lunedì 31 ottobre 2011

Il giorno dei santi e dei morti

Ci stiamo avvicinando a grandi passi alla solennità dei santi e della commemorazione dei defunti. I cimiteri traboccano di fedeli che offrono il loro omaggio ai loro cari defunti: una lenta e pensosa processione che si dipana tra le silenziose tombe.
E' importantissimo vivere la Comunione dei Santi, che rimane lecita:"Dove sarai adesso?"

Non è facile accettare la morte, quel salto nel buio ignoto che... cela il paradiso ai nostri occhi: Con trepidazione guardiamo la tomba: la carne dei nostri cari si è già disfatta, ma se crediamo che esiste un'eternità, quel legame d'amore rimane indissolubile. Nemmeno la morte può cancellarlo. Permettetemi un'osservazione che forse sarà banale: Il distacco creato dalla morte fa male, ma, dovremmo essere contenti che i nostri cari siano entrati nell'eternità. 

A me fa nascere tanto coraggio pensare che papà sia già entrato nell'eternità, perché mi aiuta a ricordare un certo episodio accadutimi vero i 15 anni. Avevamo comprato una bicicletta di seconda mano, che era più grossa di quella che possedevo prima e avevo un leggero timore a usarla in una discesa... discesa genovese ovviamente...il che è tutto dire... Mio padre m'incitava a non aver paura, ad usarla ugualmente, a superare i miei timori... Farà così, sarà presente, quando anch'io varcherò la soglia dell'eternità.... Tutti i santi faranno da tramite per noi...Possiamo stare tranquilli... 

domenica 30 ottobre 2011

La rabbia collettiva

I recenti avvenimenti degli scontri a Roma tra i Black Block e la polizia e la tragedia della Libia, riportano a quell'atteggiamento di follia dei sostenitori di Hitler. La rabbia s'incarna in un'"idea religiosa, politica o sportiva"...Un pretesto per manifestare la propria rabbia, per darle una ragione alta, ma è una rabbia prettamente interiore e personale che deve prendere corpo, trovare uno sfogo...

sabato 29 ottobre 2011

Il pianista

Altro film degno di essere considerato e sul quale si possono trarre riflessioni fruttuose in quanto è una storia vera, è senz'altro "Il pianista". Racconta il dramma di una famiglia ebrea che si trova ad affrontare le leggi razziali promulgate da governo nazista. Il protagonista del film, autore anche dell'omonimo libro, fa come mestiere il pianista, motivo per cui è deriso dal fratello. Ma, è proprio il suo mestiere che diverrà la sua ancora di salvezza. Per alcuni casi provvidenziali, egli riuscirà a fuggire dalle mani dei Tedeschi, mentre la sua famiglia sarà ingoiata dall'odio dei nazisti nei campi di concentramento. Chiusa nel ghetto di Varsavia, la famiglia è costretta ad assistere a scene di puro odio verso chi non può difendersi.
Mentre stanno cenando, finalmente consumando un pasto decente, la mamma dichiara che, per quella sera, non avrebbe voluto più sentire discorsi tristi. Il figlio minore non riesce ad allontanare dalla sua mente alcune scene barbare a cui lui stesso ha assistito e sbotta raccontandone una. Nel frattempo, nel palazzo di fronte al loro, i Tedeschi fanno irruzione. Si accaniscono su una famiglia in particolare. Intimano a tutti i membri di alzarsi, ma fra di loro, c'è un anziano seduto su una sedie a rotelle che non può alzarsi. Inaudito: i Tedeschi, indignati e sghignazzanti, portano l'anziano sul balcone e lo gettano sotto. Tutta la famiglia sarà portata in strada dove sarà sterminata crudelmente.
L'odio senza ragione che porta alla pazzia chi lo possiede e chi lo subisce, non riesce a soffocare del tutto l'umanità e l'amore. Sembra che le ultime parole di speranza, scritte sul diario da Anna Frank - Nonostante tutto continuo a credere nell'intima bontà dell'uomo - si concretizza nella vicenda del pianista, Władysław Szpilman, quando, ormai solo, nella desolazione di una Varsavia rasa al suolo, non riesce del tutto a trovare una ragione per vivere.
Anche se i Tedeschi stanno capitolando, egli non ha più legami sulla terra. L'unico desiderio impellente è quello di nutrirsi. Tra le macerie trova una latta ermeticamente chiusa. La fame è tanta ma non ha di che aprirla. Finalmente, riesce a trovare un attizzatoio presso un camino. Fa forza e riesce ad aprirla con grande gioia, ma il contenuto si riversa a terra lambendo gli stivali di un soldato tedesco. Si può intuire il terrore di Władysław di fronte alla vista del soldato. Il soldato, però, non incarna l'odio degli Hitleriani. Chiede a Władysław  di suonare un brano per lui al pianoforte. E' un soldato buono. Non solo risparmia l'ebreo ma gli porta del cibo e, delicatezza estrema, gli dona un apriscatole rendendogli una scatoletta in cambio di quella il cui contenuto si era versato. 
Le sorti della Germania Nazista si capovolgono. Diventano i perseguitati. I Russi radunano tutti i soldati tedeschi facendoli sedere su un prato vicino ad un campo di concentramento ormai sfollato: i prigionieri sfilano accanto al gruppo dei soldati, ingiuriandoli. Dal gruppo dei Tedeschi se ne alza uno e si avvicina ad un ebreo che colpevolizza i Tedeschi di avergli rotto il violino e di aver perso la fonte del suo guadagno. Era quello che aveva aiutato Władysław e, a sua volta, chiedeva aiuto. Non ha tempo, però, di dire il suo nome e così Władysław , non può fare nulla per lui.
Władysław vuole vedere il posto in cui il violinista ha incontrato il Tedesco ma per lui non può più fare nulla. Rimarrà nella sua memoria, indelebile, il gesto di bontà del Tedesco che gli aveva donato il suo pastrano per ripararlo dal freddo.
E' una storia vera! Il Tedesco che non è riuscito a svelare il suo nome, si è rivelato per Wilm Hosendfeld, annoverato poi come Giusto fra le nazioni, come lo fu proclamato Perlasca, l'eroe italiano.
Questo suscita una riflessione profonda: l'urgenza e l'importanza fondamentale di avere il coraggio di discostarsi dall'opinione di massa che può portare alla follia criminale nazionale.... e anche a non fare di tutta l'erba un fascio.

