martedì 31 marzo 2020

Ricordare le vittime

Alle 12 il momento di silenzio per ricordare le vittime del Coronavirus... è un silenzio profondo quello che ha avvolto le nostre città, un baratro abissale, eloquente, pieno della sofferenza di tante famiglie che hanno perso i loro cari, di chi è morto con il terrore nel cuore, pieno dei perché sospesi di tutti coloro che vorrebbero una risposta, ma non l'hanno, pieno della speranza di chi restituisce alla vita persone intubate, gravemente ammalate, pieno della disperazione di persone provate in modo serio anche economicamente.
Il Virus non ha risparmiato nessun campo, questo lo dobbiamo ricordare: chi è in una zona relativamente colpita, non può capire del tutto lo sgomento di chi invece vive in quelle più coinvolte. Mi hanno invitato ad iscrivermi in un gruppo in cui stanno raccogliendo le varie testimonianze che provengono per lo più da Bergamo, Crema, Brescia: il dolore composto, palpabile, si muove tra un post e l'altro rimbalzando tra interrogativi senza risposte e il silenzio attonito di chi non ha ancora il coraggio di raccontare una storia incredibile a cui ancora stenta a credere...
E... allora sì, mi dispiace, si tratta veramente di una lotta, la lotta di tante persone che hanno perso tutto, affetti, soldi... e la lotta comincia proprio quando il virus si impossessa del corpo prescelto, quando in un gioco mortale gli ruba la speranza, lo svuota dentro... già perché uno dei sintomi è proprio questo. Ascoltate le persone più colpite! Il virus spoglia le persone lentamente, rubando la speranza, rubando la vita, mozzando il respiro. Sì, è una lotta... quando i medici riescono ad essere vittoriosi, a strappare alla morte una persona. 
È una lotta contro il tempo per trovare la cura migliore, per sconfiggere la morte. Chi non parla di lotta, non sa cosa vuol dire essere malato, superare il pregiudizio, i propri limiti... Non sanno cosa voglia dire. 
È grazie a questa sfida che il nostro Paese tenta, nonostante tutto di alzare la testa, abbandonata e derisa dai Paesi più ricchi, soccorsa da quelli più impensabili. Da questa sfida ne esce comunque vittoriosa, perché tanti abitanti hanno dimostrato una generosità senza limiti, abbattendo le barriere del Virus, portando amore e gioia a chi si sente più fragile. 
È un grande Paese il nostro, che sa alzare la testa! Guardiamo le nostre città deserte, avvolte dal silenzio: non preoccupatevi, è il silenzio di chi vuole proteggervi... è il silenzio di chi sta solo dormendo, non morendo; è il silenzio di chi accoglierà con gioia il momento in cui tutto questo finirà!

Un minuto di silenzio

Oggi, alle 12, si osserverà un minuto di silenzio per onorare, ricordare i morti a causa di questo virus. Sono davvero tanti, troppi... e continuano ad essere tanti, troppi. Noi che viviamo la situazione in zone in cui c'è il contagio, ma non in modo eccessivo, ci struggiamo nel vedere le nostre città vuote, come addormentate, forse non riusciremo del tutto a capire la situazione che vivono a Bergamo e negli altri territori interessati maggiormente dal contagio. 
Dimentichiamo che le nostre care città sono solamente addormentate, non sono morte e sono tali per proteggerci dal contagio... si risveglieranno, tutte, anche quelle maggiormente colpite. Noi siamo fortunati, nonostante la quarantena sia destinata ad allungarsi...

