Incontrare Dio nella fede è solamente una grazia. Essere cristiani non vuol dire essere esenti da dubbi. Non avrebbe altrimenti senso la stessa parola “fede”. Fede diventerebbe certezza. Tante volte Gesù ha esortato i suoi apostoli ad avere fede, soprattutto nei momenti di difficoltà e di sofferenza. Fosse una cosa automatica, Gesù non li avrebbe spronati a credere. Il cristiano, nel suo cammino di fede, si trova spesso nella giungla del dubbio, del lavorio interiore che cerca le sue certezze. In questa giungla c’è poco di chiaro ed il travaglio interiore si fa più intenso. Gesù conosce bene l’uomo e non ha mai detto che è facile aver fede e lo racconta nel Vangelo. A volte penso allo smarrimento dei discepoli quando Gesù è morto sulla croce. Anche loro hanno vissuto il travaglio del dubbio, un dubbio forte, drammatico. Ma cosa è accaduto ai discepoli? Non avrebbero creduto senz’altro se Gesù non fosse loro apparso. Sta di fatto che essi cambiarono atteggiamento e seppero donare la vita, sopportando i supplizi più crudeli. E non è stato facile per loro. Basti pensare a Pietro che voleva fuggire da Roma, dove sapeva benissimo che Dio gli stava chiedendo il sacrificio supremo della vita e sappiamo che Pietro aveva un carattere impulsivo e generoso: “Io darò la vita per te!” . Aveva affermato quando Gesù asserì che un suo discepolo lo avrebbe tradito…
E qualche volta, a parte la mia esperienza personale, ripenso ai grandi santi, che hanno saputo affrontare le sofferenze più grandi per amore di Cristo. C’è stato un incontro personale, non si possono spiegare altrimenti. La pratica della carità non è automatica. Essa non si può paragonare al volontarismo. La piccola carità, quella, cioè che richiede ancor più eroismo di quella grande, è difficile da praticare perché essa rimane nascosta e senza riconoscimento. Nessuno è capace di compiere grandi atti di carità autentici se prima non si è esercitato nella pratica della piccola carità.
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