Nessuno di noi, nemmeno i santi, è perfetto. È una frase che ho accennato nell'altro post, ma è quella che fa la differenza. È inevitabile sbagliare, anzi, dirò di più: più un'anima s'avvicina a Dio, più riconosce i suoi sbagli, ha la coscienza più fine, capace di captare ciò che va contro il cristianesimo.
Quando infatti un'anima è lontana da Dio non vede per niente i suoi difetti. Un paragone semplice semplice: Dio è il sole. Più tutto è luminoso accanto a noi, più vediamo le macchie sul nostro vestito, ma quando stiamo al buio, lontani dal sole, non vediamo né le macchie che abbiamo sul nostro vestito né gli ostacoli che abbiamo davanti, per cui nemmeno ciò che c'è nel cuore altrui. Immaginiamo... a volte l'immaginazione ci fa pensare che ci siano dei mostri pericolosi, cose che non ci sono. È colpa del buio in cui siamo immersi... e allora stiamo affrontando un altro paradosso cristiano. I santi vedono maggiormente le loro debolezze e le vedono in rapporto a Dio, non al prossimo. A volte ci pentiamo solamente quando perdiamo qualcosa a noi più caro o vediamo che una nostra azione ha effettivamente creato uno svantaggio per noi.
Il cristiano vero... e ci si arriva piano piano... invece, si pente non perché ha perso qualcosa, il suo onore, la sua faccia... Si pente perché ha offeso Dio, perché ha osato allontanarsi da Lui.
Questo fa la differenza. Alla base di ciò spesso vi è l'egoismo. Bisogna imparare a lasciare andare le persone per il loro bene, anche se fa molto soffrire e non trattenerle accanto per il nostro sollazzo o egoismo. Questa è una frase che spesso ripeto, ma è tremendamente vera. Come sempre bisogna inserirla in un contesto, ma in fondo lo ripete anche Gesù: “Non c'è amore più grande di chi dà la vita per i propri fratelli” e non intende solamente morire. Lasciare andare una persona fa soffrire molto. Un esempio semplice semplice che va bene anche agli animalisti. Quando abbiamo un micino che non si fa curare e non ne conosciamo il padrone e siamo veramente impossibilitati a tenerlo in casa nostra, non esitiamo a chiamare chi è competente che lo possa curare e portare in un luogo sicuro. È vero, un gattile non sarà il massimo ma se il gattino ferito non si lascia curare e peggiora di giorno in giorno, potrebbe finire tra le zanne di un cane. Ci fa soffrire questo, perché siamo costretti a non vederlo più, a non godere delle sue moine, ma per il suo bene abbiamo dovuto chiamare chi si occupasse di lui. Ovviamente questo esempio è relativo, perché non possiamo fare lo stesso discorso per una persona adulta che sa interloquire e quindi esporre i suoi pensieri, dolori, aspirazioni.
Un discorso a parte lo spenderei per il falso pentimento, appena accennato sopra. La motivazione del pentimento è importantissima, perché potrebbe essere la bussola delle nostre azioni future e comunque del vero bene della nostra anima.
Inizio con un altro esempio per andare sul pratico. Stiamo badando a un bambino piccolo di circa un anno e mezzo. Tutti consigliano di lasciarlo camminare da solo anche se ovviamente traballa un po' e rischia di cadere, soprattutto per far sviluppare in lui l'autonomia e l'autostima. Chiaramente, essendo in mezzo alla strada il cui asfalto è sconnesso, può capitare più facilmente che il bimbo cada. Il bambino cade, si fa leggermente male e piange disperato. La mamma può provare due pentimenti: il primo perché ha lasciato camminare il bambino da solo e si è fatto male, il secondo perché la gente, incuriosita dalle strilla del bambino si ferma e comincia a brontolare per l'incapacità della madre. Il secondo pentimento è suscitato dall'amor proprio e non dall'azione in sé. In ogni caso, avendo agito bene, per il bene del figlio, il dolore per ciò che è successo è relativo perché sa di aver fatto tutto il possibile anche se potrebbe essere stata un po' imprudente.
Sembra un caso strano? No, no. Ovviamente quanto una persona si tormenta dal rimorso dipende dalla gravità della materia del suo sbaglio. Pensiamo ad esempio alla sofferenza terribile di alcuni poliziotti costretti ad uccidere il ricercato. Anche se lo fanno per salvare altre persone perché quel ricercato, quel bandito è un pericolo pubblico, non si dà pace perché la materia è grave anche se ha agito per proteggere la comunità.
Quello che deve far paura è questo: faccio del male a una persona a sua insaputa e non sento né rimorso né il bisogno di scusarmi se non quando vengo scoperta. Terribile. Quando si fa così si è al pari dell'assassino, perché il pentimento non serve a nulla e, in realtà, non è nemmeno pentimento, si chiama egoismo allo stato puro e si è disposti a fare qualsiasi cosa per se stessi a discapito degli altri.
