lunedì 14 aprile 2014

Due bare bianche

Ieri sono andata al cimitero sulla tomba di mio padre. Nella cappellina dove le bare sono in attesa, proprio all'entrata del cimitero, ve ne erano due bianche: una piccolissima di un bambino appena nato o di un feto già formato, un'altra della stessa grandezza di quelle adulte. Questo si riallaccia alla mia meditazione sulla fiction "Braccialetti rossi": nessuno di noi sa quando sarà chiamato dal Signore. Per tale motivo bisognerebbe vigilare, come dice il Vangelo, in quanto il Signore arriverà come un ladro. Sarà molto brutto se giungerà quando noi avremo dei grandi rimorsi sulla coscienza o saremo consapevoli di aver sprecato la nostra vita in inutili lamentele, senza aver goduto della sua bellezza. Il tempo è un bene prezioso che va vissuto consapevolmente e non con il desiderio che questo passi velocemente. Come spesso ho detto, i momenti più difficili sono quelli poi, che diventano i più fruttuosi e i più cari, perché hanno voluto da noi, tutto l'impegno. Un po' come avviene quando si scalano i monti più alti: la salita è molto faticosa, ma quando si è giunti alla vetta, si può godere di un panorama stupendo, irrinunciabile.... Godiamoci la vita in tutta la sua pienezza e nel modo giusto, cioè amando gli altri e mettendo a servizio le nostre vite, consapevoli che ingannando gli altri o vivendo egoisticamente, non guadagneremo nulla.

domenica 13 aprile 2014

Braccialetti rossi

Riguardo ai vari calvari umani, quelli che ci fanno urlare d'orrore e di paura, volevo riflettere con voi su una fiction proposta dalla RAI poco tempo fa: "Braccialetti rossi". Questa fiction ha toccato i temi fondamentali della vita dell'uomo: l'amicizia, il tradimento, la sofferenza, la malattia, la morte. Come in una sinfonia, essa componeva una musica talvolta straziante, a volte sublime, a volte speranzosa. Sì, perché dietro tutto questo, dietro la sofferenza e la morte, c'era il messaggio pieno di speranza: la vita vince sempre.
Ognuno di noi, prima o poi, deve salire il suo calvario o assistere al calvario di altri, impotente, consapevole del fatto che il destino si compie inesorabilmente, che Qualcuno scrive una storia che noi vorremmo diversa.
Questa fiction, però, nonostante non tocchi direttamente il tema della fede, della speranza e della carità, ce lo presenta in modo efficace e semplice.
Alcuni ragazzi sono chiamati a vivere il mistero profondo e doloroso della malattia. Capiscono chiaramente che essa non rimane impressa solamente nel loro corpo, ma traccia segni indelebili come uno stile nel loro cuore e nelle loro anime. La cosa sorprendente è che parte imprescindibile e preponderante è un ragazzino in coma, Rocco, che aiuta i suoi amici nel momento difficile delle operazioni complesse e rischiose e in quello tragico della morte. Rocco si mantiene in contatto con i suoi amici tramite Tony, un ragazzino simpaticissimo, napoletano, che aveva subito un incidente a causa della sua imprudenza e irruenza giovanile. Simpaticissimo ed esuberante, Tony mostra  però di avere un animo sensibile davanti alle sofferenze altrui che fiuta ed intuisce dietro espressioni dubbiose, celanti drammi familiari irrisolti e complessi. Altro messaggio estremamente forte ed eloquente è quello di Davide. Dapprima egli appare maleducato e duro, senza cuore, davanti agli altri. A lui non importa della sofferenza altrui: si mostra beffardo nei confronti di Rocco e canzonatorio in quelli di un suo compagno di scuola che prende in giro perché grasso. Egli non si cura dei sentimenti degli altri, ma piano piano, vivendo la sofferenza e  l'amicizia del nuovo gruppo fondato da Leo, ragazzino coraggioso che affronta la sua malattia (un tumore) con determinazione e ilarità, Davide cambia, il suo cuore si apre al bene fino all'eroismo. Quando sarà operato al cuore, pur sentendo la morte incombere su di lui, conforta i suoi e nasconde i rischi che correrà ai suoi amici per non preoccuparli. Affronterà la morte con coraggio.
La vita, l'amore, l'amicizia, l'altruismo, sono i temi dominanti che tutti noi dovremo imparare. Davanti alla sofferenza dobbiamo imparare a non piangerci addosso, ma a superarla, amando la vita e vivendola con coraggio e abnegazione, sapendola offrire per gli altri, come hanno fatto questi ragazzi, semplicemente, con un sorriso.

