mercoledì 21 ottobre 2020

Bisogna che io diminuisca...

 Non riusciamo mai a convincerci di questo: per arrivare al tripudio di colori, profumi e sapori della primavera, dobbiamo passare attraverso il freddo dell'inverno. Solamente in questo modo ci sarà la rinascita... e il freddo dell'inverno passa attraverso vari disagi, per noi molto spesso inaspettati e non desiderati, eppure necessari. A volte si desidera apparire, essere  lodati o accettati. D'altro canto è normale e anche giusto desiderare essere accettati, ma qualche volta bisogna spogliarsi anche di questo desiderio o bisogno. Come l'albero abbandona le foglie durante l'inverno per custodire la vita, così anche noi dobbiamo abbandonare questi orpelli per cercare ciò che nella vita vale veramente. Bisogna seccare, permettere agli altri di apparire, farsi da parte, accettare di vivere nell'ombra sebbene il nostro spirito e la nostra mente scalpitino... perché dal nostro orgoglio calpestato nasceranno dei fiori profumati dei quali gli altri si beeranno. Già, perché tutto questo deve accadere per il bene degli altri... Lasciamo quindi spazio agli altri, accettando il nascondimento e l'incomprensione, perché di certo raccoglieremo la nostra ricompensa..

Guardiamo al tempo difficile che tutti stiamo vivendo, un periodo da cui dovremmo cogliere insegnamenti, nonostante la paura ci possa travolgere. A volte mi viene da ripetere: "Non abbiamo imparato nulla, siamo punto e a capo". Non so se in effetti siamo usciti migliori dalla prima ondata della pandemia, negare la sua esistenza e il pericolo che può essere per tutti noi è infantile. Nelle nostre mani, nella prevenzione, è la nostra salute, ma anche quella degli altri...

Mi ricorda tanto la storia di Caino e Abele. Caino uccide Abele per gelosia. Dio sa bene che Caino ha ucciso Abele, eppur fa un gesto sorprendente che vuole farci comprendere come tutti siamo responsabili gli uni degli altri: chiede a Caino dov'è suo fratello Abele... Egli risponde che non è certo il custode del fratello. Tutti dobbiamo custodire il prossimo, tutti siamo responsabili...




giovedì 13 agosto 2020

Il deserto

 Agli inizi il rapporto con Dio coinvolge i sentimenti. Sembra di vivere la primavera del cuore,  come se la vita esplodesse dopo un lungo e rigido inverno. I fiori cominciano a crescere e a sbocciare e la loro dolce fragranza si espande attorno donandoci serenità e pace del cuore. Questa è la gioia della Sposa del Cantico dei Cantici che ama con tutta se stessa il suo Sposo, contraccambiata in modo passionale.

Con l'avvento delle difficoltà, i primi freddi rallentano i sentimenti e attorno a noi potrebbe crearsi il deserto. La sete potrebbe tormentare le nostre viscere.... Non sentiamo e non vediamo più l'amato del nostro cuore. Allora, come la sposa del Cantico usciamo quando ancora tutto è avvolto dal buio, affrontando la  paura, la vergogna e il pericolo. Dio è il nostro bene più grande, tutto potrebbe essere avvolto dal buio, senza la sua presenza... potremo essere preda facili delle tentazioni che, lì per lì placano la nostra sete, ma poi ci lasciano nell'aridità più completa.

In questi momenti, quando le cose non vanno bene, quando non sentiamo più nulla, entra in gioco la volontà, il desiderio di arrivare all'unica Fonte, quella che disseta in eterno... perché chi berrà di quest'acqua non avrà più sete. Quando si rimane fedeli nonostante le fitte tenebre, agisce la volontà ed è vero amore: i sentimenti sono caduchi, è la volontà che alimenta l'amore e che non permette che l'abitudine soffochi il nostro cuore...

È nel deserto, in questa solitudine in cui tutto sembra tacere, che Dio parla all'anima in cerca di lui....

domenica 2 agosto 2020

Oltre quella porta...

Questa vita terrena è proprio un soffio, eppure tanta gente non ci riflette abbastanza. 
Alcuni avvenimenti mi hanno riportato alla mente un libro che avevo letto tanto tempo fa, "Ciao Don!", che racconta la storia vera di un ragazzo morto a 19 anni appena compiuti, a causa di un melanoma... proprio come suo padre. 
Egli cercava di dare un senso a quegli ultimi giorni, di capire ciò che gli stava succedendo, dove sarebbe andato oltre la vita e si voleva preparare davvero bene. Fu attorniato da persone meravigliose, a partire da sua mamma, che gli indicarono il cammino da percorrere. Era un'anima straordinaria, aveva già metà del suo cuore in cielo. La mamma ebbe un ruolo ponderante, la sua eroica serenità e fortezza assomigliavano a quelle della Madonna che offriva suo Figlio al Padre. Superato lo smarrimento, il dolore che comunque le lacerò il cuore, la mamma lo condusse al cielo, lo esortò a gustare già su questa terra le bellezze del paradiso. Importante fu il sostegno del suo caro Don che lo preparò con dedizione e affetto a quel grande passo... Lui stesso sentì il cuore schiantarsi.
Mi appassionò molto la lettura di questo libro e la vita di questo giovane eroe. Ci sono ancora tanti giovani eroi che hanno conseguito con coraggio questa meta fondamentale, oltre a Mario Filippo Bagliani.
Una notte sognai la sua anima. Mi ritrovai davanti ad una porta pesante e appena appoggiai la mano si aprì. Non potei andare oltre la soglia, ma un'anima vestita di bianco mi venne incontro dicendo che glielo avevano concesso. Spesso quando si parla di anime che si rivelano ai vivi si parla di "concessione" di un "concedere" da parte di Dio. Espressi il desiderio di andare con lui, di andare oltre, ma lui mi disse che non era ancora la mia ora. Dopo questo avemmo un dialogo personale che non riporto.
Oltre quella porta vi era il paradiso. Io non potevo ancora vederlo, ma sapevo che c'era il paradiso...
Questo dovrebbe aiutarci nel cammino terreno, a dare priorità alle cose che contano. So che anche questa è una grazia del Signore, tutto è dono, ma vorrei che tanti arrivassero al punto da riflettere sul vero senso della vita, di questo soffio di vita che NON  ci appartiene. Possiamo fare mille progetti, scalare mille montagne, ma ciò che conta è quanto abbiamo amato in questo mondo per ritrovarlo nell'altro, quello vero, quello eterno...

domenica 26 luglio 2020

Le persone possono cambiare...

Anche in questo post mi ispiro ad un episodio della serie del dott. House.
In questa puntata una sua paziente aveva cambiato totalmente vita: da musicista pop, drogata di eroina, era diventata un'ebrea chassidica, quindi di quelle osservanti. 
Il cambiamento è possibile, tutti cambiamo: non possiamo rimanere statici. Metamorfosi così drastiche sono ottenibili quando nella propria vita avviene un incontro tangibile con Dio. Esistono anche coloro che hanno incontrato realmente Dio, un po' come il giovane ricco del Vangelo, ma non si sono sentiti di lasciare la propria vita di sempre intuendo che seguire Gesù era una scelta esigente e radicale. Ci sono però persone che davanti all'incontro straordinario con Dio hanno cambiato radicalmente vita, hanno compreso che Lui solo è l'unico Bene Vero su cui si basa l'intera esistenza.
Tutto è in divenire. Basti pensare al nostro mondo. Tutto è regolato da leggi di cui ne vediamo solo l'effetto, in modo particolare dal Chronos, cioè dal tempo. Tutto si trasforma, nulla si distrugge, affermava Lavoisier. Ciò vale anche per il nostro spirito: nel cammino si può andare avanti o tornare indietro... ma fermi, non si starà mai.
Il cambiamento della vita è possibile e assolutamente reale. Piano piano, andando avanti nel nostro cammino, discerniamo ciò che va bene ed è giusto per noi, ciò che è essenziale per la nostra vita e che ci regala l'eternità. Più si sfiora l'eternità nella vita, più è tangibile la prospettiva di una scelta di far entrare nella nostra esistenza valori che non hanno un inizio e una fine. Tali valori molto spesso sono intangibili e per questo motivo soggetti a dubbi e scetticismo, ma non per questo meno reali o meno importanti. Prendiamo ad esempio l'amore. Nessuno vede l'amore, è astratto... eppure è una cosa essenziale per la vita dell'uomo, quanto il cibo e l'aria. 
Anna Freud osservò come i bimbi che ricevevano amore tramite il contatto fisico crescessero molto di più rispetto a quelli che, pur essendo nutriti, ricevevano poche coccole. Questo è reale, verissimo ed è confermato anche nel regno animale, non solo nell'uomo! Le persone, quindi, possono cambiare... speriamo sempre in meglio.

