martedì 25 febbraio 2020

Il Coronavirus... e la fede

Oggi voglio affrontare un discorso molto delicato che sta toccando tutto il mondo: il Coronavirus.
Per saper valutare la situazione, bisognerebbe fare vuoto dentro il nostro cuore di tutte le nostre paure, del nostro modo di vedere e del nostro coinvolgimento. Non è semplice, però è opportuno farlo anche nel nostro cammino di ogni giorno, se vogliamo superare le inevitabili criticità che dobbiamo affrontare.
Il Coronavirus non è un gioco, non è una montatura, non è un evento da sottovalutare, ma nemmeno arrendersi ad esso lasciandosi prendere dal panico.
Io vivo in Liguria dove per adesso non ci sono casi, ma sono state applicate misure cautelari drastiche a scopo di contenere il virus e... se possibile salutarlo a distanza. Nei giorni scorsi, esattamente la settimana scorsa, correvano numerose teorie.
Una diceva che il Coronavirus era una montatura per penalizzare la Cina, Stato emergente nell'economia mondiale. Sentivo affermare che le notizie che circolavano non erano vere e che noi non dovevamo preoccuparci di nulla. 
È davvero così: a categorie di lavoratori (non sto a rivelare i vari passaggi perché voglio solamente riflettere e non fare polemica… tanto il Coronavirus sarebbe arrivato comunque), è stato detto senza preamboli, che le notizie che ci arrivavano dalla Cina erano false. Tempo qualche giorno di baruffa tra politici e il virus è sbarcato baldanzoso anche in Italia diffondendosi rapidamente. Le bugie hanno le gambe corte. 
Alcuni riassumevano la faccenda sottolineando che in Cina era curato solamente chi se lo poteva permettere, che i Cinesi non curano tanto l'igiene, che mangiano cose strane. Sì, questo è vero, è un dato di fatto che può aver contribuito all'espansione del virus.
C'erano poi quelli che ci hanno accusato di razzismo (alcune persone hanno esagerato davvero picchiando dei cinesi… che sono anch'essi
vittime del silenzio del loro governo). Razzismo è la parola d'ordine di moda negli ultimi tempi. Se alcune esagerazioni sono dati di fatto, la prevenzione, la prudenza non fa parte del razzismo. Bisogna imparare a dare alle parole il loro vero significato e non manipolarle e usarle contro chi ha un'idea diversa. Anche in questo caso, tempo di scannarsi almeno un po' e il virus è arrivato in Lombardia… e hanno finalmente capito che non si sarebbe fermato lì… quindi chiusura di intere regioni sia in uscita che in entrata. Siamo razzisti anche con i lombardi???? No, fatemi capire, perché certe affermazioni non devono sempre saltare in bocca ad ogni piè sospinto, bisogna invece valutare le cose con senno e criterio.
Entriamo poi nel nostro piccolo. Le persone si sono suddivise in tre categorie:
la prima quella che non credeva assolutamente che esistesse l'emergenza in Cina o in ogni altra parte del mondo; la seconda che afferma di non aver paura in modo assoluto; la terza… non la troviamo più perché è entrata nel panico più assoluto!
Della prima ne ho già parlato all'inizio. La seconda è una categoria un po' pericolosa. Molto probabilmente è vero che non ha paura e... in questo caso dovremmo cominciare ad aver paura noi di questa categoria! Si sentono così sicuri di sé che credono che non saranno mai toccati da una cosa del genere se non acconsentono… Oh se è così per favore segnalateli al Ministero della Salute… abbiamo trovato dei Padreterni sulla terra!!! Speriamo che il loro ego si volga verso gli altri e facciano il miracolo! Posizione pericolosa questa… davvero tanto… anche e soprattutto di fronte alle altre malattie. Le malattie devono farci un po' di paura per assumere un atteggiamento responsabile sia nei confronti di se stessi che nel rispetto degli altri. Alcuni atteggiamenti raccomandati dal ministero, dovrebbero entrare nell'uso comune, anche per semplici raffreddori. Non si deve starnutire al vento, in faccia agli altri, ma se possibile farlo in un fazzoletto o nel gomito. Alcuni dopo essersi soffiato il naso o starnutito dentro il fazzoletto, hanno la pessima abitudine di lasciare i fazzoletti sopra i tavoli… possibilmente vanno depositati dentro le proprie tasche e, in questa emergenza straordinaria, buttarli direttamente nel cestino, ancor meglio nel gabinetto e tirare la catena.  Noto che queste regole di sana convivenza da seguire pure nell'intimità della famiglia, non esistono, vengono ignorate contagiando così tutta la famiglia. Guardate che queste regole elementari vengono tralasciate per egoismo e mancanza di delicatezza nei confronti degli altri. I nostri atteggiamenti dicono molto su quello che abbiamo nel cuore. Anche questi che a volte rimangono confinati nell'intimità della famiglia… 
La terza categoria… quella del panico. Questi vivono in continua agitazione, temendo di prendere il virus o qualsiasi altra malattia. Non hanno fede, devono lavorare sulla propria insicurezza. Nessuno di noi può avere la certezza di non essere contagiato, perché viviamo una realtà delicata. Dobbiamo prenderne atto, averne quel tanto di paura per preservarci e preservare gli altri, ma non possiamo temere sempre, costantemente le malattie. La vita è costellata di eventi straordinari che vengono a minare la tranquillità della nostra esistenza e nostro dovere è quello di vivere tranquillamente, lottando contro la nostra paura, affrontandola, pensando al bene di chi ci sta vicino… accettando la malattia di coloro che ci stanno vicino… 
In questa categoria ci sono quelli che fingono di non avere paura, mettono una maschera per apparire pieni di fede e di abbandono in Dio. Non è giusto neanche questo atteggiamento: sa tanto di menzogna, di non accettazione del proprio modo di essere. Per superare le nostre paure dobbiamo togliere la maschera che abbiamo sul nostro volto, fare chiarezza dentro di noi per poterci migliorare e affrontare i problemi, senza tentare di insabbiare la realtà con certi dannosi fatalismi (il coronavirus non mi toccherà mai; ho il colesterolo alto mangerò comunque come se non avessi nulla)che rasentano l'ignoranza e fanno finta che la malattia non esista mettendo a repentaglio stupidamente la propria salute e la tranquillità degli altri. Se la malattia c'è va vissuta bene e con responsabilità. Non ascoltate consigli stupidi che vi incitano a vivere anche un solo istante come se la malattia non esistesse: costoro non vi vogliono bene. Vivere bene la malattia vuol dire viverla con tutti i limiti che essa impone al nostro corpo con serenità, senza andare al di sopra delle nostre forze. 
Concludendo, bisogna appurare che esiste una minaccia reale, quella del Coronavirus, e che nessuno può garantirci che, una volta preso, la supereremo o, al contrario, che moriremo sicuramente. Bisogna averne paura, almeno un po', per preservare noi e gli altri dal contagio. Bisogna imparare a vivere con una spada di Damocle che pende sulla nostra testa: se siamo sani, capiremo la situazione di tante persone che vivono la situazione di malattie croniche o mortali quotidianamente; se siamo già malati, dobbiamo armarci di altro coraggio per lottare contro un'altra minaccia… senza panico… 
Siamo nelle mani di Dio, Lui solo conosce i tempi giusti: se non è la nostra ora, anche se siamo malati e arriverà il Coronavirus, non ci farà nulla… 

