domenica 31 luglio 2011

La passione cruenta di Gesù

Culmine di tutto questo è poi la Passione cruenta che Gesù subì sul Calvario. La gelosia, il puntare il dito, l'aver timore del nuovo che si stava svolgendo ai loro occhi, scoppiarono come un'immane bomba nella condanna a morte e crocifissione. Questo insegna che bisogna avere il cuore aperto, non lasciarsi andare ad una visione pessimistica dei nostri fratelli, perché essi talvolta custodiscono un tesoro dentro il cuore che rimane celato ai nostri occhi, c'induriamo nelle nostre visioni dure e schematiche senza che ce ne accorgiamo, perché il cristianesimo ha preso corpo in alcune regole che non trascuriamo ma che ci fanno dimenticare la carità che è la regina di tutte le virtù e che spiega lo spirito delle Beatitudini. Infatti, non ci dobbiamo nemmeno stupire del fatto che qualcuno sembra non possedere la carità, perché tutta l'attività spirituale dell'uomo ha le ali nella povertà di spirito, nella dipendenza da Dio. Se Egli permettesse che camminassimo soli, non mancherebbero di certo cadute che ci procurerebbero dei bernoccoli di cui ci lamenteremmo sicuramente, che accarezzeremmo e coccoleremmo delusi di noi stessi. E consiste in questo il nocciolo della questione: attribuiamo a noi stessi il bene che facciamo, non ci sfiora per l'anticamera del cervello che chi ci sostiene è proprio Dio e che il bene che noi compiamo, è dovuto semplicemente al fatto che ci siamo abbandonati nelle Sue mani. Per questo motivo ci scandalizziamo di noi stessi e di riflesso anche degli altri. La parte della Passione cruenta di Gesù si svolge in circa tre giorni, nella quale il Figlio di Dio sperimenta l'abbandono totale, la cattiveria più cruda degli uomini che si scarica come in un film dell'orrore, su chi è il più innocente della terra, subendo così, l'ingiustizia più grande che si possa vivere. Ma Egli ci è Maestro, ancora. Dall'alto della cattedra che è la Croce, Gesù c'insegna che bisogna perdonare chi ci fa del male ed amarli profondamente. Prima di spirare, ha pensato alle loro anime, ha chiesto il perdono e perciò la salvezza. “Perdona loro, perché non sanno quello che fanno”. Ma Lui, sente il loro odio, che si è concretizzato nei chiodi e nella corona di spine, nei calci e negli sputi, che macerano il Suo Santo Corpo; nei dileggi che sferzano la Sua Santa Anima. Accetta tutto, amando, perdonando. Non ha permesso che la croce si concretizzasse in una morte naturale, una semplice chiamata da parte di Dio, anche per mezzo di una malattia, ma lasciò che prendesse corpo attraverso l'odio e la cattiveria degli uomini, per insegnarci che la salvezza passa pure attraverso quell'ingiustizia che fa soffrire tremendamente.

sabato 30 luglio 2011

Gesù e la peccatrice

Passiamo adesso a fare qualche esempio d'incomprensione (ce ne sarebbero tanti) riguardo al comportamento di Gesù e cerchiamo di riflettere sulla dinamica degli avvenimenti, sia quando Egli cura esplicitamente lo spirito con il perdono, sia quando si occupa di curare fisicamente.
Prendiamo l'episodio della peccatrice perdonata, Luca 7,36 – 7,50.
Un fariseo, che poi scopriremo che si chiama Simone, invita Gesù a casa Sua. Luca non si sofferma a spiegare cosa accade dopo che Egli entra in casa. Sembra essere quasi un telegramma: “Egli entrò in casa sua e si mise a tavola.”. Nessun preambolo o saluto da parte di Simone. Sembra vi sia una certa freddezza, un compimento di un dovere. Mentre però Gesù era a tavola, ecco che accadde, come spesso succedeva, un fatto inaspettato che scosse le coscienze e che indusse Simone a criticare fra sé e sé l'atteggiamento del Maestro. I poveri sicuramente s' informavano sempre sugli spostamenti di Gesù. Avevano bisogno del Suo amore, di essere guariti da Lui. Così, quando si sparse la voce, una peccatrice della città, sfidando i giudizi dei ben pensanti, si recò da Simone portandosi dietro un vasetto di olio profumato, quindi si accoccolò ai suoi piedi e cominciò a bagnarli di lacrime e ad asciugarli, poi li cospargeva di olio profumato. Gesù la lasciò fare, accettò le sue attenzioni ben sapendo che questo avrebbe sicuramente attirato i giudizi malevoli degli altri. Infatti ecco che Simone pensò immediatamente : “Se costui fosse un profeta saprebbe chi è questa donna che lo tocca: è una peccatrice”.
Simone con quest'asserzione, giudicò due persone: Gesù e la peccatrice. Viene da domandarsi quale fosse la vera motivazione dell'invito. Dall'asserzione, esce anche il dubbio da parte di Simone che Gesù non sia un vero profeta, non solo il Figlio di Dio. Emerge il desiderio di mettere alla prova Gesù, di vedere se davvero Egli è un profeta come sembra essere dagli atteggiamenti.
Gesù, quindi, si rivolse al fariseo e lo chiamò per nome. Nella Bibbia chiamare per nome ha una valenza forte, di chiamata, di messaggio importante che riguarda tutta la propria persona. Gli spiega il suo atteggiamento sbagliato di fronte all'azione della peccatrice, in modo molto semplice... Chi amerà di più? Colui al quale è stato perdonato un grande peccato o colui al quale ne è stato perdonato uno piccolo? Ma forse un cuore duro non riesce a comprendere, si ingelosisce per la misericordia usata agli altri. Quante durezze ha il cuore umano! Chissà quante volte ci si sofferma nei propri giudizi umani, nel proprio corto metro di valutazione! I santi sono un esempio dell'abbattimento dei propri pregiudizi, delle proprie vedute corte. Allora, per avere una visione più ampia della realtà circostante, bisogna salire sul monte dei Comandamenti e delle Beatitudini, nel luogo, cioè, in cui s'incontra Dio e ci si trasfigura per poi andare a Gerusalemme ed abbracciare la Croce.