venerdì 28 ottobre 2011

Osservare il sacro silenzio

Nella lettura dei documenti del Concilio Vaticano II a cura di don Guido Marini, è emerso con forza l'esigenza di osservare durante la Celebrazione Eucaristica, il sacro silenzio. E' una dimensione che la Liturgia odierna ha dimenticato. Esso ha un'importanza fondamentale, come ad esempio le pause in un discorso. Esso sono molto eloquenti e soprattutto danno solennità a ciò che si dice e si vuole affermare con convinzione. Danno tempo e fiato per riflettere dopo che abbiamo detto qualcosa d'importante che desideriamo gli altri comprendano bene. 
Il sacro silenzio, quindi, nella Celebrazione Eucaristica, ha una valenza fondamentale. Si dovrebbe osservare prima della Colletta e, soprattutto dopo aver ricevuto la Santa Comunione. Spesso e volentieri si cerca di riempire lo spazio con canti, dimenticando che il silenzio è parte integrante della Celebrazione e che è espressione eloquente di adorazione.
Le emozioni forti del dolore, dell'ammirazione, dell'amore, della gioia, lasciano spazio ad un silenzio intenso, palpabile, più eloquente di qualsiasi parola. E' un po' come gli ultrasuoni, che, pur essendo molto intensi, non vengono percepiti dall'orecchio umano: superano la soglia di udibilità.
Così è delle emozioni forti: sono talmente intense che il cuore s'immerge nel silenzio più assoluto... Rimango a bocca aperta, non posso pronunciare sillaba! Ma perché, quindi, non essere stupiti di fronte al mistero eucaristico?

giovedì 27 ottobre 2011

Il Creato, segno della tua pace

Ma che cos'è questa vita, se non un pellegrinaggio verso l'eternità? Essa è fatta di cose semplici, genuine. La bellezza dell'eternità è celata nella lucentezza del mare, nel suo incessante movimento che lambisce i duri scogli, si nasconde tra le foglie degli alberi, scuotendole, facendole brillare alla luce aurea del sole.
Il Creato è segno della tua pace, o Signore, perché è uscito dal tuo pensiero, è l'esplosione del tuo amore, segno efficace del tuo dono. Anche l'eternità, uscita dal tuo pensiero, dev'essere qualcosa di straordinario, talmente bella da non poterla raccontare. Essa è la nuova creazione, l'esplosione della tua vita, del tuo amore.

mercoledì 26 ottobre 2011

Vivere per l'eternità

Quando diamo troppo spazio a ciò che è della terra, è perché perdiamo di vista l'eternità. Eppure il nostro pellegrinaggio sulla terra è molto corto, una manciata di anni che passano in un istante. Tutto ciò che è sulla terra è transitorio ma finché si vive in essa, si rimane impegolati nelle cose terrene, nei propri sentimenti e problemi. Ecco perché alcuni santi tenevano i teschi vicino a sé: per ricordarsi della morte. Essa è un po' come un fantasma. Ci sfiora solamente a tratti, si aggira silenziosamente attorno a noi, ma finché siamo pieni di vita, la vediamo lontana, come un tenue miraggio che sembra svanire alla luce della giornata della nostra vita. Essa però è in agguato e può prendere, a ben dire, a pieno titolo, il nome di destino, destino certo che fin dalla nostra nascita incombe su di noi. Noi siamo però nati per essere felici, per quell'eternità che dovrebbe guidare i nostri passi, per vivere il paradiso già su questa terra.

martedì 25 ottobre 2011

Peccati e imperfezioni

L'uomo sembra avere nostalgia del posto da quale è venuto. Egli trova la sua completa realizzazione nell'idea dell'eternità. Egli esisteva da tempo: prima della nascita era nel pensiero di Dio. E' nato per il cielo e non si capacita dell'idea della morte: fin da sempre ha pensato a una vita senza fine... Solo l'amore è eterno, rimane nel tempo, perché ha origine da Dio, tutto il resto è soggetto alla corruzione.

