venerdì 27 luglio 2012

La moschea a Genova


Argomento assai dibattuto per lungo tempo, sia nel mondo laico che cattolico, è la costruzione della moschea nella città di Genova. Fa discutere ancora e getta un interrogativo a cui, in qualche modo, bisognerebbe rispondere. Gli interrogativi che nascono da talune situazioni, devono indurci a riflettere, non devono essere vani, devono essere affrontati e discussi come elementi di crescita che, mettendo in crisi, alcune ideologie fondamentali per noi, le fortificano e ci aiutano a rendere ragione della speranza alla quale siamo stati chiamati. Facendo così si scopre che non si ha la verità in pugno come si può dare per scontato, ma di fronte a certi argomenti possono esserci varie sfaccettature che vanno analizzate.
Le religioni, musulmana e cattolica, sono in contrapposizione fra loro, contrapposizione che la storia ha aumentato. I musulmani hanno sempre desiderato conquistare il cuore del cristianesimo: l'Europa; ma, i vari tentativi sono falliti e l'Europa è rimasta ancorata alle sue radici cristiane. Il timore che i musulmani prevarichino sui cristiani è rimasto nel cuore di questi, perché, una volta ottenuta la maggioranza numerica tanto desiderata dall'islamismo, si teme che possano far mutare religione ai cristiani con la forza.
L'Occidente vede nella mentalità islamista un ritorno brusco al passato, a certi atteggiamenti in contrasto netto con quella del nostro tempo caratterizzata da una libertà ad ampio respiro. Non vi è solamente un timore della religione in sé, ma di tutto ciò che essa comporta. Infatti, dal punto di vista religioso, l'Europa ha allontanato da sé anche il cristianesimo, in particolare il cattolicesimo che, a sua volta, pone alcuni limiti davanti ai quali l'uomo moderno storce il muso. Il cattolicesimo, però, si può criticare liberamente, anzi, per loro vive solamente per questo i quindi può esistere tranquillamente senza disturbare troppo. L'islamismo e la sua forza suscitano timore all'uomo occidentale, anche perché disturba il suo ateismo e lo minaccia. Questo può essere uno dei tanti vaghi timori dell'Occidentale in generale, ma chi si è “alzato” per impedire la costruzione della moschea a Genova, è impegnato come sacerdote. Per quale motivo il “religioso” ha timore della costruzione della moschea? Forse ha paura che essa possa rubare proseliti al cristianesimo? A voi questo interrogativo scottante!

giovedì 26 luglio 2012

I film che inneggiano alla morte


Le pubblicità, come pure i film, sono zeppe di messaggi subliminali, cioè nascosti dietro ad altri più espliciti. Spesso, purtroppo, non possiamo difenderci da questi e ne rimaniamo travolti, il nostro cervello viene bombardato.

Come ho già detto, anche i film più belli, possono trasmetterci questi messaggi subliminali che appaiono innocui, sotto le visti di miti agnellini ma ci spingono ad abbracciare e ad approvare tacitamente ideologie non conformi al cattolicesimo.

I film più soft ci spingono a credere, mettendoci dalla parte del protagonista, che il divorzio è una cosa buona perché egli si realizzava con la moglie (o il marito se la protagonista è donna) oppure che era bene perché il suo cuore era completamente travolto dalla passione per un'altra. Oppure, ci insinuano che l'aborto è una cosa buona perché quella nuova vita in boccio avrebbe interferito troppo sulla libertà della donna e futura mamma. Inoltre, ci sono film più violenti che spingono i protagonisti a difendersi e quindi ad uccidere l'avversario. È giustissimo difendersi ma il film spinge lo spettatore a desiderare la morte di qualcuno e.... bisogna stare attenti perché ci caricano di un odio apparentemente positivo... ma, inoculato il germe, diventiamo aggressivi anche nel nostro vissuto, nelle piccole cose....

