sabato 27 novembre 2010

La Comunione

Come ho già detto altre volte, la Santa Messa rimane il momento più importante della mia giornata. Tempo fa ho fatto mie le parole di sant'Agostino, perché le ho sentite e vissute profondamente. "Fame e sete ho di te, mio Signore". Sì, posso affermare di aver sentito fame e sete di Dio. Mi è sembrato di vagare nel deserto, assetata e affamata di Eucarestia... Poi il Signore ha tolto la sensibilità di esse ma il mio cuore ha ugualmente desiderato unirsi costantemente a Lui. Ultimamente ho vissuto la Messa e nel mio cuore sono nate alcune considerazioni, sono ovviamente personali. Ho sentito il Signore vicino, anzi vicinissimo ma, allo stesso tempo, santo. Durante la Messa, entriamo nel mistero eucaristico gradualmente, prima attraverso la proclamazione della Parola, poi nell'offerta del pane e del vino ed infine nella trasformazione in Corpo e Sangue di Cristo. Ho sentito il Signore vicino a me , ma il mio spirito si è soffermato sulla frase che disse il centurione romano e che anche noi ripetiamo: "Signore, non sono sono degno di partecipare alla tua mensa, ma dì soltanto una parola ed io sarò salvato!"
Vero, nessuno è degno, solo il Suo perdono, il suo Amore ci rendono degni di partecipare alla Sua mensa. Solo la Sua Parola ci rende santi e ci permette di accostarci alla Sua mensa. Altrimenti non ne saremmo degni. Questo passaggio mi ha fatto riflettere sul come si prende la Comunione. Ormai la pratica della Comunione presa in mano è diffusissima, ma io non riesco più. Lo sento vicino, vicinissimo, entra nella mia vita, ma mi pare che questa pratica Gli dispiaccia. E' vero, Gesù era un uomo ma era anche Dio. Mi sembra quasi che ci contraddiciamo dicendo che non siamo degni e poi lo arraffiamo per il collo... Non so...

venerdì 26 novembre 2010

c.v.d.

Come volevasi dimostrare! Linguaggio matematico che si può applicare a ragionamenti di qualsiasi tipo. Il discorso del Papa sembra aver suscitato scalpore nella gente che non ha troppa fiducia nella Chiesa. Prima di affrontare questo argomento, ho pregato e poi ho aperto un libriccino intitolato “buona giornata” con vari pensieri di Padre Pio. Interessante il pensiero che mi è capitato: “Io odio il peccato! Fortunata la nostra patria, se essa, madre del diritto, volesse perfezionare in questo senso le sue leggi e i suoi costumi nella luce dell’onestà e dei principi cristiani.”
Straordinario! Proprio di questo volevo parlare!
Sono da chiarire prima di tutto alcuni concetti. Il papa è infallibile quando pronuncia i dogmi in materia di fede. I cristiani non sono dei pecoroni. Tanti santi hanno dimostrato di saper parlare e richiamare persino il Vicario di Cristo alla verità. Ricordiamo, infatti, santa Caterina da Siena. Non esitò a richiamare il vescovo di Roma al suo dovere. Strano a dirsi. Sul soglio pontificio si sono succeduti papi così pieni di difetti, eppur non sono stati mai promulgati dogmi contro la dottrina di Cristo o la vita! Cristo agisce nell’autorità costituita, sebbene questa sia una fragile e fallibile creatura. Si narra infatti, a questo proposito, che un certo papa di cui non ricordo il nome, stava per promulgare una legge ecclesiastica… Ebbene, Dio non volle: il papa morì la notte stessa! Scoprirono poi che se avessero applicato quelle leggi, ne avrebbero avuto danni ingenti. Se Dio non vuole una cosa anche dall’autorità ecclesiastica, blocca tutto in un modo o nell’altro. E poi…
Le frasi che ha pronunciato il papa vanno lette nel contesto del discorso tenuto. Egli, in una serata in cui ha rivestito d’autorità alcune persone, ha fatto un discorso sull’umiltà e quindi ha asserito che anche lui, non aspirava tanto all’autorità che gli appioppano le persone che lo contestano, ma, semplicemente si sente pronto a compiere la volontà di Dio, foss’anche di lasciare il pontificato.
Sbagliatissimo il pensiero di alcuni che credono che la Chiesa condanni le prostitute. Non è affatto così. Infatti, il primo che non le condannò, fu proprio Cristo e questo insegna la Chiesa, i tanti santi che hanno tolto dalla strada tante persone diseredate, dando loro un lavoro e la possibilità di condurre una vita dignitosa. Fu Cristo infatti che assolse quell’adultera e che fermò la sua lapidazione! La salvò dalla morte, divenendo quasi complice e disse una frase famosa che dovrebbe riecheggiare nel cuore di ogni uomo perché intrisa di grande sapienza: “chi è senza peccato, scagli la prima pietra”
Lui, che fu il primo, non certo papa Benedetto XVI, a predicare il celibato per il regno dei cieli e la continenza nel matrimonio assolse una che fu sorpresa dentro il letto con un uomo…
Donna (stesso titolo dato a Sua Madre Maria alle nozze di Cana), nemmeno io ti condanno, ma d’ora in poi, non peccare più. È il peccato che Gesù aborrisce perché opera del demonio, non certo la peccatrice. Purtroppo ciò che è da aborrire nella prostituzione, non è tanto la donna che vende il proprio corpo. Sappiamo, infatti, che la maggior parte di queste sono costrette a farlo da terzi o spinte dalla miseria. Il punto di riferimento della vita dei cristiani è Cristo e su di Lui si costruisce il Credo della Chiesa. Sempre e comunque, nonostante le parole, ad ogni modo equivocate, del papa, ogni cristiano vero crede fermamente nella vita e nel dono di essa, e sa benissimo che ogni parola e discorso con gli atei non porta quasi a nulla e quindi il più delle volte, invece di fare grandi discorsi, tacerà di fronte al muro dell’incredulità di chi ascolta, preferendo la preghiera…

