sabato 8 febbraio 2014

Di Dio o del diavolo?


A volte, senza saperlo, si diventa alleati del diavolo. Distruggiamo la nostra e le vite degli altri; alimentiamo discordia; neghiamo Dio e ancor peggio, insegniamo a farlo ad altri; cerchiamo il potere e il denaro; mentiamo a noi stessi e agli altri; recitiamo la parte dei buoni, ma dentro il nostro cuore c'è esattamente il contrario. Padre Matteo La Grua racconta che molti uomini politici sono diventati seguaci del diavolo semplicemente perché sono assetati di potere e denaro e che per questi, sono disposti a fare qualsiasi cosa. Sono consapevoli che stanno sbagliando, ma sono ormai cascati nelle spire del male che offre loro dei piatti succulenti. Come ho detto, il peccato ha sempre una componente deliziosa che attira, che ci chiama, altrimenti tutti si volgerebbero al bene automaticamente. La strada del peccato è larga e facile, quella della virtù è difficile, faticosa e comporta un “agere contra”, come diceva sant'Agostino. In tal modo, Satana trova tantissimi alleati, agli inizi inconsapevoli; talvolta si maschera nel bene dell'altra persona: quante volte sentiamo farneticare i nostri politici sul bene del nostro Paese, mentre invece pensano a rimpinguare le loro tasche e a farle diventare sempre più obese, senza considerare che, prima o poi, giungeranno a collasso sicuro e certo. Dio vede e quel male, nascosto in quel bene, diventerà manifesto e saranno davvero dolori. Si capirà amaramente di essere stati alleati del male e che l'ultima negazione di Dio ci consegnerà a una sofferenza terribile e soffocante che non ha nulla a che vedere con quella terrena che a noi pareva intensissima e insostenibile e che invece a pari di quella eterna, è un piacevole solletico...

Satana, perciò, agisce silenziosamente e astutamente, suggerendo la sua inesistenza e affascinando con la sua bellezza, la sua immediatezza e la sua facilità... Pensate che dietro tanti successi, anche professionali, spesso s'annida Satana che ride alle nostre spalle, perché chissà che cosa abbiamo sacrificato di davvero buono per giungere a quel traguardo... E queste persone sono così tanto osannate... Ahimé! Meglio povero e in canna, ma con la coscienza buona, che ricco e pieno di successo, ma con la coscienza sporca e in mano al diavolo! Le cose difficili sono di Dio, quelle facili sono del diavolo.

Il male del secolo


Papa Francesco ha esortato i cristiani a non alimentare fra di loro gelosia e invidia. Purtroppo entrambe sono il cancro dell'anima che spinge persino a desiderare che l'altro non gioisca. È terribile. Certo è che nel nostro cammino sperimentiamo la debolezza, le inconsistenze. È proprio in queste che saggiamo la forza e l'amore di Dio. La vita cristiana, come tale, deve fondarsi solamente su Cristo e sul suo amore. Forse a noi non sembra, eppure si può vivere senza tutto tranne che la presenza di Dio.

Padre Matteo La Grua, famoso esorcista siciliano e responsabile dei gruppi del Rinnovamento nello Spirito, affermava una cosa vera e assoluta: la depressione e altre malattie di origine nervosa hanno principalmente il loro esordio nella negazione di Dio. Ho spesso riflettuto su questo: la tristezza, la sofferenza, fanno parte della nostra vita ed è inevitabile che accadano e che siano una parentesi, sebbene momentanea. Il guaio è quando queste diventano atteggiamento abituale. Vuol dire che troviamo piacere ad alimentare la nostra zona d'ombra, quella che apparentemente non ci piace, ma nella quale ci troviamo benissimo perché soddisfa una parte di noi stessi di cui non ammetteremmo mai l'esistenza. Padre Matteo afferma chiaramente che queste hanno origine proprio dall'esclusione di Dio dalle proprie esistenze. Adoriamo la nostra interiorità senza adorare Colui che l'ha creata. Padre Matteo non dice che questo passo sia automatico, è faticoso. Il cammino verso Dio è in salita: bisogna scalare una montagna, la stessa che Mosè aveva salito per ottenere il Decalogo. Lo stesso vale per entrare in se stessi: il Decalogo è inscritto nelle nostre coscienze e per questo motivo l'infrazione di questo ci provoca una sofferenza sorda. Il nostro istinto è quello di allontanare Dio dalle nostre vite, un po' come quello che accadde ai nostri progenitori nel giardino dell'Eden. Quando peccarono, la loro coscienza sapeva bene che avevano errato e si erano allontanati da Dio, ma non credevano abbastanza nel suo amore, quindi, quando sentirono i passi di Dio, si nascosero, timorosi di essere sorpresi. È Dio che fa il primo passo e cerca l'uomo. Né l'uomo né la donna sanno prendersi la responsabilità del proprio errore con il quale avevano stretto alleanza con il diavolo. In questo caso l'uomo preferisce allontanarsi da Dio, ignorare la sua presenza perché sa bene che la sua coscienza non è pulita e che da lui Egli potrebbe volere di più, una purificazione totale, fino a preferire Dio alla sua stessa vita, come Gesù ha affermato: “Chi ama la propria vita più di me non è degno di me”. Alla luce di questo si può comprendere quindi, come per l'uomo sia naturale che allontani Dio dalla propria vita. È un interrogativo martellante per la sua coscienza che ha gustato la dolcezza del peccato. Il frutto che il serpente usò per tentare l'umanità era bello e buono da vedere. Egli riuscì a sottomettere l'uomo passando attraverso i sensi, ma la vittoria più grande l'ottenne quando riuscì ad insinuargli il dubbio della bontà di Dio.