sabato 16 luglio 2011

La croce nella vita pubblica di Gesù

La vita pubblica di Gesù si snoda tra prediche, atti d'amore, miracoli. L'apostolato è sempre sotto il segno della croce e lo fu anche quello di Gesù. Alcuni miracoli si intrecciano tra l'incomprensione e gelosia dei farisei e sapienti del tempo i quali, talvolta, sembrano non accorgersi nemmeno della loro attuazione, l'ammirazione dei semplici e i loro atti di fede. Ci sarebbero tanti esempi riguardo a questo. Essi erano talmente accecati che dopo un miracolo si preoccupavano solamente di criticare l'operato di Gesù. Basta citare l'uomo dalla mano paralizzata. Gesù entra nella sinagoga in giorno di sabato e comincia ad insegnare. Tra gli astanti vi è un uomo dalla mano paralizzata. I farisei e i dottori della Legge, adocchiano l'uomo bisognoso ed invece di averne pietà e desiderare vederlo guarito, spiano Gesù se per caso non lo guarisca in giorno di sabato. È una grande meschinità. Sembrano davvero non rendersi conto del potere che possiede Gesù di fronte alla sofferenza e si preoccupano semplicemente che egli trasgredisca almeno un piccolo precetto della Legge per poter far notare alla folla che Lui non è davvero così santo come si crede. Non solo... A loro, non importa proprio nulla della sofferenza degli altri. Ogni atto di Gesù è sempre vagliato, messo in discussione dai farisei, dagli scribi e dai dottori della Legge. Anche quando non fa miracoli ma semplicemente condivide momenti di agape fraterna con i peccatori, i farisei non perdono tempo a domandarsene il motivo. Gesù è veramente sorprendente: non teme di contaminarsi, non accetta una spiritualità (che poi spiritualità non è) puramente esterna. Egli induce a notare che non servono tanti atteggiamenti esteriori anche di pietà come può essere pregare ma sono quelli interiori che uniscono l'uomo a Dio. Dio non se ne fa nulla di sacrifici materiali, Lui che ha creato il cuore dell'uomo, desidera che questo gli sia ridonato puro.
La croce è una costante anche nel periodo di vita pubblica di Gesù, cioè nel periodo di massimo splendore della Sua vita. Osannato e criticato, Gesù con il solo fatto di esistere mette in discussione la parte più profonda dell'uomo.

venerdì 15 luglio 2011

Nella nostra vita

È chiaro che dietro al mistero, comunque profondo della croce, vi è quello del grande amore di Dio per l'uomo. Priva di questa dimensione, la croce non avrebbe alcun senso né valore. È palese che Gesù voglia condividere in tutta la condizione umana, perciò la precarietà, la persecuzione, l'incomprensione, per rincuorarci, per assicurarci che Dio ci è vicino e non si scandalizza delle nostre debolezze. Questo ci deve indurre a riflettere che ogni esistenza ha come costante la croce che va accettata e vissuta con amore senza traumi o indignazione. Gesù c'insegna a non farci ostacolare dalle tentazioni o dall'incomprensione nella pratica del bene e c'incoraggia ad accettare umilmente questa condizione: Egli infatti non fa tacere il diavolo e si lascia spingere fin sul ciglio del monte. Avrebbe potuto impedire sia l'uno che l'altro ma non l'ha fatto semplicemente per insegnarci l'umiltà e la pazienza.