lunedì 30 marzo 2020

Domenica del pianto e della speranza

Ieri il Vangelo narrava la morte di Lazzaro, fratello di Marta e Maria nonché  amico di Gesù.
È il Vangelo in cui l'umanità di Gesù si palesa apertamente, è il Vangelo in cui la misericordia e l'onnipotenza di Gesù fanno un miracolo indimenticabile: la risurrezione di Lazzaro. 
Cosa accadde? Marta e Maria informarono Gesù della malattia di Lazzaro. Gesù commentò che quella malattia non era per la morte, ma per la gloria di Dio. Gesù si ritirò per due giorni, molto probabilmente a pregare e il terzo si rivolse ai discepoli annunciando che Lazzaro si era addormentato. Con questa espressione definì la morte come un sonno profondo. Gli apostoli (come spesso accadeva) non compresero e risposero che se Lazzaro dormiva, sarebbe stato salvo. Gesù spiega apertamente che Lazzaro era morto e che era opportuno recarsi da lui in Giudea. Gli apostoli gli fecero notare che andare in Giudea nuovamente, voleva dire rischiare la propria vita e Tommaso commentò in modo amaro di fronte alla decisione di Gesù: "Andiamo a morire con lui". 
Dopo che Gesù si fu recato a casa di Marta e Maria, si commosse profondamente di fronte al loro dolore e chiese di essere accompagnato al sepolcro di Lazzaro. Giunto là, Gesù scoppiò in pianto. Alcuni, di fronte al pianto, commentarono in modo differente: "Non poteva evitare che morisse?" e "Guardate come lo amava!". Fecero commenti negativi e positivi di fronte ai quali Gesù provò ancora una commozione fortissima. Seguì l'episodio della resurrezione di Lazzaro. Mi piace come fu interpretato nel film "Gesù di Nazaret" di Zeffirelli, rende proprio l'idea. Gesù comandò a Lazzaro di venire fuori... Di fatto gli comandò di passare dal buio del sepolcro alla luce esterna. Il grande miracolo avvenne dopo quattro giorni dalla morte di Lazzaro, il suo corpo mandava già cattivo odore. Gesù con la potenza della sua parola ha il potere di riportare in vita, di risvegliare dalla morte. 
In questo vangelo, come ho già detto, esce l'umanità di Gesù in tutta la sua pienezza, la sua carica di amore e di affetto, tramite la commozione e il dolore. Egli era uomo a tutti gli effetti. Per tale motivo il Papa ha definito quella di ieri la domenica del pianto. Questo sono le sue parole: 
" Gesù piange con amore, piange con i suoi che piangono, piange sempre per amore, ha un cuore pieno di compassione. Oggi davanti a un mondo che soffre per la pandemia siamo capaci di piangere come Gesù? Tanti piangono oggi. Chiediamo la grazia di piangere. E se è troppo duro, (anche se) sono capace di parlare, di fare del bene, di aiutare, ma il cuore non entra, non sono capace di piangere, chiedere questa grazia al Signore: Signore, che io pianga con te, pianga con il tuo popolo che in questo momento soffre. Tanti piangono oggi. E noi, da questo altare, da questo sacrificio di Gesù, di Gesù che non si è vergognato di piangere, chiediamo la grazia di piangere. Che oggi sia per tutti noi come la domenica del pianto.".