lunedì 24 ottobre 2011

Le cose invisibili

Gesù era un grande pedagogo: Egli conosceva molto bene l'animo umano. "Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio".
Non solo... La Parola di Dio è sorgente d'amore e l'uomo non può vivere pensando al solo corpo. Egli ha bisogno di sentirsi amato profondamente anche dai suoi simili dimostrando di avere altre esigenze, quelle spirituali. L'uomo, nel suo esistere, dimostra, così, che le cose invisibili esistono: con le sue esigenze dimostra che Dio esiste. Abbiamo bisogno d'amore, di una vita che sia eterna, di un futuro senza fine. Non possiamo avere bisogno di qualcosa che non esiste. Abbiamo bisogno di un amore che vada al di là delle possibilità umane e deve esistere, perché il nostro cuore lo sta cercando.

domenica 23 ottobre 2011

La piuma

Forrest, seduto sulla panca, osserva una  piuma portata dal vento. Essa si abbandona e lascia che il vento la trasporti. Giunge sulla mano di Forrest. Di fronte alla tomba di Jenny, egli riflette sul vero senso della vita e se le parole della mamma erano vere.

Commenta l'affermazione che la morte fa parte della vita. Affranto, di fronte a quella tomba, conclusione di una vita spezzata da un passato crudele che aveva ridondanze in un presente sofferto, piagato dalla droga e dal disordine morale, Forrest riflette a buon ragione che la morte non può far parte della vita. Essa è un dolore immane per chi va e per chi rimane. Non concludiamo scioccamente che chi è andato ha smesso di soffrire e il dolore rimane solamente per i cari! Chi ha affrontato la morte ha sofferto sicuramente il quadruplo di chi è rimasto sulla terra. Si muore una sola volta, non c'è una seconda opportunità, quindi bisogna prepararsi bene a questo passo. Non fa parte della vita... E' una cosa innaturale perché è entrata nella vita dell'uomo in seguito al peccato. Ma - e meno male che c'è un ma - ciò che era una condanna è diventato motivo di redenzione. Gesù, infatti, ci ha redento morendo; ha riscattato la nostra superbia con la sua umiltà. 

Allora ha ragione Forrest ad affermare che la morte non fa parte della vita.
Un'altra frase della mamma è che siamo noi i costruttori del nostro destino e che, per costruirlo, dobbiamo usare i doni che Dio ci ha concesso. Sì, è vero... Ma qualche volta si è come portati dal vento, come quella piuma. Ci sono cose nella vita che non possiamo costruire noi, cose come la malattia e la morte, ma possiamo decidere quale atteggiamento avere di fronte ad esse. Dobbiamo vivere bene il tempo che ci è concesso sulla terra, perché è un tempo che non potrà ripetersi mai: l'ora passata non ritorna più.
L'arco della vita terrena è come un ponte fra due colonne: il momento in cui veniamo al mondo e l'entrata nell'eternità.

sabato 22 ottobre 2011

Il destino

Altro aspetto su cui riflettere è il destino. La mamma di Forrest, nel suo discorso prima di morire, afferma che la vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti può capitare, e, poco dopo, che siamo noi gli artefici del nostro desti:no. Noi, infatti, ci dibattiamo in questa dualità: la novità della vita e la nostra operosità nel costruire il nostro destino.
Entrare nel cuore di questo discorso è molto difficile: la vita ci riserva alcune cose che non ci aspetteremmo mai, ma noi stessi possiamo decidere se essere sereni oppure no. Qualche volta, però, il Signore non permette che percorriamo una determinata strada: non tutti quelli, ad esempio, che vogliono diventare medici riescono. Noi siamo gli artefici del nostro destino tanto quanto impieghiamo la nostra buona volontà... Ma certe cose avvengono per volere di Dio. Mi viene in mente a tal proposito Benedetta Bianchi Porro e la sua tenacia a non arrendersi di fronte alla sua malattia e a frequentare la facoltà di medicina. Sì, il Signore voleva che percorresse quella strada, ma, alla fine, a voluto la sua testimonianza nel vivere la sua malattia con coraggio.

venerdì 21 ottobre 2011

La morte, riflessioni

Il protagonista, Forrest Gump, pur avendo un quoziente  intellettivo più basso del normale, è chiamato ad affrontare lungo l'arco della vita, il dolore per la morte dei propri cari: prima la mamma, poi Buba, il suo migliore amico, infine la sua adorata Jenny. Forrest dimostra la sua lealtà e fedeltà all'amore. Egli obbedisce alla mamma con una fedeltà e dedizione straordinarie e riesce ad affrontare con serenità tutte le prove della sua vita. Il suo destino sembra compiersi nella morte, nella separazione definitiva da chi ama di più. Le sue riflessioni si snodano in questo binario: ciò che lui sperimenta e ciò che la mamma gli ha insegnato.