La croce della tentazione

Dopo aver ricevuto il Battesimo, Gesù viene condotto dallo Spirito nel deserto dov' è tentato dal diavolo. Gesù accetta la croce della tentazione. Certamente la tentazione non proviene dall'interno ma dall'esterno: mentre il cuore dell'uomo è soggetto alla concupiscenza, quello di Gesù è completamente puro.
Le tentazioni riguardano soprattutto il potere e il suo uso non per amore ma per farsi valere, per soddisfare i propri bisogni, e l'idolatria, l'adorazione del diavolo. Sappiamo che anche il diavolo stesso fa miracoli, che, oltre a non essere duraturi, hanno uno scopo differente da quelli che compie Gesù. Due azioni, seppur medesime, possono avere due scopi differenti, uno buono e l'altro no.
Dopo aver subito le tentazioni, Gesù si reca in sinagoga e dopo aver letto un pezzo del profeta Isaia che tratta della missione del Messia, commenta che nessun profeta è bene accetto in patria e che, per questo motivo, per la loro incredulità, non avrebbe potuto operare miracoli come invece avrebbe fatto in città straniere. Gesù ama profondamente la verità e l'afferma senza timore pur sapendo di suscitare una reazione violenta.
Ascoltate queste parole, le reazioni non si fanno attendere: la gente spinge Gesù fin sul ciglio del monte per gettarlo giù dal precipizio, ma, poiché non era ancora giunta la sua ora, Gesù passo tranquillamente fra loro e se ne andò. Si apre così la sua vita pubblica costituita sempre da ammirazione e incomprensione, una dualità che opera incessantemente, intrecciandosi armoniosamente, una dualità che non spaventa minimamente Gesù e non gl' impedisce di affermare la verità.

giovedì 14 luglio 2011

La croce dell'umiltà

Il Battesimo di Giovanni era un Battesimo di conversione. Gesù non ne aveva certo bisogno, eppure continua a fare ciò che i suoi genitori gli avevano insegnato: obbedire alla Legge. Pur non essendo bisognoso di perdono, Egli si confonde con il popolo, non tuona, come faremmo noi in casi del genere: “Ve la farò vedere io!” Semplicemente si confonde con la massa del popolo: non teme di essere scambiato per un peccatore ed accetta nella sua vita la croce dell'umiltà e si fa battezzare da Giovanni. Il battesimo decreta l'inizio della Sua vita pubblica.  

mercoledì 13 luglio 2011

Presentazione di Gesù al Tempio

Se l'unione di Maria e Giuseppe è sacra, voluta da Dio stesso, pure il nome dato al bambino è fortemente desiderato da Dio. Il nome per gli orientali,diceva tutto di una persona. Di certo non veniva scelto in seguito alla lettura di qualche romanzo di successo o telenovella accattivante!
Era l'essenza di quella nuova vita, il suo significato profondo. Questo vuol significare che ogni vita è fortemente voluta da Dio. Dopo Giovanni, pure Gesù riceve il suo nome. Proprio a Gerusalemme, mentre Maria e Giuseppe ancora una volta obbediscono a una legge, vengono raggiunti da Simeone, uomo santo, pieno di Spirito Santo, il quale esclama, dopo aver preso il bambino fra le braccia, il NUNC DIMITTIS.
Giuseppe e Maria sembrano cadere dalle nuvole: perseguitato e osannato prima e dopo la nascita, il loro figliolo sembra che darà loro un bel po' di grattacapi!
Dopo il NUNC DIMITTIS, Simeone si rivolge a Maria... Sembra che annunci la croce a Maria ed in effetti è così. La spada trapasserà il cuore loro e che la sofferenza sua sarà anche quella di loro.
L'eroicità di Gesù durante la sua passione è pure quella di accettare la sua morte prima di quella della Madre. Averla vicina era un conforto ma anche una pena profonda. Sapeva bene il dolore straziante della Madre di fronte ai propri patimenti. Gesù sentì pure la passione della Madre nel suo cuore.

martedì 12 luglio 2011

Gli angeli

Dio si premura di entrare nella storia, di concretizzare sempre il suo pensiero in parola e infine in atti. Fino a quando Gesù non inizia la sua attività missionaria, messaggeri di Dio sono gli Angeli. Gli Angeli portano il conforto del Padre a Gesù nel momento critico dell'agonia del Getsemani. Sono messaggeri, puri spiriti, che rafforzano la testimonianza di Gesù. Gesù non dà testimonianza di se stesso, per questo intervengono gli Angeli ad aiutare a comprendere la veridicità del messaggio di Dio in Gesù. Gesù è il Verbo di Dio: lui non è puro spirito come gli Angeli, in Lui il messaggio si concretizza pienamente: la Parola si unisce ai fatti.
Gesù non sembra curarsi molto di assicurarsi molti discepoli pur avendo a cuore la salvezza dell'uomo. Egli vive con 12 apostoli che dimostrano spesso di non aver compreso molto del suo annuncio. Essi sono attratti dal suo stile di vita e, così come tanti che Gesù incontra, dall'autorevolezza con cui insegna.
Gesù annuncia l'amore del Padre ma non si mette in mostra, non si cura di render palese la sua potenza, talvolta appare persino riluttante nel compiere miracoli. Dove Lui tace, cominciano a parlare gli angeli. In fondo è la stessa cosa che disse ai discepoli: “Cercheranno di farvi tacere, ma parleranno anche le pietre!”
Lui taceva su di sé? Ebbene, parlavano gli Angeli!
Anche noi dovremmo far lavorare e fidarci di più dello Spirito Santo.