venerdì 14 febbraio 2020

Una questione di coscienza


Come tante volte ho detto, anche i film danno uno spunto importante per la riflessione. Bisogna saper filtrare i messaggi ed essere critici nei loro confronti. Essere critici non vuol dire criticare, cioè accoglierli in modo negativo, ma accoglierli, confrontarli con le proprie convinzioni, archiviarli, oppure farne tesoro per migliorare il proprio vissuto. Risultato immagini per bambino

Poco tempo fa mi è capitato di vedere un episodio di Law and Order che trattava della pratica di un aborto su un bambino di quasi nove mesi. A dire il vero non ho visto la puntata dall'inizio, ma da come parlavano durante il processo, il medico aveva cominciato la pratica dell'aborto alla sua paziente su un bambino di quasi nove mesi, ma qualcosa era andato storto: sono cominciate le contrazioni e il bambino (forse affetto da qualche grave patologia) era nato esordendo alla vita con il suo classico pianto. Il medico aveva chiesto alla paziente se voleva continuare ugualmente la pratica dell'aborto  (praticamente dell'omicidio) ed ella rispose affermativamente. Il medico quindi praticò  un buco alla base del cranio con le forbici e in poco tempo il pianto cessò: il bambino era morto e il silenzio privo di forze, calò nella sala. 
La testimonianza dell'infermiera fu così toccante che l'avvocatessa che trattava il caso entrò in crisi. Affermò infatti che tutte le sue convinzioni femministe stavano vacillando. Disse al suo collega che aveva sempre lottato ad ogni costo per i diritti della donna, ma in quel momento, quel racconto così accorato, crudo, vero, aveva messo in discussione tutto e che non sapeva dove finivano i diritti della donna e iniziavano quelli del bambino. 
Tempo fa avevo letto che a New York avevano dato il via alla pratica dell'aborto su bambini fino a nove mesi. Non ho più seguito la faccenda, ma ritengo che questo valga anche per i bambini al di sotto dei tre mesi. In quelle cellule vi sono tutte le informazioni per formare un uomo o una donna… quindi l'embrione è già un uomo o una donna. L'aborto è comunque un omicidio in qualsiasi momento della gravidanza si pratica. Uccidendo poi un bambino malato nel grembo, affermiamo che vogliamo eliminare il malato, non la malattia. Quante volte questi bambini malati hanno dimostrato un vigore non comune! Siamo noi adulti che non vogliamo affrontare la sofferenza e ciò che potrebbe apparire solamente un calvario. 
Il fatto è che la sindrome di cui è affetto l'Uomo d'oggi è quella del voler essere padroni di tutto eliminando la propria sofferenza, non quella degli altri. Tale ipotesi è sostenuta dal fatto che più perpetriamo questi omicidi, più siamo e stiamo diventando individualisti. Vogliamo gli altri sotto il nostro controllo e secondo il nostro piacere. 
Se davvero ci fermassimo a riflettere sulla situazione del mondo, ci accorgeremmo che esistono un'infinità di contradizioni, mentre i Valori, quelli veri, sono destinati a scomparire per sempre.