lunedì 23 luglio 2012

La forza del cristiano, la preghiera


La forza del cristiano è la preghiera, è l'aria che deve respirare. Nelle prove della vita essa è il suo salvagente che rimane a galla, in superficie, senza essere travolto dai marosi. Nel libro “Mostrami il tuo volto” di Ignacio Larrañaga, proponeva una domanda che interpellava per lo più i giovani: “Come mai quell'anziano trascorre così tanto tempo in preghiera eppure non se ne vedono i frutti?”
Si prega tanto e poi nella vita non si testimonia ciò che si crede e così si perde la credibilità tanto necessaria per un cristiano. La vita del cristiano è una salita al monte e talvolta si cade, s'incespica, ma l'importante è non ruzzolare all'indietro. 
22 luglio: santa Maria Maddalena. Sembra essere capitata di proposito questa domenica, con queste letture particolari. Maria Maddalena si recò al sepolcro del suo Signore al mattino presto quando apparivano già. La prima lettura di questa domenica tratta del compito del pastore; il profeta Geremia denuncia i pastori che hanno scacciato le pecore e non se ne sono preoccupati e “condanna” il male che hanno fatto. Nessun pastore deve arrogarsi questo potere: tutte le pecore che ha incontrato sono di Dio e non sue e ne dovrà rispondere. Non ne potrà scacciare neppure una e se lo farà, ne dovrà rendere conto a Dio.

Allora, nel Vangelo, vediamo Gesù che accoglie i suoi discepoli ed il loro racconto e li invita al riposo, a stare con Lui in un luogo solitario e silenzioso, ma l'esigenza delle folle incalza. Gesù, però, non scaccia mai nessuno e si dimenticò che non avevano ancora mangiato: l'urgenza era quella di ammaestrare quella folla, di stare con essa. Egli non chiuse mai il suo cuore, ma li accoglieva, comprendeva le loro esigenze, dimenticando le proprie. Questo c'insegna che la priorità su tutto deve averla il Regno di Dio. Gesù si lascia trovare anche dalla Maddalena in pianto.

Egli è la pace, che trascende ogni legge e prescrizione riassumendole nella sua stessa persona, supera ogni confine e grettezza umani. Non è di certo come quelle persone che si definiscono religiose e poi storcono il muso accanto ad altre che trasgrediscono apertamente alcune regole.
Nel nostro tempo, purtroppo, negli ambienti religiosi domina troppo spesso il sospetto e il particolarismo.

domenica 22 luglio 2012

La forza del perdono



Un tema ricorrente e di pungente attualità è quello del perdono. Perdonare è l'azione più difficile per l'uomo che, talvolta, si comporta come un vero e proprio specchio: ciò che riceve, rimanda. D'altronde è una legge profondamente radicata nel cuore dell'uomo: chi non ha ricevuto amore non riesce a donarne; quindi, quando si subisce qualche offesa è normale applicare la legge del taglione. Come ho detto è difficilissimo perdonare; è un qualcosa di gratuito che doniamo agli altri e come tale non si dà sperando un contraccambio, si dona semplicemente per la gioia di fare la felicità altrui. E, certamente, ci vuole tempo e un continuo esercizio del cuore e della mente, una guarigione della memoria constante e rinnovata. Non si può perdonare in quattro e quattr'otto.

Un film proponeva proprio una riflessione su questo tema. La protagonista aveva subito un torto enorme, una violenza inaudita da un'altra persona e le capitò l'occasione di vendicarsi di questo: si trovò di fronte ad un bivio: salvare la vita di quella persona o lasciarla morire. Ella rifletté che la morte del suo aguzzino non le avrebbe ridonato la felicità e che le sarebbe pesata sulla coscienza per tutta la vita... Inoltre sarebbe andata contro i suoi stessi principi. Permise che gli si salvasse la vita e lo perdonò. Capì che era libera davanti al suo aguzzino, che questo non aveva alcun potere su di lei. Com'è difficile fare questo! Ma lo comanda Gesù...

sabato 21 luglio 2012

Il valore della vita



Alcuni film inducono senz'altro alla riflessione, perché affrontano alcuni temi fondamentali che toccano efficacemente il vissuto personale. Un tema fra questi è la pena di morte in vigore in America. Nonostante la persona sia colpevole non può mai essere rea di morte. Il sistema giudiziario americano prevede in taluni stati che colui che uccide qualcuno debba affrontare la pena di morte. La tortura a cui è sottoposto il condannato è agghiacciante e logorante. Non si limita ad eseguire la sentenza della pena di morte ma lo obbliga ad una lenta e lunga agonia nel braccio della morte, anticamera della morte. La morte fisica è quindi preceduta da quella psicologica. Il condannato è consapevole che prima o poi dovrà affrontare la morte e, la cosa ancor più agghiacciante, è che sa che alcuni assisteranno ad essa come ad uno spettacolo. Anche se l'assassino morirà non darà nuovamente la vita a colui che ha ucciso e, tanto meno la pace ai parenti della parte offesa.