sabato 28 marzo 2020

Riflessione sulla condivisione delle notizie

Spronata da alcuni post su Facebook dove ho un profilo personale e una pagina che gestisco, ho cominciato a riflettere su questo: "Sono guarite n°.... di persone, nessuno condivide, se fossero morte questo post sarebbe stato condiviso da molti". Forse c'è una ragione per cui fanno più rumore le morti che le guarigioni. Vorrei riflettere su questo con voi, perché la risposta non è così scontata come sembra. Nemmeno io mi sono data una risposta immediata in quanto non è così semplice. 
Molto probabilmente è vero, i post sui morti sono molto più condivisi rispetto a quelli delle guarigioni. Io stessa che sono ottimista, non sono riuscita a pubblicare queste notizie. 
Molto probabilmente tutto è accaduto così in fretta, le modalità dell'evento è stato fulmineo che ci ha colto di sorpresa. Ripercorrendo la storia, agli inizi eravamo solamente spettatori di questa tragedia: in Cina il numero di contagiati era esorbitante e quello dei morti (affermati) altrettanto. Il mio pensiero era stato "Povera gente"... Povera gente davvero! Eppure, tanti non credevano a quelle notizie e che di fronte a questo fatto, si facesse un allarmismo eccessivo. Per l'Italia era una realtà ancora lontana, incomprensibile, si era giunti ad affermare che in Italia questa epidemia non sarebbe mai arrivata. Forse questo è stato dettato dall'ignoranza, nessuno sapeva cosa avrebbe dovuto aspettarsi. Abbiamo valutato la cosa come una semplice influenza.... e agli inizi, quando sbarcò in Italia, fu considerata come tale: poco più di un'influenza. Non era così, ahimé, i numeri lo affermano chiaramente. Eravamo convinti che in Italia il virus non avrebbe mietuto così tante vittime... invece non è stato così: siamo secondi (uno stato così piccolo) agli Stati Uniti come contagi e primi come numero di morti. Ogni nostra convinzione è stata sradicata puntualmente dai dati e da un futuro prossimo che ha falciato in pochissimo tempo la nostra speranza e quello che inconsciamente ritenevamo una certezza. 
Agli inizi qualcuno poteva credere che il contagio arrivato in Italia potesse fermarsi a Codogno, ma ciò era un azzardo troppo grosso, era impensabile. Ad un certo punto risuonava la notizia che solamente chi era anziano (il nostro patrimonio culturale) e chi aveva altre patologie (magari facevano meno assenze dei sani sul lavoro) moriva. Ci siamo sentiti tutti minacciati da questo nemico invisibile e le nostre vite sono mutate radicalmente, alcune hanno vissuto in prima persona questa tragedia, altri si sono visti limitare le proprie vite entro quattro mura, taluni tremano perché non hanno più un lavoro e il futuro oltre l'emergenza si intravede attraverso una fitta cortina di nebbia. Il virus ha scatenato una sofferenza che ha toccato tutti campi, per cui la nostra fragilità è emersa con tutta la sua grandezza e verità. In realtà in questo periodo abbiamo ottenuto la consapevolezza della nostra fragilità, è stata evidenziata dall'emergenza della pandemia, ma noi eravamo già fragili. Fragili inconsapevoli. La fragilità era avvertita solamente dagli anziani e dai malati e da chi già viveva una precarietà economica, ma gli altri si sentivano padroni del mondo. 
Siamo tutti contenti delle varie guarigioni, siamo consapevoli che si può anche guarire, ma ciò che sta accadendo in modo particolare nelle zone colpite, fa tremare il nostro cuore perché sappiamo che potrebbe accadere a tutti noi: speriamo di no, davvero con tutto il cuore, che presto questo virus sia sconfitto PER SEMPRE e possiamo tornare presto alla nostra normalità, alla normalità della vita quotidiana che apprezzeremo molto di più. 
Siamo contentissimi di queste guarigioni, ma siamo testimoni di un evento orribile che si sta consumando e non è giusto sia così, assolutamente!
Ed è successo in una zona in cui la sanità andava piuttosto bene... eppure da Reggio Emilia, da Parma, da Piacenza, da Codogno, da Crema, da Brescia, da Bergamo  ci hanno restituito storie drammatiche... 
Forse è per questo che condividiamo la sofferenza di tanti nostri fratelli, perché non vorremo vedere mai più una situazione del genere, in nessuna parte del mondo. Un po' come è accaduto nella Seconda Guerra Mondiale: si è istituito il giorno della Memoria, continuiamo a ricordare quel periodo buio della nostra storia, affinché non accada più.... eppure ci sono state tante persone che si sono salvate. Siccome questa assomiglia sempre di più a una guerra contro un nemico ancora più letale e invisibile, raccogliamo e facciamo tesoro di questa sofferenza inaudita affinché NON ACCADA MAI PIU', MAI PIU'! Preghiamo perché presto finisca tutto questo, per sempre!

