La vignetta... quella vignetta che fa del male, fa del male ad un cuore già spezzato, perché l'ironia deve avere certi limiti: il limite del rispetto davanti alla morte e tragedia di una città che cerca e ha già ricominciato a rialzarsi. Forse avrete già compreso che mi sto riferendo alla vignetta composta dal famoso giornalino satirico “Charlie Hebdo” riguardo ai fatti di Genova. In essa campeggiavano due scritte che volevano essere da rimprovero all'incuria delle costruzioni italiane e alla politica presa dal Governo nei confronti dei migranti: “costruito dagli italiani... pulito dai migranti”. Lo avevo commentato amaramente anche quando fecero quella vignetta satirica due anni fa esatti sul terremoto di Amatrice, lo rimarco anche oggi riguardo al crollo del Ponte Morandi, il nostro ponte di Brookline. Fa male perché la satira deve avere rispetto. Ricordo che qualcuno mi ha raccontato che nel dopoguerra, non si potevano prendere in giro i politici in quanto essi rappresentavano un “potere, un'autorità” che si doveva rispettare. Purtroppo la maleducazione, l'interesse, l'egoismo sono entrati prepotentemente nella politica gettando discredito e così perdendo credibilità agli occhi della gente. Non esiste più un gruppo politico che effettivamente rappresenti in toto il pensiero cristiano. Ognuno esagera in un punto o nell'altro, senza trovare un equilibrio salutare, quello che intendeva la politica un servizio per i cittadini. Sono discorsi molto importanti nei quali non mi voglio addentrare, perché di politica non me ne intendo. Semplicemente volevo toccare il discorso della vignetta satirica. Ovviamente credo che essa non rappresenti il pensiero di tutti i francesi, se pensassimo questo sbaglieremmo e rischieremmo di fare di tutta l'erba un fascio. L'altra volta, riguardo alla vignetta su Amatrice, avevo sottolineato come tutti, al momento dell'attentato, si erano sentiti in dovere di affermare con orgoglio: “Je suis Charlie”... Io non conoscevo il giornale satirico francese, ma siccome anche a Genova nella piazza principale, piazza De Ferrari, campeggiava la scritta orgogliosa “Je suis Charlie”,mi sono domandata chi fosse. Un attentato, come avevo affermato, non è mai da giustificare, tuttavia, il signor Charlie era andato pesante in fatto di religioni, non solamente con quella musulmana, anche con quella cattolica. Ripeto, niente giustifica atti terroristici, ma come persona credente anch'io mi sono sentita molto offesa dalle vignette: non prendevano in giro i cattolici, ma la Madonna stessa e Dio nella Trinità. Non mi sono sentita di dire “Je suis Charlie” perché non lo ero affatto... Adesso, tante persone comuni, ferite dalle vignette disegnate per i tragici fatti di Amatrice e Genova, non si sentono più Charlie... Ma cosa pensavano? Che non avendo rispetto per Dio avessero rispetto invece per i morti italiani e per le nostre tragedie????
Ama e dentro il tuo cuore ci sarà un piccolo frammento dell'infinito di Dio, un piccolo specchio che rifletterà l'azzurro del cielo. Entra nella cella del tuo cuore e immergiti nel suo silenzio...Ascolta, parla il tuo Maestro! Colui che creò le imponenti montagne e il mare immenso...
sabato 25 agosto 2018
venerdì 24 agosto 2018
18 agosto, lutto nazionale
14 agosto 2018... A Genova è allerta arancione: quando mi sveglio, dalle persiane filtra solamente un tenue raggio di luce. La stanza rimane scura. Di fatto il cielo è plumbeo, coperto di nuvole cariche di pioggia. Ad un tratto il cielo riversa il suo contenuto sulla terra, fulmini, lampi, tuoni. Non si vede più da un palmo dal naso, mentre la corrente salta ad ogni istante sotto i colpi dei fulmini che non danno tregua. Scrutando quel diluvio mi ritornano alla mente i drammatici momenti degli ultimi alluvioni. In quei giorni pioveva così, insistentemente. Guardo preoccupata quel diluvio. Succede invece l' inaspettabile: mentre il cielo sfoga la sua rabbia, apprendo la notizia del crollo del ponte Morandi. Associo subito quella notizia al diluvio, ma in realtà il diluvio non c'entra. È vero che qualcuno ha testimoniato di aver visto un fulmine colpire il ponte, ma il crollo è dovuto ad un cedimento strutturale. È subito tragedia. Il crollo separa immediatamente la città in due, mentre le mani dei soccorsi cercano altre mani da afferrare: quelle di coloro che sono rimasti sotto le macerie. Qualcuno ha raccontato che, subito, sono andati con le mani a scavare , ad avvertire chi di dovere del crollo del ponte e dell'immensa sciagura che si stava consumando a Genova per l'ennesima volta. Proprio di fronte a quell'abisso che si è aperto sopra il torrente Polcevera, c'è il Santuario della Madonna della Guardia. È impressionante. La tragedia è devastante e sicuramente ai parenti delle vittime non consolerà il fatto che se il ponte fosse crollato sulle case sottostanti, la tragedia sarebbe stata ancora più immane. Non ci sono parole. Il web si riempie di immagini di solidarietà, di momenti di pianto e di gioia, di generosità da parte dei soccorritori.
