto di “educazione”, una grande, difficile e affascinante tematica che deve continuare ad interrogare le generazioni, in particolare gli adulti che sono chiamati per vocazione ad occuparsi dei piccoli.

La scuola non va intesa solamente come luogo in cui si apprendono esclusivamente nozioni culturali, ma è il luogo in cui l'uomo e la donna crescono umanamente, psicologicamente e culturalmente, qualunque sia il grado di istruzione. I primi anni di vita del nuovo “uomo” (intendo ovviamente anche donna) è la scuola per l'infanzia. L'insegnante, in questa fascia d'età, ha l'opportunità di condurre il bambino per i sentieri giusti della sua crescita umana e didattica. Al giorno d'oggi c'è il rischio di trasformare le scuole solamente in luoghi in cui si apprendono nozioni, insegnare già a bambini di 5 anni a scrivere, ma la sfida più grande di oggi è proprio quella di inculcare il senso della convivenza civile. In un mondo in cui l'individualismo fa da padrone, l'insegnante può osservare come siano diventati difficilissimi i rapporti interpersonali tra i bambini sennonché il seguire le più elementari e basilari norme di comportamento comunitario. Il superamento di un conflitto in modo positivo sembra in taluni casi una chimera, irraggiungibile. Quello però di cui ha bisogno il bambino è la fiducia da parte dell'adulto nelle sue potenzialità umane e didattiche, in modo da poter far uscire, “condurre fuori” come dice la parola stessa “educazione”, la sua parte buona.

Rousseau affermava alcuni concetti che ci spingono a riflettere profondamente e a domandarci sui nostri metodi educativi che vanno mutati in continuazione a seconda della persona che abbiamo davanti, alle sue potenzialità, ai suoi desideri e agli obiettivi che pure lei si pone come traguardo.

Rousseau pensa fondamentalmente che la società sia corrotta e, perciò, non in grado di educare un bambino che, come ogni uomo, è fondamentalmente buono. Credo invece che ogni uomo possieda una parte negativa generata da alcune ferite che si possono però arginare pure nell'età adulta, e una parte positiva che va valorizzata e aiutata a nascere nella persona che cresce. Suscitare delle domande nel bambino, non solamente a livello didattico ma soprattutto educativo, sarebbe il modo più giusto per condurlo per le strade del bene. Egli deve comprendere il valore di ogni gesto, sia giusto che sbagliato. Questo lo aiuterebbe ad apprendere il modo corretto con cui affrontare una situazione di conflitto che altrimenti lo sovrasterebbe e lo spingerebbe a reagire malamente violentemente o chiudendosi in se stesso. Essere cosciente delle proprie ferite è molto difficile e sebbene alcuni considerino i bambini già dei piccoli adulti, lo è soprattutto per loro che non riescono a comprendere alcune mozioni interiori, a descriverle per sapere poi gestirle in modo positivo. Ovviamente è un lavoro personale da svolgere lungo tutto l'arco della vita, non si esaurisce nell'età adolescenziale, ma si evolve ulteriormente nell'età adulta. L'uomo è in continua evoluzione, e questa è una grande speranza perché una situazione, seppur disperata, non è mai statica. Non si può, insomma, stare fermi: o si va avanti o si torna indietro.

Aveva ragione in questo caso Rousseau: bisogna rispettare l'infanzia nella sua gradualità. Verissimo: non si può pretendere da un bambino un comportamento da adulto. La sua psicologia, intesa come schemi mentali da applicare in date situazioni e la flessibilità che ne dovrebbe derivare, deve uscire da un egocentrismo esasperato che non aiuta il bambino a vedere i bisogni degli altri per poterli poi integrare con i suoi. Ogni età è una tappa importante. L'insegnante deve saper osservare il bambino, il suo comportamento, per poi poter applicare uno schema educativo flessibile. Rousseau, inoltre, affermava che l'educazione deve formare l'uomo e non solo sviluppare delle abilità. Molto vero. Ma la cosa che volevo aggiungere è questa. Non ricordo più chi fosse quel pedagogo che aveva affermato che per insegnare qualcosa a un bambino o adolescente, bisogna fargli prima sentire di essere amato. È un po' lo stesso discorso di Gesù fatto 2014 anni fa: la pecora ascolta la voce del suo pastore e lo segue, ma fugge da chi le fa del male. Se il giovane sa di essere amato, accetterà le critiche costruttive da parte dell'adulto. Parimenti, l'adulto che è chiamato a educare, dovrà essere lui stesso modello del gregge. Non si può pretendere dagli altri quello non facciamo nemmeno noi. In questo modo, predicando con le parole una cosa e vivendone altre, rischiamo di generare una grande ribellione in chi arrogantemente cerchiamo di correggere, scordando che egli è una risorsa per noi... anche se ha solamente tre anni. L'educatore deve essere umile, saper ascoltare i piccoli e ammettere che anche da loro si può e si deve imparare. Chi pensa di essere già arrivato, non sa di essere ancora al punto di partenza.