giovedì 20 ottobre 2011

Il mistero della morte

I film, anche se non seguono propriamente i canoni della morale cristiana, possono essere occasione di riflessione. Ogni tanto mi rammento di qualche film che ho visto in passato, soprattutto alcune frasi che mi hanno fatto riflettere e sento il mio cuore farsi piccolo piccolo. All'epoca, quando avevo visto quel film, vivevo una situazione molto differente: avevo tutta la mia famiglia accanto... Mamma, papà e sorella. Il tempo poi, con il suo taglio netto, ha mutato tante cose. Il suo lento divenire ha gettato i suoi veli, ha cambiato l'aspetto della mia famiglia. Allora, avevo timore che capitasse qualcosa ai miei genitori, adesso sorella morte è entrata a prendere qualcuno della mia cerchia familiare. Sono un'altra. Il film che ho già citato, "Forrest Gump", di momento in momento lancia un messaggio speciale, che fa riflettere. Uno di questi è tratto dal dialogo di Forest con la mamma morente. Forest entra nella stanza dove la mamma è visitata dal medico. Lei ha un aspetto sereno e sorride al figlio che ha un'espressione sgomenta. "Cosa c'è mamma?" domanda il figlio. La mamma risponde che stava morendo ma che non si doveva preoccupare perché la morte fa parte della vita: tutti siamo destinati a morire. La mamma cerca di consolare il figlio per la sua morte e gli spiega semplicemente un mistero così grande con parole semplicissime. E' vero, se in fondo nella nostra venuta al mondo, hanno concorso, oltre a Dio, due persone, nel momento della morte entra in gioco solamente Dio. Anche se la morte è avvenuta per negligenza altrui, è chiaro che entra in gioco il volere di Dio. Infatti, tante persone che hanno subito incidenti gravissimi, sono sopravvissute. Sì, nella morte nessuno fa da tramite, se non Dio solo. Sì, fa parte della vita la morte. E' un atto normale a cui tutti noi dobbiamo andare incontro, ma è difficile spiegarlo solamente così, non è solamente così, ci deve essere ben altro. Il dolore per la morte di un proprio caro, è il dolore più profondo. La morte è una cosa seria, non si può spiegare solamente come una cosa normale, dev'esserci qualcosa di più. E' vero, fa parte della vita e dobbiamo essere pronti ad affrontarla: sia la nostra che quella dei nostri cari. Dio interviene quando è l'ora, ci prepara... E' un grande pedagogo!

mercoledì 19 ottobre 2011

Il bello della.... croce...

Bhe, il detto comune era: il bello della vita è che non sai mai quello che ti capita.... Ricordo di aver visto, parecchi anni fa, il film "Forrest Gump" che raccontava l'esperienza di un ragazzo con il quoziente intellettivo poco più basso del normale. Con un po' d'ironia, tratteggiava la drammatica storia di chi nella vita non ha avuto più di tanto, ma è riuscito a superare la sofferenza con la maestria di chi la conosce bene fin da bambino. La sofferenza è una maestra di vita: insegna ad essere forti, a sviluppare la volontà di riuscire comunque nonostante i fallimenti e gli ostacoli. In quel film la mamma diceva al figlio che la vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita.Questo talvolta spaventa: la vita è imprevedibile. Capita di prepararsi ad affrontare una determinata croce ed invece ecco che se ne presenta un'altra, che non ti aspettavi e a cui non eri preparato. La vita tante volte sembra tingersi di una certa monotonia: sempre le stesse cose... ma ad un certo punto ti accorgi che quella stessa cosa che si fa, si presenta in modo diverso, che i sentimenti che l'accompagnano o il contesto è cambiato. E' un po' come un palcoscenico: gli attori sono gli stessi ma la scena cambia. Tale sembra la vita: si tinge, nella sua monotonia, di colori diversi, variegati. Allora comprendiamo, riflettendo su questo, che dobbiamo adattare i nostri schemi mentali, a questa nuova dimensione della vita che si presenta. Il bello della croce... è questo: si presenta sempre in modo differente, ti chiede una risposta particolare, diversa, ti costringe ad analizzare, a trovare soluzioni sempre più adeguate, mentre scava dentro il cuore, muta la fisionomia di esso, rafforzandolo, mettendolo anche alla prova. E' un po' come salire sulle montagne russe: è un gioco che sembra pericoloso e suscita dentro il cuore alcune sensazioni contrastanti: paura ma nello stesso temppo piacere.... Ecco, la vita sembra così...

martedì 18 ottobre 2011

Il Celebrante

                                                        
Il celebrante quindi, non è tenuto a inventare chissà che cosa per attirare la gente. Egli deve far comprendere l'importanza del sacrificio Eucaristico e non può aggiungere qualcosa di sua iniziativa, cambiare qualche formula. Egli deve saper indicare Cristo e la sua presenza reale.

lunedì 17 ottobre 2011

La Celebrazione Eucaristica

Come avevo detto, prendo spunto da un discorso di don Guido Marini, Cerimoniere del Papa, per commentare alcuni aspetti della celebrazione della Santa Messa. Si deve riflettere davvero sull'autentico valore della Santa Messa, cosa essa significhi e quali siano i suoi frutti.
Purtroppo, di questi tempi, troppe volte vediamo chiese sempre più vuote, disertate soprattutto dai giovani. Allora, per attirare le nuove generazioni, ecco che si pensa di cambiare qualcosa nella Santa Messa, pensando che bisogna renderla più moderna, magari al tempo di rock. Troppe volte scordiamo che il protagonista vero e proprio della Santa Messa è solamente Gesù Cristo presente nell'Eucarestia e che se cerchiamo altro, rischiamo di spostare il nostro interesse in cose che servono solo come contorno.

domenica 16 ottobre 2011

Che cosa chiede il Signore?