lunedì 11 luglio 2011

Nascita di Gesù

La croce appare nella vita di Gesù fin dall'inizio del Suo concepimento: è la croce della precarietà. L'angelo Gabriele entra nella casa di Maria e le annuncia il concepimento di Gesù. La condizione di Maria può essere definita "critica". Ella è molto giovane e si trova incinta prima di sposarsi. Il vangelo di Marco afferma che Giuseppi, dopo aver appreso del concepimento di Gesù, decide di rimandarla in segreto. Ecco il segno della precarietà nella vita di Gesù, precarietà che presto si bagnerà di sangue. Erode, saputo della nascita del Messia, cerca il bambino per ucciderlo. Qui si colloca la strage degli Innocenti: la forte sete di potere avvelena Erode e lo spinge a compiere una strage immensa.
Ritornando ai fatti narrati da Luca nel suo vangelo e facendo nuovamente un piccolo salto indietro nel tempo, osserviamo che, in seguito ad un decreto di Cesare Augusto, che ordinò di fare il censimento di tutta la terra, la piccola famiglia è costretta a recarsi a Betlemme per registrarsi. A Betlemme si compirono per lei i giorni del parto. Ecco nuovamente la croce della precarietà: la città è affollata, è tempo di censimento, perciò la famigliola deve ricoverarsi in una stalla dove Maria diede alla luce Gesù. Nella vita di Gesù sembrano intrecciarsi, in una fitta trama, la croce e l'adorazione che gli si deve come Dio. Un avvenimento così importante quale la nascita di Dio fattosi uomo, non può rimanere celato a lungo. “Il Creatore dei secoli prende forma mortale”
Il Creatore, il Pensiero di Dio deve concretizzarsi, quindi assume un corpo e decide di farsi carico della medesima condizione di coloro che poi, nel discorso della montagna proclamerà beati.
Beati i poveri in spirito”. Giuseppe non fa altro che obbedire ai comandi del Signore, ricevuti in sogno. Come un novello Abramo, non esita a lasciare la sua terra e a recarsi dove il Signore gli indica. Egli ha preso Maria come sposa, dopo che l'angelo lo rassicurò in sogno, sancendo così la sacralità del matrimonio. È il Signore che unisce un uomo e una donna, non è il capriccio di Giuseppe e Maria.

sabato 9 luglio 2011

La ricerca spirituale

L'uomo ha bisogno di Dio, non può soddisfare i suoi bisogni solamente materiali. L'uomo è spirito e corpo e ha dimostrato ampiamente che pur avendo tutto, non raggiunge la felicità. I bisogni dell'uomo prescindono dalle cose materiali. Al giorno d'oggi c'è una grande confusione per quanto riguarda la religione. Qualcosa lo ha allontanato dal cristianesimo e dalla Chiesa, ed è pronto ad accogliere qualsiasi filosofia o diversa religione. C'è un interesse supremo per tutto ciò che è orientale e quindi anche delle religioni, in particolare il Buddhismo. Mischiamo yoga e stili di meditazione orientali, smaniosi di separarci dalla condizione caduca dell'uomo. Ma chissà perché, pur predicando la salvezza, il cristianesimo, da una parte, non attira più di tanto. Vediamo tante persone che si convertono dal Cattolicesimo al Buddhismo. Pure il Buddhismo si è evoluto nel corso degli anni. Esso afferma che tutto è precario sulla terra e che l'origine del dolore deriverebbe dalla sete di vivere e di godere, il desiderio avido e appassionato, che condanna l'uomo al ciclo delle rinascite. Per liberarsi dal dolore e uscire dal vano divenire, occorre sopprimere il desiderio e annullare il proprio io illusorio. Attraverso questo annullamento si raggiunge la pace dei sensi, il Nirvana, l'assenza di ogni emozione. Per raggiungerlo, si praticano la meditazione e una buona condotta etica. L'ideale del Buddhismo si concretizza nei monaci che fuggono dal mondo per mettersi in un una condizione più idonea al cammino di liberazione. In pratica la vera liberazione è posseduta solamente dai monaci che raggiungono il Nirvana attraverso la pratica assidua della meditazione. La massa dei laici, sembra essere condannata ad un continuo divenire. Nel tempo il Buddhismo ha subito dei cambiamenti per cui la liberazione può essere ottenuta da tutti mediante l'aiuto del Buddha Supremo che è Dio stesso, o dei Bodhisattva, saggi illuminati.
Perché l'uomo d'oggi è attirato maggiormente dal Buddhismo?

venerdì 8 luglio 2011

Molti cristiani seguono tranquillamente pratiche prettamente orientali, quali la meditazione, lo yoga, etc...
L'impegno dei buddhisti è da ammirare perché se un proselito vive veramente la sua religione, va in paradiso immediatamente. Questi cristiani devono però conoscere i grandi tesori di cui è colma la propria religione... C'è un proverbio validissimo che afferma che l'erba del vicino è sempre migliore di quella propria. È pur vero che essere cristiani è un impegno abbastanza oneroso, soprattutto se si considera che spesso e volentieri si è costretti ad andare contro corrente. Il cristiano, al contrario del buddhista, è impegnato nel sociale, a costruire una società migliore tramite la pratica della vera carità. Chissà come mai, infatti, il cristiano è oggetto di vilipendio e derisione. La gente non si sognerebbe mai di prendere in giro un buddhista e tanto meno un musulmano. Aderire alla dottrina di Cristo è un impegno forte e se non si riesce a seguirla in modo serio, si rischia di scandalizzare il prossimo. Si deve essere, perciò, cristiani tutti d'un pezzo. Ciò che è importante per il cristiano è adorare Dio nel proprio cuore. Tramite quest'adorazione si può crescere nell'amore disinteressato. Gesù stesso disse alla Samaritana che non si adora Dio in un posto preciso ma in spirito e verità, nel proprio cuore. La preghiera,infatti, non è soltanto far presente le proprie necessità ma è ascolto, silenzio e contemplazione. Se fosse esclusivamente vocale, sarebbe come una macchia d'olio che galleggia sulla superficie dell'acqua. Non scende in profondità e quindi non cambia la vita. Per pregare bene è giusto ricorrere a tecniche appropriate in modo da fare silenzio dentro il proprio cuore, tuttavia è opportuno, non solo rilassarsi, ma unirsi a Dio.

