Pregare è l'atto più importante del cristiano. Non rischiamo di perderci in una filosofia puramente filantropica, dimenticando la dimensione verticale del cristianesimo. E' verissimo che Gesù ci ha raccomandato di amare i nostri fratelli, perché chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. La cosa che rende possibile l'amore autentico, gratuito, è proprio la preghiera. E' questa che restituisce all'amore la sua realtà più vera ed essenziale, quella che si china sugli altri, come fece Gesù la sera dell'Ultima Cena. Con la festività del Battesimo, si è concluso il periodo forte del Natale, tempo in cui la Chiesa ci ha esortato a meditare sul mistero dell'entrata di Dio nella storia, per salvare l'umanità dal peccato. Al di là del romanticismo che si cela nella festività del Natale, in cui tutti si sentono in dovere di essere buoni, dobbiamo ricordarci che il Natale va visto in prospettiva pasquale, del grande evento che ha cambiato la storia: la Resurrezione di Gesù. La nascita è un evento naturale e chiunque può crederci. Anche gli atei possono festeggiare il Natale in fondo: forse credono che tanti anni fa, al di là del loro scetticismo, sia nata una persona, come può essere Gandhi, che ha mostrato al mondo il volto dell'amore. Certamente, poi non credono che il volto dell'amore sia Dio stesso. Finito il giorno di Natale, finisce tutto.
Pregare è quindi l'atto che ci unisce a Dio e non dobbiamo dimenticare di farlo, al di là dei vari modi in cui si può fare e che esamineremo nei prossimi post.
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