Un evento straordinario

In questo periodo il Coronavirus ha fatto delle cose impensabili, è riuscito a far pregare anche persone che non lo facevano da molto tempo e ha permesso che a San Pietro ieri sera si svolgesse un evento straordinario: l'acquisto dell'Indulgenza plenaria, cioè la remissione della pena temporale del Purgatorio a tutti, senza le solite condizioni ovvero la Comunione, Confessione e visita al Santissimo Sacramento. L'ha potuta ricevere chi la desiderava e chi non poteva unirsi alla preghiera con i mezzi di comunicazione come televisione internet e radio. 
È stato un evento davvero straordinario, seguito da molti. Fiaccati da questa sofferenza, aneliamo a ricorrere alla potenza di qualcuno che può più di noi, perché vediamo la fatica dei nostri medici e infermieri, vediamo impotenti la sofferenza di tante persone che si spengono da soli, lontano dai propri cari, consapevoli della propria morte e senza poter usufruire di un conforto spirituale. 
Papa Francesco pensando a questi casi, ha voluto istituire questa giornata con uno duplice scopo: fornire il perdono, la remissione completa dei peccati e di implorare di fermare questa pandemia che sta seminando morte e sofferenza. Non è mai accaduto nella storia della Chiesa! Speriamo che sia davvero l'inizio di un miracolo, che questa pandemia si fermi definitivamente nell'Italia e nel mondo intero! Le parole del Papa sono semplici, ma nello stesso tempo esprimono delle realtà profonde e vanno dritte al cuore. Per tale motivo metto qui sotto la versione integrale della sua omelia. 

«Venuta la sera» (Mc 4,35). Così inizia il Vangelo che abbiamo ascoltato. Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre      piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti. Come quei discepoli, che parlano a una sola voce e nell’angoscia dicono: «Siamo perduti» (v. 38), così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme.
È facile ritrovarci in questo racconto. Quello che risulta difficile è capire l’atteggiamento di Gesù. Mentre i discepoli sono naturalmente allarmati e disperati, Egli sta a poppa, proprio nella parte della barca che per prima va a fondo. E che cosa fa? Nonostante il trambusto, dorme sereno, fiducioso nel Padre – è l’unica volta in cui nel Vangelo vediamo Gesù che dorme –. Quando poi viene svegliato, dopo aver calmato il vento e le acque, si rivolge ai discepoli in tono di rimprovero: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?» (v. 40).

Cerchiamo di comprendere. In che cosa consiste la mancanza di fede dei discepoli, che si contrappone alla fiducia di Gesù? Essi non avevano smesso di credere in Lui, infatti lo invocano. Ma vediamo come lo invocano: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?» (v. 38). Non t’importa: pensano che Gesù si disinteressi di loro, che non si curi di loro. Tra di noi, nelle nostre famiglie, una delle cose che fa più male è quando ci sentiamo dire: “Non t’importa di me?”. È una frase che ferisce e scatena tempeste nel cuore. Avrà scosso anche Gesù. Perché a nessuno più che a Lui importa di noi. Infatti, una volta invocato, salva i suoi discepoli sfiduciati.

La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità.

Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, la tua Parola stasera ci colpisce e ci riguarda, tutti. In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ora, mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: “Svegliati Signore!”.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, ci rivolgi un appello, un appello alla fede. Che non è tanto credere che Tu esista, ma venire a Te e fidarsi di Te. In questa Quaresima risuona il tuo appello urgente: “Convertitevi”, «ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12). Ci chiami a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta. Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri. E possiamo guardare a tanti compagni di viaggio esemplari, che, nella paura, hanno reagito donando la propria vita. È la forza operante dello Spirito riversata e plasmata in coraggiose e generose dedizioni. È la vita dello Spirito capace di riscattare, di valorizzare e di mostrare come le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermiere e infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo. Davanti alla sofferenza, dove si misura il vero sviluppo dei nostri popoli, scopriamo e sperimentiamo la preghiera sacerdotale di Gesù: «che tutti siano una cosa sola» (Gv 17,21). Quanta gente esercita ogni giorno pazienza e infonde speranza, avendo cura di non seminare panico ma corresponsabilità. Quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli e quotidiani, come affrontare e attraversare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera. Quante persone pregano, offrono e intercedono per il bene di tutti. La preghiera e il servizio silenzioso: sono le nostre armi vincenti.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». L’inizio della fede è saperci bisognosi di salvezza. Non siamo autosufficienti, da soli; da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle. Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca. Come i discepoli sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai.