Vari tipi di silenzio

Avevo già affrontato il discorso dell'architettura sacra. Dopo il Concilio, le Chiese si sono spogliate di tutto l'oro e gli orpelli con cui erano prima agghindate e l'architettura sacra è diventata molto semplice, volta all'essenzialità. Solo che lo sbaglio più grande è stato quello di mettere il Santissimo da una parte e di mettere le panche senza inginocchiatoi. Era scoppiata una polemica riguardo alla chiesa nuova costruita a san Giovanni Rotondo in onore di Padre Pio: troppo essenziale, troppo moderna... è opportuno mantenere la centralità del Santissimo anche nella povertà dell'arredamento. Quando infatti viene un ospite in casa nostra, badiamo a tirar fuori il miglior servizio, tutto ci pare troppo poco, vogliamo fare una bella figura. Così, quando andiamo in chiesa, siamo in dovere di rivolgere la nostra attenzione a Colui che ci accoglie. Faremmo in questo modo se ci recassimo a casa di qualcuno. Notavo che una coppia di persone, quando si reca in casa di qualcuno, non parlotta o non comunica fra loro se non passando attraverso colui che l'ha invitata. Tutta l'attenzione e i discorsi sono volti a chi ci ha invitato. Entrambe le parti si scambiano delle delicatezze, forse dettate dalle più semplici regole di cortesia, di galateo... a maggior ragione quando si tratta di dimostrare a Qualcuno che per noi è importante. Nella Messa diciamo tranquillamente che Dio è il Signore, il padrone dell'universo... Nonostante ciò, quando ci troviamo in chiesa, spesso e volentieri parliamo fra noi... Sebbene parliamo di Dio non è giusto, è come se una coppia di persone andasse dal presidente della Repubblica ed invece di rivolgergli la propria attenzione, parlassero di lui fra di loro. Sarebbe veramente strano e non sarebbe nemmeno giusto, ci vergogneremmo come ladri... ma, siccome Gesù non ha ancora deciso di incenerirci tutti e di mantenere la pazienza ancora per un po', ci lascia fare i nostri comodi, sperando che prima o poi ce ne accorgeremo.
Esistono vari tipi di silenzio. Il primo è di adorazione: si ama tanto la persona che non si sa più che cosa dirle per farle comprendere i nostri sentimenti, oppure veniamo talmente tanto rapiti dalla sua bellezza che stiamo in un silenzio di adorazione.
Il secondo è un silenzio di indignazione. Siamo tanto indignati che non abbiamo più parole e si digrignano addirittura i denti.
Il terzo è di rancore: non vogliamo parlare con quella persona perché ci ha fatto del male e non riusciamo a perdonarla.
Un altro tipo di silenzio è di sofferenza forte: soffriamo talmente tanto che non riusciamo a parlare.
Altro tipo ancora è di stupore: di fronte ad un tramonto o di un panorama bellissimo non abbiamo più parole... e quindi rimaniamo a bocca aperta, senza parole...
Allora, facciamoci stupire ancora da Dio, dalla sua bellezza... entriamo quindi nel vero silenzio di adorazione e di contemplazione per poter già vivere in Gesù in questa vita.