giovedì 25 giugno 2020

Il linguaggio corporeo

A volte i doni del Signore hanno un prezzo da pagare. Come doni sono gratuiti, è chiaro che non li abbiamo meritati, ma spesso portano con sé come conseguenza una certa sofferenza. Dio ci dà sicuramente la grazia di sopportarla, ma bisogna essere dei buoni amministratori e saperla gestire in modo che sia a servizio degli altri. 
Padre Pio, ad esempio, aveva il dono di saper leggere nei cuori. Egli lo amministrò ammirevolmente e lo mise a servizio degli altri... Ma riflettiamo su alcuni doni più piccoli, che molti di noi possono avere... Prendiamo ad esempio l'intuizione e l'empatia.
Queste due qualità vanno a braccetto, fanno parte dell'intelligenza emotiva. Chi le possiede sa bene che non è così semplice gestirle: dietro ad esse si può nascondere la sofferenza e bisogna essere forti e saperla gestire.
Facciamo un esempio che tocca anche i bimbi e i giovani, oltre che gli adulti.
La persona intuitiva è attenta ad ogni dettaglio, ogni parola, spesso possiede una buona memoria. Su questo la donna ha una marcia in più, l'intuizione fa parte della sua natura. Passiamo all'esempio concreto, un esempio che calza a pennello con il periodo d'emergenza sanitaria, ma che si può trasporre nella realtà di tutti i giorni. 
Durante l'emergenza sono andate molto le video chiamate e le video conferenze. Mettiamo che durante una di queste, dopo aver parlato notiamo una reazione sospetta, uno scatto di riso da presa in giro, ucciso sul nascere per il semplice fatto dell'osservanza dell'etichetta. Di fatto la video chiamata/ conferenza continua normalmente, ma sai bene che c'è stata una presa in giro.
È un esempio banale, molto probabilmente anche chi non possiede l'intuizione se ne sarebbe accorto. Quel piccolo movimento di labbra è un chiaro messaggio, in questo caso soffocato per convenienza. A volte purtroppo può capitare anche con i parenti. La conseguenza è che si ci deve mordere la lingua: ti sei accorto di tutto, ma per non scendere al loro livello, non rispondi, fai finta di nulla, passando per scemo o scema. Scegli di passare per scemo/scema per non fare polemiche, su questo ci vuole tanta diplomazia, perché la natura umana ti suggerisce di mandarli a quel paese, di sbattergli in faccia la loro stupidità.
Questo esempio si può applicare anche alla realtà no – covid, cioè quando gli incontri avvengono di persona. In questo caso è ancor più facile intuire i pensieri delle persone. Come ben sappiamo, la maggior parte della comunicazione fra le persone avviene in modo non verbale. Mentre le parole possono mentire, distorcere la realtà, il nostro corpo non riesce.
Che brutta cosa quando si criticano le persone, quando si prendono in giro! È grassa, è magra, non sa parlare, è brutta... Questi commenti fanno emergere la meschinità e superficialità delle persone!... talvolta anche la cattiveria.
Fra i nostri giovani purtroppo si possono instaurare queste relazioni sbagliate, in cui l'ironia non c'entra nulla, relazioni che portano anche al bullismo.

sabato 20 giugno 2020

I fratelli mafiosi in corsia con dottor House

Chi non conosce lo "scorbutico", l'intuitivo dottor House? Qualche sera fa, in un episodio, dottor House era alle prese con due fratelli mafiosi, prepotenti, autoritari. Uno di loro aveva avuto dei sintomi terrificanti che sembravano il preludio di una morte imminente. Il team di House non riusciva a capire quale fosse la malattia che generava tutte quelle sofferenze, ma, come sempre avviene in questa serie, House arriva alla soluzione che salverà il paziente.
La soluzione nasconde il grande segreto del malato: la sua omosessualità. Per i mafiosi questo non era ammissibile e il fratello del malato non lo accetta proprio. Dopo molti stratagemmi e intuizioni, House riesce a tirare fuori il meglio dal fratello del malato. Il malato infatti sarebbe potuto entrare in un programma di protezione in seguito alla sua testimonianza contro la mafia, che lo avrebbe portato fuori dalla sua città, lontano dal fratello (non voleva allontanarsi da lui), ma che gli avrebbe permesso di vivere lo stile di vita che avrebbe desiderato.
Non voglio entrare nel merito di questa decisione, ma riflettere sugli atteggiamenti del fratello del malato. Dapprima non accettava l'omosessualità del fratello e la non accettazione lo aveva portato a schiaffeggiare il medico che gli aveva dato questa notizia. Sapeva molto bene che la mafia non avrebbe tollerato quella diversità e in fondo temeva per il fratello. Piano piano ha fatto emergere l'affetto sincero che aveva per il fratello accettando il suo allontanamento definitivo e la possibilità di vivere la vita che aveva sempre sognato.
A prescindere dal contesto e dai soggetti, come il film "47 metri" di cui ho parlato nel post precedente, l'amore vero lascia le persone libere, non soggioga nessuno, anche se questa libertà porterà lontano fisicamente la persona che si ama. I due film, "47 metri" e l'episodio di dottor House, trattavano rispettivamente  di due sorelle e di due fratelli, aventi un legame di sangue, ma sappiamo bene che spesso si creano con altre persone legami più stretti di quelli di sangue e quindi le riflessioni scaturite valgono per tutte le relazioni amicali. 

giovedì 18 giugno 2020

47 metri

"47 metri " è un film thriller che non tratta di omicidi e di cattiverie umane, ma racconta la vicenda di due sorelle completamente diverse fra loro come carattere che si trovano ad affrontare una situazione drammatica. 
Durante un'immersione nelle acque del Messico, qualcosa non va: la gabbia di sicurezza che avrebbe dovuto proteggerle dagli squali, precipita fino a 47 metri, diventa una trappola. Le ragazze sono immerse in acque infestate dagli squali e hanno una limitata riserva di ossigeno.
La cosa su cui vorrei riflettere è il contesto in cui si svolge questa drammatica vicenda. Il film lascia davvero lo spettatore costantemente con il fiato sospeso perché le probabilità di salvezza per le ragazze sono esigue.
La sorella maggiore, Lisa, è un carattere tranquillo, ama l'ordinarietà della vita e disdegna ogni rischio che la getta nella paura.
Kate, la sorella minore, al contrario, fa scelte fuori dall'ordinario, rischiose, è generosa e supera la paura.
Nel film la descrizione è veloce e avviene attraverso alcune scene che portano subito alla situazione dell'immersione.
Fanno vedere Kate che trascina la sorella in mille divertimenti dopo aver saputo che era stata lasciata dal suo ragazzo perché la trovava noiosa. In una discoteca incontrano due ragazzi del posto che propongono loro un'immersione per vedere gli squali.
Kate accetta con entusiasmo e supera la sua paura, mentre Lisa entra quasi nel panico. Alla fine Lisa accetta ed entra in acqua nella gabbia. Il cavo di sostegno della gabbia si spezza proprio nel momento in cui la stanno tirando su e la gabbia precipita nel fondo del mare. La gamba di Lisa rimane incastrata sotto la gabbia, mentre Kate, in riserva d'aria,  esce da essa per recuperare le bombole d'ossigeno gettate dai ragazzi. Al ritorno sarà attaccata da uno squalo e scompare. Nel tempo in cui le due ragazze si ritrovano intrappolate nell'attesa di una decisione risolutiva, si scambiano dei pensieri che delineano la vera natura del loro rapporto. Lisa dice a Kate che il ragazzo con cui aveva una relazione era l'unica cosa giusta, in più, rispetto a lei. Kate rimane interdetta da questa frase e risponde che fra loro non c'era mai stata competizione. La risposta di Lisa è disarmante: "Forse in te non c'è competizione!". 
Vorrei riflettere proprio su questo brevissimo dialogo svoltosi fra le due sorelle. In una non c'era competizione e prendeva le decisioni in modo libero, anche quelle che avrebbero potuto metterla in pericolo, mentre l'altra agiva sempre per competizione. In realtà non amava il suo ragazzo, lei voleva avere o essere qualcosa di più rispetto alla sorella minore per apparire più in gamba agli occhi dei genitori. Questo si evince nel dialogo tenutosi prima di andare a divertirsi e conoscere i due ragazzi. "I nostri genitori sanno che vi siete separati?" "No, non gliel'ho ancora detto, non ne faccio una giusta!".
Lisa era ingabbiata nel suo egoismo, nella sua paura, paura che alla fine le salverà la vita. Salvarsi la vita non sempre è sinonimo di successo. Tante volte ci si salva per egoismo, perché una situazione ci è comoda anche se inconsciamente non ci rende felici. Si agisce per competizione che porta gli altri alla morte... Nel film quella di Kate. Era solamente Lisa che viveva in competizione, perché Kate vedeva le cose in maniera totalmente differente. 
Vivere in competizione vuole dire far morire gli altri, toglier loro l'ossigeno per vivere, rimanere in una gabbia che protegge, ma che
avvilisce l'animo... è capire che alla fine si rimane soli, che le persone si scostano da noi perché dentro di noi non vi è armonia...

