Il vangelo di oggi ci
esorta a pregare incessantemente con accenti forti di speranza.
Racconta infatti di un giudice disonesto che viene importunato da una
vedova. Non vuole assecondare le sue richieste, ma per la sua
insistenza, viene spinto a esaudirla. Ciò deve essere segno di
speranza per noi. Se un giudice disonesto asseconda i desideri di una
vedova che lo importuna, tanto più Dio che ci ama, se noi gli
chiediamo cose buone, ci asseconderà. Chiaramente dobbiamo chiedere
cose buone. Oltre a questo punto, il vangelo mi ha fatto venire in
mente i “Racconti di un pellegrino”. Il pellegrino vuole attuare
questa parte del vangelo, ma non sa come fare. Pregare
incessantemente non è semplice. Ci lasciamo distrarre da tante cose.
Pregare non significa solamente ripetere “Mio Dio, abbi pietà di
me” come raccontano i “Racconti del pellegrino russo”, ma il
trucco sta nel vivere l'amore ossia a trasformare la vita in
preghiera. Non è così semplice... Eppure è ciò che Dio vuole da
noi.
Ama e dentro il tuo cuore ci sarà un piccolo frammento dell'infinito di Dio, un piccolo specchio che rifletterà l'azzurro del cielo. Entra nella cella del tuo cuore e immergiti nel suo silenzio...Ascolta, parla il tuo Maestro! Colui che creò le imponenti montagne e il mare immenso...
sabato 15 novembre 2014
lunedì 10 novembre 2014
Il perdono
Quante volte dovrò
perdonare? È la domanda che, sgomenti, gli Apostoli rivolgono a
Gesù. Già perdonare una sola volta, è difficile, immaginarsi
“perdonare sempre”!
Il nodo del problema sta
proprio nel perdonare se stessi. Se non riusciamo ad accettare le
nostre imperfezioni, non con un facile buonismo, ma con umiltà,
riconoscendoci fragili senza l'aiuto di Dio, non riusciremo a
perdonare né ad accettare le mancanze degli altri. È un'impresa
straordinaria. Spesso e volentieri diciamo agli altri di perdonare,
ma poi quando tocca a noi, tutto diventa complicato, s'ingarbuglia e
ci accorgiamo che nella nostra mente si deve azionare tutto un
meccanismo che, oltre alla fede, coinvolge la memoria e la nostra
capacità di ragionare.
Saremo dei veri cristiani
quando avremo il coraggio di perdonare sempre. Difficile la pratica,
ma non impossibile: ecco la corsa verso la meta che abbiamo accennato
nell'altro post. Per praticare il vero perdono, bisogna correre
perseveranti verso la meta, ovvero Cristo.
Non c'è altro modo.
Dobbiamo però scoprire l'amore che Cristo ha per noi, altrimenti non
muoveremo un passo! Riconosciamo il suo amore. Tante volte pensiamo
superficialmente che Dio ci ama, ma poi in pratica non lo
dimostriamo. Egli ci perdona, sempre, anche ciò che la nostra
coscienza non osa perdonare. L'amore di Dio è illimitato e ce lo
dimostra pure con il racconto di quella parabola che fa fremere i
nostri cuori fin nel profondo, ovvero quando ci racconta che agli
operai che ha chiamato per ultimo e che hanno lavorato solamente un'
ora, ha elargito la stessa paga di quelli che hanno lavorato per ore
sotto il sole. Non sembra, ma questa parabola ci sgomenta: come può
dare Dio anche a degli assassini il Paradiso che noi, con fatica,
cerchiamo di conquistare ogni giorno, cercando di essere fedeli nella
preghiera, nella pratica della Pietà?
Non osiamo dirlo, ma
dentro il nostro cuore c'è una rivoluzione. Abbiamo sete di
giustizia, tutti noi abbiamo sete di giustizia e quando capitano
delle ingiustizie il nostro intimo freme per ottenere giustizia e non
abbiamo pace finché questa non si compie davanti ai nostri occhi.
Talvolta diventa la nostra speranza maggiore. Solamente che Gesù,
oggi, ci esorta ad andare oltre a questa visione umana: dobbiamo
desiderare che le porte del Paradiso si spalanchino anche per chi ci
ha fatto veramente male, per chi ci ha distrutto completamente la
vita, ha spento i nostri sogni e le nostre aspettative. Eppure Gesù
ci chiede questo. Impossibile per gli uomini, ma non presso Dio a cui
tutto è possibile, anche smuovere le montagne del nostro egoismo.
D'altronde se guardiamo meglio dentro di noi, abbiamo tante cose da
rimproverarci, troppe. Già, a volte noi siamo portati a non
perdonarci ma soprattutto a non perdonare gli altri, ad essere
severi, ad essere ciechi davanti ai nostri difetti.
La psicologia lo dice
chiaramente: chi non si accetta, è portato ad essere critico con gli
altri... e ancora ci dice che, spesso e volentieri, si presenta un
paradosso: vediamo i nostri difetti negli altri e pretendiamo che gli
altri si correggano.... Vi sembra strano? Eppure è così. Ad esempio
pretendiamo che gli altri siano sinceri, ma non ci accorgiamo che noi
stessi non lo siamo e pretendiamo, appunto, che gli altri siano
sinceri, come noi non lo siamo.
domenica 9 novembre 2014
Gesù e lo zelo per la sua casa
Il vangelo di oggi ci
consegna la figura di un Gesù insolito, che ci dà quasi fastidio. È
il famoso vangelo di Gesù che, al Tempio, scaccia i venditori e i
cambiamonete usando una frusta.
Alcuni atteggiamenti di
Gesù ci possono disorientare: quando, appunto, scaccia i venditori
dal Tempio, con fare piuttosto violento, oppure quando non esita a
chiamare vipere e ipocriti i Farisei, Scribi e i Dottori del Tempio.