giovedì 7 luglio 2011

Legge antica, legge nuova

Gesù, dopo il discorso delle Beatitudini, specifica che non è venuto per abolire la Legge ma per dare compimento. Sicuramente si riferisce al Decalogo. Non può abolire una Legge data da Dio stesso a Mosé. Lo aveva detto in un altro momento: un regno diviso in se stesso non può reggersi in piedi. Quando i tempi sono diventati maturi, Dio si è incarnato e ha chiesto all'umanità qualcosa di più.
Gesù riprende il Comandamento: Non uccidere. Afferma che il rapporto con Dio non è slegato da quello con i fratelli e che se si alimenta il primo con la preghiera, anche il secondo cresce. Non si può amare Dio se non si amano i fratelli. Se fosse così, rimarrebbe una pietà sterile, volta semplicemente a “un farsi vedere dagli altri santi” come appunto facevano i sapienti della Legge. Potevano spiegarla a mena dito, ma non ne conoscevano l'essenza e trasgredivano l'amore verso i fratelli. “Ama il prossimo tuo come te stesso”. E già, bisogna imparare anche ad amare se stessi, e non è facile. L'amore vero, quello verso la propria anima, tesa verso il Paradiso... e si sa che il Regno dei cieli appartiene ai violenti. Il bene dell'anima è diverso da quello del corpo, i desideri della carne fanno lotta a quelli dello spirito. Prossimo intendeva i familiari. Già amare gli altri come se stessi, è un grande impegno: quante cure poniamo al nostro corpo! Piccole delicatezze e prevenzioni, desiderio di essere ascoltati e compresi... Ebbene Dio chiede che noi facciamo ciò pure ai nostri fratelli. Gesù allarga l'orizzonte del nostro sguardo meschino. Gesù fa notare all'umanità di essere un'unica famiglia, siamo tutti fratelli e figli adottivi di Dio e perciò il concetto di prossimo s'allarga fino a diventare: ama tutti come te stesso. “Fa' agli altri, ciò che vorresti fosse fatto a te”. È una legge impegnativa davvero, se la vivessimo davvero. Dopo aver allargato il concetto di prossimo, ecco che fa notare che non basta non uccidere il proprio prossimo, bisogna non adirarsi: la lingua talvolta ferisce ancor più delle pugnalate: i rancori che uccidono l'anima, giudizi temerari che addirittura tolgono la buona reputazione alle persone. Ecco cosa desidera da noi Dio: amare l'altro, costruire la pace. Piuttosto non offrire sacrifici a Dio se hai qualcosa contro il tuo fratello: offri un sacrificio spirituale riconciliandoti con lui.
Avete inteso che fu detto: non commettere adulterio; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio nel suo cuore.”
Tutte le azioni impure nascono nel cuore, bisogna domare questo prima delle azioni.
Fu pure detto: Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio; ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, la espone ad adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.”
Altro passo molto importante: la famiglia ha origine nell'atto creativo di Dio. È opportuno che in essa ci sia questo amore disinteressato, eroico. Quell' “ama il tuo prossimo” comincia dalla propria famiglia. Non può essere applicato, come si fa al giorno d'oggi, a coloro che sono lontani da noi e tiranneggiare chi ci è vicino. È un amore oblativo che si basa sul sacrificio costante di sé, sul perdono che tanto grava all'uomo. Come ho già detto i rapporti familiari sono importantissimi per la costituzione della società: essa è una piccola cellula e se tutte le cellule, come in un corpo lavorassero per la salute, per il vero bene, ecco che il corpo sarebbe senz'altro sano. Ma, purtroppo, quante gelosie nelle famiglie, quanta incapacità di perdono, quanta rivalità! Queste malattie si riflettono in tutto il corpo che si affatica. Com'è importante curare la salute dell'anima! La nostra santità determina quella degli altri. Purtroppo c'è la fatica del vivere, del lungo pellegrinaggio verso la santità.
Gesù, a scanso d'equivoci, visto che aveva raccontato la parabola del buon Samaritano e aveva spiegato che il prossimo di un uomo era colui che aveva fatto del bene al ferito, allarga ancora gli orizzonti, abbatte quel confine dettato dall'egoismo e afferma senza ombra di dubbio, fugando così ogni tipo di possibile ribattuta, che l'antica legge del taglione deve essere abolita, anzi, che non bisogna opporsi al malvagio... ed ancora qualche riga più in basso, proclama:
Avete inteso che fu detto: Amerai il prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste (afferma perciò che siamo tutti fratelli)”
Implicitamente Gesù afferma nel vangelo di Matteo, ciò che Giovanni dice nel suo: “Amatevi come io vi amo”: dobbiamo amare come Dio, con un amore che non teme il sacrificio, fino alla morte di croce.

mercoledì 6 luglio 2011

Spiegazione delle beatitudini

Come ho già detto,Gesù si accorse che le folle lo seguivano perché aveva guarito i malati. Ancora una volta, chiarisce che non è solamente venuto sulla terra per curare le malattie, ma lo scopo principale è l'annuncio dell'avvento del Regno di Dio. Non si può sempre sperare di guarire, si deve accettare con serenità la propria condizione. In seguito a questo, Gesù proclama le beatitudini, la parte positiva della legge di Dio. Sembra quasi voler sottolineare che la legge non si deve esaurire con il Decalogo che elenca ciò che non si deve fare, ma si completa con un'adesione totale al messaggio di Cristo che arreca, sicuramente, una grande felicità. Scusate se azzardo nel dire che il Decalogo sembra quasi un incitare al bene per timore del castigo di Dio, mentre le Beatitudini vengono impostate positivamente, cioè del seguire la legge per amore.
Dopo aver proclamato le Beatitudini, comincia a spiegare il suo programma di vita, il loro sviluppo.
Gesù dice che non basta non fare, bisogna andare oltre ad un limitarsi puramente umano di non uccidere, di non rubare, di non fare atti impuri... Bisogna saper accettare le persecuzioni perché grande è la ricompensa nei cieli, bisogna dare anche il mantello a chi ci chiede la tunica, bisogna nemmeno pensare di fare atti impuri, non solo astenersene fisicamente. Con Gesù bisogna andare oltre le capacità umane: non solo chiede di amare il prossimo che era limitato alla famiglia, ma si deve amare i nemici... non solo, se ci offendono, noi dobbiamo offrire l'altra guancia, non arrendersi di fronte alla loro arroganza emarginandoli ma accettarli, amandoli. Gesù spiega che il prossimo che si deve amare non è solo la famiglia e lo spiega con la parabola del buon samaritano. Il prossimo di quel malato picchiato, abbandonato per la strada, non erano tutti i personaggi importanti che passavano per quella strada e che conoscevano bene il Decalogo, ma colui che era ritenuto un emarginato dal popolo ebraico e che non era destinatario sicuramente delle promesse di Dio. Gesù ovviamente sorprende affermando che il prossimo può essere colui che non ci aspettiamo che sia. Afferma anche che i nostri orizzonti devono allargarsi al massimo in tutti i sensi: nel perdono, nell'amore, nell'accettare la sofferenza.