venerdì 5 giugno 2020

Fare verità, dire la verità, essere veritieri

Il cristiano deve essere trasparente a cominciare da se stesso. Senza fare verità dentro di sé, dire la verità, essere veritieri, non si può essere cristiani. Lo dice il vangelo stesso: Gesù dice di essere  tre cose fondamentali. Alla dichiarazione di Dio nell'Antico Testamento  di essere "Io sono", Gesù afferma senza remora: "Io sono la Via, la Verità e la Vita". Da questo ne consegue necessariamente che chi vuole essere discepolo di Gesù, deve cercare la Verità e la Vita in tutto. In altre pericopi del Vangelo si ripete spesso che il demonio, il diavolo è il padre della menzogna. Filosoficamente parlando, possiamo dire che Gesù è il bene e il diavolo il male: la Verità coincide con il bene e la menzogna con il male. Verità e menzogna sono opposti.
Prima di tutto il cammino spirituale, ma anche quello psicologico, esige inderogabilmente il "fare verità" dentro di sé, senza puntare il dito o responsabilizzare gli altri, le situazioni, le occasioni, del nostro modo di essere: dobbiamo essere perfetti a prescindere dalle situazioni, dagli altri, proprio per godere della vera libertà di spirito... che non è ovviamente il fare tutto ciò che si vuole. Essere perfetti non significa non sbagliare mai, anche il più santo di questa terra è imperfetto davanti a Dio. Ritorniamo al concetto da concretizzare nella propria vita di fare verità dentro di sé. Si deve prendere distanza dagli altri, dalle situazioni e analizzare se stessi e le proprie reazioni davanti a queste, per aggiustare il tiro, per essere capaci di rimanere saldi nella serenità anche di fronte alle cose o persone che temiamo di più. Ci vuole molto coraggio e discernimento, ma anche tanta fede. Se ci immergiamo in noi stessi e siamo veramente leali, vedremmo davvero che nel nostro spirito tutto è in disordine e che  avrebbe bisogno di una bella pulizia, una pulizia a fondo... È una pulizia molto faticosa... facciamo un esempio concreto.
L'emozione che spesso sente una persona quando si accosta agli altri, in modo particolare alle persone a cui è più legata, è la gelosia. La gelosia è infida, lo sappiamo tutti, spesso è l'anticamera dell'invidia ed è generata dalla menzogna! Sì, perché la gelosia distorce la realtà, ci fa vedere tutte le cose negative, senza captare quelle positive, spinge le persone una contro l'altra e se non è corretta, può portare anche a diffamare una persona, togliendole la dignità, la possibilità di vivere, fino ad arrivare a casi estremi come l'omicidio.
Dobbiamo conoscere e saper dare un nome alle emozioni. Tutti le proviamo, anche quelle più negative, ma vanno assolutamente riconosciute e analizzate, cercando la strategia migliore per superarle o canalizzarle verso il bene, senza cadere nel tranello del responsabilizzare gli altri dando loro la colpa e creando la nostra verità. Tale spirale è pericolosissima: agli inizi sentiremo ancora il dolore di questa emozione negativa e quindi aborriremo ogni cattiva azione che ci spinge a far soffrire gli altri, ma se la giustificheremo autoconvincendoci che sono gli altri che fanno preferenze o ci tradiscono, non riusciremo più a vedere la verità perché l'acqua della nostra anima è diventata talmente torbida da creare una realtà assurda e soggettiva.
Se si sente spesso la gelosia, pensiamo che gli altri siano trattati meglio o preferiti rispetto a noi e questo ci spinge addirittura a diffamare questa persona...ahimé se siamo a questo punto, forse siamo già quasi arrivati al punto di non ritorno: non siamo più capaci di fare verità in noi e abbiamo creato la nostra verità soggettiva fasulla.
Bisogna chiedersi a prescindere dalle situazioni che SECONDO NOI ce lo confermano, perché sentiamo questa emozione, questo sentimento. Quasi sempre la gelosia nasconde una grande insicurezza interiore: abbiamo bisogno di continue conferme da parte degli altri, di complimenti,di sicurezza, perché siamo fondamentalmente molto insicuri. Non ci apprezziamo davvero per quello che siamo e abbiamo paura che gli altri non vedano le nostre qualità e ci possano mettere da parte, non amarci. Da qui nasce la percezione che preferiscano gli altri a noi: ci sentiamo inferiori... Anche il lodarci troppo o sottolineare i nostri successi, che sembrano appartenere a una troppa sicurezza, possono nascondere la nostra insicurezza: dobbiamo convincere gli altri delle nostre qualità di cui forse non si sono accorti! Il grosso problema è che, arrivati al punto di separare per questo motivo delle persone parlando male di loro, non ce ne accorgeremo più... non saremo più in grado di fare chiarezza!
Questo non vale solamente per la gelosia, ho preso questo ad esempio perché l'abbiamo sentita tutti almeno una volta nella vita nel nostro cuore. 
Fare verità dentro di sé è importantissimo perché ci porta al secondo punto che ho già toccato facendo l'esempio concreto: "dire la verità". La bocca parla dalla pienezza del cuore e se nel nostro cuore c'è la menzogna, diremo solamente bugie (o diremmo la verità secondo il nostro punto di vista) e saremo capaci di far del male indiscriminatamente con la nostra lingua, ma non solo, a coloro che ci sono vicini.
Ammettiamo i nostri sentimenti o emozioni peggiori, non nascondiamoci mai dietro delle verità soggettive! Quando sentiamo muoversi qualcosa di negativo dentro di noi, dobbiamo fermarci e capirne la provenienza.... perché le emozioni possono essere catalogate in negative e positive, lo si insegna anche ai bambini. Se anche ci sembrasse giustificato il sentimento della gelosia (riprendiamo l'esempio di prima), dobbiamo rendercene superiori: ci saranno delle motivazioni per cui gli altri hanno agito così, quali sono? Tale esercizio fa parte della nostra intelligenza emotiva che prende spunto dalle altre, da quella linguistica, scientifica...etc.... In poche parole deve essere l'intelligenza a guidarci, a CAPIRE IL PUNTO DI VISTA DELL'ALTRO. Quest'abilità è molto importante nei rapporti sociali, ci aiuta a non fare del male, a non accusare, a vedere la realtà da tanti punti di vista differenti e a non esasperarne un aspetto. Ci vuole intelligenza per farlo, come la ebbero i grandi scienziati che hanno fatto scoperte importanti, come ad esempio Einstein: tanto più scoprivano le regole dell'universo, più prendevano consapevolezza di non sapere. È l'umiltà che caratterizza i grandi, il sapere di non sapere e che spinge sempre di più alla scoperta di cose nuove.
Da qui, dal dire la verità, scaturisce l' "essere veritieri". Sì, non recitare una parte. Ai giorni nostri, nei rapporti sociali, si finge molto: si finge di essere altruisti, generosi, aperti..... In realtà non lo si è: dobbiamo analizzare cosa ci spinge: avere un tornaconto di qualsiasi genere? essere rimunerati? apparire più bravi degli altri?
Dico solamente quest'ultima cosa e poi chiudo. A volte dobbiamo imparare davvero a dire "no". Una persona che non sa dire "no", ha paura di essere abbandonata, di essere giudicata male, di mostrare le sue debolezze. Una persona che sa dire "no" è libera!

giovedì 28 maggio 2020

Il Magnificat di Maria è il nostro

Il 18 maggio sono ricominciate le celebrazioni delle sante messe aperte al popolo. Non è finita l'emergenza sanitaria del Coronavirus, ma la sua morsa ha perso parte della sua forza, grazie a Dio. 
Partecipare alla Santa Messa e ricevere il Corpo di Cristo, sono una grazia e gioia immensa, cambiano la vita, la inondano di gioia e consolazione e la immergono nell'immensità di Dio.
La gioia del cristiano è davvero molto diversa rispetto a quella effimera fondata sulle cose o sull'aspettativa nei confronti delle altre persone. Detta così sembra strano... Ma come, l'amore di Dio non si basa sull'amore verso il prossimo? Sì, è assolutamente vero. Se non amiamo i nostri fratelli che vediamo, non possiamo amare Dio che non vediamo: l'amore che abbiamo verso i fratelli, è testimonianza dell'amore che abbiamo verso Dio. Ogni persona è da amare e ha dei lati positivi, ma far dipendere dal loro affetto o dalla loro presenza la nostra felicità è uno sbaglio. Le persone non sono stabili, anche nei loro affetti e giudizi, così come nella loro presenza in quanto sono mortali. Il nostro amore per i nostri fratelli deve scaturire da quello di Dio che è stabile. Facendo così, non resteremo troppo delusi quando le persone più vicine ci volteranno le spalle, ci tradiranno, mentiranno su di noi. Queste cose dolorose diventeranno la nostra offerta a Dio e non ci ruberanno la vera gioia che sta dentro il nostro cuore ed è donata dall'amore di Dio. Nessuno potrà strapparci dal suo amore, NESSUNO, perché il nostro sguardo sta fisso alla sorgente della vera ed eterna vita e la gioia non dipenderà mai dal comportamento giusto o ingiusto degli altri. Tanti desidereranno allontanarci dalla fede, dalla partecipazione ai Sacramenti, ma noi, se amiamo davvero Dio, non cambieremo strada, avremo il coraggio di sentirci coperti di insulti, ma di continuare a rimanere là dov'è la vera gioia: nel cuore di Dio. Loro non capiranno perché sono abituati a guardare verso il basso, a cercare disperatamente di conquistare l'affetto delle persone e di accaparrarsi sempre più cose, ma chi ha il cuore fisso in Dio, non manca di nulla. 
Siamo nel mese di maggio, ormai si sta concludendo. Maggio è il mese di Maria. Come non pensare al cantico di Maria scaturito dal suo cuore pieno di Spirito Santo! "L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore, perché ha guardato l'umiltà della sua serva, d'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente e Santo è il suo Nome!".
L'anima di Maria magnifica il Signore, lo riconosce grande, immenso e, in questa certezza, esulta. Tutti i suoi dubbi, i timori per la sua nuova condizione di Madre del Signore, si sciolgono come neve al sole. Esulta in Dio perché ha guardato alla piccolezza della sua serva... e per questo Dio diventa ancora più grande. Un'anima umile riconosce che Dio l'ha ricoperta di doni, che tutto le viene da Lui e prorompe in canti di gioia.
Il suo Magnificat è anche il nostro: Egli si è chinato tante volte sulla nostra piccolezza per raccoglierla e nasconderla nell'amore del Suo Cuore. Anche in noi, Dio ha fatto grandi cose!

mercoledì 22 aprile 2020

Questo tempo matto...