martedì 14 agosto 2018
Crolla il Ponte Morandi
Genova è la mia città, in lei si sono formate le mie ossa, il mio corpo, i miei pensieri... l'amo, profondamente, l'ho sempre difesa a spada tratta... è la mia città...
Per lei ho sentito una nostalgia struggente, ho sognato i suoi colori, il mormorio del suo mare....perché fin dalla mia nascita mi han cullato le sue onde, accarezzato i raggi del sole e il suo vento. Nel mare ho riflesso i miei sogni... tante goccioline formano il mare, tanti sogni formano le aspirazioni.
L'ho vista straziata dalla furia delle acque, coperta di fango, colpita al cuore nel suo porto, arsa dagli incendi...
È la mia città... è la mia Genova di cui mi sento parte integrante, per cui voglio lavorare per crescere e educare i suoi figli...
Il silenzio abissale del cuore è ancor più profondo del volo che hanno fatto quelle macchine dal ponte e le lacrime sono ancor di più di tutta l'acqua che può contenere il torrente Polcevera.... e... non ci sono parole per descrivere il dolore perché anch'esse precipitano in quella voragine che ha ingoiato quelle vite..
Tanti volti sono passati davanti ai miei occhi, tante persone.. poteva accadere a tutti... e in qualsiasi posto... le medesime lacrime le ho sparse per chi aveva perso la vita nel terremoto... semplicemente perché sono morti altri nostri fratelli e ci sentiamo parte integrante di un territorio, fratelli e sorelle che si possono abbracciare dinanzi al dolore...
Accogli, Signore, queste anime e conforta chi è rimasto
venerdì 10 agosto 2018
La vita eterna
Parlare di questo argomento è sempre molto delicato. Ci si addentra in misteri più grandi di noi e per spiegare un mistero più grande di noi e non alla portata della nostra mente, dovremmo usare parole e concetti che non sono nostri. Siccome parliamo d'infinito, dobbiamo usare le medesime parole della fonte dell'infinito: quelle di Dio. Non potremo parlare con le parole di Dio senza essere amati da Lui. Una persona che desidera far conoscere il suo amore, comunica se stesso. Attraverso il Vangelo, Egli ha svelato il suo Cuore colmo di amore infinito. L'argomento di questo post vuole essere la vita eterna. Vari episodi mi hanno indotto a riflettere su tale argomento. Qual è il più grande mistero della vita dell'uomo? La sofferenza... la morte...? Molto probabilmente l'uno ingloba l'altro. Pochi giorni fa in un film che trattava di medicina, vi era il caso di un ragazzo sportivo, amante della vita. A tutta prima pareva che lo sport fosse tutta la sua vita, ma poi una sofferenza improvvisa, svelò il cuore di quel ragazzo. Dai raggi inaspettatamente uscì che il ragazzo aveva una forma inoperabile di tumore situato nel tronco encefalico. A tutta prima i medici reputarono inaccettabile per il ragazzo la possibilità di uscire dall'operazione menomato e quindi incapace di praticare nuovamente sport. Il ragazzo, invece, era fornito di una tempra da vero sportivo, da combattente. Fu così che a un medico si accese una lampadina: perché non proporre al ragazzo l'operazione rischiosa e vedere cosa avrebbe scelto?
