Purtroppo esiste il rischio grave che il Cristianesimo diventi una semplice filosofia come tante, un’ascensione verso un Essere supremo di cui non si ha propriamente una conoscenza, se non nebulosa, offuscata da tanti interrogativi. La filosofia del cristianesimo è quella di seguire certe leggi morali, etiche ed assolvere a certi doveri od obblighi, come può essere ad esempio il partecipare alla Santa Messa o confessarsi ogni tanto. Di certo questo, non è lo spirito del cristianesimo. È inevitabile che ci siano dei limiti in colui che si professa cristiano. Qualsiasi uomo, seppur tenda alla perfezione, ha dei limiti con i quali si scontra ogni giorno, a volte suscitando pure molta sofferenza. Ma ciò che delimita il confine tra il vero cristiano e quello che vaneggia alcune teorie che poi rimangono tali, è l’incontro con Cristo, Dio vero e vivo. Da lì, come in una sorgente, scaturisce tutto il bene, il desiderio di conformarsi alla mentalità di Cristo che, ci piaccia oppure no, ha detto che siamo legati profondamente alla Chiesa e quindi al suo Capo. Rischiano di diventare pura ideologia, quando viviamo “cristianamente” perché abbiamo ricevuto un’educazione nell’infanzia che si è radicata nel nostro spirito fino a diventare atteggiamento abituale. Se pensiamo che questa sia perfezione, ci sbagliamo di grosso: nessuno può osservare i comandamenti senza l’aiuto della grazia e l’incontro con Cristo. Anche nel Vangelo, le varie vocazioni che precedono la sequela di Cristo, sono anticipate da un incontro con Gesù e la sua misericordia. San Paolo può essere un esempio per noi che non siamo vissuti al tempo di Gesù. Egli lo incontrò e solo dopo tale incontro, la sua vita fu trasformata, i suoi ideali furono ribaltati e diventò cristiano a tutti gli effetti, capace di seguire Cristo fino alla morte cruenta.
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