Quello che stiamo vivendo è proprio un tempo matto, ma anche istruttivo, se uno ne approfittasse. 
È un tempo dai mille volti e mille esperienze, tragiche, romantiche, solidali, sofferte. Bisogna riflettere su di esso e  farne tesoro. Il motto di questi giorni lo conosciamo tutti perché le televisioni ce lo hanno inculcato bene bene: "resta a casa". Ogni emittente televisiva riporta questo slogan, perché in effetti era fondamentale che stessimo a casa, per salvaguardare la nostra salute. Molto probabilmente se non ci fossimo chiusi in casa a quest'ora avremmo pianto chissà quante vittime. Riflettiamo però che cosa ha comportato e quali sono state le reazioni tra le principali categorie fra la gente. Nella riflessione parto dalla mia esperienza personale e dai vari contatti anche virtuali che ho avuto ultimamente. 
Iniziamo con i social. Seguo tantissime pagine che scherzano su vari argomenti, ultimamente la materia principale è il Coronavirus… e come potrebbe essere altrimenti? 
È una esperienza che ha inciso profondamente tutti i campi della vita. Si scherza per sdrammatizzare e lo può fare chi ovviamente non è stato colpito da un lutto in famiglia. 
È giusto che si esorcizzi la realtà, perché è attraverso l'ironia che si sdrammatizza e si arriva a sorridere nei momenti drammatici… ma in certe pagine di Facebook abbiamo rasentato il limite e non per gli scherzi!
Faccio un esempio concreto. In una pagina umoristica hanno messo una fotografia (fotomontaggio ovviamente) di Torino con una spiaggia affollata… Se vi è scappato da ridere immediatamente, scordatelo, dovevate leggere i commenti sotto il post… A dir poco terrificanti! C'era chi alzava il vessillo (che un po' cominciamo ad odiare… dite la verità) di "resta a casa", modulando le proprie risposte partendo da un tono drammatico ("continuando così non ne usciremo mai"), giungendo a uno giustificatorio ( è un fake)…. Ma santo cielo… Tutto questo è davvero terrificante! Qualcuno non si era accorto dell'elemento basilare del meme ovvero che a Torino non c'è il mare. Tutti i paladini del "resta a casa" (ci rimango anch'io sia ben chiaro, non sto facendo polemica su questo) insorti all'unanimità e... quelli accomodanti anche… 
È una stupidaggine, concordo, ma la dice lunga su tanti atteggiamenti presi dalla gente. Non hanno letto nemmeno che era la città di Torino e che a Torino non c'è il mare! Voglio sperare che la gente non sia così ignorante! 
Ritorniamo quindi al principio del nostro ragionamento. Arriva il Coronavirus in Italia… (ok, non preoccupatevi è solo un'influenza… ), si comincia a contare le vittime (ok, non è solamente un'influenza), scatta il lockdown e la quarantena: tutti a casa.
Abbiamo visto come il Coronavirus nel suo modus operandi non abbia fatto alcuna differenza tra personaggi politici, sportivi,  famosi e gente comune, ma abbiamo anche notato come la maggior parte di questi personaggi influenti sia guarita (molti di questi non hanno capito lo stesso un bel niente), mentre la maggior parte della gente comune sia morta sola, alcuni di loro senza nemmeno una propria bara. Una differenza tra le categorie forse c'è stata. Il Coronavirus ha colpito tutti indiscriminatamente, ma la realtà fra le categorie è stata veramente diversa e discriminatoria. 
Il nostro sistema sanitario è arrivato al collasso in poco tempo, ma guardando poi l'esperienza del resto del mondo, soprattutto dei paesi più toccati, ci accorgiamo che è un po' il ricalco della nostra. Sono stati colpiti i paesi più ricchi perché hanno più risorse per girare il mondo. 
Per non esporre la popolazione italiana a un rischio enorme (il Coronavirus non è una semplice influenza), si è deciso di iniziare una vera quarantena: tutto chiuso e tutti a casa. Da qui nasce lo slogan che sogneremo per chissà quanto tempo: "RESTA A CASA".
Così come il Coronavirus ha creato differenze enormi, anche il RESTA A CASA  ha segnato dei confini drammatici. Non tutti hanno vissuto o potuto vivere il "resta a casa" serenamente, abbiamo il dovere di ricordarcelo assolutamente. Ha toccato le categorie più deboli, acuendo le patologie preesistenti fino a ricoveri pericolosissimi,  gettando nello sconforto chi viveva situazioni difficili a livello psicologico o addirittura psichiatrico, aumentando la violenza fra le mura domestiche... e nel lastrico chi viveva già una situazione molto precaria a livello lavorativo. 
Dal punto di vista economico questo ci deve insegnare che bisogna vivere come le formichine, raggranellare ogni giorno qualcosina per i momenti più difficili, perché nessuno sa cosa ci accadrà in futuro, che i viaggi sono importanti, ma vanno fatti solamente se le condizioni economiche lo permettono. 
Rimane il fatto che quel "RESTA A CASA" non è stato per tutti uguali, ha creato un divario sempre più crescente a lungo andare… Gente che si è suicidata perché ha perso il lavoro e la casa, gente che nonostante fosse diventata indigente è rimasta a casa senza un soldo e roba da mangiare, gente che ha visto partire i propri cari con l'ambulanza per non rivederli più… E allora, no, non è per tutti uguale questo RESTA A CASA, cerchiamo di comprendere gli altri senza scagliarsi contro con arroganza, come è successo nei meme che ho citato.

mercoledì 15 aprile 2020

Pasqua di Risurrezione

Pasqua di Risurrezione... Eccola, è arrivata anche quest'anno, illuminata da un sole splendido che noi possiamo ammirare solamente da dietro una finestra. La Pasqua è la Festa per eccellenza: il Natale, infatti, è in funzione della Pasqua. 
Il più grande limite umano è proprio la mortalità: ad un certo punto la nostra vita terrena ha una fine. Quest'anno purtroppo stiamo assistendo a numerosi passaggi dalla vita terrena a quella eterna e nessuno potrà trovare le parole per consolare i parenti. Noi tutti in questa Pasqua siamo segnati da questi eventi tragici, anche coloro che non sono stati visitati da un lutto, sentono dentro il proprio cuore la tragedia che ha sconvolto l'Italia. 
Il Papa in un'omelia ha affermato che per il Cristiano "andrà comunque tutto bene". Effettivamente è così. La paura della morte c'è, perché rimane un salto nel buio e quella dei nostri cari è sempre uno strappo affettivo. Anche per Gesù era così. Gesù pianse davanti alla tomba di Lazzaro, risuscitò la bambina: questo fu per insegnarci che la morte è comunque dolorosa, ma oltre la tomba vi è la vita. È una vita differente da quella terrena. Là in cielo le anime lodano Dio, pregano per noi, intervengono a proteggerci, vivono per Dio, in Dio, con Dio. 
Il ragionamento viene da sé. Se noi viviamo solamente la vita terrena senza prospettiva di quella eterna, anche con i suoi piccoli momenti gioiosi, lo spettro della morte ci inseguirà ovunque. La esorcizziamo in modi non risolutivi, non pensandoci, soffocando le nostre riflessioni con ciò che facciamo. Soprattutto in questo periodo così difficile per tutti, ci rendiamo conto della nostra fragilità e che la morte potrebbe venirci a prendere in un modo che non immagineremmo mai. Il fatto è che anche prima del Coronavirus era così, ma diciamo che potevano esserci meno rischi. Non si può vivere pensando che la morte sia la fine di tutto, sarà anche un processo naturale, ma è così difficile da digerire per l'uomo attaccato alla vita accettarlo come un semplice processo naturale! Se ci convinciamo che per noi la morte è facile durante la vita terrena, quando la sentiamo ancora lontana, quando si avvicinerà a noi in modo tangibile, ci getterà innanzi al nostro cuore, il baratro che essa è.
La morte è qualcosa di tragico, ma è anche momentanea, è un passaggio, è quella porta stretta di cui il Vangelo parla. In un altre pericope è Gesù stesso che si definisce Porta, non solo... nelle litanie mariane, invochiamo Maria come porta del cielo. La morte è un passaggio necessario ed ineluttabile: oltre questa porta ci può essere un baratro, quel che abbiamo pensato fosse la morte durante la vita, oppure l'ingresso ad una luce che abbiamo cercato anche in vita, forse in modo imperfetto, lodando Dio, pregando per gli altri, facendo del bene, amando gli altri. Se invece avremo provocato in terra una forte tristezza negli altri,ci siamo dedicati troppo alle cose terrene, troveremo il vuoto del nostro cuore al di là di quella porta: Gesù verrà in nostro soccorso con la sua croce, ma se siamo stati abituati in vita ad oltraggiarlo, a dirgli di no, a deridere coloro che credevano in Lui, sceglieremo da soli di saltare dentro il vuoto che abbiamo sempre scelto in vita. 
Abbiamo fede in Dio, questa vita passa, è un tempo brevissimo che ci è concesso vivere su questa terra... la vita vera è proprio l'eternità... e Dio fa nascere la vita anche dalle pietre.
Come ha detto il Papa, avere fede significa credere che la vita possa uscire dalla tomba!

sabato 11 aprile 2020

Tempo di silenzio

Anche quest'anno è cominciato il Triduo Pasquale, ma la situazione che viviamo è particolare ed unica. Siamo tutti costretti a casa per proteggerci da un virus letale che ha sconvolto le nostre vite… e così nessuno di noi ha potuto partecipare alle celebrazioni liturgiche della festa più importante dell'anno, culmine e sorgente di tutte le altre. Chi ha seguito le celebrazioni del Papa mandate in onda dalle emittenti televisive, non ha potuto fare a meno di rimanere colpito dal silenzio, dalla Basilica di san Pietro e dalla piazza antistante completamente vuote. Questo è stato oggetto di riflessione anche da parte di giornali fondamentalmente atei. Non era mai accaduta una cosa del genere! 
È chiaro che in questo momento di forte pericolo per noi, quelle chiese, quella piazza, diventano un simbolo di protezione nei nostri confronti… ed eravamo tutti là, eravamo presenti, attoniti, sbalorditi, perché ognuno di noi, in una forma personale, stiamo vivendo davvero, concretamente la nostra settimana santa, nella solitudine delle nostre case, nel silenzio e nello sbigottimento dell' evento tragico della passione di Cristo e di tanti nostri fratelli molto più sfortunati di noi che hanno dovuto affrontare la morte, nel silenzio speranzoso dell'attesa della Risurrezione. Stiamo tutti salendo questo Calvario, sotto il peso di una croce che ha unito tutti nel dolore. Mai come adesso la Pasqua è vissuta da ogni persona, credente e non. 
Le celebrazioni si sono aperte con la santa Messa del Giovedì Santo. Quest'anno non c'è stata la lavanda dei piedi, per sicurezza, ma tutti noi ci stiamo purificando: Gesù si china sul nostro dolore e lava i piedi a tutti noi, con amore infinito. Ci ricorda l'amore immenso che l'ha portato ad offrire la propria vita per noi e a chinarsi ancora accanto a quei letti di dolore. Il giovedì santo è l'assenso totale di Gesù al progetto d'amore per l'uomo, al progetto di salvezza, è il messaggio testamentario della presenza eterna di Gesù fra i suoi, fra noi attraverso l'Eucaristia… Anche adesso, quando nessuno di noi può ricevere Gesù Sacramentato, Lui è presente più che ma nelle nostre vite, perché Lui prima di noi si è offerto. Egli poteva evitare la Passione, ma sapeva bene che niente e nessun altro poteva pareggiare il debito immenso del peccato che l'uomo aveva nei confronti di Dio… Pur soffrendo immensamente anche lui, si è consegnato nelle mani delle Sue creature, come fa ancora adesso nell'Eucaristia, non rivelando la sua identità divina, ma lasciando che degli uomini giudicassero la sua vita e lo condannassero ad una morte riservata ai farabutti, Lui che era passato per le strade predicando l'amore e sanando i malati! Comincia la sua spogliazione, il culmine della sua offerta iniziata con la  venuta nel mondo. Gli strapparono i vestiti, lo condannarono alla flagellazione e poi alla Croce. Anche i malati e coloro che soffrono in qualche modo delle conseguenze del Coronavirus sono stati spogliati, si sono trovati nudi davanti alla Croce, tutti… perché il Coronavirus non ha fatto distinzione. Ci dovrebbe spogliare della nostra arroganza, delle nostre certezze, far capire che l'ora della  Croce può arrivare per tutti, qualunque sia la forma in cui si presenta: malattia, mancanza di lavoro, economia… E ci costringe ancora 15 giorni chiusi in casa, a pensare, a spogliarci dei nostri inutili orpelli. Chi si gloriava delle proprie capacità, della propria ricchezza, deve assolutamente imparare che anche questi sono doni e tante volte nemmeno meritati perché usati per snobbare gli altri, per insultare, annebbiare le capacità altrui, tutti presi dal loro delirio di onnipotenza. Non sono cose o doni che ci appartengono, perché esiste davvero qualcuno più forte di noi. L'uomo non è onnipotente, spesso chi è diventato ricco, lo ha fatto con arroganza, con superbia e in questo periodo che è stato costretto a casa inoperoso, non è riuscito a rimanere con se stesso in modo sereno facendosi venire tutte le altre malattie. Questo silenzio imposto, questa clausura forzata ci vogliono condurre all'essenziale della vita, al silenzio e all'immobilità della Croce di Cristo e della reposizione nel sepolcro. Solo chi ha fede riuscirà davvero a compiere il passaggio dal sabato santo alla domenica di Risurrezione, anche chi è stato sfortunato e ha dovuto affrontare la morte… Tutto deve essere visto in funzione dell'eternità. Chi non ha fede continuerà a rodersi dentro e ad ammalarsi, non di coronavirus,  a non saper stare con se stesso e a vivere delle proprie bugie. Si immergeva nel caos dei viaggi, del lavoro, del clamore inutile e infantile delle emozioni negative e delle bugie, non accorgendosi che non stava vivendo la propria vita e che l'essenziale è tutto racchiuso in ciò che sembra un fallimento: la Croce di Cristo. Lì c'è l'essenziale: l'amore, l'amore per tutti, al di là dei nostri sentimenti negativi che ci rendono ciechi e spietati… l'amore che crocifigge la carne.
Tanti purtroppo, ripeto, si fermeranno al Sabato Santo e saranno quelli che dovevano aprirsi di più all'Eterno. Si fermeranno all'attesa della propria libertà, perché incapaci di riflettere e di profondità. Hanno solamente sopportato questa quarantena senza imparare nulla… e cosa vi aspettavate? Sono loro i maestri e i migliori, proprio come quei Farisei e Scribi ormai "sereni" perché avevano condotto alla morte Colui che diceva la Verità. Erano tutto… istruiti, onorati, ascoltati...tranne che felici!