martedì 5 luglio 2011

La famiglia


Da sempre l'uomo ha sentito l'esigenza di stare insieme. Gli uomini primitivi si riunivano in gruppi per aiutarsi a vicenda, per lottare insieme contro la forza della natura. Piano piano si sono formate le famiglie, cellule vive che formano la società. Più la famiglia è sana, più la società è sana. La famiglia ha urgenza, più di ogni forma di convivenza, di vivere la vera carità. Se la carità non la vivifica, essa diventa una cellula morta e così tutta la società ne risente in modo patologico. Il peccato, la mancanza d'amore in una essa, si riflette come in uno specchio lucido nella società. Ecco che la cosa più importante è vivere la famiglia come una vocazione, voluta da Dio, con amore eroico... è una piccola comunità. Se in essa regna la divisione, la gelosia, essa produce sofferenza, morte, individualismo. No, rimane importante saper vivere nella famiglia. Questa piccola comunità, non deve essere covo per la comodità, i capricci, la gelosia. I due coniugi devono comunicare l'amore ai figli con la loro vita. Se vivono profondamente l'amore, dopo aver creato il figlio fisicamente, lo devono creare anche spiritualmente. La gente si stupiva dell'insegnamento di Gesù per l'autorità con cui lo impartiva, perché Lui stesso viveva quello che diceva. Se si esige obbedienza, si deve assolutamente essere obbedienti; se si esige rispetto, si deve rispettare gli altri e così via. Si deve fare prima degli altri ciò che si esige da loro. La vita deve parlare prima della voce.



La paura

Ritornando al discorso dell'insicurezza, una delle emozioni derivante da essa è proprio la paura. L'uomo sente molto la sua precarietà, si sente in balia degli avvenimenti, dei sentimenti altrui, teme del suo destino. Ai tempi di Gesù, sicuramente avvertivano molto di più la precarietà: bastava poco per diventare poveri, in balia di una natura indomabile... La vita era davvero appesa ad un filo molto molto sottile facile a spezzarsi. Adesso il tenore di vita è molto cambiato: affidati alla propria intelligenza e ai traguardi della scienza, l'umanità non sente più la morte così vicina come una volta. Tuttavia la situazione economica traballante, la grande crisi economica, le malattie sempre più gravi che rimangono degli arcani per la scienza, le varie carenze affettive sempre più pesanti e sofferte, comunicano all'uomo un'instabilità che lo tormenta. L'uomo senza Dio non può essere totalmente libero dalle proprie insicurezze. Ha provato a dominare il suo destino, a cercare d'imitare e di mettersi al posto del suo Creatore in modo stupido e illecito, ma, nonostante le grandi immoralità delle nuove scoperte scientifiche, non può dominare il suo destino, eliminando la morte, compagna assai scomoda. Voleva controllare la vita in modo totale, farsi giustizia da sé, ma i risultati non hanno portato di certo alla felicità, ma hanno gettato l'uomo in un ateismo insipido che gli toglie il respiro. In pratica si è messo in competizione con Dio. È diventato un antagonista di Dio, aiutante, forse inconsapevole, del diavolo... già, perché si sa che l'uomo moderno crede solamente a ciò che vede. Tutto ciò che è invisibile non è alla sua portata. L'uomo moderno vive soffocando l'uomo interiore e tutti i suoi moti. L'interno non conta più e quando esplode c'è sempre lo psicologo o psichiatra che aiuta con le sue medicine... ad ogni cosa c'è sempre una soluzione materiale, l'uomo interiore con tutte le sue esigenze va soffocato e, prima o poi esplode in atteggiamenti malsani e aggressivi. A tutto c'è una soluzione per l'uomo d'oggi. Una famiglia non ha figli? Ebbene, non c'è problema: comandiamo la sua nascita. Il malato è diventato troppo grave? Ebbene, non c'è problema... non facciamolo andare avanti, è solo un peso per lo stato, un peso economico che mette in pericolo il bilancio nazionale: sopprimiamolo accettando l'eutanasia! Una coppia non riesce ad andare d'accordo? Ebbene, non c'è problema, subito divorzio! Un assassino o delinquente dà fastidio alla società? Ebbene, non c'è problema... c'è la pena di morte che lo sopprime... Non si va fino in fondo, ogni problema ha una radice ma nessuno sembra farci caso, eppure se non si toglie la radice la pianta ricresce più forte di prima.

