sabato 26 ottobre 2013

Vera gioia

Ritorniamo al discorso sulla vera gioia. Vi sono emozioni negative e positive. La gioia, ovviamente, fa parte di quelle positive. La parola “positiva” significa costruttiva. Ma come facciamo a catalogare le emozioni in positive e negative? Non è tanto ciò che produce piacere in noi, anche se ovviamente anche la virtù, sebbene la pratica di essa ci faccia sudare, ci dona gioia. Positivo è tutto ciò che contribuisce a costruire qualcosa di noi stessi: la persona integra. In questo si radica la gioia cristiana. Le emozioni infatti, spesso e volentieri sono passeggere. Uno stesso evento, vissuto in tempi diversi, ci procura una reazione differente, non per questo cambia lo scopo e la natura di questo. La sostanza dell'evento è quella, siamo noi che lo accogliamo in modo diverso. Sappiamo bene che noi umani abbiamo bisogno di stabilità. Non dobbiamo lasciarci portare via dal vento delle nostre emozioni come se fossimo delle dune di sabbia. Abbiamo bisogno di una roccia stabile e, nella nostra vita, è solamente Dio. Non può essere altro. Tutto il resto è soggetto al mutamento, al divenire, alla corruzione. Solamente Dio è immune a questo processo di cambiamento. Dio è immutabile in quanto è eterno. Diventare stabili, perciò, significa fare tutto ciò che ci conduce a Dio, anche se ci costa. La pratica della virtù non è così semplice: essa talvolta ci chiede di negare qualcosa a cui teniamo. Perché lo dobbiamo fare? Semplicemente perché questo ci aiuta a costruire la nostra persona, interiore e fisica. Il bambino non deve toccare il fuoco, anche se questo è bello da vedersi... Però fa male...
Con questo torniamo alle origini del mondo, quando Dio creò l'uomo e la donna. Tante volte ho analizzato il momento in cui l'uomo cadde nel peccato per la prima volta. Il peccato si era presentato come una cosa buona e bella... Perciò l'uomo e la donna caddero nel peccato. È la nostra storia. Il peccato non si presenta mai come qualcosa di brutto. Si camuffa in qualcosa di bellissimo, adorabile e allettante. È qualcosa che sembra soddisfarci pienamente. In realtà non è così. Il gesto della donna e dell'uomo è preceduto dalla tentazione, cioè dal dubbio insinuato dal serpente nei confronti di Dio. Il peccato si nasconde spesso in una cosa buona e giusta... ma non è. Ci vuole molta capacità di discernimento e tanta prudenza. A questo si arriva solamente con la preghiera, non con altro, altrimenti potrebbe essere dettato da una nostra esigenza... Il frutto del peccato era bello da vedersi, buono al palato, ma produsse tanta amarezza, perché introdusse la morte nella vita dell'uomo. Già, spesso ciò che soddisfa il nostro corpo e i nostri sensi, ci conduce alla morte.
Voglio ricordare inoltre, che il diavolo, spesso e volentieri, quando appariva ai santi per tentarli, si presentava come un bellissimo uomo, distinto ed elegante e proponeva quasi sempre qualcosa di buono per il corpo. “Non fare questo, fa male al tuo corpo!”... No, il cristiano deve mettere sempre l'esigenza dello spirito: tante volte infatti neghiamo a Dio delle cose che non fanno per niente male al nostro corpo!