Il cristiano vero non è colui che ama vivere sulle nuvole ma chi vive profondamente, fino in fondo la vita, con tutte le gioie e i dolori. Anche le gioie vanno assaporate con gusto: esse sono un dono di Dio. Non lasciamoci sfuggire tutte le opportunità: la vita è breve e quando meno ce lo aspetteremo, Egli ci chiamerà a sé. Non fermiamoci alle esperienze dolorose: esse come tutte le altre, anche le più belle, passano. E' vero che lasciano cicatrici abbastanza profonde sulla nostra pelle, ma esse possono essere il segno dell'amore, l'amore di una correzione lì per lì dolorosa ma necessaria. Allora, vivere la vita intensamente, assaporandone i profumi e gli aromi. La gioia si nasconde nelle cose più semplici e ordinarie: nella luce del sole e delle stelle, nel baluginio del mare, nel sorriso di chi ci è caro... E' questo che il Signore ci chiede, altrimenti non ci avrebbe donato i sensi.... Essi non esistono infatti solo per essere mortificati, soprattutto quando ci portano a lodare e ringraziare Dio.

sabato 15 ottobre 2011

Avere un sogno

L'uomo ha bisogno di possedere un sogno, dei valori su cui fondare la propria vita. Il sogno è la speranza per il proprio futuro, il desiderio profondo di raggiungere la felicità per la quale è fatto il cuore dell'uomo. Il sogno per eccellenza dell'uomo è Dio, possedere in sé quella fiamma d'amore che lo proietta nell'eternità. Il sogno è la buona notizia che questa vita è eterna e non ha mai fine.

venerdì 14 ottobre 2011

La potente intercessione della Madonna

Un'altra testimonianza, simile a quella di Gloria Polo, racconta del giudizio di Dio e del suo rigore, ma anche della potenza dell'intercessione della Madonna. Questa volta il protagonista di quest'esperienza è un uomo, anzi, un sacerdote il quale, in seguito ad un gravissimo incidente stradale, viene sottoposto al giudizio di Dio, severo: Dio gli dice tutta la verità sulla sua anima e perciò questa merita di andare nell'inferno. L'anima del sacerdote non obbietta nulla, non si ribella, perché sa che Dio sta dicendo il vero e che quella destinazione è ben meritata. Alla voce di Dio si alterna una voce femminile che lo difende, funge da avvocato: è la voce della Madonna. All'obiezione di Maria che Padre Steven è stato un sacerdote, Gesù risponde che è vero che è stato sacerdote ma per se stesso e non per Dio...
La Madonna ha chiesto una nuova opportunità per l'anima del sacerdote e l'ha ottenuta.
Ho riportato questa testimonianza per affermare il rigore del giudizio di Dio ma anche la potenza della Madonna e della sua intercessione presso suo Figlio. Preghiamo perciò la Madonna che salvi le nostre anime e ci liberi dai pericoli della vita dai quali non scampiamo anche se indossiamo un abito o abbiamo un ruolo di rilievo nella Chiesa: il giudizio di Dio nei riguardi della nostra anima è vero e giusto.

giovedì 13 ottobre 2011

La preghiera più difficile

Al termine della Santa Messa nella lingua latina si diceva: "Ita Missa est". Infatti la preghiera non si esaurisce con l'atto liturgico ma si rende concreta nella vita, nel rapporto con i fratelli. E' la preghiera più difficile. E' facile sostare sul Tabor...Ma Gesù stesso invita immediatamente a recarsi a Gerusalemme dove subirà la condanna a morte attuatasi con la penosa via crucis. Interessanti i documenti scritti dal Cerimoniere Pontificio, don Guido Marini, che trattano sulla liturgia secondo il Concilio Vaticano II, di cui sono venuta in possesso. Essi fanno riflettere sul nostro modo d'intendere la liturgia e su come viverla. Essa deve sapersi incarnare nella vita, così come il Verbo di Dio si è incarnato per svelare agli uomini il volto del Padre. Ne parlerò in alcuni post traendo dai documenti le parti su cui intendo riflettere maggiormente. La carità di cui ci si nutre durante la preghiera, deve incarnarsi nel fedele.
La vita deve diventare una preghiera continua! Mi ha fatto vergognare un bel po' quando sono venuta a conoscenza del modo di vedere le cose degli Ebrei. Gli Ebrei, infatti, ringraziano Dio per ogni cosa: per la pioggia, il sole... Per tutto c'è una preghiera di ringraziamento. Tutto è visto attraverso la lente della fede.Dovremmo fare anche noi così. Lo dice anche san Paolo, vero fariseo: "ringraziando continuamente Dio cantando inni e cantici spirituali".
Si deve trasformare la propria vita in un continuo inno e cantico spirituale. Noi Cristiani siamo fortunati: abbiamo lo Spirito di Dio, Colui che ci ha insegnato a vivere come Dio... Perché quindi aver disimparato a ringraziare? Certo, la riconoscenza deve possedere radici molto profonde nel nostro spirito e deve assorbire la nostra vita e nutrirci di essa...

mercoledì 12 ottobre 2011

Abbracciare la croce... nel silenzio della morte

Atto significativo di Gesù durante la passione fu quello di baciare la sua Croce. Baciare la propria croce non ha nulla di poetico, nemmeno assume la parvenza di poesia. E' molto difficile baciare la propria croce, la propria sofferenza, eppure necessario. Baciare la croce essendo consapevole che essa porterà alla morte, si vive in modo drammatico e cocente. Chi non soffre di fronte all' agonia dei propri cari? Baciare la croce, sanguinanti, doloranti capendo che l'epilogo di essa sarà la morte, è dura. Parlare di croce e vivere la croce, è tutta un'altra cosa.