Dominique La Pierre, nel suo libro “I mille soli”, descrisse la storia di un condannato a morte e la sua lenta agonia nel braccio della morte. Esperienza vissuta realmente descriveva efficacemente ciò che si vive quando la persona deve affrontare la condanna a morte. Tanti di questi condannati impazzivano o si ammazzavano perché non riuscivano ad affrontare la cosa.

venerdì 20 luglio 2012

Il deserto della prova


Quando i sogni e i desideri umani s'infrangono come le onde sulla spiaggia del mare, non rimane altro che affidarsi a braccia più forti che sappiano portarci in braccio, nel porto sicuro. Non resta altro che affidarsi a quelle braccia ed avere fiducia. Non è così facile: talvolta sembra che qualcuno di più potente manovri la nostra vita dietro un sipario, rimanendo nascosto. Difficile credere quando si attraversa il deserto della prova, un po' come il popolo Ebreo quando, guidato da Mosè intermediario fra Dio e gli uomini, si dirige verso la Terra Promessa. La nostra patria è nei cieli, la Gerusalemme celeste, e la nostra vita è un pellegrinaggio attraverso il deserto della prova e la fioritura della gioia. Si passano dei momenti in cui si sperimenta concretamente la potenza di Dio, come quando Dio separa le acque del Mar Rosso per far passare il popolo all'asciutto. La potenza di Dio fu così tangibile che gli Ebrei proruppero in un canto di lode. Ma poi il cammino si fa più faticoso: si avanza verso la Terra Promessa, ma gli eventi prodigiosi che hanno caratterizzato l'inizio del cammino, non ci sono più.
Si comincia a cadere nella trappola dell'abitudinarietà, ad avere fame di altre cose rispetto a quelle che Dio ci offre e si ci comincia a lamentare, a vagheggiare un Dio differente da quello che si presenta... Oppure ci sono i momenti di sosta ai piedi del monte, in attesa che la volontà di Dio prenda corpo e assuma le sembianze di un comando preciso. Nell'attesa si rischia di perdersi, di cercare altri idoli perché il silenzio di Dio si fa più profondo e gravido di sofferenza.

domenica 15 luglio 2012

Il mandato di Cristo


Compito di ogni cristiano è essere annunciatori del Regno di Dio. Purtroppo anche se si appartiene a qualche gruppo religioso, talvolta non si portano le anime a Dio. Il cristiano è un “mandato” da Gesù per annunciare l'amore del Padre. Non deve aver alcuna preoccupazione in cuore se non l'annuncio, l'essere abbandonato nelle Sue mani. Dobbiamo essere segno di una realtà escatologica, di una vita oltre la morte e per fare ciò, è d'uopo essere innestati nella concretezza del messaggio cristiano. 
La santa Messa comincia con la formula con cui ogni preghiera od ogni lavoro dovrebbe iniziare: “Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. Questo sottolinea che qualsiasi cosa compiamo dobbiamo farla in nome di Dio e non in nome nostro. Ma qual è la portata di quest'affermazione? A tutta prima sembrerebbe semplice, ma se si scandaglia il fondo di questa verità, possiamo constatare come ciò sia tutt'altro che semplice e come implichi sfere differenti del vissuto umano, sfere che s'intersecano fra loro, formando un mosaico che proietta l'anima a realtà eterne e puramente trascendenti.
Quando si va in nome di una persona, la si rappresenta nella sua effettività più intrinseca, offrendo e incarnando i principi fondamentali che questa abbraccia, il nucleo, il cuore di essa. Non si va in nome proprio: il cuore si fonde nel cuore dell'altro e raggiunge in tal modo la comunione piena. Perciò, la Santa Messa, la Liturgia che si celebra, la preghiera ed ogni lavoro ha il suo compimento e realizzazione nella rappresentazione del nucleo fondamentale della Persona di cui facciamo le veci. Allora ogni vita trae la linfa necessaria per nutrirsi, per crescere e fortificarsi, in una comunione con il Padre sempre più intensa, verace ed attendibile.
Colui che si professa cristiano e non va in nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo, fallisce il suo mandato, la sua missione, semplicemente perché va in nome di se stesso seppur gli sembra di no. Per fallimento, non intendiamo quello puramente umano, cioè il non riuscire a compiere un'attività nel più perfetto dei modi: lo scopo da raggiungere è quello della perfezione dell'amore di Dio. Il non centrare questo bersaglio genera il fallimento più totale.
Quindi, colui che si presenta agli altri “nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”, centra pienamente l'obiettivo che ci ha prefissato il sigillo che abbiamo ricevuto nel Sacramento del Battesimo.

