È chiaro che pure Maria partecipò alla nostra redenzione: al momento dell'annunciazione, Ella accettò il Verbo di Dio nel suo grembo. Accettò qualcosa di più grande di Lei, rischiando la morte stessa, fidandosi ciecamente di Dio. Il Suo cuore Immacolato era talmente grande che poteva accogliere l'amore infinito di Dio, in quanto Lei stessa era testimone della vita di Dio. Ella era umile, profondamente radicata nel Suo Creatore: tutto ciò che di buono aveva, secondo Lei, era di Dio: perciò Egli si chinò su di Lei e stese la Sua ombra, la potenza dell'Altissimo. S'immerse nella Sua umiltà perché già il Suo cuore gli apparteneva e non era altro che un riflesso del Suo amore. E seguì Gesù durante tutta la Sua passione, anzi, patì Lei stessa con Lui: un dolore immenso, vedere il Figlio che pure non aveva fatto altro che del bene, soffrire così indicibili tormenti. Era un cuore di Madre, e se una madre “comune” con il cuore avvolto dagli egoismi, soffre ugualmente nel vedere la sofferenza del proprio figlio, figurarsi un cuore di Madre alieno da ogni forma di egoismo, compassionevole, come era il cuore del suo Figliolo, il quale, appena vedeva qualcuno soffrire, si muoveva a compassione e guariva, cibava, ammaestrava la folla che lo seguiva. Ma non ci fu solo Maria a seguire Gesù fino al Golgota: pure altre donne lo seguirono, piangevano per Lui, desideravano asciugare il Suo Volto dal sangue ed alleviargli almeno un po' le sofferenze: la donna è più capace di soffrire, è più profonda nel suo sentire.
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