Maria, nostra madre

Vorrei dedicare questo post alla Madonna. Ottobre è il mese del Rosario e non sarebbe giusto non dedicare almeno un post a Maria, nostra madre celeste.
La Chiesa è molto cara a Gesù perché è nata dal suo costato squarciato, dal suo Cuore trafitto. Meditare sull'origine della Chiesa è molto importante: una persona, infatti, si può conoscere veramente solo se sa quali sono le proprie origini. La Chiesa è nata ai piedi della Croce di Cristo. Ma andiamo per ordine. Gesù, in precedenza, aveva “nominato” Pietro primo apostolo in seguito alla sua professione di fede. Gesù in quell'occasione aveva lodato l'impetuoso Pietro sottolineando che non era stata la sua intelligenza a farlo parlare, ma lo Spirito che gli aveva donato una fede profonda... La Chiesa, perciò, è fondata sulla professione di fede. Ma ahimé... Gesù conosceva molto bene Pietro, sapeva che al momento della Passione lo avrebbe tradito per timore della morte. Eppure, nonostante ciò, Gesù non scelse Giovanni, l'apostolo che lo seguì fino alla Croce, fino al momento del suo ultimo respiro. Questa scelta la dice lunga su come ragiona Dio. Pietro lo tradì miseramente e in modo “perfetto”: il numero tre indica la perfezione. “Non conosco quell'uomo!” aveva detto per ben tre volte. La Chiesa è fatta di uomini che tradiscono seppur ricoprano in essa cariche importanti. Questo per far capire che non sono gli uomini a guidare la Chiesa ma lo Spirito Santo, lo Spirito di Dio. Giovanni non ebbe la carica di primo papa sebbene lo seguì fin sotto alla croce, sebbene visse il dolore con coraggio e fedeltà, ma ricevette un mandato per nostro conto. Gli Ebrei attribuivano alle ultime parole pronunciate da un morente, importanza particolare. Anche noi abbiamo ereditato questa mentalità: sono in pratica le ultime volontà del defunto. Gesù in quel momento si rivolse a Maria e le disse: “Donna, ecco tuo figlio”; poi si rivolse a Giovanni e disse: “Figlio, ecco tua madre”.
In quel momento Gesù affidò a Maria l'intera Chiesa e fu per quel motivo che si rivolse prima a Maria. Nello stesso tempo noi siamo stati affidati a Maria. E chi è una vera Madre? È colei che ama il figlio non per quello che fa ma per quello che è, in ogni circostanza. Lo educa al bene: sì, lo conduce al bene, alla Verità, quindi a Gesù... Solo Lui è la Verità! Solo in Lui c'è il vero bene, tutto il resto è chimera. La pietà popolare vuole onorare Maria con una preghiera semplice che per qualcuno può essere solamente ripetitiva: il Rosario. No, non è una preghiera ripetitiva... Quando amiamo veramente una persona, non ci stanchiamo mai di dirle quanto le vogliamo bene, sentiamo l'esigenza di farlo e a volte il farlo è una conquista... e se conosciamo bene e realmente la nostra debolezza, non esitiamo a domandare aiuto, perché sappiamo che siamo sempre in bilico e che, anche se non ci sembra, potremmo cadere da un momento all'altro. Ecco perché la recita dell'Ave Maria per ben 200 volte: il Rosario intero è composto da 20 misteri. Rivolgiamoci quindi a Maria con questa bellissima preghiera: Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con te, tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del Tuo seno, Gesù. Santa Maria, madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell'ora della nostra morte, Amen.

venerdì 25 ottobre 2013

Credo nell'intima bontà dell'uomo

E’ un miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perchè esse sembrano assurde e inattuabili.
Le conservo ancora nonostante tutto perchè continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo. … Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più forte l’avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore di milioni di uomini, eppure, quando guardo il cielo penso che tutto si volgerà nuovamente al bene, che anche questa spietata durezza cesserà, che ritorneranno l’ordine, la pace e la serenità.
Intanto debbo conservare intatto i miei ideali; verrà un tempo in cui saranno ancora attuabili


Comincio questo post citando una celebre frase che Anna Frank aveva scritto nel suo diario. Quattordicenne, sembra possedere più maturità di un sessantenne. Morirà di tifo in un campo di concentramento . Quella che sta parlando non è una ragazzina che conosce solamente la pace, ma una consapevole che fuori dall'alloggio in cui tutta la sua famiglia si nascondeva, si consumava un eccidio che ha coinvolto non solamente degli Ebrei ma tantissima altra gente. L'ho pubblicato per far comprendere che la gioia del cuore non è un ammattimento dei cristiani, una fissa dei cristiani. Nasce dalla vera fede, quella in Dio, l'unica che può spiegare e dà senso ad ogni sofferenza umana. Non c'entra l'età: Anna era molto giovane, aveva tutta una vita davanti a sé. La fede non ha età, semplicemente ti dà la certezza di un futuro eterno.