venerdì 13 luglio 2012


Continuando nel discorso dell'esperienza di padre Cipriano, egli racconta che ci fu un fatto eclatante, quello di una religiosa che per apparire santa, aveva fatto un patto con il diavolo. Bisogna stare attenti, perché la tentazione non coinvolge solamente la sfera sessuale o economica, ma può coinvolgere in modo ancor più pericoloso, quella spirituale. È un'ambizione anche quella! Non possiamo negarlo. È una forma di potere e di compensazione pericolosissima! Anche nella strada della santità dobbiamo quindi, essere prudenti, capaci di valutare le nostre aspirazioni con occhio critico.
Si racconta che questa religiosa, come ho già detto, fece un patto con il diavolo per apparire santa di fronte agli altri. Di fatto, avvenne così. Si procurava le stigmate, possedeva vari doni che sembravano venire da Dio, fingeva di digiunare... e così tante persone, attirati dalla fama di santità di questa religiosa, accorrevano per essere beneficate... Ignoravano che questa avesse quei doni perché aveva contratto un patto con il diavolo! Terribile! Questo insegna che dobbiamo essere guardinghi nelle nostre aspirazioni più profonde, e nelle prove che il Signore permette nella vita, perché, se da una parte queste ci possono rendere più forti, dall'altra ci possono far cadere nell'abiezione totale. Anche per questo motivo noi, non dovremmo causare agli altri sofferenze o tentazione.

giovedì 12 luglio 2012

Il diavolo e l'uomo


Il diavolo e l'inferno ci sono! Eppure tanti cattolici anche impegnati affermano il contrario... È la più grande tentazione che possa esistere e che rende vulnerabile l'uomo e lo espone al potere del diavolo! Lo spiega il decano degli esorcisti: padre Cipriano Di Meo. C'è ancora molta confusione a tal proposito nella Chiesa. L'uomo preferisce allontanare questo pensiero da sé, si diletta al pensiero un paradiso facile, acquistabile con poche opere buone a buon prezzo, senza sacrificare nulla di sé. Ma non è così, ogni più piccola nostra azione si ripercuote sul nostro destino eterno. Si ostenta la misericordia di Dio come un vessillo di cui siamo fieri, come un qualcosa che Dio ci deve ad ogni costo, visto che è morto sulla croce per noi. Pure la salvezza eterna va meritata, talvolta, soprattutto nei momenti difficili della propria vita, con il sudore della fronte. L'esperienza di padre Cipriano assomiglia, ha molti punti in comune con quella di padre Amorth. Senza vedere il diavolo in ogni circostanza della vita, con la consapevolezza che Dio è comunque più forte di lui, dobbiamo credere a questa che è una realtà. Tanti nostri fratelli di fede lo hanno sperimentato... Hanno sperimentato la sofferenza intensa della possessione diabolica e dobbiamo aprire bene gli occhi, noi cattolici, c'è gente che è capace di consacrarsi al diavolo per ottenere potere, soldi e salute. Realtà che minaccia la nostra esistenza ma che diventa innocua quando noi stiamo fermi nelle nostre convinzioni religiose e frequentiamo assiduamente i sacramenti, soprattutto la confessione e la Comunione. Gli assalti del nemico saranno senza risultati, non saranno eliminati, perché la nostra esperienza c'insegna che questi si fanno più intensi tanto più quando l'anima è santa e vicina a Dio... Perché questo lo rende furioso! Al massimo! Ci sono stati pure dei casi di possessione diabolica fra i santi e questo per testimoniare che Dio esiste e incitare i cristiani a vivere una vita più seria e lontana dal peccato. La maggior parte degli indemoniati, però, è tale perché ha consultato maghi, ha partecipato a riti satanici o addirittura ha consacrato la propria vita al diavolo, per ottenere in questa vita tutto ciò che di più desiderano.
Ricordo che quando ero piccola lessi per caso l'articolo di un giornale che raccontava di una donna dello spettacolo che per soddisfare le sue voglie si era consacrata totalmente a Satana. Parlava con orgoglio di questa sua consacrazione, elencandone i pregi e i vantaggi che traeva da questa. Quanto male può aver fatto quell'articolo scritto su un giornale che normalmente esponeva fatti di cronaca! Il peccato è sia dell'attrice che del giornale che ha divulgato questa notizia orribile. Ci sarà qualcuno che ci avrà riso sopra, ma tanti, chissà, avranno provato il desiderio di fare la stessa cosa! La stampa e i mass – media in genere, hanno una grande responsabilità sulla mentalità pubblica: ha il “potere” di suscitare tentazioni violente e di far cadere le persone in queste! È terribile! Senza saperlo, la gente collabora con il maligno e poi si lamenta della condizione disastrosa attuale della società... Ma tutti noi, se vogliamo un mondo migliore, dobbiamo contribuire, far sì che esso si rinnovi nel bene, senza indurre gli altri nella tentazione o... caderci pure noi.
Siamo quindi consapevoli di questa realtà che può minacciarci: la presenza del diavolo e combattiamola con le armi della Chiesa.