lunedì 4 luglio 2011

Beatitudini

Spesso si deve considerare la parte psicologica e spirituale insieme, l'una si appoggia all'altra. Non vanno scisse. Una volta considerato che la psicologia non fa miracoli, ma che li fa solo Dio, addentriamoci nel bellissimo discorso delle beatitudini. Le beatitudini devono essere considerate nel contesto e non separate da esso. Fra gli evangelisti c'è qualche differenza di collocazione, ma il discorso è sempre quello, la sostanza non cambia. In Matteo Gesù sale sul monte, come per indicare un rinnovamento della Legge ricevuta da Mosè sul monte Sinai. Gesù non sale per incontrare Dio, perché è Lui stesso Dio. Non si rivolge più ad una sola persona, ma a tutte le persone bisognose, che cercano conforto e guarigione da Lui. In Luca, invece, Gesù rimane in un luogo pianeggiante, in mezzo alla gente. Il contesto non muta: accanto a Lui ci sono sempre i malati, gl'indemoniati.
È importante la salute, senz'altro, ma Lui sale sul monte per far un discorso che forse la gente non si aspettava. Era gente bisognosa che da Lui aspettavano forse, la guarigione. Gesù si sedette, assunse l'atteggiamento del maestro. Proclama la prima beatitudine: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il Regno dei Cieli”. Si aspettavano di essere guariti, ma Gesù li proclama beati. Coloro che sono poveri di spirito, che hanno bisogno dell'aiuto di Dio, che sono consapevoli dei loro limiti e che quindi accettano la volontà di Dio nella loro vita, sono felici, beati. E a loro, appartiene già il Regno di Dio. Non è una promessa volta al futuro come le altre che la seguono. Coloro che sono poveri non vogliono di più di quello che possiedono. Sanno che il buon Dio li assiste e non permette che accada nulla di cattivo. Tu che conosci la tua debolezza, non temere, Dio ama l'umiltà, sa che sei limitato, corri fra le braccia del Padre sicuro di ricevere il suo abbraccio, pieno di amore e compassione. Non temere. “Non temere” è un'altra parola ricorrente in tutto il vangelo. Viene detta persino a Maria, quando accoglie l'annuncio dell'Angelo Gabriele. “Non temere” le dice l'angelo. Così anche in sogno, Giuseppe viene rassicurato sul fatto di prendere o meno Maria come sposa. “Non temere!”
Non avere paura, c'è qualcuno che ti ama profondamente e si prende cura di Te. Non temere, sentiti amato da Dio, anche se sei povero. Egli è venuto per coloro che si sentono poveri! Non è venuto a chiamare i sani, ma i malati. Non cercate a tutti i costi la salute, non è la cosa più importante: cercate il Regno di Dio e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta.

domenica 3 luglio 2011

La gelosia

E sempre parlando di autostima, la gelosia nasce proprio dalla mancanza di questa. Colui che ha un'autostima buona, non vede l'altro come una minaccia. Ha una visione di sé realista, le parole altrui vengono filtrate in modo sano, che mettono in discussione, però non deprimono.
Erode, quando seppe che era nato il Messia, diventò furioso. Fu preda della paura di essere spodestato. La sua reazione fu immediata e feroce: fece uccidere tutti i bambini al di sotto dei due anni. L'aggressività spesso nasconde un'insicurezza di fondo, è un modo di difendersi dagli altri. 

venerdì 1 luglio 2011

Cristo, luce del mondo

Abbiamo tante stanze oscure da illuminare. Entrare senza vedere ci crea ansia, non conoscersi non ci permette di dominare le nostre passioni. Sembra strano, ma è difficile accettare i propri limiti. Tante volte si è spietati con se stessi, ecco perché è importante avere un sano grado di autostima che permette di accettare i lati oscuri del nostro carattere. Sarebbe, però, impossibile accettarli senza l'aiuto di Dio. Se non curiamo il nostro interno, se non ci sentiamo amati da Dio, difficilmente, riusciremo a comunicare amore agli altri. Lo disse anche Gesù: a chi è stato perdonato molto, molto ama. È profondamente vero. Quando una persona ha raggiunto l'abisso dell'abiezione e la sua coscienza non riesce a perdonarla, incontrando l'amore di Dio, si apre ad esso: spalanca le porte del suo cuore e conosce la profondità del cuore di Dio, la sua gratuità, allora non lo teme più e si getta fra le sue braccia. Ciò non vale solamente per coloro che sono caduti in peccato grave, ma anche per chi cade in mancanze o nei peccati veniali. Ci sono tante cose di noi che non conosciamo! La nostra santità dipende in realtà dall'amore di Dio: il cuore dell'uomo è fallace, incline purtroppo al male. Se Dio non ci soccorresse, commetteremmo moltissimi errori. Non dobbiamo appoggiarci alle nostre forze, non riusciremmo a fare un solo passo verso il bene. “Senza di me, non potete far nulla” disse Gesù. Verissimo. Ecco perché la psicologia non può guarire completamente l'uomo: aiuta a comprendere quali sono i nodi che abbiamo dentro ma non dà mezzi per uscirne in modo duraturo. Difficile perdonare senza l'aiuto di Dio e quando noi non ci riconciliamo con il passato, non riusciamo a guarire le nostre ferite.
Entriamo perciò nelle nostre stanze buie con la luce di Cristo, Egli solo è capace di guarirci completamente.