Il Signore ci interpella e, in mezzo alla nostra tempesta, ci invita a risvegliare e attivare la solidarietà e la speranza capaci di dare solidità, sostegno e significato a queste ore in cui tutto sembra naufragare. Il Signore si risveglia per risvegliare e ravvivare la nostra fede pasquale. Abbiamo un’ancora: nella sua croce siamo stati salvati. Abbiamo un timone: nella sua croce siamo stati riscattati. Abbiamo una speranza: nella sua croce siamo stati risanati e abbracciati affinché niente e nessuno ci separi dal suo amore redentore. In mezzo all’isolamento nel quale stiamo patendo la mancanza degli affetti e degli incontri, sperimentando la mancanza di tante cose, ascoltiamo ancora una volta l’annuncio che ci salva: è risorto e vive accanto a noi. Il Signore ci interpella dalla sua croce a ritrovare la vita che ci attende, a guardare verso coloro che ci reclamano, a rafforzare, riconoscere e incentivare la grazia che ci abita. Non spegniamo la fiammella smorta (cfr Is 42,3), che mai si ammala, e lasciamo che riaccenda la speranza.

Abbracciare la sua croce significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare. Significa trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità, e di solidarietà. Nella sua croce siamo stati salvati per accogliere la speranza e lasciare che sia essa a rafforzare e sostenere tutte le misure e le strade possibili che ci possono aiutare a custodirci e custodire. Abbracciare il Signore per abbracciare la speranza: ecco la forza della fede, che libera dalla paura e dà speranza.

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Cari fratelli e sorelle, da questo luogo, che racconta la fede rocciosa di Pietro, stasera vorrei affidarvi tutti al Signore, per l’intercessione della Madonna, salute del suo popolo, stella del mare in tempesta. Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio. Signore, benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori. Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balia della tempesta. Ripeti ancora: «Voi non abbiate paura» (Mt 28,5). E noi, insieme a Pietro, “gettiamo in Te ogni preoccupazione, perché Tu hai cura di noi” (cfr 1 Pt 5,7).
Il Papa prega davanti al crocifisso di San Marcello

venerdì 27 marzo 2020

Le sfide idiote

Chiusi in casa, timorosi e speranzosi nello stesso tempo, leggiamo notizie incredibili. Le ultime sono che dei giovani hanno inventato un pericoloso passatempo. Vogliono sfidare il virus, far vedere la loro idiozia sui social tramite video davvero sconfortanti: leccano i water dei bagni pubblici, la merce dei supermercati. Fanno tutto questo per dimostrare che non hanno paura del Coronavirus... così qualcuno di loro è risultato davvero positivo al virus. La cosa più sconfortante è la superficialità di queste persone. Non si dimostra così il coraggio! Il coraggio vero è di tutte quelle persone, medici, infermieri, religiosi, che si stanno adoperando per guarire i malati, per soccorrerli in tutte le loro esigenze. 
Tale superficialità è ancora più esecrabile se rapportiamo il loro gesto a ciò che sta accadendo in Lombardia dove la situazione sta diventando ancor più drammatica. I morti vengono avvolti da un lenzuolo imbevuto di disinfettante e posti in una doppia bara! Non abbiamo più bare a disposizione per seppellire i nostri morti! Non è possibile! 
Davanti a queste situazioni, è normale inorridire davanti a tali scene stupide e insignificanti! Gli Stati Uniti non sono andati per il sottile e hanno denunciato il giovane di terrorismo. Ma cosa vogliono dimostrare? 
Noia - Ungaretti: parafrasi, analisi e commento • Scuolissima.com

giovedì 26 marzo 2020

Cosa ci chiede il Signore?