mercoledì 11 luglio 2012

Come un volo d'uccelli

Che atmosfera strana! Il cielo chiazzato di nuvole che corrono portate da un vento che gioca tra le fronde degli alberi... così leggero e sornione che induce ad alzare il capo per poter guardare e ammirare un cielo azzurro, solcato dal volo degli uccelli. Come un gabbiano che fende il cotone delle nuvole e si confonde col turchese del cielo... libero da ogni costrizione, così la nostra anima, come un volo d'uccello spezzati i nostri vincoli, si tuffa nell'azzurro dell'eternità.

martedì 10 luglio 2012

La donna che si è comprata la tomba


Si sa che il cimitero di Genova, Staglieno, è di grande valore artistico e spirituale. Dite quel che dite, ma passare tra le tombe ed immaginare oltre quella fotografia che riproduce la persona già entrata nell'eternità, la vita che ha vissuto, mi dà tanta pace e m'immerge in meditazioni talmente profonde che rapiscono completamente la mia anima. Un po' come accadde forse, a quello scrittore inglese, di cui non ricordo il nome, il quale, passeggiando tra le tombe, ha immaginato la vita passata di ogni occupante delle tombe. Il mistero della vita, talvolta, comincia proprio da quella tomba di marmo che ostenta una foto di una persona sorridente, oppure la sofferenza vissuta in altalene di speranze e gioia, con coraggio e determinazione: in fondo quello è il passo più grande della vita che determina il “destino” eterno di ogni persona. Allora ecco che sulle lapidi s'intrecciano frasi dal tenore curioso tendenti ad un'eternità, talvolta marmorea, anelata, inconsapevolmente, comunicata in modi da cui trasuda un certo dubbio e desiderio di lasciare qualcosa che possa far meditare o rammentare colui o colei che ha già varcato quella soglia.  Si tende a legare eternità con vita terrena trascorsa: sciarpe di squadre del cuore penzolano scolorite dalla croce che sovrasta la tomba, unico segno vero che dobbiamo “usare” come vessillo quando i nostri occhi si chiudono alla vita terrena; giocattoli inerti, sferzati dalle intemperie, rimangono attoniti testimoni di una vita stroncata nel fiore degli anni... E si può immaginare il dolore dei cari  che non hanno potuto far nulla per alleviare quel momento tanto temuto che ha presentato quell'anima all'eternità. Le tombe diventano ponti che uniscono terra e cielo, mistero e redenzione...
E proprio a Staglieno, vi è la tomba di una donna che vendeva noccioline e che con il ricavato si è comprata la tomba che la riproduce con le noccioline: sotto la statua una frase sibillina proiettata nell'eternità ma ancora incerta nella vita terrena...