La gioia

Continuando il discorso dell'altro post, vero è che alcuni Ebrei che subivano l'Olocausto, avevano perso la loro fede in Dio, o almeno, erano giunti a dubitare della sua presenza. Nel film sopracitato, “Il pianista”, alcuni Ebrei vedendo la grande sofferenza che subivano, com
mentavano di dubitare della presenza di Dio... E come biasimarli? Ciò che noi vediamo nelle fotografie raccapriccianti, loro lo avevano visto realmente. Noi voltiamo lo sguardo inorriditi, oppure cerchiamo di evitare di pensare, loro erano costretti a sotterrare i corpi di familiari e amici con l'obbligo di non lasciar intravedere alcuna emozione sia positiva che negativa, pena la vita. Sto parlando dell'Olocausto, ma tali riflessioni sono applicabili a qualsiasi altro genocidio o guerre che passano sotto silenzio visto che non implicano il commercio del petrolio. Basti pensare alla tragedia consumatasi nei Balcani nel '90; alle guerriglie nel continente africano tra tribù differenti che di certo non andavano per il sottile usando machete e asce per farsi “giustizia”e sterminare così intere famiglie; alla tragedia degli Armeni più volte braccati dai Turchi; alle persecuzioni dei cristiani ad Algeri dove fu massacrata un'intera comunità di cistercensi. A tale proposito vi consiglio la visione del film “Uomini di Dio” che racconta semplicemente la loro storia, umana e spirituale, fatta di paura, redenzione, olocausto, croce e resurrezione.
Insomma, è l'odio umano che prende corpo in violenze camuffate da idee politiche, religiose, tribali, ma che, in verità, non ha alcuna giustificazione. Eppure in un luogo lugubre come un campo di concentramento nazista, dove si impazziva per la sofferenza o sempre più spesso si sceglieva la morte volontaria, si poteva assistere ad atti eroici d'amore. Viktor Frankl ha raccontato questi episodi nel suo libro “Uno psicologo nei lager”: egli aveva osservato che in luoghi come quelli o s'impazziva, si diventava assolutamente egoisti, capaci solo di perseguire la propria incolumità, oppure si era capaci di atti di amore eroico. Egli studiò l'atteggiamento degli internati e aveva osservato che coloro che sublimavano la propria esperienza di sofferenza nell'offerta a Dio, sapeva vivere felicemente anche in un lager e morire serenamente perdonando persino i suoi aguzzini. Com'è possibile? Eppure sono storie vere. Viktor Frankl ha raccontato queste vicende e le ha viste con i propri occhi. Ha dimostrato che anche in una condizione terribile, sia fisica che psicologica, si può essere felici e altruisti! Nel mondo cristiano tanti sono riusciti a morire martiri in un campo di concentramento, basti pensare a Edith Stein, a Massimiliano Kolbe. Hanno affrontato il loro martirio con dignità, a testa alta, facendo tremare la mano dei loro stessi boia, come d'altronde hanno fatto i primi cristiani. Allora il segreto della felicità non sta in quello che ci accade, nelle contingenze della vita, ma in una intensa vita cristiana, nella visione di una vita eterna...