Questo deve allarmarci veramente molto, interrogarci su quanto buio abbiamo dentro e in fretta, andare alla fonte della luce per trovare ristoro.
Quando infatti un'anima è lontana da Dio non vede per niente i suoi difetti. Un paragone semplice semplice: Dio è il sole. Più tutto è luminoso accanto a noi, più vediamo le macchie sul nostro vestito, ma quando stiamo al buio, lontani dal sole, non vediamo né le macchie che abbiamo sul nostro vestito né gli ostacoli che abbiamo davanti, per cui nemmeno ciò che c'è nel cuore altrui. Immaginiamo... a volte l'immaginazione ci fa pensare che ci siano dei mostri pericolosi, cose che non ci sono. È colpa del buio in cui siamo immersi... e allora stiamo affrontando un altro paradosso cristiano. I santi vedono maggiormente le loro debolezze e le vedono in rapporto a Dio, non al prossimo. A volte ci pentiamo solamente quando perdiamo qualcosa a noi più caro o vediamo che una nostra azione ha effettivamente creato uno svantaggio per noi.
Il cristiano vero... e ci si arriva piano piano... invece, si pente non perché ha perso qualcosa, il suo onore, la sua faccia... Si pente perché ha offeso Dio, perché ha osato allontanarsi da Lui.
Questo fa la differenza. Alla base di ciò spesso vi è l'egoismo. Bisogna imparare a lasciare andare le persone per il loro bene, anche se fa molto soffrire e non trattenerle accanto per il nostro sollazzo o egoismo. Questa è una frase che spesso ripeto, ma è tremendamente vera. Come sempre bisogna inserirla in un contesto, ma in fondo lo ripete anche Gesù: “Non c'è amore più grande di chi dà la vita per i propri fratelli” e non intende solamente morire. Lasciare andare una persona fa soffrire molto. Un esempio semplice semplice che va bene anche agli animalisti. Quando abbiamo un micino che non si fa curare e non ne conosciamo il padrone e siamo veramente impossibilitati a tenerlo in casa nostra, non esitiamo a chiamare chi è competente che lo possa curare e portare in un luogo sicuro. È vero, un gattile non sarà il massimo ma se il gattino ferito non si lascia curare e peggiora di giorno in giorno, potrebbe finire tra le zanne di un cane. Ci fa soffrire questo, perché siamo costretti a non vederlo più, a non godere delle sue moine, ma per il suo bene abbiamo dovuto chiamare chi si occupasse di lui. Ovviamente questo esempio è relativo, perché non possiamo fare lo stesso discorso per una persona adulta che sa interloquire e quindi esporre i suoi pensieri, dolori, aspirazioni.
Un discorso a parte lo spenderei per il falso pentimento, appena accennato sopra. La motivazione del pentimento è importantissima, perché potrebbe essere la bussola delle nostre azioni future e comunque del vero bene della nostra anima.
Inizio con un altro esempio per andare sul pratico. Stiamo badando a un bambino piccolo di circa un anno e mezzo. Tutti consigliano di lasciarlo camminare da solo anche se ovviamente traballa un po' e rischia di cadere, soprattutto per far sviluppare in lui l'autonomia e l'autostima. Chiaramente, essendo in mezzo alla strada il cui asfalto è sconnesso, può capitare più facilmente che il bimbo cada. Il bambino cade, si fa leggermente male e piange disperato. La mamma può provare due pentimenti: il primo perché ha lasciato camminare il bambino da solo e si è fatto male, il secondo perché la gente, incuriosita dalle strilla del bambino si ferma e comincia a brontolare per l'incapacità della madre. Il secondo pentimento è suscitato dall'amor proprio e non dall'azione in sé. In ogni caso, avendo agito bene, per il bene del figlio, il dolore per ciò che è successo è relativo perché sa di aver fatto tutto il possibile anche se potrebbe essere stata un po' imprudente.
Sembra un caso strano? No, no. Ovviamente quanto una persona si tormenta dal rimorso dipende dalla gravità della materia del suo sbaglio. Pensiamo ad esempio alla sofferenza terribile di alcuni poliziotti costretti ad uccidere il ricercato. Anche se lo fanno per salvare altre persone perché quel ricercato, quel bandito è un pericolo pubblico, non si dà pace perché la materia è grave anche se ha agito per proteggere la comunità.
Quello che deve far paura è questo: faccio del male a una persona a sua insaputa e non sento né rimorso né il bisogno di scusarmi se non quando vengo scoperta. Terribile. Quando si fa così si è al pari dell'assassino, perché il pentimento non serve a nulla e, in realtà, non è nemmeno pentimento, si chiama egoismo allo stato puro e si è disposti a fare qualsiasi cosa per se stessi a discapito degli altri.
Questo deve allarmarci veramente molto, interrogarci su quanto buio abbiamo dentro e in fretta, andare alla fonte della luce per trovare ristoro.
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