mercoledì 24 novembre 2010

Un video con la mia vita


Anche questo è un video prodotto da me, in ringraziamento dei doni ricevuti da Dio. Egli ha saputo sempre riempire i lunghi silenzi della mia vita... Almeno da quando ha ricevuto il dono della fede.

martedì 23 novembre 2010

Alla tua presenza

Giorni corti che piombano nel buio, scomparendo, imbevuti di pioggia, pioggia screziata di sole il quale, con i suoi raggi, l'accende... Scompaiono inghiottiti da un denso buio. Il tempo corre veloce, scrivendo la storia, accendendo i cuori, fiaccandoli a volte con il suo incedere inesorabile. Ma in questo buio, attraversato da slanci e da speranze, illuminato da desideri e da gioie, il Signore parla, entra, erompe nella vita. Finito un altro anno liturgico, ci accingiamo ad entrare nel clima dell'avvento, tempo di attesa e di speranza. Talvolta penso che anche noi cristiani non viviamo nell'attesa di Dio, ma smarriamo il senso dei nostri giorni, ingoiati, inabissati nelle cose da fare, nel ritmo vorticoso dei doveri e delle mansioni da svolgere. Non devono assorbirci talmente tanto da non farmi pensare più a Dio. Ogni azione deve avere il suo inizio, il suo compimento, la sua fine solamente in Dio, altrimenti perderebbe parte del suo valore. Egli deve essere il motore di ogni cosa. Bisogna credere fermamente alla Sua presenza. Solo questa può darci la speranza di una vita migliore, con uno scopo trascendentale che supera ogni attesa umana. Senza ciò, ci dibatteremmo nel fango delle contingenze terrene che ci travolgerebbero e quindi ci affogherebbero, senza farci comprendere nemmeno il senso del loro avvenire. Tutto ha un senso, non avviene nulla a caso: c'è una sapienza divina che governa il mondo. Se io sto alla sua presenza, la mia vita cambia, si trasforma. M'immagino Gesù mentre si china sulle mie ferite e mi dà il balsamo del suo perdono. Ecco cosa vuol dire vivere il mistero dell'incarnazioe... Credere che Dio irrompa nella storia personale...

sabato 20 novembre 2010

OOOPPPsss

Scusatemi...oggi sono lanciata!!!!