domenica 20 ottobre 2013

La violenza

Ultimamente in una rete privata hanno trasmesso nuovamente il bellissimo film capolavoro di Roman Polanski, "Il pianista". Espongo brevemente la trama per chi non la conoscesse. Il film è ambientato in Polonia al tempo del Nazismo. Questo drammatico periodo storico viene presentato con gli occhi di un artista che ama profondamente la musica, arte che si rivelerà come ancora di salvataggio. Persa tutta la famiglia ingoiata dall'odio nazista nei campi di concentramento, salvato da un gendarme che lo aveva già aiutato in precedenza, il pianista, Władysław Szpilman, vive ramingo fino alla liberazione della Polonia. Egli vive le drammatiche vicende del tempo che vede gli Ebrei e non solo, vittime di un odio che non ha pari, di una follia generale che uccide senza ragione e gode della tortura della sofferenza altrui. Władysław Szpilman vede i rastrellamenti, le fucilazioni, i morti di fame ai margini della strada... vede un odio cieco che uccide bambini innocenti. Dopo che Varsavia insorge, Władysław ritorna nel ghetto e vaga in cerca di cibo. Si rifugia in una soffitta con una scatola di cetrioli che aveva trovato. La fame è molta e l'unica scatola che può salvarlo, è dura da aprire. Mentre cerca di aprirla con mezzi di fortuna incontra un ufficiale tedesco che, venuto a conoscenza della sua antica professione di pianista, gli chiede di suonare l'opera 23 di Chopin. L'ufficiale è colpito dalla sua esecuzione e lo aiuta portandogli da mangiare e regalandogli il suo pastrano per difenderlo dal rigore del freddo. L'ufficiale tedesco viene poi catturato dall'Armata Rossa e quindi deportato nei campi di lavoro. In seguito ad alcune ricerche, l'ufficiale tedesco viene identificato come Hosendelf Wilm, un uomo che, durante la guerra, svolse un'azione umanitaria straordinaria, salvando numerose vite dall'odio nazista.
Il film induce alla riflessione, soprattutto in seguito alle vicende di Pribke, uno degli autori dell'eccidio delle fosse Ardeatine.
L'odio cerca sempre una giustificazione. A quei tempi la giustificazione era l'appartenenza a un gruppo politico. Il film "Il pianista" dimostra che non è quello che giustifica. Tra i boia c'erano anche uomini che avevano il coraggio di essere uomini rischiando la loro stessa vita, come fece Hosendelf. Sì, perché qui si tratta di fare la differenza tra uomini e assassini. Non si spara senza ragione per ragioni politiche, è solo un pretesto. Ciò che accadde a quei tempi è inammissibile. Non si può spiegare una tale crudeltà. Il film di Polanski è crudo ma non rappresenta poi tutta la realtà così com'era. Sorge spontanea una domanda: e se fosse capitato a noi? Se fossimo stati noi gli ebrei? Avremmo accettato la "logica" dell'olocausto? No, credo di no. A volte si parla senza riflettere, senza aver vissuto sulla pelle certe cose. Bisognerebbe imparare a mettersi nei panni degli altri per capirli veramente e porsi questa domanda: a me piacerebbe essere trattato così? E così, in nome di una bandiera, di idee politiche si è diventati degli assassini "legali", giustificati. Non è così, non può essere così: la violenza non si deve mai giustificare, a qualsiasi bandiera appartenga. Al tempo della seconda guerra mondiale, infatti, non hanno sbagliato solamente i nazisti. Come Martin Gray aveva raccontato nel suo libro, "In nome dei miei", la vendetta non riportava i suoi in vita: erano stati ingoiati dalla furia e follia nazista, ma nemmeno la vendetta ricercata facendo parte dell'Armata Rossa, aveva riportato i suoi cari in vita. L'odio li aveva uccisi e la vendetta era amara, non gli dava alcun conforto: o si era boia o vittime. Mentre faceva parte dell'Armata Rossa, si accorgeva che i suoi metodi erano spietati come quelli dei nazisti: il suo sguardo si posava su bambini, donne, uomini tedeschi anonimi che non avevano nulla a che fare con i boia che li picchiavano, li uccidevano nei campi di sterminio. La sua vendetta non trovava respiro: si sentiva come i boia tedeschi che avevano rovinato la sua vita. L'odio non si giustifica che si vesta di rosso o di nero. Mai. Così capì che i suoi potevano ritornare in vita con la generazione di altre vite e non con la vendetta. Questo riporta alle parole di papa Francesco: non si risponde alla violenza con la violenza. Martin non era cattolico, era ebreo, non "accettava" la predicazione di Gesù di non opporsi al malvagio, eppure l'aveva compresa pienamente, era stata la sua coscienza a raccontargli il vero amore.
Stiamo attenti a come agiamo: Gesù aveva detto che è dalle piccole cose che si comincia. Se si è senza scrupoli nelle piccole cose, lo saremo anche nelle grandi. Chi è fedele nel poco, lo sarà nel molto. Se siamo crudeli o disonesti nel poco, lo saremo anche nel molto... Abbiamo i politici e la società che noi ci meritiamo. Cominciamo noi ad essere fedeli, onesti, costruttori di pace e umanità, senza aver paura dei nostri limiti, perché nessuno è perfetto, ma cerchiamo di costruire noi una società migliore, smettendo di puntare il dito contro gli altri. Facile responsabilizzare sempre gli altri, ma io cosa faccio per rendere la società migliore?