Non abbiamo dubbi, questo periodo è davvero pesante per tutti. L'angoscia delle morti e dei contagi si somma al dubbio palese di tutti su quando terminerà questo periodo così sofferto. Chissà quando potremo uscire nuovamente e liberamente dalle nostre case senza aver timore degli altri, alle prese con la nostra quotidianità da gestire al migliore dei modi!
Ultimamente gira sui social il video che riassume i momenti salienti di questo periodo con delle foto e che ha come  musica "La vita è adesso" di Claudio Baglioni.
Sì, la vita è adesso, dobbiamo ingegnarci a vivere la vita in questo momento, qui ed ora, non nell'attesa smaniosa di un futuro di libertà. Dobbiamo interrogarci su cosa il buon Dio vuole da noi. Abbiamo tutto il tempo per farlo.
Abbiamo appurato che questo periodo è il più disastroso dopo quello della seconda guerra mondiale. Oggi come allora, nessuno di noi ha mai dovuto affrontare una cosa del genere, siamo tutti impreparati, ma come diceva Bateson, dobbiamo imparare ad imparare. Dobbiamo essere in grado di sfasciare tutti i nostri schemi preimpostati, per costruirne uno nuovo che faccia fronte a questa situazione inedita. 
Parto dai cattolici impegnati in una vita di fede e di preghiera. Cosa vuole dirci il Signore?
Chiusi in casa siamo costretti a una riflessione più profonda, a dedicarsi alla preghiera con maggior intensità, sia chi era impegnato in altri fronti come il volontariato, chi invece frequentava più gruppi di preghiera e la messa. La riflessione deve partire dal Vangelo e dal modello che Gesù ci offre. La preghiera e la fede sono fondamentali, ma Dio ci chiede la conversione completa, ovvero di purificare i nostri pensieri, le nostre parole, i nostri atti. Dobbiamo purificare le nostre ideologie, dobbiamo avere il coraggio di lasciare le opinioni che non sarebbero mai approvate da Gesù. Dobbiamo partire dai nostri pensieri. Abbiamo tempo di tradurre questa conversione in atti nel nostro piccolo, con i nostri cari che abbiamo vicino. Non è così semplice. Tanti infatti sono molto più nervosi, non riescono ad controllarsi e ad affrontare questa nuova situazione. Perché?
Il motivo è che questa situazione ci ha lasciato l'essenziale della vita: l'interiorità. La vita attiva è infatti povera di avvenimenti, quindi ci rimane l'interiorità e la vita dello spirito. Non è scontato nemmeno per un cattolico. 
Continuiamo con un' altra ideologia che gira tra i siti cattolici: il Coronavirus è un castigo di Dio. Ma davvero voi pensate che Dio sia così crudele da castigare l'umanità in questo modo, quando il Vangelo ritrae Gesù che piange commosso davanti al cadavere di Lazzaro? Io non ci posso credere, no. Prima di tutto nemmeno l'uomo vorrebbe mai una cosa del genere e l'uomo è "cattivo" come disse Gesù, ossia incatenato al peccato, figurarsi Dio che ci ama di un amore infinito e ha dato Suo Figlio per la nostra salvezza! Vi è una pedagogia divina che capiremo del tutto sicuramente e solamente quando andremo nell'aldilà. Penso che la faccenda si possa spiegare facendo riferimento ad una realtà che noi conosciamo bene. Davanti a Dio siamo tutti piccoli, siamo tutti dei bambini, vediamo la realtà in modo assai limitato. Quando noi insegnanti o genitori sgridiamo alacremente un bambino, un nostro figlio, piuttosto che vederlo in una situazione ancora più difficile e pericolosa, preferiamo essere severi, che viva in quel momento una sofferenza profonda piuttosto che vederlo in un pericolo da cui non saremmo più in grado di salvarlo o di tirarlo fuori e sarebbe quindi costretto a soffrire per sempre. Così fa Dio in questo momento: permette nella nostra vita un evento che ci scuota enormemente, che potremo ricordare quando ritorneremo alla vita normale. 
È durissimo, ma forse attraverso questa cosa, Egli desidera togliere il peccato dalla nostra anima ed il peccato è una malattia mortale e severa per l'anima la quale ne potrebbe soffrire per l'eternità. 
Dio, quindi, desidera la conversione, ma dagli atei accetterà sicuramente anche il più piccolo atto di bontà e d'amore. Da chi non è abituato a camminare, Dio non può esigere di correre la maratona di New York. Accetterà il più piccolo atto d'amore e di sacrificio e comunicherà tramite questi con la persona in questione. E... abbiamo ancora degli eroi che hanno dato la vita in questa lotta in modo differente fra loro (medici, malati, religiosi/e, preti) e questo bilancerà di molto la situazione.