lunedì 9 luglio 2012

Nuove forme di evangelizzazione


La Chiesa deve rinnovarsi, questo è chiaro, e deve farlo guardandosi attorno e sapendo discernere e accogliere le nuove forme di evangelizzazione. Tutti sono chiamati ad annunciare il Vangelo di Gesù Cristo e devono impegnarsi costantemente nel vedere realizzato già su questa terra il Regno di Dio.
Passeggiando per i vicoli di Genova, ho visto alcune donne, di dubbia reputazione, sedute sui gradini delle loro case, ovvero prostitute. I tempi odierni, sebbene non conoscano la portata del peccato, non facilitano l'avvicinamento di queste persone. Anche persone impegnate seriamente nell'ambito della Chiesa, tendono ad allontanarle, a non avere contatti con loro e ad opporre le loro motivazioni che, a lor parere sono giuste.
Allora ritorniamo alla storia sapiente di Gesù, dei Sacerdoti, dei dottori del Tempio, dei leviti che passano vicino a un ferito e non gli degnano nemmeno uno sguardo. Non scandalizziamoci: è così ancor oggi. Coloro che hanno un titolo nella Chiesa, non si fermano dinanzi alla sofferenza degli altri, ma si arroccano nelle loro rigide regole che ostentano e li rendono ridicoli, senza poi di fatto donare nulla di se stessi, se non il loro giudizio spietato. Allora ecco il Samaritano, l'emarginato, colui che non ha alcuna carica nella Chiesa fermarsi, prendere per mano il ferito, ricoverarlo in albergo senza domandarsi troppo dove risiede il confine pericoloso della generosità che sta offrendo ad uno sconosciuto che potrebbe essere degno di riprovazione e di dubbia reputazione. Questo non lo ferma. La sua generosità è un torrente in piena che gli travolge il cuore. Gli impegnati nella religione hanno preferito andar oltre, non valutare nemmeno la portata di quelle piaghe... Diremmo che si sono macchiati di omissione di soccorso. Questa è però una realtà che ci deve scuotere, che deve indurci a riflettere seriamente, perché le gerarchie si sono costituite nuovamente e si sono cristallizzate, sono diventate granitiche e hanno perso l'anima che dava loro vita... Forse perché i tempi sono cambiati e così pure le forme di povertà, soprattutto spirituali che sono talvolta legate ad una condizione di miseria materiale. E che la Chiesa stia mutando volto è una realtà di fatto: sempre di più, coloro che scalano la vetta della santità, sono giovani che vivono la loro vita in mezzo alla gente e che sanno offrire la loro sofferenza con generosità. Sono padri e madri di famiglia che sanno vivere profondamente il messaggio cristiano con entusiasmo, testimoniare la loro gioia stanno in mezzo agli altri....

domenica 8 luglio 2012

Morti ostentate


Un articolo sulla rivista “Donna Moderna” protestava sull'ostentazione da parte dei mass – media di alcune morti di persone famose. Una protesta, potremmo dire, silenziosa che ribadiva la sacralità della vita. Ma cosa ci può essere dietro questa ostentazione di fatti tragici come l'uccisione di Ghedaffi o l'incidente di quel motociclista di cui non ricordo il nome che lo ha condotto alla morte?
Forse fra le due vicende, vi è un abisso enorme, incolmabile....eppure evidenziano qualcosa del pensiero dell'uomo d'oggi.
Il furore dei Libici, stufi dei violenti soprusi del generale Ghedaffi, si è accanito sul corpo di colui che ha, a sua volta, ucciso tanti innocenti. Purtroppo è così. Ghedaffi era un dittatore al pari di Hitler che ha soffocato nel sangue ogni desiderio di libertà, anche di pensiero, dei suoi connazionali e sudditi. Desiderio di vendetta? Per vendicare tanti innocenti che hanno subito le sue violenze. Chiaro che la sua morte non ha riportato in vita nessuno ma ha fatto raccapricciare alcune persone che credono alla sacralità della vita. D'altronde, non è così automatico per coloro che hanno subito per tanti anni violenze inaudite ed il loro atto di violenza può essere visto come una liberazione. Come avremmo agito noi? Se andiamo indietro nel tempo, nemmeno poi troppo, scopriamo che abbiamo fatto la stessa cosa con Mussolini e l'amante, la quale, politicamente, c'entrava fino ad un certo punto...E' l'ostentazione della morte, come un qualcosa di sadico, bello, inebriante... che non va. È la stessa che porta a desiderare di vedere scene di violenza. È forse un canale, un modo come un altro per scaricarsi da quell'odio che si cela in ogni cuore dell'uomo.
Invece il discorso cambia totalmente per quanto riguarda Simoncelli, il motociclista che ha perso la vita durante una corsa. In questo caso il desiderio di vendetta c'entra davvero poco. Forse la gente è affascinata dal pensiero della morte ma non lo vuole ammettere. Vuole ammirare questo mistero, sebbene da lontano, per vedere gli effetti, le possibilità, o poterne scorgere le motivazioni....
L'uomo di fronte a questo mistero è davvero piccolo e non può spiegarselo umanamente...