La Croce è la massima espressione dell'amore. La morte di Cristo ha squarciato il velo del Tempio, tutto era ormai compiuto: la Rivelazione, la storia della salvezza era completa. Il volto del Padre ormai si era rivelato in Cristo. Il debito contratto con il peccato era immenso: Gesù ha patito i più acerbi dolori per riscattare l'umanità e tante volte è ripagato ugualmente con l'ingratitudine, l'incomprensione e l'incredulità.
Anche a noi Cristo ripete: "Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno". Questo ci deve consolare. Se è vero che ha salvato con la Sua Croce tutta l'umanità, è pur vero che nel momento del riscatto ha pensato proprio a me, a salvare me, perché per Lui sono unica. Egli si cura di tutte le creature come se fossero le uniche al mondo. Forse noi non possiamo fare due cose contemporaneamente come invece fa Dio, tuttavia possiamo comprendere il modo di agire di Dio pensando alla diversità del nostro modo di fare con i bambini. Sebbene vogliamo bene a tutti in egual maniera, usiamo strategie differenti a seconda del carattere e del bisogno effettivo della persona.
Nella Sacra Scrittura si legge che "Dio castiga chi ama". La correzione procura dolore ma, dopo, ci accorgiamo che essa è servita per un bene migliore. Anche i genitori e gli insegnanti castigano i bambini, non per sadismo, ma per far comprendere il male che si fa, provoca dolore, ricalcando così le dinamiche corporee che sono alla base istintiva della persona: quando infatti avviciniamo il dito alla fiamma, sentiamo un dolore intenso che, comunque, ci salva dall'ustione, ritraendo istintivamente, in seguito al comando del nostro sistema nervoso periferico, il dito. Se noi sentiamo dolore tutte le volte che compiamo il male, piano piano, seppur a fatica, ci orientiamo verso la strada faticosa del bene, finché impariamo che da essa nasce la gioia.
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