Io sono
il pane disceso dal cielo, chi mangia il mio corpo e beve il mio
sangue, non avrà più fame e sete in eterno.”. Ho riportato alcune
frasi del Vangelo che completano la pericope di oggi. I Farisei
chiedono un segno e, facendolo, menzionano il fatto straordinario
dell'Antico Testamento, quando Dio sfamò il suo popolo nel deserto
con la manna. Il popolo stremato, affamato, assetato, timoroso
riguardo alle numerose incognite del futuro, riceve da Dio un cibo
che piove dal cielo: la manna. Tutti contenti al momento, ma al
ripetersi del prodigioso evento che li ha salvati, il popolo si
stanca e comincia a brontolare. È praticamente il prototipo del
nostro comportamento che assumiamo talvolta nei confronti di Dio:
quando otteniamo qualche dono che abbiamo bramato e atteso e che, in
ogni caso, la sua presenza ci avrebbe salvato sicuramente, dopo un
po' ci stufiamo e cominciamo a brontolare.
“
Siamo tanto
abituati a vedere ciò che ci manca che la nostra povera mente non
riesce neppure a intravedere i doni che possiede e, soprattutto, la
gratuità con la quale essi ci sono stati elargiti.
Il “mugugno
è libero” si dice a Genova, purtuttavia si deve andare oltre: è
importante saper vedere le cose positive e non lasciarci prendere dal
pessimismo.
Ritornando
al discorso sul pane, Gesù a quei tempi parlava a persone che
avevano bisogno di una sicurezza e che lavoravano sodo per
guadagnarsi il pane quotidiano. Non vivevano come noi, vivevano per
lo più alla giornata ed il pane era tutto. Il fatto che noi abbiamo
la pancia piena, ci fa scordare i bisogni non materiali, altrettanto
fondamentali. Ancora oggi abbiamo bisogno del pane, siamo
disorientati, impauriti, insicuri davanti ad un futuro incerto,
bisognosi d'amore, insoddisfatti perché pieni d'impegni di ogni
genere, irrealizzati. La risposta a queste nostre domande, al vuoto
interiore è Gesù. Egli dà al nostro spirito e al nostro corpo il
cibo fondamentale per essere per sempre sazi.
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