Genova Crêuza de mä

Video

Ho pubblicato insolitamente questi due video: mi hanno colpito profondamente per due motivi differenti. Quello di Giovanni Paolo II mi ha riportato ad un tempo particolare della mia vita, misto di preghiera, di ricerca, di allontanamento e di riavvicinamento...L'ho già ricordata la giornata in cui era venuto a Chiavari. Un bagno di folla, la piazza traboccava di gente, un senso di ecclesialità, simile a quello che avevo provato a Roma, quando ero andata quattro anni prima... Il grande papa...Giovanni Paolo II. Bellissimi momenti. Il secondo è girato a Genova, ho riconosciuto subito la spiaggia...Che emozione! Dove facevo i bagni da bambina!!!!

Su ali d' aquila

Giovanni Paolo II - Jesus Christ You are my life

lunedì 15 novembre 2010

Desiderio d'eternità

Illusioni? Persone che per acquietare il loro disagio interiore, s'inventano un Dio che le accecano? Alla seconda domanda, si deve rispondere collegandosi alla prima. No... L'uomo è nato con il desiderio d'eternità. A volte lo esprime in modo totalmente terreno, come ad esempio la stessa stesura di un'opera letteraria o la composizione di una musica che vuole sfidare l'usura del tempo. Non erano idioti i nostri antenati che adoravano l'arte, la musica come dei! In essi vedevano la continuità della vita, la sua eternità. E' anche da sottolineare che al tempo di Gesù, non tutti credevano alla resurrezione. Ad esempio la setta dei sadducei faceva parte dei "miscredenti". Questo per dire che Gesù fece germinare la Sua dottrina in un campo tutt'altro che facile e formato da creduloni! La sua dottrina non assecondava il desiderio di chi lo ascoltava e che non era pronto ad accettare l'idea di un uomo/Dio.
Il risultato di tanti cristiani, proviene dal fatto che hanno incontrato Cristo, sono stati affascinati dalla Sua Persona e hanno abbracciato i suoi ideali. Questo incontro è senz'altro frutto della grazia. Non a tutti è concesso.

domenica 14 novembre 2010

Senso di ecclesialità

Oggi a San Pietro c'era un bagno di folla: c'erano per lo più delle Confraternite venute da tutta Italia. Mi hanno poi detto che sono venute anche alcune persone che conosco. Normale: in Liguria ce ne sono molte, particolarmente diffuse quelle che portano i grandi Cristi, crocifissi enormi. Ovviamente non ho visto nessuno di chi conoscevo, ma mi sono venute in mente i ragionamenti degli atei: i cristiani sono degli illusi! Mamma mia, questa che c'è a San Pietro è solo una piccola parte dei cattolici, e sono tutti degli illusi, figurarsi quelli che non sono venuti!!! Il mondo è pieno d'illusi! Com'è triste pensare che viviamo solo per questa vita terrena! Com'è possibile avere in mente solo questo? L'ateo, in realtà, sballottato dai marosi della vita e della sua drammaticità, comincia a credere a tutto: ai maghi, alla superstizione, a tutto ciò che è ancora più illogico della fede cristiana. Non è quindi uno che non crede, è uno che crede a tutto, alle cose più svariate, più illogiche! Il bello è che deride i cristiani. Io domanderei a queste persone: "ma scusa, dopo la morte tu pensi di piombare nel nulla? Perché vivi?" Lo domando agli altri perché io stessa me lo sono domandato e rispondere alla prima domanda con un sì, mi lasciava muta di fronte alla seconda. Non so perché vivo, eppure sento che la mia esistenza va al di là di quella degli animali, io sono molto di più. Sono giunta a questa risposta, eppur convinta che la mia esistenza si esaurisse su questa terra, nonostante anelassi a giungere a qualcosa di più grande.