venerdì 20 marzo 2020

Tempo di quarantena

Su Facebook molti paragonano la quarantena che tutti noi stiamo vivendo alla vicenda drammatica di Anna Frank. Non c'è dubbio che da parte nostra vi siano numerosi segni di insofferenza, non solo dovuti alla clausura forzata, ma a tutta la faccenda nell'insieme. Chi sta a casa non possiede la certezza al cento per cento di non essere contagiato e la tragica realtà che si sta vivendo in particolar modo a Bergamo e a Brescia, ci ricorda che questo nemico invisibile è molto potente e ci costringe a vedere scene che non abbiamo visto dai tempi della seconda guerra mondiale… Proprio questo panorama attuale ci riporta ai tempi passati che molti di noi hanno vissuto leggendo i libri di storia o le numerose testimonianze scritte e orali dei nostri anziani: la clausura forzata, i numerosi morti, i forni crematori, la non libertà di celebrare di persona le liturgie religiose.
La situazione di Anna Frank era generata dall'odio degli uomini e per questo motivo ancora più incomprensibile. Dovremmo quindi imparare da lei. A soli 13 anni si è dovuta rinchiudere insieme con la sua famiglia nell'alloggio segreto. A 13
anni la vita esplode, oggi come allora: si scoprono i sentimenti forti, si esplora la bellezza e la pericolosità della vita, si fanno esperienze fondamentali per la nostra crescita. Anna non poteva farle: segregata, ha imparato che gli uomini possono arrivare a fare cose assurde per odio e viveva nella paura costante del suo futuro e di quello della sua famiglia. Capiva benissimo, come noi adesso, che la sua vita era legata a un filo: una denuncia da parte di qualcuno e tutti sarebbero morti. Non solo: le notizie circa la sorte degli altri ebrei e di chi li aiutava pesavano sul suo cuore come un macigno. Speranza, paura, noia, desiderio prorompente di vita e libertà si alternavano costantemente nella sua esistenza clandestina. Uguale a noi: anche noi assistiamo alla tragedia di Bergamo, Brescia, Cremona e questa pesa nel nostro cuore e come lei abbiamo paura di condividere la loro stessa sorte…. 
Anna, però, aveva una carta in più che anche noi dovremmo avere: la fede. Nonostante tutto credeva nell'intima bontà dell'uomo e che tutto sarebbe volto al bene…
È vero: anche noi per combattere questo nemico invisibile dovremmo credere nell'invisibile, cioè in Dio senza perdere la speranza. Anche Anna viveva con una paura costante che il cerchio attorno a loro si chiudesse e non oso pensare al momento in cui la Gestapo entrò nell'alloggio segreto. Dovremmo imparare da lei: Dio è onnipotente… l'uomo sta facendo oltre il possibile per sconfiggere questo virus, ma Dio può fare davvero l'impossibile… e lo farà se saremo docili, pregheremo...