Eppure anche questi
racconti fanno parte dei Vangeli. Sono fatti accaduti sul serio e che
hanno fatto riflettere gli Evangelisti o gli Apostoli.
Riflettiamo
sull'atteggiamento di Gesù proposto dal vangelo di oggi. Gesù
afferma che hanno fatto della casa di Dio un mercato. Alla domanda
esterrefatta degli astanti su chi gli dava l'autorità di fare
questo, Lui risponde che è Dio con un'espressione particolare:
“Distruggete questo Tempio ed io in tre giorni lo ricostruirò”.
Parlava del suo Corpo.
Con questa premessa è facile dedurre che la Chiesa è il Corpo
mistico di Cristo e che lui sta denunciando, non solo gli abomini che
stavano compiendo in quel momento nel Tempio, ma di ciò che sarebbe
accaduto poi nella Chiesa, sia come edificio che come Corpo mistico.
Come ci comportiamo negli edifici adibiti al culto come le chiese o
come membra della Chiesa? La meditazione assume un ampio respiro e
ci coinvolge in tutta l'interezza della nostra persona.
sabato 8 novembre 2014
San Paolo e la santità
Le letture di oggi devono
essere eloquenti per tutti i cristiani. San Paolo afferma di essere
iniziato a tutto, di essere allenato a tutto, alla ricchezza come
all'indigenza,. Tale espressione ci riporta a un'altra sua
meditazione: ogni cristiano è un atleta che deve correre con
perseveranza verso la meta finale per conquistare la corona di gloria
che non appassisce. Per fare ciò, bisogna essere temperanti in
tutto.
Paolo, santo dal
carattere forte, oserei dire “difficile”, - tanto che Marco
(anche lui santo) diverge talmente tanto da lui che preferisce
percorrere strade differenti come ci raccontano gli atti e una
lettera di san Paolo stesso, - è un gigante nell'amore, nella
santità.
Ci dovrebbe consolare.
Spesso spostiamo l'idea, il concetto di santità in attributi che la
costituiscono ma, fondamentalmente non ne compongono l'essenza. In
particolare, viene scambiata per “santità” la forza... Forse
perché i martiri hanno avuto il coraggio di dare la vita per Cristo,
di non vacillare davanti ai persecutori... Ma questo non esclude che
abbiano versato le loro lacrime. Tutti abbiamo paura della morte, chi
più e chi meno, ma il coraggio non sta nel non sentire la paura ma
nell'affrontarla credendo fermamente che oltre quel salto nel buio,
verso l'ignoto, esiste veramente un padre che ci ama, quello che ci
ha annunciato Gesù: Dio.
La forza umana nasconde
troppo spesso l'incapacità di temperare il proprio carattere, la
debolezza e la diffidenza verso il prossimo (la paura) e, al
contrario l'arroganza di ritenersi superiori a tutto e a tutti.
La forza vera, che
costituisce la santità cristiana, ricalca la figura del Cristo che
agonizza nell'orto degli ulivi durante la passione che lo condurrà a
morire sulla croce: l'amore. L'amore non ha timore di chinarsi, di
versare lacrime... anche di sangue.
Santa Teresina di Lisieux
l'aveva compreso molto bene: l'amore era l'anima della santità!
Ritornando a san Paolo e
ai suoi meravigliosi scritti, vorrei soffermarmi su due meditazioni
che il santo in poche parole accenna: “Tutto posso in Colui che mi
dà forza”.
San Paolo è un santo dal
carattere impetuoso ma la sua grande forza, la sua santità, risiede
tutta nella convinzione che è Dio che gli ha donato tutto. Il suo
merito è stato quello di approfittare dei doni che il buon Dio gli
ha elargito: “Per grazia
di Dio sono quello che sono”...
Ci ricorda anche che la
santità richiede allenamento, non è qualcosa che si conquista da un
giorno all'altro, oppure una volta per tutte. Chi pratica sport
agonisticamente, sa bene che richiede molto spirito di sacrificio e
temperanza che coinvolge corpo e spirito: san Paolo non poteva
trovare paragone più azzeccato. Non dobbiamo pensare di non essere
chiamati a tanta grazia o di essere presuntuosi a desiderarlo! È
vero che chi si è impegnato seriamente nel cammino della santità,
si è pure accorto che non è così semplice e che non si tratta di
una cosa sensibile, ma tante volte sfuggevole e condita di amarezza.
Purtuttavia dobbiamo essere convinti su quale sia la nostra meta
finale, il possesso di Dio. Vi ricordate di Heidi e della sua amica
Clara? Clara, paralizzata alle gambe, passò il suo periodo più
difficile proprio quando comprese che poteva camminare ma che questo
richiedeva molta fatica, costanza, sopportazione e accettazione della
propria condizione fisica oscillante. Ella aveva capito che poteva
camminare, aveva pregustato la gioia immensa che si prova ad avere il
dono dell'uso delle gambe, ma la sua più grande paura era quella che
fosse tutto un'illusione destinata a rimanere tale e che ciò che
aveva pregustato, si sarebbe limitato a saper muovere le gambe ma non
a muovere i primi passi e quindi a correre. Anche noi, come lei, se
abbiamo sperimentato davvero la preghiera e quindi pregustato le
gioie del Paradiso, sappiamo bene quale gioia ci attende... Ma
abbiamo paura di non poterla raggiungere mai perché rimane
un'aspirazione troppo alta... Noi, però, abbiamo questa grande
speranza e certezza che ci deve donare delle ali d'aquila: la
presenza e l'amore di Dio.... Allora saremo certi davvero che
possiederemo il Paradiso!
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