venerdì 12 novembre 2010

Un amore che abbraccia il mondo

Chi sta a contatto con Cristo, sa bene che è difficile rimanere uguali. Egli interpella, mette in discussione e, come un turbine, sconvolge la nostra vita, spezzando le catene dell'egoismo. Importante nella vita cristiana è crederlo vivo e presente. Non deve diventare una sterile filosofia di vita: siamo fortunati, Dio ci ama e forse non meditiamo e non crediamo abbastanza a questo. Sì, lo vediamo ancora sulla croce, sappiamo che ci ama e che dobbiamo amare i fratelli... Ma, a volte non c'interpella fino in fondo, non crea quella crisi necessaria al mutamento radicale di vita. C'imponiamo stili che abbiamo appreso, ma non ci accorgiamo che, come una macchia d'olio, galleggiano sull'acqua della nostra esistenza, inquinandola e non andando in profondità. Agiamo con leggerezza perché, in realtà, manchiamo di fede vera in Dio. Ogni peccato, oltre che ad essere mancanza di carità nei confronti di Dio, è mancanza di fede: camminiamo ancorati alla terra, sprofondati nelle nostre sicurezze, incapaci di spiccare quel salto che ci permetterebbe di prendere il largo, di credere nell'impossibile. Pensiamo che tutto il bene che compiamo sia nostro. Dio nelle nostre virtù, c'entra poco o niente. Il nostro cammino è il miglioramento tipico di uno scolaro che tenta di fuggire le grane delle sgridate dell'insegnante. C'è molto di più, anzi, ci perdiamo il più bello della vita cristiana che è scommettere il tutto per tutto per conquistare Cristo. San Paolo diceva che reputava tutto spazzatura rispetto a Cristo, perché lo aveva incontrato realmente. Si può incontrare Cristo senza lasciarlo entrare nella nostra vita. Un esempio lampante sono i farisei. Anche loro, come i discepoli, hanno incontrato Cristo, ma non l'hanno accolto, non hanno spalancato le porte del loro cuore come fece invece Zaccheo. Allora, spalanchiamo le porte dei nostri cuori, facciamolo entrare nella nostra vita, nelle nostre gioie e nei nostri problemi ed Egli ci farà gustare le gioie più vere della vita cristiana.

domenica 7 novembre 2010

Il cammino di Gesù sulla terra

Scordiamo spesso che Gesù non era solo Dio, ma anche uomo. La Sua umanità era perfetta. Come ho già detto, non si vergognava di far vedere i suoi sentimenti più profondi, di svelare i suoi pensieri. Era un uomo libero. Gesù, venendo sulla terra, non aveva comunque la consapevolezza totale della Sua condizione, infatti sul Vangelo vi è scritto che crebbe in età, sapienza e grazia, davanti a Dio e agli uomini. Sua Madre non intervenne quasi mai nella Sua vita. Quando Gesù si smarrì nel tempio, i genitori lo cercarono angosciati. Dodici anni: era l'età in cui i bambini ebrei erano ormai considerati adulti. E' la prima volta che Gesù menziona che deve fare la volontà del Padre Suo. I genitori, di fronte a tale risposta, rimasero sconcertati. Si dice che Maria meditò quelle parole nel suo cuore. Gesù non usò mai il fatto che fosse Figlio di Dio per farsi valere nei confronti dei farisei: sarebbe stato idiota, perchè gli Ebrei detestavano ogni rappresentazione umana di Dio, tanto che non osavano nemmeno dirne il nome. Nelle Scritture vi era scritto di un Messia, Figlio dell'Altissimo e tanti si spacciarono tali, anche dopo la morte di Gesù. Ne parlarono gli stessi Ebrei dopo la morte di Gesù e commentarono che, se era una dottrina venuta da Dio, sarebbe continuata, ma se fosse idea di uomini, sarebbe ben presto finita. Infatti... Sono trascorsi ben 2010 anni e la barca di Pietro, nonostante gli scandali assurdi, continua a navigare nel corso dei secoli. Sarebbe stato idiota da parte di Gesù, se avesse cercato solo successo e consensi terreni, spacciarsi per il Figlio di Dio, proprio in mezzo ad un popolo che aborriva ogni forma di idolatria e non farlo, invece nel popolo greco che l'avrebbero accettato immediatamente, come fecero con Paolo quando videro i miracoli che compiva. Il motivo per cui Dio mandò Suo Figlio per salvare l'uomo è relativamente semplice: il sangue degli animali, non poteva saldare il debito contratto dall' uomo con il peccato. Il debito era immenso, perciò ci voleva un sacrificio perfetto: quello di un Dio fattosi uomo: nessun uomo infatti, sarebbe riuscito a sopportare la sofferenza che Lui patì.

sabato 6 novembre 2010

Amareggiati nella sofferenza...