martedì 11 ottobre 2011

Tutto è possibile per chi crede

Il Signore compie davvero miracoli nella vita di chi si affida a Lui! Esperienza concreta! Quando sembra che tutte le risorse umane siano terminate, finalmente interviene Dio. Certo, lo fa in modo assai diverso da come attendiamo noi, ma interviene. Un po' come fece quando era nella barca con i discepoli, in mezzo alla tempesta, sballottati dai marosi, in balia del vento contrario. Pare dormire ma, ad un certo punto, ecco che si sveglia e tutti gli elementi della natura si placano. Così, nella vita, tutte le prove trovano la loro soluzione. In fin dei conti la bravura di una persona si sperimenta nello sforzo, nella difficoltà. I veri atleti si vedono quando riescono a superare i momenti difficili; un vero educatore si sperimenta su soggetti difficili! Pensiamo infatti a don Bosco, san Filippo Neri e pure a santa Virginia che riuscì a conquistare ragazze ribelli. Non sempre avviene questo. Lo vediamo nella stessa vita di Gesù con Giuda. Nonostante lo abbia amato, egli è giunto persino al tradimento. Però è importante riflettere sull'atteggiamento di Gesù che, pur sapendo che costui lo avrebbe tradito, non lo cacciò via, gli diede fino all'ultimo l'opportunità di convertirsi.
Essere umili, avere fede è importantissimo. Le difficoltà, le prove, servono per rafforzare l'amore.

lunedì 10 ottobre 2011

Preghiera e vita

Ritornando al discorso della preghiera, bisogna riflettere seriamente su che cosa realmente cerchiamo, se è la nostra consolazione o di piacere a Dio. Spesso la preghiera può essere anche non vera seppur sia presente la nostra attenzione. Ci siamo impegnati, come si può fare nello svolgimento di un lavoro, ma più del nostro intelletto non abbiamo usato altro. E' vero, quando ci è cara una persona che è ormai andata in cielo, non facciamo altro che mettere la sua immagine dove possiamo vederla in continuazione, ricordiamo gli eventi salienti che ci hanno legato a lei e quando siamo stremati, semplicemente baciamo con ardore quella foto: non abbiamo più forze, ma non smettiamo di comunicare il nostro affetto... Ci teniamo a comunicarlo. Così dovremmo fare con Dio. Semplicemente pensare a Lui, guardarlo con gli occhi dell'anima per immergersi sempre di più nella sua presenza: già, se non c'è la vita, la preghiera rimane un puro fatto intellettivo, niente di più, compiuto farisaicamente o per  ottenere un certo tornaconto... NO, questa non è vera preghiera...e, lasciatemi dire, non abbiamo compreso nulla del cristianesimo...

domenica 9 ottobre 2011

L'amore immenso di Cristo

La Croce è la massima espressione dell'amore. La morte di Cristo ha squarciato il velo del Tempio, tutto era ormai compiuto: la Rivelazione, la storia della salvezza era completa. Il volto del Padre ormai si era rivelato in Cristo. Il debito contratto con il peccato era immenso: Gesù ha patito i più acerbi dolori per riscattare l'umanità e tante volte è ripagato ugualmente con l'ingratitudine, l'incomprensione e l'incredulità.
Anche a noi Cristo ripete: "Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno". Questo ci deve consolare. Se è vero che ha salvato con la Sua Croce tutta l'umanità, è pur vero che nel momento del riscatto ha pensato proprio a me, a salvare me, perché per Lui sono unica. Egli si cura di tutte le creature come se fossero le uniche al mondo. Forse noi non possiamo fare due cose contemporaneamente come invece fa Dio, tuttavia possiamo comprendere il modo di agire di Dio pensando alla diversità del nostro modo di fare con i bambini. Sebbene vogliamo bene a tutti in egual maniera, usiamo strategie differenti a seconda del carattere e del bisogno effettivo della persona.
Nella Sacra Scrittura si legge che "Dio castiga chi ama". La correzione procura dolore ma, dopo, ci accorgiamo che essa è servita per un bene migliore. Anche i genitori e gli insegnanti castigano i bambini, non per sadismo, ma per far comprendere il male che si fa, provoca dolore, ricalcando così le dinamiche corporee che sono alla base istintiva della persona: quando infatti avviciniamo il dito alla fiamma, sentiamo un dolore intenso che, comunque, ci salva dall'ustione, ritraendo istintivamente, in seguito al comando del nostro sistema nervoso periferico, il dito. Se noi sentiamo dolore tutte le volte che compiamo il male, piano piano, seppur a fatica, ci orientiamo verso la strada faticosa del bene, finché impariamo che da essa nasce la gioia.

