martedì 24 aprile 2018

Comprensione

Chi è Dio per me? È una domanda retorica? Assolutamente no! Siamo tanto imperfetti che accostarsi ad un essere così perfetto, sarebbe impossibile se non fosse per il suo amore, per lo Spirito Santo, che ci rendono capaci di Dio.
Il fatto è che Dio ci ha creato ad immagine e somiglianza sua, ma noi, a nostra volta, ci creiamo un Dio a nostra immagine, cioè come proiezione della nostra mente.
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Il pericolo più ricorrente è quello di vedere il prossimo attraverso i nostri schemi mentali. Interpretiamo i loro comportamenti attraverso la nostra esperienza scordando un concetto ormai consolidato e vero: ogni persona è un essere irripetibile ed unico. Lo dice la psicologia, ma ci era arrivata anche la piccola santa Teresa Martin: vi è più differenza tra le anime che tra le fisionomie dei volti.

Da ciò deduciamo che, se anche fosse che uno abbia vissuto le medesime esperienze, la sua percezione e organizzazione mentale le ha catalogate differentemente, in modo creativo formando una forma mentis diversa dalla nostra.
La comprensione dell'altro, quindi, deve avvenire non attraverso l'interpretazione dei nostri sentimenti (sebbene si debba partire da questo visto che le emozioni sono universali), ma mediante l'ascolto e la certezza che l'altro sia diverso da noi, che agisce, pensa, interpreta, risponde differentemente rispetto a noi.
Se ciò è valido per i rapporti interpersonali, lo è anche nei confronti di Dio. Dio va conosciuto attraverso la meditazione della sua parola e la preghiera. Dio è diverso da noi e noi, troppo spesso, lo vediamo nelle vesti di uno che perdona a prescindere dal fatto che l'altro sia pentito, oppure come un giustiziere mascherato, una sorte di supereroe che lancia dardi infuocati di qua e di là, contro chi sgarra.
La conoscenza di Dio non è semplice e non si deve presumere di nulla. Passa attraverso la preghiera, la lettura meditata del Vangelo, la contemplazione, ma anche la decentralizzazione da se stessi.

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