mercoledì 9 ottobre 2013

I dieci Comandamenti

Si pensa che i Dieci Comandamenti siano gravosi perché limitano la libertà dell'uomo, eppure sono inscritti nel suo cuore più di quanto si possa pensare. Fuori di essi c'è disordine e sofferenza, pur senza volerlo. Ciò che li rese gravosi ai tempi di Gesù, erano i tanti codicilli che li accompagnavano e che erano in verità opera e pensiero dell'uomo. Gesù era molto severo riguardo a questo. I Farisei dimenticavano che i Comandamenti più importanti che sintetizzavano gli altri erano questi: Ama Dio con tutto il cuore, la mente e le tue forze e il prossimo tuo come te stesso.
Amare sinceramente il prossimo dipende sicuramente da come si ama Dio. Se si ama tanto una persona si tende a pensarla sempre, a farla diventare il vertice su cui si basano tutte le altre scelte, si desidera condividere la propria vita, le proprie emozioni, i momenti di silenzio e a prenderla come modello. Così dovrebbe accadere ad ogni cristiano. Amare Dio intensamente non è per pochi. Nell'Antico Testamento si alternano momenti drammatici, di fedeltà e tradimento, di passione per il servizio di Dio e cadute nell'abiezione più totale. Il filo conduttore, però, rimane sempre l'amore e la fedeltà di Dio verso un popolo che talvolta lo tradisce, che pecca gravemente ma che poi ritorna sanguinante. La vita degli Ebrei era basata sull'amore di Dio, non si può negare: agli inizi il loro governo era teocratico. Tutti erano religiosi, nessuno poteva escludere Dio dalla propria vita. Gesù non abolisce sicuramente i Dieci Comandamenti ma li completa, li scrive nel suo cuore e cancella il peccato dell'uomo, gli apre le porte del Paradiso, non più quello terrestre, ma quello della piena comunione con Dio. Sono scomodi, eppure delineano la strada che porta alla vera gioia.

domenica 6 ottobre 2013

Spalancate le porte a Cristo


Papa Giovanni Paolo II, all'inizio del suo pontificato, pronunciò una frase che sintetizza il programma del cristiano: “Aprite, spalancate le porte a Cristo”. È un programma molto impegnativo anche questo. I successori di Giovanni Paolo II non hanno fatto altro che spiegare quest'imperativo a cui ogni uomo dovrebbe obbedire. Un cuore aperto non può fare selezioni. Basti pensare all'atteggiamento di Gesù raccontatoci nei vangeli: Gesù lasciò che una peccatrice gli bagnasse e asciugasse poi i piedi dalle sue lacrime... Si è lasciato accarezzare da una donna! Se andiamo al significato di tale gesto, potremmo comprendere il motivo di tante discussioni intorno alla vita di Gesù e alla costruzione di tante menzogne sul suo conto. Qualcuno aveva pensato che Lui avesse una donna, da qui il libro del “Codice da Vinci”. Già, perché lavarsi i piedi, in ebraico significava “conoscere” la propria moglie. Nell'enciclica “Deus Charitas est” è spiegato molto bene questo concetto, come l'amore cristiano si avvalga anche di gesti umani sublimandoli, rammentando che questi riportano al momento dell'atto creativo di Dio. Gesù è talmente libero che non si pone scrupoli nel lasciarsi accarezzare; lascia che quella donna esprima l' amore che prova nei suoi confronti nel modo che le è più confacente. Non ha timore di essere giudicato dai Farisei. Il suo cuore è aperto ad accogliere ogni dolore umano. Non scordiamo che per gli Ebrei lasciarsi toccare da un peccatore voleva dire rendersi impuri, non poter partecipare alle funzioni religiose, ovvero essere scomunicato totalmente dalla comunità civile e religiosa del tempo. Gesù non ha timore di questo, affronta la sofferenza, sapendo che comunque la vita ferisce. Sostiene l'amore fino a compromettersi, libero di amare, libero dai vincoli storici e dai giudizi della mentalità del tempo. L'amore, quello vero, rende liberi. La verità, in tutte le sue sfaccettature, rende liberi. Dire la verità, significa abbracciare Cristo. Ogni menzogna fa male e se per la verità e l'onestà, si è capaci di perdere se stessi, la propria reputazione, gli “amici”, si conquista la libertà di Cristo, di essere se stessi anche se tutti gli altri agiscono diversamente. Non è la massa che decide i comportamenti giusti da attuare, ma gli ideali in cui credi fermamente. Ecco ciò che muoveva i soldati a dare la vita per la propria Patria, o i cristiani a dare la vita per Cristo. L'amore, la solidità nei propri ideali che si rendono vivi se hanno radici nella persona che li vive. “Tutti fanno così”, allora mi sento in dovere di farlo anch'io a costo della vita e felicità degli altri. No, non deve essere questo il faro che regola la tua navigazione... perché il “Tutti fanno così” può cambiare in un istante. Cristo, invece, no, è la roccia eterna. Se tutti fanno così, io devo essere capace di andare contro corrente... così come nel vangelo, Gesù salirà sulla mia barchetta e placherà il furore del mare e la lascerà scivolare placida in mezzo alle onde...al suo porto sicuro.