sabato 8 ottobre 2011

Riconoscere le meraviglie della vita

Tutto è davvero grazia. Difficilmente riconosciamo le meraviglie che ci circondano, siamo più portati a vedere le cose che non vanno, che non ci piacciono. Ho parlato di croce. La croce porta la dimensione del dolore nella vita, a volte con violenza, con asprezza, ma se essa si comprende nella sua essenza, si comincia ad accettare. Dal nostro cuore nasce la gratitudine perché abbiamo compreso pienamente il suo significato di redenzione. Nella croce, perciò, dolore e gioia s'incontrano: il legno orizzontale inchioda le nostre mani, ma quello verticale punta verso il cielo. 
Contemplando la Croce di Cristo dovrebbe scaturire la gratitudine del nostro spirito, come una sorgente che disseta. Nasce pure la compunzione, il pentimento. Chiunque dinanzi al Crocefisso deve sentire compunzione! Ciò che ha patito Cristo è indicibile e lo ha patito per tutta l'umanità. Perciò, anche chi non ha commesso grandi peccati, deve sentire pentimento. Apriamo perciò, il nostro cuore a vedere le piccole meraviglie della vita che si nascondono nell'ordinarietà.

venerdì 7 ottobre 2011

Gratitudine

La base di tutta la vita spirituale è senz'altro la gratitudine. Noi pensiamo che tutto ci sia dovuto... Invece quale stupore dovrebbe scaturire dal fatto che Dio ha donato la sua vita per noi! Dovremmo imparare ad avere occhi che sappiano scorgere le novità della vita e  saperle apprezzare. Purtroppo si è più propensi a vedere le cose che non vanno...

giovedì 6 ottobre 2011

Inginocchiarsi...

Numerose le "rivelazioni"o meglio testimonianze che dicono che di fronte a Dio, anche le anime dannate, che non ne resistono la visione, si prostrano...
Anna Katherina Emmerick nel suo racconto della Passione riporta che Cassio, il comandante romano a cui viene affidato il compito di colpire il costato di Gesù con la sua lancia, investito dal Sangue di Cristo in pieno viso, viene guarito: si getta subito in ginocchio per adorare quel Corpo piagato che non scende dalla croce, ma compie ancora miracoli. Questo la dice lunga: Gesù, in punto di morte, mentre sperimenta la solitudine, l'abbandono e l'odio della gente, non pensa di certo alla sua sofferenza, ma ancora si prodiga, se non può con parole e gesti, a fare del bene ai suoi crocifissori. Investito dal Santissimo Sangue, Cassio guarisce dal suo strabismo e si getta in ginocchio dimentico di tutto se non di adorare Colui che era appena spirato. Molti soldati romani erano là semplicemente per adempiere il loro dovere, colpiti dalla pazienza del Redentore, rispettosi del dolore della Madre che, invece di nascondersi, scappare dalla Croce, si getta in ginocchio ai piedi di Essa e bacia i piedi di Gesù, bagnando di sangue le sue labbra. Oh Maria... Quante volte dimentichiamo il tuo dolore! Ma noi al tuo posto, vedendo soffrire così un nostro caro, come avremmo reagito? Anche Maria, perciò, cade in ginocchio ai piedi della Croce, abbraccia quei santi piedi inondati di sangue...Ma perché noi, dopo aver ricevuto il Corpo di Cristo, rimaniamo comodi, seduti e non sprofondiamo nella gratitudine e nel dolore di aver provocato un così acerbo dolore al nostro Redentore? Ma perché?

mercoledì 5 ottobre 2011

Eucarestia, centro e culmine

Ritornando al film "The Passion" di Mel Gibson,esso fa riflettere su come sia importante meditare sull'istituzione dell'Eucarestia. I feed back che durante la crocifissione, ritornavano al momento dell'Ultima Cena, sono veramente meravigliosi. Essi mostrano come Gesù, nell'Ultima Cena, offrisse davvero il Suo Corpo ed il Suo Sangue. Questa era un momento molto solenne, che forse gli apostoli non comprendevano ancora pienamente, ma ne sondavano con la loro sensibilità la profondità e l'intensità. Era un Gesù calmo, disposto a bere il suo calice fino in fondo. Finalmente durante la passione, nella drammaticità degli eventi che incalzavano inesorabili, Giovanni comprese le parole pronunciate da Gesù in vita. Esse ritornano alla sua memoria, come un film di cui si sta scorrendo la pellicola.
La mia riflessione allora scorre al momento attuale, quando sull'altare, durante la Messa, si consacrano il pane e il vino... "Questo è il mio Corpo"... "Questo è il mio Sangue"... E'... è davvero Corpo e Sangue di Cristo... Quello stesso Corpo che viene innalzato sulla Croce, sanguinante, scosso da convulsioni. E' davvero il Sangue di Cristo, quello che sgorga copioso dalle numerose piaghe di Gesù.... Ma abbiamo la consapevolezza di tale immenso segno del Suo amore...? o troppe volte ci accostiamo all'Eucarestia con molta freddezza oppure con formalismo, tanto per compiere un dovere giornaliero?
Nell'Eucarestia, non scorgiamo il sangue colare: è un sacrificio incruento... Ma ancora Gesù sanguina per le nostre infedeltà, ancora trafiggiamo il suo Cuore preziosissimo... Egli ci ha acquistato a prezzo del Suo Sangue... E se san Paolo pronunciava queste parole avendo ben chiaro il supplizio della Croce a cui era stato sottoposto Gesù, è pur vero che noi non abbiamo idea di che cosa subì il nostro Redentore. E' lontano dalla nostra idea la condanna a morte di Croce. Ciò che subì Gesù, poi, fu maggiore rispetto a qualsiasi condannato a morte... Ma come fa a non inchiodarci al Suo Cuore, il ricordo della Sua passione? No, Signore, non sono davvero degna di partecipare alla tua mensa.... ma una tua parola... può salvarmi....Ecco perché tutto deve vertere nell'Eucarestia che deve essere il Centro e il Culmine della vita cristiana, perché là, è realmente presente il Corpo e il Sangue di Cristo! A Lui si deve l'adorazione... pieghiamo le ginocchia...

