L'ufficio delle letture
oggi presentava parte della storia di Davide. Dopo aver peccato e
soprattutto dopo essersi reso conto di questo, Davide si ritiene la
persona più “infima”, meritevole di ogni cosa che il buon Dio
permette nella sua vita, abbandonandosi con fiducia alla sua volontà.
Assalonne, suo figlio, cospira contro di lui e Davide scappa da
Gerusalemme insieme con numerosi leviti. Essi portano con loro
l'Arca, ma Davide dice loro di lasciarlo nel posto in cui si trova,
osservando che se sarà volontà di Dio, egli sarebbe tornata a
vederla. Arrivati a Bacurim, Simei appartenente alla casata di Saul
comincia a inveire contro Davide che era ancora giuridicamente il re.
A quei tempi il Re era scelto da Dio, quindi inveire contro di lui
era un sacrilegio. Un uomo che accompagnava il Re gli domandò se
doveva ucciderlo, ma Davide con una profonda umiltà risponde di
lasciarlo fare perché era Dio stesso che gli aveva ordinato di
insultarlo.
Il comportamento di
Davide denota una grande umiltà: sa di aver peccato nei confronti
del Signore e che il sangue di tori e capri come sacrificio non
basteranno a riparare al grande errore fatto, ma con grande fede gli
offre il suo pentimento e la sofferenza dovuta agli insulti di
quell'uomo, mostrando di essere consapevole che quello sta dicendo la
verità.
Tutti noi siamo
peccatori, anche se non cadiamo in peccati mortali. Dobbiamo avere la
piena consapevolezza di questo, di aver bisogno di purificazione.
Tale consapevolezza ci aiuta ad accettare di buon animo tutto ciò
che ci accade nella vita e ci provoca sofferenza. Gesù inoltre ci ha
insegnato ad andare anche oltre a questo: a non preoccuparci della
nostra salvezza, ma soprattutto di mettere la nostra vita a servizio
degli altri e quindi di offrire le nostre sofferenze per la salvezza
e riparazione dei peccati altrui. Il discorso sta tutto qui: il
nostro animo deve avere le medesime disposizioni di quello di Davide
e questo regalerà all'animo tanta pace e gioia.
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