La domanda "Dove sei, Signore" è l'eco tremendo della sofferenza umana, del chiedersi il motivo di tante ingiustizie perpetrate nel mondo. Un'eco dolorosa, un'eco che parla del dramma umano. E' un'eco che ha attraversato la storia di fede di un popolo intero, quello ebraico e ancora attraversa il popolo dei credenti e di tanta gente smarrita che non ritrova più se stessa.
Voglio raccontare un breve episodio della mia vita che senz'altro mi ha segnato profondamente. Per vari motivi sono stata a contatto con il favoloso ex reparto di pediatria del Galliera di Genova. Là ho conosciuto la sofferenza degli innocenti, di tanti bambini la cui vita non si era ancora schiusa, ma già dovevano affrontare un passo più grande di loro, quello della morte. In quel reparto, per la prima volta, anch'io, sebbene fossi piccola, mi domandai: "Dove sei, Signore?" Ho conosciuto, però, anche la generosità di molti medici che hanno dato la vita per ridare salute a tanti piccoli che avevano bisogno di loro. Ho incontrato medici che hanno vissuto la loro professione come una missione. Era un'equipe di giovani medici, impegnati a lenire anche il dolore interiore di tanti piccoli bimbi martoriati. Nel reparto vi era degente una ragazza, Emanuela, ammalata di leucemia. La si vedeva scivolare per il reparto, flebo alla mano, con un vago sorriso sulle labbra. Siccome io ero molto più piccola, avevo dodici anni di meno, la guardavo un po' come un modello. La vedevo camminare per il reparto, con passo veloce. Il suo capo, privo di capelli, era coperto da un fazzoletto rosso, era alta, magrissima. Lo studio dei medici era tutto tappezzato dei nostri disegni che facevamo per dimostrare loro la gratitudine che avevamo nei loro confronti. Sì, perchè tutti noi, sebbene piccoli, comprendevamo bene che stavano facendo di tutto per salvare o rendere migliori le nostre vite. Ben lungi da noi, il pensare che le punture, i prelievi o qualsiasi altro esame, fossero fatti per farci del male. Anzi, offrivamo la nostra collaborazione, seguivamo il decorso della malattia, discutevamo di essa con loro. I medici ci parlavano apertamente, non ci nascondevano nulla. Lungi da noi, davvero, i capricci che fanno certi bambini di fronte ai camici bianchi dei medici: sapevamo bene che la vita nostra, dipendeva da loro. E veramente, sarà la generosità dei bambini stessi, erano lontani da noi anche certi atteggiamenti di non accettazione o ostentazione della malattia di alcuni adulti. Capitava, perché nessuno, nemmeno i santi hanno accettato la sofferenza a cuor leggero: hanno sudato per accettarla, per accoglierla nella propria vita e solo così si accumulano meriti. Ma, appunto, dopo il momento di sconforto, ecco comparire nuovamente il sorriso, come il sole dietro una nuvola. E lei, Emanuela, la mia "sorella maggiore", camminava dritta con l'albero della flebo accanto, senza ostentare la sofferenza, senza camminare curva sotto il suo peso. Ed un giorno vidi un suo disegno attaccato al muro dello studio dei medici; ce n'erano tanti suoi e mi colpì una scritta, forse di qualche medico...Non so. Emanuela aveva 22 anni. C'era scritto: "Arrivederci, Emanuela." Chiesi spiegazioni, ero ancora piccola. Mi risposero senza guardarmi negli occhi, che era andata in cielo. Avrei voluto piangere, chiedere il perché: tanti bambini che avevo conosciuti sono andati in cielo. Ho vissuto la speranza dei genitori, l'altalena di gioia e dolore, dei giovani pazienti. Il mio cuore era colmo di dolore. Fu la prima, vera volta, che dal mio cuore emerse questa domanda, grondante dolore: "Dove sei, o Dio?"
Sì, Dio talvolta si nasconde ai nostri occhi: ci sentiamo travolti dalla sofferenza, dalle tragedie. Tante volte in seguito mi sono chiesta dove fosse Dio, ma poi, un giorno, aprii gli occhi, quelli del cuore e vidi bene dov'era: era appeso ad una croce. Lui che aveva vissuto nella giustizia, sanando e facendo del bene, era stato picchiato, flagellato e Crocifisso: sì, insomma, anche Lui, pur essendo innocente, aveva subito il dolore...