martedì 31 marzo 2020

Ricordare le vittime

Alle 12 il momento di silenzio per ricordare le vittime del Coronavirus... è un silenzio profondo quello che ha avvolto le nostre città, un baratro abissale, eloquente, pieno della sofferenza di tante famiglie che hanno perso i loro cari, di chi è morto con il terrore nel cuore, pieno dei perché sospesi di tutti coloro che vorrebbero una risposta, ma non l'hanno, pieno della speranza di chi restituisce alla vita persone intubate, gravemente ammalate, pieno della disperazione di persone provate in modo serio anche economicamente.
Il Virus non ha risparmiato nessun campo, questo lo dobbiamo ricordare: chi è in una zona relativamente colpita, non può capire del tutto lo sgomento di chi invece vive in quelle più coinvolte. Mi hanno invitato ad iscrivermi in un gruppo in cui stanno raccogliendo le varie testimonianze che provengono per lo più da Bergamo, Crema, Brescia: il dolore composto, palpabile, si muove tra un post e l'altro rimbalzando tra interrogativi senza risposte e il silenzio attonito di chi non ha ancora il coraggio di raccontare una storia incredibile a cui ancora stenta a credere...
E... allora sì, mi dispiace, si tratta veramente di una lotta, la lotta di tante persone che hanno perso tutto, affetti, soldi... e la lotta comincia proprio quando il virus si impossessa del corpo prescelto, quando in un gioco mortale gli ruba la speranza, lo svuota dentro... già perché uno dei sintomi è proprio questo. Ascoltate le persone più colpite! Il virus spoglia le persone lentamente, rubando la speranza, rubando la vita, mozzando il respiro. Sì, è una lotta... quando i medici riescono ad essere vittoriosi, a strappare alla morte una persona. 
È una lotta contro il tempo per trovare la cura migliore, per sconfiggere la morte. Chi non parla di lotta, non sa cosa vuol dire essere malato, superare il pregiudizio, i propri limiti... Non sanno cosa voglia dire. 
È grazie a questa sfida che il nostro Paese tenta, nonostante tutto di alzare la testa, abbandonata e derisa dai Paesi più ricchi, soccorsa da quelli più impensabili. Da questa sfida ne esce comunque vittoriosa, perché tanti abitanti hanno dimostrato una generosità senza limiti, abbattendo le barriere del Virus, portando amore e gioia a chi si sente più fragile. 
È un grande Paese il nostro, che sa alzare la testa! Guardiamo le nostre città deserte, avvolte dal silenzio: non preoccupatevi, è il silenzio di chi vuole proteggervi... è il silenzio di chi sta solo dormendo, non morendo; è il silenzio di chi accoglierà con gioia il momento in cui tutto questo finirà!

Un minuto di silenzio

Oggi, alle 12, si osserverà un minuto di silenzio per onorare, ricordare i morti a causa di questo virus. Sono davvero tanti, troppi... e continuano ad essere tanti, troppi. Noi che viviamo la situazione in zone in cui c'è il contagio, ma non in modo eccessivo, ci struggiamo nel vedere le nostre città vuote, come addormentate, forse non riusciremo del tutto a capire la situazione che vivono a Bergamo e negli altri territori interessati maggiormente dal contagio. 
Dimentichiamo che le nostre care città sono solamente addormentate, non sono morte e sono tali per proteggerci dal contagio... si risveglieranno, tutte, anche quelle maggiormente colpite. Noi siamo fortunati, nonostante la quarantena sia destinata ad allungarsi...

lunedì 30 marzo 2020

Domenica del pianto e della speranza

Ieri il Vangelo narrava la morte di Lazzaro, fratello di Marta e Maria nonché  amico di Gesù.
È il Vangelo in cui l'umanità di Gesù si palesa apertamente, è il Vangelo in cui la misericordia e l'onnipotenza di Gesù fanno un miracolo indimenticabile: la risurrezione di Lazzaro. 
Cosa accadde? Marta e Maria informarono Gesù della malattia di Lazzaro. Gesù commentò che quella malattia non era per la morte, ma per la gloria di Dio. Gesù si ritirò per due giorni, molto probabilmente a pregare e il terzo si rivolse ai discepoli annunciando che Lazzaro si era addormentato. Con questa espressione definì la morte come un sonno profondo. Gli apostoli (come spesso accadeva) non compresero e risposero che se Lazzaro dormiva, sarebbe stato salvo. Gesù spiega apertamente che Lazzaro era morto e che era opportuno recarsi da lui in Giudea. Gli apostoli gli fecero notare che andare in Giudea nuovamente, voleva dire rischiare la propria vita e Tommaso commentò in modo amaro di fronte alla decisione di Gesù: "Andiamo a morire con lui". 
Dopo che Gesù si fu recato a casa di Marta e Maria, si commosse profondamente di fronte al loro dolore e chiese di essere accompagnato al sepolcro di Lazzaro. Giunto là, Gesù scoppiò in pianto. Alcuni, di fronte al pianto, commentarono in modo differente: "Non poteva evitare che morisse?" e "Guardate come lo amava!". Fecero commenti negativi e positivi di fronte ai quali Gesù provò ancora una commozione fortissima. Seguì l'episodio della resurrezione di Lazzaro. Mi piace come fu interpretato nel film "Gesù di Nazaret" di Zeffirelli, rende proprio l'idea. Gesù comandò a Lazzaro di venire fuori... Di fatto gli comandò di passare dal buio del sepolcro alla luce esterna. Il grande miracolo avvenne dopo quattro giorni dalla morte di Lazzaro, il suo corpo mandava già cattivo odore. Gesù con la potenza della sua parola ha il potere di riportare in vita, di risvegliare dalla morte. 
In questo vangelo, come ho già detto, esce l'umanità di Gesù in tutta la sua pienezza, la sua carica di amore e di affetto, tramite la commozione e il dolore. Egli era uomo a tutti gli effetti. Per tale motivo il Papa ha definito quella di ieri la domenica del pianto. Questo sono le sue parole: 
" Gesù piange con amore, piange con i suoi che piangono, piange sempre per amore, ha un cuore pieno di compassione. Oggi davanti a un mondo che soffre per la pandemia siamo capaci di piangere come Gesù? Tanti piangono oggi. Chiediamo la grazia di piangere. E se è troppo duro, (anche se) sono capace di parlare, di fare del bene, di aiutare, ma il cuore non entra, non sono capace di piangere, chiedere questa grazia al Signore: Signore, che io pianga con te, pianga con il tuo popolo che in questo momento soffre. Tanti piangono oggi. E noi, da questo altare, da questo sacrificio di Gesù, di Gesù che non si è vergognato di piangere, chiediamo la grazia di piangere. Che oggi sia per tutti noi come la domenica del pianto.".