Ebbene, il ragazzo che dapprima aveva accettato coraggiosamente l'infausta previsione di una morte certa, accetta serenamente e con ancora più coraggio la proposta di una intervento rischioso da cui senz'altro sarebbe uscito menomato.... Il fatto è che la sofferenza e la morte vanno a braccetto. Non si arriva ad accettare la morte con coraggio, se non si accetta la sofferenza fisica e morale che la vita ci offre passo dopo passo. La vita, per quanto crudele ci possa sembrare , è la nostra educatrice, la nostra maestra, la nostra palestra, la nostra opportunità di abbracciare la gioia eterna o … di rifiutarla. Inesorabilmente ogni cammino porta a varcare questa porta strettissima, nessuno di noi è escluso. Durante tale percorso si incontrano varie possibilità di crescita che non sono delle cose a caso, gettate lì in un magazzino perché vecchie e inutilizzabili, ma sono necessarie per il nostro cammino, talvolta servono proprio per ricondurci al fine ultimo della vita: l'amore e l'abbraccio di Dio.
Accettare questi eventi non è semplice per nessuno. Vengono ormai rigettate le figure dei santi che immediatamente accettano la volontà di Dio. Ancora si sentono persone che come delle prodigiose femme fatale affermano “sia fatta la volontà di Dio”... su gli altri, ma loro di fatto mancano delle più semplici regole dell'educazione... altro che porgere l'altra guancia e accettare il rifiuto! Il fatto è che i santi sono persone che hanno conquistato la loro vetta piangendo, talvolta ribellandosi... e così vediamo un Padre Pio che piange di fronte alla morte della mamma (e chi più di lui ha avuto contatti con l'Autore della vita?), una santa Teresina che piange di fronte ad un vassoio rotto....una Chiara Badano che dopo aver sentito dai medici la sua sentenza di morte (tumore), si chiude nella sua camera e non vuole vedere nessuno lasciandosi andare ad un pianto disperato e forse a una richiesta disperata di riavere la sua salute....Sono questi atti che rendono meravigliosi i santi. Gesù era profondamente umano, piangeva per la morte del suo amico più caro, si commuoveva di fronte alla folla senza mangiare e ai malati che gli portavano affinché fossero guariti. Taluni si scordano che l'attributo più grande di Dio non è la forza, ma sono l'infinita tenerezza e il suo grande amore. Da questo possiamo dedurre che la sofferenza tocca la nostra vita, anche in modo piuttosto forte, ma non dobbiamo farci travolgere da essa. In ogni istante della vita dobbiamo ricordarci che potrebbe essere l'ultimo, questo non per darci alla pazza gioia, ma alla vera gioia, assaporando ogni istante come se fosse l'unico della vita, insomma un carpe diem inteso bene. La pazza gioia è un'altra cosa: sono cose effimere che ledono alla salute della nostra anima, la svuotano del suo senso profondo e del motivo per cui è stata creata: dare gloria a Dio... Per pazza gioia intendo fare viaggi astrusi, bere come spugne, mandare a quel paese tutto e tutti... questo svilirebbe la nostra esistenza. Cogli l'attimo, sì, ma quello vero....Rischia per il vero bene tuo e degli altri, perché nella vita bisogna sempre osare, al massimo, per non avere rimpianti. E poi la morte che cos'è? Se noi ci abituiamo e ci esercitiamo ad amare Dio, non sarà altro che il compimento di quell'abbraccio, di ciò che abbiamo anelato per tutta la vita...
Considerandola così, la vita non è davvero un gioco, per niente, e la morte diventa un passaggio, molto stretto, ma che ci porta all'abbraccio di Dio e non... accontentiamoci di dire che le persone care vivono nei nostri ricordi! È molto di più: vivono pienamente in Dio! Non sono solamente un ricordo!
sabato 28 aprile 2018
E questo è tutto
Stamattina, quando ho scritto le righe del post precedente,non ero a conoscenza della morte di Alfie ed il mio discorso, lasciato a metà perché scritto a mano, è rimasto tale: era un preambolo che voleva entrare nel cuore della vicenda del piccolo con molta cautela perché il dolore dei genitori e del bimbo stesso imponeva silenzio. Ho saputo della sua morte solamente verso le 11. Scorrendo alcuni titoli che annunciavano il fatto, ve n'erano tanti che sottolineavano la sua forza e soprattutto il suo coraggio. Tra questi ne prendo uno che mi ha colpito:
“Ciao Alfie, ci hai insegnato l'amore per la vita”. Altri che sottolineavano il coraggio: “il piccolo leoncino Alfie ci ha insegnato il coraggio di vivere”.