La Passione del Signore

Oggi è la domenica delle Palme e della Passione del Signore.
È sempre un bene ricordare che le Palme non sono un amuleto ma è un "vessillo" ben preciso che riporta alla Croce. Questa domenica apre le porte a una settimana molto impegnativa e rigorosa: la settimana santa. Pensando alla Passione, non riesco ad allontanare dalla mia mente, il film di Mel Gibson, "The Passion". Un film crudo, senz'altro, ma che riporta fedelmente i patimenti di Gesù durante la Passione. La Domenica di Passione vuole però ricordare un altro punto della vita di Gesù. Gesù entra a Gerusalemme e viene acclamato come un re: coloro che lo acclamano come re, gli stessi, urleranno davanti a Pilato: "Crocifiggilo!".
È un momento molto forte e drammatico in cui Gesù sperimenterà fino in fondo il tradimento: quello degli Apostoli che lui stesso ha scelto e della folla che aveva sanato e beneficato. Non bisogna scordare il lato umano di Gesù. Quando si racconta della Passione, si rischia spesso di banalizzare e sottovalutare, pensando che tanto Lui era Dio.
È fondamentale credere invece che Gesù era VERO UOMO. Io stessa ho gridato a Dio per i calvari di tante vittime innocenti, ma la sofferenza che Lui ha subito è stata terribile, tanto da fargli desiderare di allontanare da sé quell'amarissimo calice.
La Croce che Gesù accetta nella sua vita è provocata dagli uomini. Nessuna azione potente come la divisione del Mar Rosso interviene a salvarlo. Egli accetta una croce umiliante, offertagli dagli uomini. Allontana da sé la tentazione insinuata dai suoi crocifissori, quella di scendere dalla croce in modo eclatante e l'atteggiamento di Gesù dice molto sulla tenerezza di Dio. Il miracolo di Dio è quello di stare sulla croce con coraggio, fino in fondo.
Semplicemente Lui accetta, ama la sofferenza... e la ama non per masochismo, ma perché ha una grande passione per l'umanità intera e la vuole salvare. Quando si ama, si accetta volentieri la sofferenza, perché questa genera vita... Come la donna che partorisce. Gesù stesso ha preso questo esempio. La donna che partorisce, quando giunge la sua ora, è afflitta, ma poi, quando si accorge di aver messo al mondo un uomo, dimentica tutto il dolore patito e la inonda la gioia di aver generato
una nuova vita.

lunedì 7 aprile 2014

Talento

Gesù ci ha insegnato che i doni vanno messi a servizio degli altri. L' uomo, però, non trova mai una mezza misura. C' è chi si mette troppo in evidenza e si vuole sempre al centro dell' attenzione, e chi invece si tira sempre indietro. In entrambe i casi la persona lo fa per alimentare il proprio orgoglio. Nel primo casocaso si è assetati del plauso altrui, nel secondo abbiamo paura di metterci in gioco per timore del giudizio altrui. La psicologia afferma che spesso quando si cerca la propria affermazione nel giudizio altrui, si è insicuri. L' atteggiamento giusto sarebbe non aver timore del giudizio altrui e nemmeno cercare la loro approvazione: semplicemente mettere a servizio degli altri i propri talenti per farli fruttare.

Apostolato

Tutti siamo chiamati all'apostolato, ovvero ad annunciare Cristo. Come la preghiera non deve essere concepita solamente come un dovere, ma diventare un' esigenza dello spirito, anche l'apostolato deve scaturire dal cuore dell' uomo come un desiderio ardente di annunciare Cristo. Sorgente dell'apostolato deve essere lo stupore, la gioia di avere incontrato Cristo. L' apostolato prende poi forma e corpo mediante le nostre capacità e disposizioni. I santi avevano ben compreso che tutto ciò che abbiamo non è nostro, siamo più propensi a metterlo a disposizione degli altri, con generosità e senza reticenze. Quindi l' apostolato è vero quando la persona incontra veramente Gesù. Non può nascere dalla tristezza. Quando incontriamo una persona speciale o ci accade qualcosa di bello, vogliamo annunciarlo, non vediamo l' ora che gli altri lo sappiano. Non si accende una luce per metterla sotto il letto, ma sopra il lucerniere affinché faccia luce.