sabato 28 marzo 2020

Riflessione sulla condivisione delle notizie

Spronata da alcuni post su Facebook dove ho un profilo personale e una pagina che gestisco, ho cominciato a riflettere su questo: "Sono guarite n°.... di persone, nessuno condivide, se fossero morte questo post sarebbe stato condiviso da molti". Forse c'è una ragione per cui fanno più rumore le morti che le guarigioni. Vorrei riflettere su questo con voi, perché la risposta non è così scontata come sembra. Nemmeno io mi sono data una risposta immediata in quanto non è così semplice. 
Molto probabilmente è vero, i post sui morti sono molto più condivisi rispetto a quelli delle guarigioni. Io stessa che sono ottimista, non sono riuscita a pubblicare queste notizie. 
Molto probabilmente tutto è accaduto così in fretta, le modalità dell'evento è stato fulmineo che ci ha colto di sorpresa. Ripercorrendo la storia, agli inizi eravamo solamente spettatori di questa tragedia: in Cina il numero di contagiati era esorbitante e quello dei morti (affermati) altrettanto. Il mio pensiero era stato "Povera gente"... Povera gente davvero! Eppure, tanti non credevano a quelle notizie e che di fronte a questo fatto, si facesse un allarmismo eccessivo. Per l'Italia era una realtà ancora lontana, incomprensibile, si era giunti ad affermare che in Italia questa epidemia non sarebbe mai arrivata. Forse questo è stato dettato dall'ignoranza, nessuno sapeva cosa avrebbe dovuto aspettarsi. Abbiamo valutato la cosa come una semplice influenza.... e agli inizi, quando sbarcò in Italia, fu considerata come tale: poco più di un'influenza. Non era così, ahimé, i numeri lo affermano chiaramente. Eravamo convinti che in Italia il virus non avrebbe mietuto così tante vittime... invece non è stato così: siamo secondi (uno stato così piccolo) agli Stati Uniti come contagi e primi come numero di morti. Ogni nostra convinzione è stata sradicata puntualmente dai dati e da un futuro prossimo che ha falciato in pochissimo tempo la nostra speranza e quello che inconsciamente ritenevamo una certezza. 
Agli inizi qualcuno poteva credere che il contagio arrivato in Italia potesse fermarsi a Codogno, ma ciò era un azzardo troppo grosso, era impensabile. Ad un certo punto risuonava la notizia che solamente chi era anziano (il nostro patrimonio culturale) e chi aveva altre patologie (magari facevano meno assenze dei sani sul lavoro) moriva. Ci siamo sentiti tutti minacciati da questo nemico invisibile e le nostre vite sono mutate radicalmente, alcune hanno vissuto in prima persona questa tragedia, altri si sono visti limitare le proprie vite entro quattro mura, taluni tremano perché non hanno più un lavoro e il futuro oltre l'emergenza si intravede attraverso una fitta cortina di nebbia. Il virus ha scatenato una sofferenza che ha toccato tutti campi, per cui la nostra fragilità è emersa con tutta la sua grandezza e verità. In realtà in questo periodo abbiamo ottenuto la consapevolezza della nostra fragilità, è stata evidenziata dall'emergenza della pandemia, ma noi eravamo già fragili. Fragili inconsapevoli. La fragilità era avvertita solamente dagli anziani e dai malati e da chi già viveva una precarietà economica, ma gli altri si sentivano padroni del mondo. 
Siamo tutti contenti delle varie guarigioni, siamo consapevoli che si può anche guarire, ma ciò che sta accadendo in modo particolare nelle zone colpite, fa tremare il nostro cuore perché sappiamo che potrebbe accadere a tutti noi: speriamo di no, davvero con tutto il cuore, che presto questo virus sia sconfitto PER SEMPRE e possiamo tornare presto alla nostra normalità, alla normalità della vita quotidiana che apprezzeremo molto di più. 
Siamo contentissimi di queste guarigioni, ma siamo testimoni di un evento orribile che si sta consumando e non è giusto sia così, assolutamente!
Ed è successo in una zona in cui la sanità andava piuttosto bene... eppure da Reggio Emilia, da Parma, da Piacenza, da Codogno, da Crema, da Brescia, da Bergamo  ci hanno restituito storie drammatiche... 
Forse è per questo che condividiamo la sofferenza di tanti nostri fratelli, perché non vorremo vedere mai più una situazione del genere, in nessuna parte del mondo. Un po' come è accaduto nella Seconda Guerra Mondiale: si è istituito il giorno della Memoria, continuiamo a ricordare quel periodo buio della nostra storia, affinché non accada più.... eppure ci sono state tante persone che si sono salvate. Siccome questa assomiglia sempre di più a una guerra contro un nemico ancora più letale e invisibile, raccogliamo e facciamo tesoro di questa sofferenza inaudita affinché NON ACCADA MAI PIU', MAI PIU'! Preghiamo perché presto finisca tutto questo, per sempre!

Un evento straordinario

In questo periodo il Coronavirus ha fatto delle cose impensabili, è riuscito a far pregare anche persone che non lo facevano da molto tempo e ha permesso che a San Pietro ieri sera si svolgesse un evento straordinario: l'acquisto dell'Indulgenza plenaria, cioè la remissione della pena temporale del Purgatorio a tutti, senza le solite condizioni ovvero la Comunione, Confessione e visita al Santissimo Sacramento. L'ha potuta ricevere chi la desiderava e chi non poteva unirsi alla preghiera con i mezzi di comunicazione come televisione internet e radio. 
È stato un evento davvero straordinario, seguito da molti. Fiaccati da questa sofferenza, aneliamo a ricorrere alla potenza di qualcuno che può più di noi, perché vediamo la fatica dei nostri medici e infermieri, vediamo impotenti la sofferenza di tante persone che si spengono da soli, lontano dai propri cari, consapevoli della propria morte e senza poter usufruire di un conforto spirituale. 
Papa Francesco pensando a questi casi, ha voluto istituire questa giornata con uno duplice scopo: fornire il perdono, la remissione completa dei peccati e di implorare di fermare questa pandemia che sta seminando morte e sofferenza. Non è mai accaduto nella storia della Chiesa! Speriamo che sia davvero l'inizio di un miracolo, che questa pandemia si fermi definitivamente nell'Italia e nel mondo intero! Le parole del Papa sono semplici, ma nello stesso tempo esprimono delle realtà profonde e vanno dritte al cuore. Per tale motivo metto qui sotto la versione integrale della sua omelia. 

«Venuta la sera» (Mc 4,35). Così inizia il Vangelo che abbiamo ascoltato. Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre      piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti. Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: «Siamo perduti» (v. 38), così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme.
È facile ritrovarci in questo racconto. Quello che risulta difficile è capire l’atteggiamento di Gesù. Mentre i discepoli sono naturalmente allarmati e disperati, Egli sta a poppa, proprio nella parte della barca che per prima va a fondo. E che cosa fa? Nonostante il trambusto, dorme sereno, fiducioso nel Padre – è l’unica volta in cui nel Vangelo vediamo Gesù che dorme –. Quando poi viene svegliato, dopo aver calmato il vento e le acque, si rivolge ai discepoli in tono di rimprovero: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» (v. 40).

Cerchiamo di comprendere. In che cosa consiste la mancanza di fede dei discepoli, che si contrappone alla fiducia di Gesù? Essi non avevano smesso di credere in Lui, infatti lo invocano. Ma vediamo come lo invocano: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?» (v. 38). Non t’importa: pensano che Gesù si disinteressi di loro, che non si curi di loro. Tra di noi, nelle nostre famiglie, una delle cose che fa più male è quando ci sentiamo dire: “Non t’importa di me?”. È una frase che ferisce e scatena tempeste nel cuore. Avrà scosso anche Gesù. Perché a nessuno più che a Lui importa di noi. Infatti, una volta invocato, salva i suoi discepoli sfiduciati.

La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità.

Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, la tua Parola stasera ci colpisce e ci riguarda, tutti. In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: “Svegliati Signore!”.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, ci rivolgi un appello, un appello alla fede. Che non è tanto credere che Tu esista, ma venire a Te e fidarsi di Te. In questa Quaresima risuona il tuo appello urgente: “Convertitevi”, «ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12). Ci chiami a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta. Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri. E possiamo guardare a tanti compagni di viaggio esemplari, che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita. È la forza operante dello Spirito riversata e plasmata in coraggiose e generose dedizioni. È la vita dello Spirito capace di riscattare, di valorizzare e di mostrare come le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermiere e infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo. Davanti alla sofferenza, dove si misura il vero sviluppo dei nostri popoli, scopriamo e sperimentiamo la preghiera sacerdotale di Gesù: «che tutti siano una cosa sola» (Gv 17,21). Quanta gente esercita ogni giorno pazienza e infonde speranza, avendo cura di non seminare panico ma corresponsabilità. Quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli e quotidiani, come affrontare e attraversare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera. Quante persone pregano, offrono e intercedono per il bene di tutti. La preghiera e il servizio silenzioso: sono le nostre armi vincenti.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». L’inizio della fede è saperci bisognosi di salvezza. Non siamo autosufficienti, da soli; da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai.

Il Signore ci interpella e, in mezzo alla nostra tempesta, ci invita a risvegliare e attivare la solidarietà e la speranza capaci di dare solidità, sostegno e significato a queste ore in cui tutto sembra naufragare. Il Signore si risveglia per risvegliare e ravvivare la nostra fede pasquale. Abbiamo un’ancora: nella sua croce siamo stati salvati. Abbiamo un timone: nella sua croce siamo stati riscattati. Abbiamo una speranza: nella sua croce siamo stati risanati e abbracciati affinché niente e nessuno ci separi dal suo amore redentore. In mezzo all’isolamento nel quale stiamo patendo la mancanza degli affetti e degli incontri, sperimentando la mancanza di tante cose, ascoltiamo ancora una volta l’annuncio che ci salva: è risorto e vive accanto a noi. Il Signore ci interpella dalla sua croce a ritrovare la vita che ci attende, a guardare verso coloro che ci reclamano, a rafforzare, riconoscere e incentivare la grazia che ci abita. Non spegniamo la fiammella smorta (cfr Is 42,3), che mai si ammala, e lasciamo che riaccenda la speranza.