I miei post sono scritti prima su carta e in seguito su internet. Avevo lasciato scrivendo che alcuni passi sembra siano fatti in avanti, ma in concreto non lo sono. Ebbene, la vicenda di Alfie è uno di questi casi... E i diritti di questo bimbo e della famiglia dove sono?
Il pensiero dell'uomo
Riflettevo sul cammino dell'umanità e su come il pensiero degli uomini abbia mutato significativamente il corso della storia, sia positivamente che negativamente. Talvolta è difficile quantificare gli eventi alla luce del loro svolgimento proiettato nella prospettiva futura, tale confine non è così netto ed è di difficile interpretazione. La nostra identità culturale è ciò che noi abbiamo vissuto nella grande storia e la grande storia è stata segnata da eventi che all'inizio parevano insignificanti. Parlo del cosiddetto “effetto farfalla” definito da Lorenz e poi ripreso da Morin per spiegare il paradigma della complessità, per cui dei piccoli gruppi che agli inizi erano ristretti, abbiano poi segnato la storia definitivamente. Si riferiva al cristianesimo, ma pure ai regimi totalitari risultati devastanti.
Noi siamo il risultato dei grandi eventi della storia: il fatto che l'Europa sia stata segnata da eventi catastrofici, dalla prevaricazione dei diritti fondamentali dell'uomo, ha fatto sì che nascessero alcuni documenti europei di notevole spessore: “La Dichiarazione dei diritti dell'uomo”.
Questo, però, non implica a priori che il cammino vada sempre avanti, verso la libertà, la tolleranza, il rispetto, i diritti. Nella vita personale di ciascuno di noi, notiamo tanti momenti di involuzione, talvolta sembrano di stasi, ma non è così, nessuno è fermo. Quei momenti di stasi si risolveranno o con un passo indietro o avanti. Il brutto è che pensiamo che quel passo che noi abbiamo fatto all'indietro, sia in avanti. Lo giustifichiamo noi ricostruendo il nostro passato su misura per capire e supportare le nostre scelte presenti. Così è della grande storia. Certi momenti di involuzione sono ritenuti come un passo avanti... ma intrinsecamente non lo è e lo capiamo guardando gli effetti in una prospettiva globale.
venerdì 27 aprile 2018
Risurrezione
Dio si è svelato attraverso la vita di suo Figlio. Un po' come i bambini, pure noi abbiamo bisogno di esempi concreti: le cose astratte rimangono nella nostra mente fino ad un certo punto, soprattutto quelle che trattano del soprannaturale. Molto probabilmente avremmo riso come fecero i Greci al discorso di Paolo: “Noi risorgere?.... Impossibile!”
Il buon Dio ci conosce e per tale motivo ha inviato il Figlio, per darci un modello concreto, ma anche per farci vedere dove giungeremo se lo imitiamo: la Risurrezione. Insomma, ha vinto la morte, dilemma della nostra vita.
martedì 24 aprile 2018
Comprensione
Chi è Dio per me? È una domanda retorica? Assolutamente no! Siamo tanto imperfetti che accostarsi ad un essere così perfetto, sarebbe impossibile se non fosse per il suo amore, per lo Spirito Santo, che ci rendono capaci di Dio.
Il fatto è che Dio ci ha creato ad immagine e somiglianza sua, ma noi, a nostra volta, ci creiamo un Dio a nostra immagine, cioè come proiezione della nostra mente.
Il pericolo più ricorrente è quello di vedere il prossimo attraverso i nostri schemi mentali. Interpretiamo i loro comportamenti attraverso la nostra esperienza scordando un concetto ormai consolidato e vero: ogni persona è un essere irripetibile ed unico. Lo dice la psicologia, ma ci era arrivata anche la piccola santa Teresa Martin: vi è più differenza tra le anime che tra le fisionomie dei volti.
Da ciò deduciamo che, se anche fosse che uno abbia vissuto le medesime esperienze, la sua percezione e organizzazione mentale le ha catalogate differentemente, in modo creativo formando una forma mentis diversa dalla nostra.
La comprensione dell'altro, quindi, deve avvenire non attraverso l'interpretazione dei nostri sentimenti (sebbene si debba partire da questo visto che le emozioni sono universali), ma mediante l'ascolto e la certezza che l'altro sia diverso da noi, che agisce, pensa, interpreta, risponde differentemente rispetto a noi.