Dove sei, o Dio?

"Dove sei, o Dio?"
Domanda dell'uomo in ricerca di Dio, della Sua presenza, soprattutto di fronte a certe sofferenze umane che sembrano insormontabili. La sofferenza a volte, raggiunge l'apice, soprattutto quando è causata dalla cattiveria umana. Pende, allora, come un macigno questa domanda: "Dov'è Dio?"
Non è assolutamente giusto che gli uomini si arroghino il diritto di entrare in una vita, di spezzarla, di spogliarla della sua dignità. Eppure la cattiveria giunge anche a questo. E allora la solita domanda: "Dove sei, o Dio?"
Gesù è ancora sulla Croce: nonostante sia risorto, Egli è rimasto sul legno della croce, sullo strumento di salvezza per gli uomini, sembra quasi a voler significare che soffre ancora con noi e per noi.

giovedì 4 novembre 2010

Entrando nel silenzio

Entro nel silenzio della mia anima...Voglio unirmi a te, o Signore, avere i tuoi stessi sentimenti. Mi accorgo, però di essere vuota, di non poter più pensare a nulla. Come le 99 pecorelle di cui ha parlato il Vangelo, io mi sento abbandonata nel deserto. So di essere quella errabonda. Quante volte hai districato il mio vello dalle spine della vita e mi hai cullato, mi hai posto teneramente sulla tua spalla e hai parlato al mio cuore. Sento di essere nel deserto, assorbita da mille cose, incapace di alzare gli occhi al cielo. Che ironia! Quando il cielo era oppresso da pesanti nubi scure e piangeva a dirotto, nel mio cuore c'era il sole! In questi due giorni, il cielo è privo di foschia, così limpido ed azzurro, ma il cielo della mia anima è appesantito da una fitta nebbia. Il silenzio cala nella mia anima, un silenzio che nello stesso tempo si proietta nell'immensità di Dio e nell'aridità del deserto. Assorbita da tutto il resto, anelo a sentire la tua voce. Ti osservo silenziosamente, attendendo un tuo gesto d'amore e mentre scendono le tenebre che avvolgono la città, tremo di fronte a certi miei sogni. Cosa desideri, oh Signore...Parla al mio cuore. In questo deserto, forse la tua voce risuona ed io non la sento. Stai plasmando il mio cuore, ma io non me ne accorgo. Come la sentinella attende il dileguarsi del buio, scruto il tuo ritorno. Ti aspetto, ti attendo, assetata. Tremando ascolto il grido di tanti miei fratelli che nel dramma della loro esistenza, esclamano e domandano: "Dove sei, o Dio?"
Il grido dell'umanità che soffre, che cerca Dio. Anche il popolo ebraico, errante nel deserto, durante l'esodo esclamava e si domandava, nelle atroci sofferenze: "Dove sei o Dio?"
Solo tu, o Signore, dall'alto della Tua Croce, puoi rispondere alla nostra angosciosa domanda. Sei risorto, sulla croce non c'eri più, ti hanno deposto dalla Croce, ma tu, nella tua infinita bontà, sei voluto rimanere ancora inchiodato alla Croce, per dire ad ogni uomo: "Sono qui, sarò sempre con te". Si potevano rappresentare croci nude, senza il tuo corpo, ma tu hai voluto essere ancora presente, vivere la Tua Passione in tanti fratelli che vivono il grande Esodo della vita, ma che si domandano drammaticamente: "Dove sei, o Dio?"

