In questi
giorni ho letto alcuni libri che hanno suscitato in me tantissime
riflessioni che ho posto innanzitutto davanti al Signore, riflessioni
che non so se riuscirò ad esprimerle tutte. Alcune esperienze di Dio
rimangono difficili da comunicare e condividere: talune si possono
dire, ma altre, quelle più profonde, rimangono chiuse nel nostro
cuore a guisa di esperienze straordinarie, sicuramente irripetibili
sotto ogni aspetto e vanno meditate come faceva Maria mentre davanti
ai suoi occhi si svolgeva il mistero più straordinario della storia:
l'Incarnazione del Figlio di Dio.
Entrambe i
libri affrontano il soprannaturale in modo semplice, accessibile a
tutti, ma non per questo deve essere sottovalutato: uno racconta la
storia di una mistica calabrese, Natuzza Evolo, l'altro di un
esorcista, famoso carismatico e guaritore, Padre Matteo La Grua di
Palermo. Entrambe appartengono ai nostri giorni, infatti sono morti
da poco; entrambe hanno affrontato il mondo del soprannaturale e
hanno desiderato condividere la loro esperienza, solamente per essere
strumenti nelle mani di Dio, desiderosi di annunciare a tutti Cristo.
Il mondo del
soprannaturale incute nell'uomo paura e curiosità nello stesso
tempo, ma, qualunque sia il motivo per il quale ci accostiamo ad
esso, dobbiamo tener presente una realtà imprescindibile dell'uomo:
il suo destino finale, la morte.
Noi
cristiani, crediamo fermamente che esista una vita oltre la morte:
questa vita terrena, infatti, deve essere letta in tale chiave,
altrimenti perderebbe il suo senso più intrinseco. Lo diceva pure
san Paolo nelle sue lettere: se noi non crediamo nella Resurrezione è
vana la nostra fede. Le nostre azioni, anche le più buone ed
eroiche, spogliate del desiderio del raggiungimento della vita
eterna, perderebbero il loro valore e si limiterebbero ad essere pura
filantropia, seppur siamo convinti che le abbiamo fatte pensando a
Cristo. Il destino finale dell'uomo deve essere la priorità dei
nostri pensieri; tutte le nostre azioni devono essere compiute verso
quel senso, non ne possono possedere altro, altrimenti tutto diventa
vano, pure il nostro desiderio di perfezione nel quale si può
comodamente annidare il desiderio umano di avere la coscienza pulita
ai nostri occhi e non a quelli di Dio. Più volte la Bibbia ci
ricorda questa realtà: i pensieri di Dio non sono i nostri pensieri
e noi faremmo bene ad analizzarci al microscopio, come farebbe il più
attento ricercatore, per vedere se qualche batterio non si sia per
caso infiltrato nel nostro desiderio di bene. Non sconvolgiamoci a
tale pensiero: il male, l'amor proprio hanno tentacoli che rapiscono
il nostro cuore con astuzia, ledendo i nostri desideri più santi. Ci
vuole tanto discernimento, un discernimento sano fatto dinanzi a Dio,
nello Spirito. Come diceva oggi una preghiera dei fedeli, dobbiamo
liberarci dal peccato a prescindere dai nostri sensi di colpa.
Talvolta infatti, ci lasciamo inconsciamente guidare da questi e
pensiamo di essere davvero pentiti semplicemente perché sentiamo
dolore dei nostri peccati. Non è un pentimento giusto, però. Il
pentimento perfetto è quello di essere addolorati di esserci
allontanati da Dio con quel gesto sbagliato e di avere, in qualche
modo, rotto la nostra relazione con Lui. Nel nostro cammino ci deve
quindi sorreggere l'idea dell'esistenza di un aldilà. Tale idea
cambierà totalmente il nostro modo di vedere e di fare del bene.
Questo ho colto e riflettuto, ma non solo, leggendo questi libri.
Natuzza vedeva le anime del Purgatorio mentre padre Matteo combatteva
il demonio e liberava le anime... Quali grandi ministeri! Vorrei
affrontare con voi le varie riflessioni scaturite da queste
letture... Almeno cerco, perché come vi ho detto, le riflessioni
sono molte anche se convergono tutte in un'unica realtà, Dio.
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