Abbracciare la sua croce significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare. Significa trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità, e di solidarietà. Nella sua croce siamo stati salvati per accogliere la speranza e lasciare che sia essa a rafforzare e sostenere tutte le misure e le strade possibili che ci possono aiutare a custodirci e custodire. Abbracciare il Signore per abbracciare la speranza: ecco la forza della fede, che libera dalla paura e dà speranza.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Cari fratelli e sorelle, da questo luogo, che racconta la fede rocciosa di Pietro, stasera vorrei affidarvi tutti al Signore, per l’intercessione della Madonna, salute del suo popolo, stella del mare in tempesta. Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio. Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balia della tempesta. Ripeti ancora: «Voi non abbiate paura» (Mt 28,5). E noi, insieme a Pietro, “gettiamo in Te ogni preoccupazione, perché Tu hai cura di noi” (cfr 1 Pt 5,7).
Il Papa prega davanti al crocifisso di San Marcello

venerdì 27 marzo 2020

Le sfide idiote

Chiusi in casa, timorosi e speranzosi nello stesso tempo, leggiamo notizie incredibili. Le ultime sono che dei giovani hanno inventato un pericoloso passatempo. Vogliono sfidare il virus, far vedere la loro idiozia sui social tramite video davvero sconfortanti: leccano i water dei bagni pubblici, la merce dei supermercati. Fanno tutto questo per dimostrare che non hanno paura del Coronavirus... così qualcuno di loro è risultato davvero positivo al virus. La cosa più sconfortante è la superficialità di queste persone. Non si dimostra così il coraggio! Il coraggio vero è di tutte quelle persone, medici, infermieri, religiosi, che si stanno adoperando per guarire i malati, per soccorrerli in tutte le loro esigenze. 
Tale superficialità è ancora più esecrabile se rapportiamo il loro gesto a ciò che sta accadendo in Lombardia dove la situazione sta diventando ancor più drammatica. I morti vengono avvolti da un lenzuolo imbevuto di disinfettante e posti in una doppia bara! Non abbiamo più bare a disposizione per seppellire i nostri morti! Non è possibile! 
Davanti a queste situazioni, è normale inorridire davanti a tali scene stupide e insignificanti! Gli Stati Uniti non sono andati per il sottile e hanno denunciato il giovane di terrorismo. Ma cosa vogliono dimostrare? 
Noia - Ungaretti: parafrasi, analisi e commento • Scuolissima.com

giovedì 26 marzo 2020

Cosa ci chiede il Signore?

Non abbiamo dubbi, questo periodo è davvero pesante per tutti. L'angoscia delle morti e dei contagi si somma al dubbio palese di tutti su quando terminerà questo periodo così sofferto. Chissà quando potremo uscire nuovamente e liberamente dalle nostre case senza aver timore degli altri, alle prese con la nostra quotidianità da gestire al migliore dei modi!
Ultimamente gira sui social il video che riassume i momenti salienti di questo periodo con delle foto e che ha come  musica "La vita è adesso" di Claudio Baglioni.
Sì, la vita è adesso, dobbiamo ingegnarci a vivere la vita in questo momento, qui ed ora, non nell'attesa smaniosa di un futuro di libertà. Dobbiamo interrogarci su cosa il buon Dio vuole da noi. Abbiamo tutto il tempo per farlo.
Abbiamo appurato che questo periodo è il più disastroso dopo quello della seconda guerra mondiale. Oggi come allora, nessuno di noi ha mai dovuto affrontare una cosa del genere, siamo tutti impreparati, ma come diceva Bateson, dobbiamo imparare ad imparare. Dobbiamo essere in grado di sfasciare tutti i nostri schemi preimpostati, per costruirne uno nuovo che faccia fronte a questa situazione inedita. 
Parto dai cattolici impegnati in una vita di fede e di preghiera. Cosa vuole dirci il Signore?
Chiusi in casa siamo costretti a una riflessione più profonda, a dedicarsi alla preghiera con maggior intensità, sia chi era impegnato in altri fronti come il volontariato, chi invece frequentava più gruppi di preghiera e la messa. La riflessione deve partire dal Vangelo e dal modello che Gesù ci offre. La preghiera e la fede sono fondamentali, ma Dio ci chiede la conversione completa, ovvero di purificare i nostri pensieri, le nostre parole, i nostri atti. Dobbiamo purificare le nostre ideologie, dobbiamo avere il coraggio di lasciare le opinioni che non sarebbero mai approvate da Gesù. Dobbiamo partire dai nostri pensieri. Abbiamo tempo di tradurre questa conversione in atti nel nostro piccolo, con i nostri cari che abbiamo vicino. Non è così semplice. Tanti infatti sono molto più nervosi, non riescono ad controllarsi e ad affrontare questa nuova situazione. Perché?
Il motivo è che questa situazione ci ha lasciato l'essenziale della vita: l'interiorità. La vita attiva è infatti povera di avvenimenti, quindi ci rimane l'interiorità e la vita dello spirito. Non è scontato nemmeno per un cattolico. 
Continuiamo con un' altra ideologia che gira tra i siti cattolici: il Coronavirus è un castigo di Dio. Ma davvero voi pensate che Dio sia così crudele da castigare l'umanità in questo modo, quando il Vangelo ritrae Gesù che piange commosso davanti al cadavere di Lazzaro? Io non ci posso credere, no. Prima di tutto nemmeno l'uomo vorrebbe mai una cosa del genere e l'uomo è "cattivo" come disse Gesù, ossia incatenato al peccato, figurarsi Dio che ci ama di un amore infinito e ha dato Suo Figlio per la nostra salvezza! Vi è una pedagogia divina che capiremo del tutto sicuramente e solamente quando andremo nell'aldilà. Penso che la faccenda si possa spiegare facendo riferimento ad una realtà che noi conosciamo bene. Davanti a Dio siamo tutti piccoli, siamo tutti dei bambini, vediamo la realtà in modo assai limitato. Quando noi insegnanti o genitori sgridiamo alacremente un bambino, un nostro figlio, piuttosto che vederlo in una situazione ancora più difficile e pericolosa, preferiamo essere severi, che viva in quel momento una sofferenza profonda piuttosto che vederlo in un pericolo da cui non saremmo più in grado di salvarlo o di tirarlo fuori e sarebbe quindi costretto a soffrire per sempre. Così fa Dio in questo momento: permette nella nostra vita un evento che ci scuota enormemente, che potremo ricordare quando ritorneremo alla vita normale. 
È durissimo, ma forse attraverso questa cosa, Egli desidera togliere il peccato dalla nostra anima ed il peccato è una malattia mortale e severa per l'anima la quale ne potrebbe soffrire per l'eternità. 
Dio, quindi, desidera la conversione, ma dagli atei accetterà sicuramente anche il più piccolo atto di bontà e d'amore. Da chi non è abituato a camminare, Dio non può esigere di correre la maratona di New York. Accetterà il più piccolo atto d'amore e di sacrificio e comunicherà tramite questi con la persona in questione. E... abbiamo ancora degli eroi che hanno dato la vita in questa lotta in modo differente fra loro (medici, malati, religiosi/e, preti) e questo bilancerà di molto la situazione.

venerdì 20 marzo 2020

Tempo di quarantena

Su Facebook molti paragonano la quarantena che tutti noi stiamo vivendo alla vicenda drammatica di Anna Frank. Non c'è dubbio che da parte nostra vi siano numerosi segni di insofferenza, non solo dovuti alla clausura forzata, ma a tutta la faccenda nell'insieme. Chi sta a casa non possiede la certezza al cento per cento di non essere contagiato e la tragica realtà che si sta vivendo in particolar modo a Bergamo e a Brescia, ci ricorda che questo nemico invisibile è molto potente e ci costringe a vedere scene che non abbiamo visto dai tempi della seconda guerra mondiale… Proprio questo panorama attuale ci riporta ai tempi passati che molti di noi hanno vissuto leggendo i libri di storia o le numerose testimonianze scritte e orali dei nostri anziani: la clausura forzata, i numerosi morti, i forni crematori, la non libertà di celebrare di persona le liturgie religiose.
La situazione di Anna Frank era generata dall'odio degli uomini e per questo motivo ancora più incomprensibile. Dovremmo quindi imparare da lei. A soli 13 anni si è dovuta rinchiudere insieme con la sua famiglia nell'alloggio segreto. A 13
anni la vita esplode, oggi come allora: si scoprono i sentimenti forti, si esplora la bellezza e la pericolosità della vita, si fanno esperienze fondamentali per la nostra crescita. Anna non poteva farle: segregata, ha imparato che gli uomini possono arrivare a fare cose assurde per odio e viveva nella paura costante del suo futuro e di quello della sua famiglia. Capiva benissimo, come noi adesso, che la sua vita era legata a un filo: una denuncia da parte di qualcuno e tutti sarebbero morti. Non solo: le notizie circa la sorte degli altri ebrei e di chi li aiutava pesavano sul suo cuore come un macigno. Speranza, paura, noia, desiderio prorompente di vita e libertà si alternavano costantemente nella sua esistenza clandestina. Uguale a noi: anche noi assistiamo alla tragedia di Bergamo, Brescia, Cremona e questa pesa nel nostro cuore e come lei abbiamo paura di condividere la loro stessa sorte…. 
Anna, però, aveva una carta in più che anche noi dovremmo avere: la fede. Nonostante tutto credeva nell'intima bontà dell'uomo e che tutto sarebbe volto al bene…
È vero: anche noi per combattere questo nemico invisibile dovremmo credere nell'invisibile, cioè in Dio senza perdere la speranza. Anche Anna viveva con una paura costante che il cerchio attorno a loro si chiudesse e non oso pensare al momento in cui la Gestapo entrò nell'alloggio segreto. Dovremmo imparare da lei: Dio è onnipotente… l'uomo sta facendo oltre il possibile per sconfiggere questo virus, ma Dio può fare davvero l'impossibile… e lo farà se saremo docili, pregheremo...

domenica 15 marzo 2020

Agonia nell'orto degli ulivi e Coronavirus

Oggi è domenica, fuori c'è un sole meraviglioso e nonostante dentro il mio cuore senta la pace, esso trasuda di sofferenza. Sì, mi viene da piangere pensando alle notizie drammatiche che giungono da Bergamo, pensando alla lunga processione di bare che non ricevono nemmeno il sussidio di un funerale o qualsiasi supporto religioso. Sono morti soli, lontano dai parenti più cari, senza poter vedere il loro volto per l'ultima volta. Vengono posti dove si può in attesa della cremazione… una lunga processione di bare… più di cento al giorno. Una strage insomma. 
È una sofferenza profonda la mia che mi fa apparire la quarantena a cui siamo sottoposti, come una passeggiata. Non riesco a distogliere il pensiero dalla sofferenza di questi nostri fratelli, dal loro terrore, dalla loro paura... Non ci riesco proprio. 
È come accadde per il terremoto in centro Italia e per il Ponte Morandi, si sente un dolore sordo, profondo… e non si riesce ad allontanare in alcun modo. 
Mi viene da pensare alla sofferenza che provò Gesù nell'orto degli ulivi, quando sentì il peso dei nostri peccati e soffrì talmente tanto che sudò sangue. Solo l'amore che sentiva per noi, vedendoci in pericolo, nel dolore, poteva fargli sentire quella sofferenza, una sofferenza talmente forte da farlo sudare sangue. Non possiamo ignorare il dolore di questi nostri fratelli che deve essere quello di tutti. Bisogna arrivare anche a comprendere la loro fuga dalla Lombardia per lasciarsi alle spalle quell'orrore, quella paura… Non è giusto che fuggano, ma bisogna anche capirli. Non deve essere assolutamente una situazione facile. Il dolore di uno solo dei nostri fratelli, è e deve essere il dolore di tutti.

lunedì 9 marzo 2020

Coronavirus e... individualismo, spiritualità...