martedì 4 ottobre 2011

Nella Passione di Mel Gibson

Nel famoso film che ha suscitato numerose polemiche, osservazioni positive e negative, "The Passion" di Mel Gibson, è riprodotta, così come fu vissuta da Gesù, la sua Passione. E' un film cruento, ma veritiero. Non possiamo nasconderci, non voler vedere: Gesù ha sofferto tremendamente. Non possiamo sapere le motivazioni per cui il regista ha deciso di riprodurre solamente il tratto finale di vita di Gesù, possiamo però criticarne il contenuto. Un film veritiero, che riproduce senza poesia, la sofferenza cruda di Gesù. Il film si contrappone notevolmente al Gesù dolce di Zeffirelli che giunge ad essere inchiodato sulla croce con solamente qualche graffietto qua e là. Gesù fu invece flagellato, fustigato violentemente, senza pietà. Bellissima anche la figura di Maria che non si lascia andare ad atteggiamenti di accasciamento e grida, ma sta davvero sotto la Croce, forte, piena dell'amore di Dio e desiderosa di vivere fino in fondo il progetto di Dio. Bellissimi anche i flashback che durante la Passione, riportano alla vita passata di Gesù, soprattutto i riferimenti all'Ultima Cena. Il film, al di là del suo essere sanguinoso, dà un messaggio di fede vero e profondo....

lunedì 3 ottobre 2011

Preghiera...fare?

Aggiungi didascalia
Ma chi pensa che pregare implichi sempre un fare? Chi crede sia così, ancora non ha compreso che il vero protagonista della nostra vita spirituale, non è il nostro "io", ma è Dio che agisce in noi, pure nelle nostre debolezze, nei nostri tradimenti. E' Lui che agisce. Noi pensiamo che la preghiera esiga la nostra attenzione e che mediante questa, possiamo unirci a Dio, scordando in realtà ciò che veramente siamo. Certo che dobbiamo mettere tutta la nostra buona volontà per risvegliare la nostra attenzione, affinché il nostro spirito si metta in sintonia con Dio, però, se proprio non riusciamo... perché vogliamo a tutti i costi ottenere il frutto della preghiera? Chi ama non aspetta mai il contraccambio. Il genitore si diletta sempre a contemplare la fisionomia del suo neonato, magari senza pronunciare parola, immerso nello stupore del prodigio della vita, nello stupore di vedere incarnato il loro amore coniugale. E, a sua volta, il neonato non riesce nemmeno a dire al genitore che gli vuole bene... Ebbene, il suo amore sarà meno ricambiato? No, affatto! Il genitore è sempre di più attratto dalla piccolezza del suo figlio. Allora, no, decisamente, nella preghiera non dobbiamo cercare le consolazioni... Nemmeno Gesù durante la Passione, ha pronunciato tante parole. Il tempo della predicazione era finito: non aveva la forza di pronunciare sillaba. Erano i suoi silenzi, la sua pazienza, il suo consegnarsi a parlare. Pochissime parole ha pronunciato, eppure, con la sua Passione ci ha salvato dalla morte del peccato. Perciò, non cerchiamo preghiere sublimi, semplicemente, adoperiamoci di stare come Maria ai piedi della Croce. Anch'Ella non disse una parola, attanagliata dal profondo dolore, eppure ha partecipato alla nostra redenzione. Sulla Croce della nostra stanchezza, dei nostri piccoli limiti, non possiamo fare grandi discorsi, dobbiamo far nostro il silenzio della Passione. Sulla Croce, nell'amore, ci facciamo preghiera... E croce, significa non avere più forze, abbandonate ai nostri limiti....senza consolazione...

domenica 2 ottobre 2011

La dimensione della Croce:dolore e gioia

Chi ha contemplato veramente la Croce non come semplice simbolo, ma come tragedia accaduta realmente, percepisce nel suo cuore un dolore intenso ma pure una gioia immensa. Infatti, il Crocifisso, (e meno male) ci accompagna in ogni luogo, è diventata un'abitudine vederlo. I Vangeli raccontano in maniera scarna gli eventi tragici e orribili della Passione, volutamente scritti senz'alcun commento perché potrebbero presumere un atteggiamento di parte, un desiderio inespresso di portare alla fede le persone che leggono. Gesù, però, non ha sofferto nel trasporto dei sentimenti, ha sofferto nella solitudine completa se si eccettua la Madre che lo ha seguito fin sotto la Croce.
La contemplazione del Crocifisso non deve fermarsi alla frase banale e scontata che tutti sanno:"Con la sua Croce ci ha salvato"... Cosa c'è dietro quella Croce... Bisogna entrare nelle piaghe di Cristo, comprendere che noi realmente non meritavamo di essere salvati, ma Lui, con grande amore, ci ha redenti. Ha sofferto pene indicibili....Che nessun uomo avrebbe potuto sopportare... Oltraggiato, nel pieno della sofferenza, Egli perdonò l'umanità...