domenica 15 marzo 2020

Agonia nell'orto degli ulivi e Coronavirus

Oggi è domenica, fuori c'è un sole meraviglioso e nonostante dentro il mio cuore senta la pace, esso trasuda di sofferenza. Sì, mi viene da piangere pensando alle notizie drammatiche che giungono da Bergamo, pensando alla lunga processione di bare che non ricevono nemmeno il sussidio di un funerale o qualsiasi supporto religioso. Sono morti soli, lontano dai parenti più cari, senza poter vedere il loro volto per l'ultima volta. Vengono posti dove si può in attesa della cremazione… una lunga processione di bare… più di cento al giorno. Una strage insomma. 
È una sofferenza profonda la mia che mi fa apparire la quarantena a cui siamo sottoposti, come una passeggiata. Non riesco a distogliere il pensiero dalla sofferenza di questi nostri fratelli, dal loro terrore, dalla loro paura... Non ci riesco proprio. 
È come accadde per il terremoto in centro Italia e per il Ponte Morandi, si sente un dolore sordo, profondo… e non si riesce ad allontanare in alcun modo. 
Mi viene da pensare alla sofferenza che provò Gesù nell'orto degli ulivi, quando sentì il peso dei nostri peccati e soffrì talmente tanto che sudò sangue. Solo l'amore che sentiva per noi, vedendoci in pericolo, nel dolore, poteva fargli sentire quella sofferenza, una sofferenza talmente forte da farlo sudare sangue. Non possiamo ignorare il dolore di questi nostri fratelli che deve essere quello di tutti. Bisogna arrivare anche a comprendere la loro fuga dalla Lombardia per lasciarsi alle spalle quell'orrore, quella paura… Non è giusto che fuggano, ma bisogna anche capirli. Non deve essere assolutamente una situazione facile. Il dolore di uno solo dei nostri fratelli, è e deve essere il dolore di tutti.

lunedì 9 marzo 2020

Coronavirus e... individualismo, spiritualità...

Purtroppo è successo anche in Italia: il Coronavirus sta moltiplicando le sue vittime e i contagi, siamo secondi in tutto il Mondo. 
In tutta Italia sono sospese  le sante Messe e tutte le celebrazioni liturgiche fino al 3 aprile allo scopo di arginare il contagio e dare maggior respiro alla  nostra sanità già fortemente provata.
Ciò di cui volevo parlare è l'effetto che hanno avuto i decreti restrittivi che il governo ha emanato per far fronte all'emergenza. In poche parole l'effetto è stato questo: fare l'esatto contrario.
Tale atteggiamento la dice lunga. Capisco il panico di fronte ad una situazione che sta minacciando tutti, anche i sani, però dobbiamo pensare anche agli altri. Anziché fuggire dalle zone rosse tornando al sud o riempire le spiagge liguri o stazionare con i camper nella Riviera o andare nelle seconde case, dovremmo pensare  un po' di più al contagio che potremmo portare in modo inconsapevole a chi è più debole di noi, agli anziani, alle categorie a rischio…
Ci siamo rivelati per quello che siamo… 
Non riusciamo a capire che i nostri atteggiamenti potrebbero mettere a repentaglio gli altri o noi stessi. Pensiamo di essere immortali. Pensiamo che a noi non capiterà mai… o non riusciamo a pensare a chi sta già lottando per la vita in una sala di rianimazione. Non tiriamoci su il morale dicendo che il paziente più a rischio è anziano… quell'anziano è una persona cara a tanti, è una persona che come te ama la vita e vorrebbe godere ancora dei bei momenti… e poi non scordiamoci che in terapia intensiva non ci stanno solamente anziani. 
Chi è venuto dalle zone rosse in Liguria ha sbagliato: vedremo gli effetti nei prossimi giorni, sperando con tutto il cuore di avere tanta fortuna e... di essere protetti dal buon Dio. Qui abbiamo ancora pochi contagi rispetto al resto del nord… però sono comunque triplicati e con i nostri atteggiamenti irresponsabili potrebbero diventare il quadruplo… 
Il decreto emanato dalla Cei che ordina la sospensione di ogni attività liturgica, di fatto impone un digiuno eucaristico che finirà chissà quando… 
Tale digiuno pesa a chi è abituato come me a partecipare alla santa Messa tutti i giorni, ma lo accetto di buon grado, offrendo questo per chiedere a Dio la grazia dell'allontanamento di questo virus dall'Italia e dal Mondo intero… basta contagi, basta vittime! 
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