Stamattina il Papa nell'omelia della Messa celebrata a santa Marta, ha parlato di desolazione spirituale partendo dal libro di Giobbe. Egli ha consigliato come superare i momenti inevitabili di desolazione.
Il libro di Giobbe è veramente affascinante, nasce dalla riflessione dell'uomo sul dolore, sul senso di esso nella vita dell'uomo. Quando un avvenimento ha un senso, seppur sia doloroso, viene riconosciuto familiare se si riesce a dare ad esso un nome, a riconoscerlo.
È inevitabile che l'uomo sperimenti durante il corso della sua esistenza momenti di desolazione spirituale, ha detto il Papa. Nessuno di noi escluso. Il dolore è spiacevole, è una sensazione curiosa che prende anche il corpo e lo stringe nella morsa delle sue spire per trascinarlo nel profondo del mare, per affogare sempre di più il malcapitato nel mare della disperazione.
La disperazione è ben diversa dalla sofferenza. Si ha quando non si vede via d'uscita, tutto attorno a noi è nero, buio e ci sentiamo incapaci di muoverci.... In pratica ci sentiamo in trappola, non liberi, soggiogati da quella forza che cresce e soffoca sempre di più. L'ha sperimentata Giobbe, nei suoi momenti di sofferenza estenuante. Giobbe non ha bestemmiato, ha gridato il suo dolore al Signore per trovare pace. Cosa fare in questi momenti? Il Papa suggerisce di agire come dice il salmo; “Giunga fino a te, Signore, la mia preghiera!”. Il Papa suggerisce di pregare incessantemente, il Signore sa già che siamo nella sofferenza e sa anche più di noi il motivo. Egli stesso può darci la forza di combattere quei drammatici momenti. “Il racconto di un pellegrino russo” raccontava di un uomo che cercava la risposta a una domanda posta da un comando della Bibbia stessa: “Come si fa a pregare incessantemente?”
Quando si soffre molto, non si riescono a fare grandi preghiere, la nostra mente si perde subito, sopraffatta com'è dal dolore. Ma c'è una preghiera semplice semplice che è quella del cuore: ad ogni respiro, invocare il nome del Signore: “Oh Signore, abbi pietà di me!” e... il silenzio. Il silenzio, l'ascoltare il proprio respiro ha un'azione davvero calmante e corroborante.
Quando il dolore bussa, il nostro cuore deve affidarsi a Dio e pregare con il cuore.
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