Purtroppo è successo anche in Italia: il Coronavirus sta moltiplicando le sue vittime e i contagi, siamo secondi in tutto il Mondo. 
In tutta Italia sono sospese  le sante Messe e tutte le celebrazioni liturgiche fino al 3 aprile allo scopo di arginare il contagio e dare maggior respiro alla  nostra sanità già fortemente provata.
Ciò di cui volevo parlare è l'effetto che hanno avuto i decreti restrittivi che il governo ha emanato per far fronte all'emergenza. In poche parole l'effetto è stato questo: fare l'esatto contrario.
Tale atteggiamento la dice lunga. Capisco il panico di fronte ad una situazione che sta minacciando tutti, anche i sani, però dobbiamo pensare anche agli altri. Anziché fuggire dalle zone rosse tornando al sud o riempire le spiagge liguri o stazionare con i camper nella Riviera o andare nelle seconde case, dovremmo pensare  un po' di più al contagio che potremmo portare in modo inconsapevole a chi è più debole di noi, agli anziani, alle categorie a rischio…
Ci siamo rivelati per quello che siamo… 
Non riusciamo a capire che i nostri atteggiamenti potrebbero mettere a repentaglio gli altri o noi stessi. Pensiamo di essere immortali. Pensiamo che a noi non capiterà mai… o non riusciamo a pensare a chi sta già lottando per la vita in una sala di rianimazione. Non tiriamoci su il morale dicendo che il paziente più a rischio è anziano… quell'anziano è una persona cara a tanti, è una persona che come te ama la vita e vorrebbe godere ancora dei bei momenti… e poi non scordiamoci che in terapia intensiva non ci stanno solamente anziani. 
Chi è venuto dalle zone rosse in Liguria ha sbagliato: vedremo gli effetti nei prossimi giorni, sperando con tutto il cuore di avere tanta fortuna e... di essere protetti dal buon Dio. Qui abbiamo ancora pochi contagi rispetto al resto del nord… però sono comunque triplicati e con i nostri atteggiamenti irresponsabili potrebbero diventare il quadruplo… 
Il decreto emanato dalla Cei che ordina la sospensione di ogni attività liturgica, di fatto impone un digiuno eucaristico che finirà chissà quando… 
Tale digiuno pesa a chi è abituato come me a partecipare alla santa Messa tutti i giorni, ma lo accetto di buon grado, offrendo questo per chiedere a Dio la grazia dell'allontanamento di questo virus dall'Italia e dal Mondo intero… basta contagi, basta vittime! 
Risultato immagini per spiaggia affollata boccadasse

martedì 25 febbraio 2020

Il Coronavirus... e la fede

Oggi voglio affrontare un discorso molto delicato che sta toccando tutto il mondo: il Coronavirus.
Per saper valutare la situazione, bisognerebbe fare vuoto dentro il nostro cuore di tutte le nostre paure, del nostro modo di vedere e del nostro coinvolgimento. Non è semplice, però è opportuno farlo anche nel nostro cammino di ogni giorno, se vogliamo superare le inevitabili criticità che dobbiamo affrontare.
Il Coronavirus non è un gioco, non è una montatura, non è un evento da sottovalutare, ma nemmeno arrendersi ad esso lasciandosi prendere dal panico.
Io vivo in Liguria dove per adesso non ci sono casi, ma sono state applicate misure cautelari drastiche a scopo di contenere il virus e... se possibile salutarlo a distanza. Nei giorni scorsi, esattamente la settimana scorsa, correvano numerose teorie.
Una diceva che il Coronavirus era una montatura per penalizzare la Cina, Stato emergente nell'economia mondiale. Sentivo affermare che le notizie che circolavano non erano vere e che noi non dovevamo preoccuparci di nulla. 
È davvero così: a categorie di lavoratori (non sto a rivelare i vari passaggi perché voglio solamente riflettere e non fare polemica… tanto il Coronavirus sarebbe arrivato comunque), è stato detto senza preamboli, che le notizie che ci arrivavano dalla Cina erano false. Tempo qualche giorno di baruffa tra politici e il virus è sbarcato baldanzoso anche in Italia diffondendosi rapidamente. Le bugie hanno le gambe corte. 
Alcuni riassumevano la faccenda sottolineando che in Cina era curato solamente chi se lo poteva permettere, che i Cinesi non curano tanto l'igiene, che mangiano cose strane. Sì, questo è vero, è un dato di fatto che può aver contribuito all'espansione del virus.
C'erano poi quelli che ci hanno accusato di razzismo (alcune persone hanno esagerato davvero picchiando dei cinesi… che sono anch'essi
vittime del silenzio del loro governo). Razzismo è la parola d'ordine di moda negli ultimi tempi. Se alcune esagerazioni sono dati di fatto, la prevenzione, la prudenza non fa parte del razzismo. Bisogna imparare a dare alle parole il loro vero significato e non manipolarle e usarle contro chi ha un'idea diversa. Anche in questo caso, tempo di scannarsi almeno un po' e il virus è arrivato in Lombardia… e hanno finalmente capito che non si sarebbe fermato lì… quindi chiusura di intere regioni sia in uscita che in entrata. Siamo razzisti anche con i lombardi???? No, fatemi capire, perché certe affermazioni non devono sempre saltare in bocca ad ogni piè sospinto, bisogna invece valutare le cose con senno e criterio.
Entriamo poi nel nostro piccolo. Le persone si sono suddivise in tre categorie:
la prima quella che non credeva assolutamente che esistesse l'emergenza in Cina o in ogni altra parte del mondo; la seconda che afferma di non aver paura in modo assoluto; la terza… non la troviamo più perché è entrata nel panico più assoluto!
Della prima ne ho già parlato all'inizio. La seconda è una categoria un po' pericolosa. Molto probabilmente è vero che non ha paura e... in questo caso dovremmo cominciare ad aver paura noi di questa categoria! Si sentono così sicuri di sé che credono che non saranno mai toccati da una cosa del genere se non acconsentono… Oh se è così per favore segnalateli al Ministero della Salute… abbiamo trovato dei Padreterni sulla terra!!! Speriamo che il loro ego si volga verso gli altri e facciano il miracolo! Posizione pericolosa questa… davvero tanto… anche e soprattutto di fronte alle altre malattie. Le malattie devono farci un po' di paura per assumere un atteggiamento responsabile sia nei confronti di se stessi che nel rispetto degli altri. Alcuni atteggiamenti raccomandati dal ministero, dovrebbero entrare nell'uso comune, anche per semplici raffreddori. Non si deve starnutire al vento, in faccia agli altri, ma se possibile farlo in un fazzoletto o nel gomito. Alcuni dopo essersi soffiato il naso o starnutito dentro il fazzoletto, hanno la pessima abitudine di lasciare i fazzoletti sopra i tavoli… possibilmente vanno depositati dentro le proprie tasche e, in questa emergenza straordinaria, buttarli direttamente nel cestino, ancor meglio nel gabinetto e tirare la catena.  Noto che queste regole di sana convivenza da seguire pure nell'intimità della famiglia, non esistono, vengono ignorate contagiando così tutta la famiglia. Guardate che queste regole elementari vengono tralasciate per egoismo e mancanza di delicatezza nei confronti degli altri. I nostri atteggiamenti dicono molto su quello che abbiamo nel cuore. Anche questi che a volte rimangono confinati nell'intimità della famiglia… 
La terza categoria… quella del panico. Questi vivono in continua agitazione, temendo di prendere il virus o qualsiasi altra malattia. Non hanno fede, devono lavorare sulla propria insicurezza. Nessuno di noi può avere la certezza di non essere contagiato, perché viviamo una realtà delicata. Dobbiamo prenderne atto, averne quel tanto di paura per preservarci e preservare gli altri, ma non possiamo temere sempre, costantemente le malattie. La vita è costellata di eventi straordinari che vengono a minare la tranquillità della nostra esistenza e nostro dovere è quello di vivere tranquillamente, lottando contro la nostra paura, affrontandola, pensando al bene di chi ci sta vicino… accettando la malattia di coloro che ci stanno vicino… 
In questa categoria ci sono quelli che fingono di non avere paura, mettono una maschera per apparire pieni di fede e di abbandono in Dio. Non è giusto neanche questo atteggiamento: sa tanto di menzogna, di non accettazione del proprio modo di essere. Per superare le nostre paure dobbiamo togliere la maschera che abbiamo sul nostro volto, fare chiarezza dentro di noi per poterci migliorare e affrontare i problemi, senza tentare di insabbiare la realtà con certi dannosi fatalismi (il coronavirus non mi toccherà mai; ho il colesterolo alto mangerò comunque come se non avessi nulla)che rasentano l'ignoranza e fanno finta che la malattia non esista mettendo a repentaglio stupidamente la propria salute e la tranquillità degli altri. Se la malattia c'è va vissuta bene e con responsabilità. Non ascoltate consigli stupidi che vi incitano a vivere anche un solo istante come se la malattia non esistesse: costoro non vi vogliono bene. Vivere bene la malattia vuol dire viverla con tutti i limiti che essa impone al nostro corpo con serenità, senza andare al di sopra delle nostre forze. 
Concludendo, bisogna appurare che esiste una minaccia reale, quella del Coronavirus, e che nessuno può garantirci che, una volta preso, la supereremo o, al contrario, che moriremo sicuramente. Bisogna averne paura, almeno un po', per preservare noi e gli altri dal contagio. Bisogna imparare a vivere con una spada di Damocle che pende sulla nostra testa: se siamo sani, capiremo la situazione di tante persone che vivono la situazione di malattie croniche o mortali quotidianamente; se siamo già malati, dobbiamo armarci di altro coraggio per lottare contro un'altra minaccia… senza panico… 
Siamo nelle mani di Dio, Lui solo conosce i tempi giusti: se non è la nostra ora, anche se siamo malati e arriverà il Coronavirus, non ci farà nulla…