Sacro Cuore


Oggi è la solennità del Sacro Cuore. Gli eventi straordinari legati alla Pasqua sembrano aver trovato un degno epilogo: ciò che pareva una sconfitta si è rivelato come un nuovo inizio per la vita dell'uomo.

Durante la Passione di Nostro Signore, lo sgomento si era impadronito dei discepoli, rendendoli paurosi ed increduli. Colui che proclamava l'amore del Padre, che aveva compiuto tanti miracoli nel Suo Nome, era morto così violentemente gettando il silenzio su tutto ciò che durante la sua vita terrena aveva compiuto. I discepoli non avevano compreso un bel niente di quello che aveva detto loro il maestro nel corso della sua vita terrena. Chi ha raccontato le “uscite verbali” dei discepoli voleva sottolineare come l'azione di Dio sia fondamentale nella virtù teologale della Fede.

Chi si è convertito al cristianesimo dopo un lungo periodo di lontananza riesce bene a comprendere ciò che gli evangelisti vogliono comunicare ai lettori. Lo scrittore, il convertito, tiene molto a far notare la propria incredulità per risaltare l'intervento straordinario di Dio nella loro vita. Infatti, chi si converte, sente la concreta e potente azione di Dio e come il Suo fascino si sia impadronito prepotentemente del loro cuore, senza lasciare più posto se non per l'amore di Dio.

Dopo gli eventi catastrofici della morte violenta di Cristo sulla croce, i discepoli stanno chiusi nel cenacolo per timore dei Giudei. Coloro che hanno condiviso la vita terrena di colui che hanno ucciso, temono di subire la stessa sorte dolorosa. Non è così. Almeno non in quel momento. Non avrebbero potuto sopportare una morte così ignominiosa senza rinnegare il Figlio di Dio. In quel momento vivevano un dramma che nel corso dei secoli tanti santi hanno vissuto: il dramma del dubbio, della sensazione di aver perso tempo davvero, come insinuavano i dottori della Legge, dietro ad un uomo che questi ritenevano un impostore. Loro però avevano vissuto momenti bellissimi accanto a Lui, sentito la presenza di Dio Padre, sebbene non avessero capito un gran ché di ciò che aveva insegnato. Si proclamava il liberatore... ma di che cosa non avevano compreso bene.

Ed ecco che entra in gioco la potenza dello Spirito Santo, il gran dimenticato di oggi. Già, perché per noi è valso ciò che aveva detto Gesù un giorno a Tommaso: “Tu credi perché hai visto! Beati coloro che crederanno pur non avendo visto!” e.... siamo noi coloro che credono pur non avendo visto. Qualcuno afferma erroneamente che vorrebbe vivere al tempo di Gesù per rafforzare la propria fede, dimenticando appunto che i discepoli facevano molta più fatica a credere in lui rispetto a noi. Ripeto che, dalle risposte riportate dagli evangelisti, i discepoli avevano fatto persino perdere la pazienza a Gesù che impiegava tutto il suo tempo ad annunziare l'amore di Dio Padre e a dire che Lui era Figlio di Dio.

Entra in gioco la potenza dello Spirito Santo, (Pentecoste) l'amore del Padre e del Figlio che solo Gesù poteva dare all'uomo e che permetterà ai discepoli di vivere fino in fondo il messaggio del Vangelo, di comprendere gli insegnamenti di Gesù. Volenti o nolenti, dobbiamo riconoscere che il merito della nostra fede, oltre che darlo per l'un per cento alla nostra ragione, è opera dello Spirito Santo.

Quindi la solennità della Santissima Trinità. Il Padre ha mandato il Figlio sulla terra per rendere più comprensivo all'uomo il suo amore, amore che è divino, non teme nulla, affronta la morte e la vince. Non è l'amore umano anche se questo è un riflesso di quello divino, essendo stati creati a sua immagine e somiglianza. L'amore divino, però, abbatte quell'egoismo con cui l'amore umano si mescola: gelosia, tradimenti, ricerca di un proprio tornaconto.... etc...

Esiste una Trinità perché deve esistere una comunione fra le persone, una sussidiarietà che si china e spiega l'amore. Nella chiusura dell'uomo non c'è amore.