Cristiani da pasticceria


Papa Francesco ci sorprende con le sue frasi impegnative e sicuramente difficili da attuare se si prendono sul serio. Riflettiamo su una di queste.

“Senza spogliarci, diventeremo cristiani da pasticceria”. Che cosa vuole dire papa Francesco con questa espressione? Viene pronunciata in un contesto particolare, la festa di san Francesco, patrono d'Italia. Francesco aveva abbandonato le sue ricchezze per farsi povero, per abbracciare la povertà con tutta la sua vita. Aveva compreso che noi non siamo fatti a cantoni, ovvero a compartimenti stagni. Nonostante spesso ci sentiamo spezzati dentro, siamo un tutt'uno. Quando in noi si verifica una scissione, ecco che entriamo in crisi. Ci mettiamo in discussione, critichiamo il nostro operato. La critica può essere costruttiva. Ogni crisi può sfociare in qualcosa di buono che ci induce a modificare i nostri schemi comportamentali.

Francesco aveva compreso pienamente che Dio poteva riempire il vuoto che aveva nel cuore. Mutò totalmente il suo stile di vita e lo iniziò dopo un gesto clamoroso che suscitò ammirazione nel vescovo: portato a giudizio dal padre davanti al vescovo, reo di aver sperperato i suoi beni, Francesco si spoglia davanti a tutti. Rimane nudo davanti agli astanti. Al giorno d'oggi questo fa scalpore, ma a quei tempi essere nudi non era poi così scandaloso. Le famiglie erano numerose e spesso nelle famiglie si svolgevano anche gli atti più intimi con il rischio di essere visti. Ciò che, invece, scandalizzò gli astanti, fu il fatto che lasciò tutte le proprie ricchezze per abbracciare uno stile di vita non riconosciuto nemmeno dalla Chiesa. La gente conosceva i conventi, le comunità monastiche, che possedevano comunque dei beni ed esercitavano un potere temporale. Il vescovo, infatti, fungeva da arbitro, da giudice, ecco perché il padre di Francesco chiamò il figlio davanti a lui. Quando si sperimenta la vera pienezza di Dio, non si desidera altro che viverla nella sua totalità, in ogni ambito di vita, senza sentirsi menomati, ma persone complete, migliori. Così Francesco sperimentò Dio nella sua totalità e fece una scelta che compromise la sua reputazione. Lasciò tutto per Dio. Si spogliò dell'uomo vecchio e si rivestì di quello nuovo. Chi non fa esperienza di Dio, non può comprendere ciò che accadde nello spirito di Francesco. Essere veri cristiani vuol dire essere gioiosi, saper portare la gioia, la vera letizia pure nella sofferenza. Essere veri cristiani significa saper fare scelte pur sapendo che queste non saranno comprese e che tanti ti volteranno le spalle deridendoti, anche tra coloro che si professano cristiani cattolici e poi non lo sono. Il vero cristiano è colui che sa perdere la propria vita sapendo che sta conquistando quella eterna, che sta trovando il vero tesoro. Tanti possono lasciarti, in certi ideali ti sentirai solo, ma se li hai sperimentati e senti nel tuo cuore la vera gioia, sii sicuro che quella è la strada giusta. Accadde anche a Gesù. Il suo fascino ammaliava tanti, ma quando toccava argomenti duri che costavano, ecco che tanti discepoli gli voltavano le spalle. No, non bisogna aver timore della solitudine, perché il vero cristiano sa di non essere mai solo e che sta lottando per qualcosa che rimarrà in eterno...