martedì 2 novembre 2010

Credere nell'impossibile

Dopo la pioggia, oggi, il sole fa capolino da un cielo ancora parzialmente coperto di nubi minacciose. Oh sì, è sempre così! Dopo la pioggia viene sempre il sole. Ieri, meditando sui Santi, mi sono venute in mente cose che mi hanno fatto riflettere profondamente. I Santi, come spesso ho detto, non sono quelle persone che sono vissute nei trasporti confortanti di una fede sensibile o che sono stati circondati da ammirazione totale da parte di coloro che hanno vissuto accanto a loro. In realtà, hanno conosciuto molto spesso, la notte oscura dei sensi. Hanno sperimentato il senso di inutilità delle loro opere e l'abbandono più amaro, sia da parte di Dio che degli uomini. Mi è venuta in mente l' esperienza di san Francesco. Egli, alla fine della vita, entrò in una depressione più assoluta. Pensò addurittura che tutta la sua opera fosse stata inutile, che avesse seguito solamente la sua volontà e non quella di Dio, creando una congregazione specifica che prese in definitiva uno stampo totalmente diverso da quello che lui aveva concepito. Spesso sorvoliamo su questo punto e concludiamo che San Francesco compose il suo più bel cantico proprio quando era diventato cieco e sapeva che ormai stava per morire. Sì, tutto questo è vero, ma penso che alcune sofferenze interiori siano ancora più acute rispetto ad altre. La sua sofferenza comprendeva tutto un insieme di fattori: alla cecità si aggiungeva la crisi interiore, una crisi che è stata definita di fede. Il suo merito di santo? Quello di credere contro ogni speranza. A volte sembra pazzia, sembra pazzia anche per chi attraversa quel momento di sofferenza e di buio interiore, perché Dio si è nascosto VERAMENTE ai suoi occhi. Dio sembra essersi dimenticato di Lui. Con terrore, il credente, che ha sempre vissuto per Lui, si ritrova smarrito, in una solitudine che nessuno può sconfiggere. San Francesco aveva vissuto profondamente il momento della conversione, per cui la sofferenza intensa e lo "scoraggiamento" sperimentati alla fine della sua vita, erano in proporzione ad essi. Abbiamo un'immagine assai distorta dei santi: pensiamo sempre e desideriamo pensarlo, che siano "senza sentimenti", che sappiano superare ogni attimo di sofferenza senza che gli altri se ne accorgano... Ma non ci rendiamo assolutamente conto che, in realtà, anche Gesù non disdegnò affatto mostrare i suoi sentimenti più profondi nonostante fossero per noi, cristiani affermati, (!!!!!) negativi. Egli, infatti, pianse calde lacrime di fronte alla morte di Lazzaro. Non si vergognò per niente di mostrarle. Gesù è profondamente umano e la Sua santità, il Suo essere Dio, si manifesta nel credere e fare l'impossibile: risuscitare Lazzaro. Così San Francesco, nonostante il buio interiore, ebbe l'ardire di credere e affermare l'impossibile: "Laudato sii, o mi Signore, per sorella nostra morte...da cui nessuno può fuggire..."...
Anche santa Teresina, nell'arco della sua vita compose poesie stupende. Le sue consorelle commentavano dicendo che "doveva pur vivere nelle consolazioni"! Ma ella rispose: "Io scrivo solamente quello che voglio credere!".
Stupefacente, straordinario! Ma pure sconcertante!E...consolante! I Santi non erano già santi, ce lo dobbiamo mettere bene in testa, ma hanno saputo credere sempre nell'impossibile, nell'azione di Dio...

lunedì 1 novembre 2010

Festa dei Santi

Oggi è la festa dei Santi, di tutti i Santi. Piove ancora a dirotto: mi piace vedere i vetri spruzzati di gocce d'acqua, quell'aria cupa, scura... Le foglie degli alberi ormai screziate di giallo.... Già il buio della sera invernale sta calando, avvolgendo ogni cosa. Giornata davvero molto strana. Tanto tempo fa mia madre ebbe un incidente, dal quale si salvò miracolosamente. Per me è sempre stata una giornata molto particolare, anche oggi. Quasi sempre vissuta all'ombra della Croce, anche oggi. La Croce è il segno della Speranza, della Salvezza, con la S maiuscola. Mi domandavo... Ma allora, chi sono i Santi? Di solito è gente che passa inosservata, a meno che non sia stata insignita di doni speciali da parte di Dio, come potrebbe essere Padre Pio. Non sono solo loro, anzi, ultimamente i santi elevati agli onori degli altari sono persone "laiche" che hanno vissuto la loro vita nella normalità. Non sono coloro che hanno sofferto maggiormente, anche se poi, in concreto, il Signore ha chiesto loro molto perché conosceva la generosità del loro cuore. I santi sono coloro che hanno riconosciuto che ogni dono viene dal Signore, hanno speso la loro vita alla Sua ombra, senza domandare nulla...