Gesù è sulla croce. In quel momento dolorosissimo ha spiegato tutto dell'amore del Padre, ha svelato il suo progetto nei confronti dell'uomo e i sentimenti del proprio cuore. Gesù ha subito delle sofferenze atroci rispetto agli altri condannati alla morte di croce e quindi, quando arriva il tempo di spezzare le gambe e ritirare i corpi, Gesù era già morto. Per assicurarsi della morte reale di Gesù e quindi la Risurrezione diventa ancor più credibile, un soldato romano affonda una lancia nel costato di Cristo per colpire e spaccare il suo cuore. Per gli astanti, per Maria è un ulteriore dolore: la profanazione del corpo di chi si ama. Eppure è un gesto simbolico straordinario: Gesù con la morte di croce ha svelato tutto del suo cuore, ha dato i suoi tesori all'uomo e non poteva rimanere chiuso nel suo torace... La Passione, la sua debolezza estrema era la chiave fondamentale del suo amore: l'uomo non può meditare la Passione di Cristo e rimanere lo stesso.

lunedì 2 giugno 2014

In attesa dello Spirito Santo


Ho voluto riportare il discorso di Papa Francesco al “Regina Coeli”, integralmente, così come è stato pronunciato da lui, perché ritengo abbia numerosi spunti di riflessione.

Ieri si è celebrata la festa dell'Ascensione di Gesù al cielo, festa importante per noi cristiani: infatti, se è vero che senza il venerdì santo non esiste risurrezione e viceversa, la Risurrezione prende senso e corpo nel momento dell'Ascensione. Gesù torna al Padre. Come ha detto papa Francesco il suo lavoro sulla terra termina e viene affidato ai discepoli che devono continuare la sua missione sulla terra. È bello pensare che dopo la morte, anche noi raggiungeremo il Padre. Era il desiderio dei discepoli e deve essere anche il nostro. Bisogna portare Cristo in ogni ambiente, in ogni circostanza, capendo però bene che senza di Lui, non ha senso nulla, neppure il bene che noi compiamo, le strutture che edifichiamo per fare del bene: se non c'è carità, non servono a null'altro se non a crollarci sulle nostre stesse teste, come in un terremoto. Il terremoto scuote le case e semina morte, perché non sono fondate sulla roccia, sulla stabilità di Cristo. E riporto ancora la parte più bella del discorso del Papa.



Ai suoi discepoli missionari Gesù dice: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (v. 20). Da soli, senza Gesù, non possiamo fare nulla! Nell’opera apostolica non bastano le nostre forze, le nostre risorse, le nostre strutture, anche se sono necessarie. Senza la presenza del Signore e la forza del suo Spirito il nostro lavoro, pur ben organizzato, risulta inefficace. E così andiamo a dire alla gente chi è Gesù.

E insieme con Gesù ci accompagna Maria nostra Madre. Lei è già nella casa del Padre, è Regina del Cielo e così la invochiamo in questo tempo; ma come Gesù è con noi, cammina con noi, è la Madre della nostra speranza.




Gesù è con noi, fino alla fine del mondo! La vita è una cosa meravigliosa e solamente in Dio ha un significato e si riempie di gioia, qualunque sia il nostro compito. Spesso, invece, si tende a riassumere il cristianesimo in pure regole rigide, spogliandolo della sua stessa anima.... Ci limitiamo a dire: “Se questa persona non segue questa regola non è cristiana o non è santa!”. Dio va al di là di queste pochezze e spalanca le sue braccia di Padre per accogliere ogni uomo perché figlio suo. Ogni uomo ha la sua dignità in quanto figlio di Dio!

Gesù, quando ritorna al Cielo porta al Padre un regalo. Quale è il regalo? Le sue piaghe. Il suo corpo è bellissimo, senza lividi, senza le ferite della flagellazione, ma conserva le piaghe. Quando ritorna dal Padre gli mostra le piaghe e gli dice: “Guarda Padre, questo è il prezzo del perdono che tu dai”. Quando il Padre guarda le piaghe di Gesù ci perdona sempre, non perché noi siamo buoni, ma perché Gesù ha pagato per noi. Guardando le piaghe di Gesù, il Padre diventa più misericordioso. Questo è il grande lavoro di Gesù oggi in Cielo: fare vedere al Padre il prezzo del perdono, le sue piaghe. È una cosa bella questa che ci spinge a non avere paura di chiedere perdono; il Padre sempre perdona, perché guarda le piaghe di Gesù, guarda il nostro peccato e lo perdona.

Il desiderio di Cristo è di spalancare le porte del Paradiso davanti a qualsiasi persona, non le chiude mai... e il nostro destino eterno, lo scegliamo noi secondo questa “regola”, se ci pensiamo bene. Una persona che ha sempre detto di no agli inviti di Dio, in modo convinto e non credendo in Lui, ovviamente, quando sarà in punto di morte e rivedrà la sua vita, sarà assalito talmente tanto dal rimorso, che, se non ripone la sua fede nella misericordia di Dio, andrà dritto all'inferno eterno, scelto da lui stesso. Se invece abbiamo fatto tanti errori, ma abbiamo fiducia nella misericordia di Dio, non avremmo alcuna esitazione e correremo da lui. Lo stesso discorso vale se noi abbiamo un solo errore che preme sulla coscienza. Seppure sia solamente uno, esso davanti alla bellezza e magnificenza di Dio diventa grande e stuzzica i nostri sensi di colpa che non ci permettono di correre incontro a Dio. È qui che entra in gioco la nostra fede nella misericordia di Dio. Se noi abbiamo fede, le porte del paradiso automaticamente si apriranno.

