sabato 3 luglio 2010

Riflessione sulla vita

A volte penso che l'uomo non rifletta abbastanza sul suo destino eterno. La sua mente sembra fermarsi alle cose materiali escludendo Dio dai suoi progetti. La vita dell'uomo è un dramma fin dal suo sbocciare. Dall'eternità del pensiero di Dio, s'incarna in un grembo ed entra nel mondo cominciando ad essere soggetto alla misteriosa legge del tempo. Tutti, animali, uomini, piante, persino le cose sono soggette all'inesorabile legge del tempo. Tutto è destinato a corrompersi, a morire. L'uomo sembra esorcizzare questo pensiero e si dibatte tra scienza e religione, non sapendo bene come cavarsela e dove trovare una risposta. La cosa straordinaria, sperimentata da molti, è che la morte di un individuo spesso genera una nuova vita. Cosa strana, eppure raccontato da molti. Ho sentito raccontare infatti che, in una famiglia, priva di figli, dopo la morte del proprio genitore, è nata una nuova vita, quella che forse avevano aspettato da tempo. Vero, l'ho sentito da molti. In qualche modo la morte ha generato la vita. E ciò è stato commentato da chi non era particolarmente credente. Un mistero meraviglioso... un segno meraviglioso. Intanto la morte suscita paura, meglio non pensarci.... o meglio, se ne sente parlare ogni giorno, proclamata anche nei film, ma una riflessione vera e propria su di essa sembra non essere stata mai fatta. Si pone l'accento sulla tragicità, ma l'interrogativo su di essa, galleggia nell'aria, come una bruma leggera, una pallida tenda che oscura il cielo dell'esistenza, pronta a squarciarsi quando il nostro pensiero viene colpito da una notizia tragica, della morte innaturale di qualche giovane. Allora, una riflessione sulla morte, s'affaccia, fa capolino dai nostri pensieri confusi, opacizzati dalle mille cose da sbrigare, soffocate dai divertimenti. Gesù Cristo? Un'idea. Mi piacerebbe chiedere ai tanti cattolici, se veramente credono nella Resurrezione di Gesù. Non so quanti risponderebbero positivamente. Forse credono nell'aldilà ma esso non diventa motivo di riflessione finché c'è la salute e il benessere. La Croce di Gesù predica dall'alto del Tabernacolo, con le sue piaghe, silenziose, ma molto più eloquenti di qualsiasi discorso. Essere cristiano non vuol dire compiere solamente buone azioni, fare la carità. Assolutamente, no. Non è questa l'essenza del cristianesimo. Il simbolo del cristianesimo è il Crocefisso e il Risorto. Sì, perché l'adorazione del Crocefisso non avrebbe senso, senza la riflessione della Sua Resurrezione. Come avevo già detto, non avrebbe senso il venerdì Santo, senza la Resurrezione. Adorare un morto sarebbe alquanto stupido e senza alcun nesso logico. Noi Cristiani dovremmo vivere ciò che ripetiamo durante la Messa dopo la Consacrazione del Pane e del Vino in Corpo e Sangue di Cristo. “Annunciamo la Tua morte, o Signore, proclamiamo la Tua Resurrezione, nell'attesa della Tua venuta!”. Questa piccola frase è il compendio di tutta la nostra fede. La nostra fede si fonda sulla morte, resurrezione e attesa del Salvatore che ci introdurrà nel Suo Regno. In poche parole, la nostra vita e morte redente dalla Sua morte e resurrezione. Se vivessimo solamente per questa vita, vivremmo invano. Non avrebbe senso. Quest'ideologia, però, spiega il modo di vivere di tante persone senza fede. Vivono il presente, assecondando i loro capricci, facendo del bene solo quando garba e per una semplice legge inscritta nel cuore o ancor peggio per un tornaconto. Non che i cattolici facciano tutto per amor di Dio. Questo è molto difficile. Non esiste un'azione veramente pura, scevra da ogni egoismo. Purtroppo...aggiungerei. In queste persone di certo, si affaccia il pensiero della morte. Esso serpeggia, nonostante la loro volontà, attraverso le pieghe più profonde del loro io, infondendo malumore e sofferenza. È un evento naturale, inesorabile della vita, per loro. Questo concetto, però, non calma i loro interrogativi pressanti perché l'evento della morte è inesorabile. Allora, malumore, vendicatività, corsa al potere... e poi, senso di frustrazione, depressione grave, quando il sostegno del lavoro e la salute, la loro efficienza che li gratifica, viene a mancare ed entra a far parte di quella legge inesorabile del tempo che segna il volto, fiacca il corpo e alla fine ci conduce alla tomba.

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