Il secondo racconto è tratto da un libro di Romano Bilenchi. Un racconto tristissimo ma reale, ambientato in Toscana. Il protagonista è un ragazzo nato in un paese della Maremma Toscana, che si è recato in una città per studiare. Il racconto si apre drammaticamente con una presa in giro da parte del professore il quale, invece di educare la classe al rispetto reciproco, dà il via a delle burla che umiliano il ragazzo. Quindi, il ragazzo, spinto dalla vergogna e dalla sofferenza, afferma che il paese dove lui è nato non è situato nella Maremma.
Anche in questo racconto ha buona parte il pettegolezzo, come nel racconto precedente: un suo compagno va a prendere la carta geografica ordinata dal professore e informa coloro che occupavano l'aula di scienze de diverbio del suo compagno con il professore.
La bugia del ragazzo è palese e puerile, però è scusabile perché scaturita dal dileggio crudele del professore e dei compagni. Non erano certo prese in giro bonarie, erano frutto, invece di stereotipi che fanno male e lasciano una ferita profonda. Accostando i due racconti, viene subito alla luce una particolare riflessione: alcuni cristiani, forse possono giudicare persone che conducono un'esistenza apparentemente contro i comandamenti di Dio ma sbagliano! Cristo frequentava le persone che, agli occhi della gente, erano miscredenti e impure. Certamente, Lui era il Figlio di Dio e quindi non poteva essere trascinato e fare i medesimi sbagli dei peccatori... Ma riflettiamo, guardiamo con più attenzione il nostro cuore... Se attorno a noi si è creata una solitudine abissale, interroghiamoci se dentro di noi va tutto così veramente bene e non ci siamo chiusi nei nostri fiscalismi.
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