sabato 29 giugno 2019

Amore verso il prossimo

Il vero amore comincia con quello verso la propria famiglia ed è da intendersi bene, perché altrimenti rischiamo di fare un gran minestrone. Sembra scontata questa frase, ma non lo è. Il comandamento che Dio diede a Mosè riguardava il prossimo. “Ama il prossimo tuo come te stesso”... ed era un grande comandamento, esplicitato e ampliato da Gesù. Per prossimo si intendeva la propria famiglia e il proprio gruppo sociale. Non erano compresi gli stranieri e coloro che avevano fede differente da quella ebrea. Cominciare però ad amare quelli della propria famiglia è il primo passo fondamentale in assenza del quale sarebbe vacuo amare chi è lontano da noi.

La famiglia o il gruppo a cui si appartiene è il luogo in cui esercitare la propria carità vera, il luogo in cui ci si scontra molto spesso per divergenza di opinioni o di stile di vita, il luogo in cui bisogna praticare per la prima volta l'inclusività e soprattutto il perdono. Purtroppo dentro le mura della famiglia, proprio quella di sangue, vi sono tante gelosie, tanto sparlare dietro per spogliare il proprio fratello/sorella della propria dignità o reputazione di fronte all'autorità rappresentata dai genitori. Oppure vi è tanto interesse per il quale si ritiene che passare sopra la dignità e la felicità altrui, sia lecito. La gelosia e l'invidia sono il cancro delle famiglie, creano divisione ed emarginazione, si feriscono le persone fino ad arrivare a episodi di grande sopraffazione. Non è quindi così scontato il comandamento inteso dagli Ebrei di amare il proprio prossimo. Loro sapevano che era molto difficile. In fondo esistono ancora Caino ed Abele e sono ancora oggigiorno il prototipo di rapporti resi a brandelli dalla gelosia e dall'invidia. Se non si lavora su questo punto, non si può predicare l'amore verso coloro che sono lontani. Tale inclinazione verso gli altri è tutto meno che amore. Infatti spesso più siamo frustrati nel seno della nostra famiglia d'origine, più ci gloriamo e cerchiamo approvazione e lodi riguardo al nostro operato da parte degli estranei... e giù lodi verso noi stessi... senza accorgerci che ci rendiamo ridicoli agli altri, ma soprattutto a noi stessi. Ci raccontiamo bugie e, mentre le raccontiamo a noi stessi, viene automaticamente più naturale e comunque lecito, raccontarle agli altri. Ad un certo punto non ci accorgiamo di vivere nella menzogna, di vivere in un mondo parallelo che non esiste assolutamente, in un mondo in cui noi siamo i geni della situazione.
Gesù non è venuto per cancellare la legge data a Dio da Mosè, ma per darle compimento. L'ha detto più volte. Il compimento dell'amore è che bisogna procedere a gradini, prima la propria famiglia, il proprio gruppo sociale e poi gli altri. Da che mondo e mondo anche il più semplice degli apprendimenti avviene così.
Mi chiederete e … se siamo noi vittime di gelosia ed invidie? Perdonate... è difficilissimo, ma perdonate, anche quando siete bistrattati dai vostri cari... ma non lasciatevi trattare come zerbini! Dovete dimostrare che avete perdonato non per paura di essere poi dimenticati o messi da parte dai vostri, ma che è stata presa una decisione sofferta, da una persona con una personalità forte, capace di decidere e di stare da sola. Quindi perdonare non significa lasciare che gli altri decidano per noi e ci calpestino.

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