È il discorso del “pentimento” di Giuda. Giuda era veramente pentito del suo errore, del suo tradimento, però non aveva avuto fede nella misericordia di Dio, come invece Pietro aveva avuto....

Regina coeli 1 giugno 2014 - Ascensione


Cari fratelli e sorelle, buongiorno.
Oggi, in Italia e in altri Paesi, si celebra l’Ascensione di Gesù al cielo, avvenuta quaranta giorni dopo la Pasqua. Gli Atti degli Apostoli raccontano questo episodio, il distacco finale del Signore Gesù dai suoi discepoli e da questo mondo (cfr At 1,2.9). Il Vangelo di Matteo, invece, riporta il mandato di Gesù ai discepoli: l’invito ad andare, a partire per annunciare a tutti i popoli il suo messaggio di salvezza (cfr Mt 28,16-20). “Andare”, o meglio, “partire” diventa la parola chiave della festa odierna: Gesù parte verso il Padre e comanda ai discepoli di partire verso il mondo.
Gesù parte, ascende al Cielo, cioè ritorna al Padre dal quale era stato mandato nel mondo. Ha fatto il suo lavoro, quindi torna al Padre. Ma non si tratta di una separazione, perché Egli rimane per sempre con noi, in una forma nuova. Con la sua ascensione, il Signore risorto attira lo sguardo degli Apostoli – e anche il nostro sguardo – alle altezze del Cielo per mostrarci che la meta del nostro cammino è il Padre. Lui stesso aveva detto che se ne sarebbe andato per prepararci un posto in Cielo. Tuttavia, Gesù rimane presente e operante nelle vicende della storia umana con la potenza e i doni del suo Spirito; è accanto a ciascuno di noi: anche se non lo vediamo con gli occhi, Lui c’è! Ci accompagna, ci guida, ci prende per mano e ci rialza quando cadiamo. Gesù risorto è vicino ai cristiani perseguitati e discriminati; è vicino ad ogni uomo e donna che soffre. È vicino a tutti noi, anche oggi è qui con noi in piazza; il Signore è con noi! Voi credete questo? Allora lo diciamo insieme: Il Signore è con noi!
Gesù, quando ritorna al Cielo porta al Padre un regalo. Quale è il regalo? Le sue piaghe. Il suo corpo è bellissimo, senza lividi, senza le ferite della flagellazione, ma conserva le piaghe. Quando ritorna dal Padre gli mostra le piaghe e gli dice: “Guarda Padre, questo è il prezzo del perdono che tu dai”. Quando il Padre guarda le piaghe di Gesù ci perdona sempre, non perché noi siamo buoni, ma perché Gesù ha pagato per noi. Guardando le piaghe di Gesù, il Padre diventa più misericordioso. Questo è il grande lavoro di Gesù oggi in Cielo: fare vedere al Padre il prezzo del perdono, le sue piaghe. È una cosa bella questa che ci spinge a non avere paura di chiedere perdono; il Padre sempre perdona, perché guarda le piaghe di Gesù, guarda il nostro peccato e lo perdona.
Ma Gesù è presente anche mediante la Chiesa, che Lui ha inviato a prolungare la sua missione. L’ultima parola di Gesù ai discepoli è il comando dipartire: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli» (Mt 28,19). È un mandato preciso, non è facoltativo! La comunità cristiana è una comunità “in uscita”, “in partenza”. Di più: la Chiesa è nata “in uscita”. E voi mi direte: ma le comunità di clausura? Sì, anche quelle, perché sono sempre “in uscita” con la preghiera, con il cuore aperto al mondo, agli orizzonti di Dio. E gli anziani, i malati? Anche loro, con la preghiera e l’unione  alle piaghe di Gesù.
Ai suoi discepoli missionari Gesù dice: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (v. 20). Da soli, senza Gesù, non possiamo fare nulla! Nell’opera apostolica non bastano le nostre forze, le nostre risorse, le nostre strutture, anche se sono necessarie. Senza la presenza del Signore e la forza del suo Spirito il nostro lavoro, pur ben organizzato, risulta inefficace. E così andiamo a dire alla gente chi è Gesù.
E insieme con Gesù ci accompagna Maria nostra Madre. Lei è già nella casa del Padre, è Regina del Cielo e così la invochiamo in questo tempo; ma come Gesù è con noi, cammina con noi, è la Madre della nostra speranza.