Se ciò è valido per i rapporti interpersonali, lo è anche nei confronti di Dio. Dio va conosciuto attraverso la meditazione della sua parola e la preghiera. Dio è diverso da noi e noi, troppo spesso, lo vediamo nelle vesti di uno che perdona a prescindere dal fatto che l'altro sia pentito, oppure come un giustiziere mascherato, una sorte di supereroe che lancia dardi infuocati di qua e di là, contro chi sgarra.
La conoscenza di Dio non è semplice e non si deve presumere di nulla. Passa attraverso la preghiera, la lettura meditata del Vangelo, la contemplazione, ma anche la decentralizzazione da se stessi.
Mio papà è in paradiso?
Emanuele ha perso da poco il papà, è un bambino, ma nel suo cuore ha domande immense, domande con la D maiuscola: “Dov'è adesso papà? In paradiso o all'inferno?”
Suo papà si dichiarava ateo... in un bambino questo interrogativo sembra stonare e la sua fiducia nel Papa cela una grande fede: lui sa che il Papa è il Pontefice, il successore di s. Pietro e cerca in lui la risposta che lo tormenta: “adesso papà dov'è, ha finito di soffrire?”.
È una domanda imbarazzante alla quale nessuno di noi può rispondere, ma il Papa risponde lasciando trapelare la dolcezza e l'amore infinito del Padre: lo rassicura rammentandogli ciò che di buono ha fatto suo papà, lasciando però l'ultima parola al Padre: “Solamente Lui può dire chi va in Paradiso e chi all'inferno.
Leggendo tale breve racconto, molti si sono scandalizzati tacciando il Papa di buonismo. Questo desiderio che manifestano le persone, della giustizia di Dio a tutti i costi, mostra una grande insicurezza e inadeguatezza di fronte a questi tempi che mutano così velocemente da non avere più nemmeno il tempo per adattarsi. Si cercano dei punti fermi, ma si scorda che Dio è fortemente creativo.
martedì 17 aprile 2018
Il nostro pane
“Io sono
il pane disceso dal cielo, chi mangia il mio corpo e beve il mio
sangue, non avrà più fame e sete in eterno.”. Ho riportato alcune
frasi del Vangelo che completano la pericope di oggi. I Farisei
chiedono un segno e, facendolo, menzionano il fatto straordinario
dell'Antico Testamento, quando Dio sfamò il suo popolo nel deserto
con la manna. Il popolo stremato, affamato, assetato, timoroso
riguardo alle numerose incognite del futuro, riceve da Dio un cibo
che piove dal cielo: la manna. Tutti contenti al momento, ma al
ripetersi del prodigioso evento che li ha salvati, il popolo si
stanca e comincia a brontolare. È praticamente il prototipo del
nostro comportamento che assumiamo talvolta nei confronti di Dio:
quando otteniamo qualche dono che abbiamo bramato e atteso e che, in
ogni caso, la sua presenza ci avrebbe salvato sicuramente, dopo un
po' ci stufiamo e cominciamo a brontolare.
Siamo tanto
abituati a vedere ciò che ci manca che la nostra povera mente non
riesce neppure a intravedere i doni che possiede e, soprattutto, la
gratuità con la quale essi ci sono stati elargiti.
Il “mugugno
è libero” si dice a Genova, purtuttavia si deve andare oltre: è
importante saper vedere le cose positive e non lasciarci prendere dal
pessimismo.
Ritornando
al discorso sul pane, Gesù a quei tempi parlava a persone che
avevano bisogno di una sicurezza e che lavoravano sodo per
guadagnarsi il pane quotidiano. Non vivevano come noi, vivevano per
lo più alla giornata ed il pane era tutto. Il fatto che noi abbiamo
la pancia piena, ci fa scordare i bisogni non materiali, altrettanto
fondamentali. Ancora oggi abbiamo bisogno del pane, siamo
disorientati, impauriti, insicuri davanti ad un futuro incerto,
bisognosi d'amore, insoddisfatti perché pieni d'impegni di ogni
genere, irrealizzati. La risposta a queste nostre domande, al vuoto
interiore è Gesù. Egli dà al nostro spirito e al nostro corpo il
cibo fondamentale per essere per sempre sazi.
Iscriviti a:
Post (Atom)