Continuando il discorso dell'altro
post, vero è che alcuni Ebrei che subivano l'Olocausto, avevano
perso la loro fede in Dio, o almeno, erano giunti a dubitare della
sua presenza. Nel film sopracitato, “Il pianista”, alcuni Ebrei
vedendo la grande sofferenza che subivano, com
mentavano di dubitare
della presenza di Dio... E come biasimarli? Ciò che noi vediamo
nelle fotografie raccapriccianti, loro lo avevano visto realmente.
Noi voltiamo lo sguardo inorriditi, oppure cerchiamo di evitare di
pensare, loro erano costretti a sotterrare i corpi di familiari e
amici con l'obbligo di non lasciar intravedere alcuna emozione sia
positiva che negativa, pena la vita. Sto parlando dell'Olocausto, ma
tali riflessioni sono applicabili a qualsiasi altro genocidio o
guerre che passano sotto silenzio visto che non implicano il
commercio del petrolio. Basti pensare alla tragedia consumatasi nei
Balcani nel '90; alle guerriglie nel continente africano tra tribù
differenti che di certo non andavano per il sottile usando machete e
asce per farsi “giustizia”e sterminare così intere famiglie;
alla tragedia degli Armeni più volte braccati dai Turchi; alle
persecuzioni dei cristiani ad Algeri dove fu massacrata un'intera
comunità di cistercensi. A tale proposito vi consiglio la visione
del film “Uomini di Dio” che racconta semplicemente la loro
storia, umana e spirituale, fatta di paura, redenzione, olocausto,
croce e resurrezione.
Insomma, è l'odio umano che prende
corpo in violenze camuffate da idee politiche, religiose, tribali, ma
che, in verità, non ha alcuna giustificazione. Eppure in un luogo
lugubre come un campo di concentramento nazista, dove si impazziva
per la sofferenza o sempre più spesso si sceglieva la morte
volontaria, si poteva assistere ad atti eroici d'amore. Viktor Frankl
ha raccontato questi episodi nel suo libro “Uno psicologo nei
lager”: egli aveva osservato che in luoghi come quelli o
s'impazziva, si diventava assolutamente egoisti, capaci solo di
perseguire la propria incolumità, oppure si era capaci di atti di
amore eroico. Egli studiò l'atteggiamento degli internati e aveva
osservato che coloro che sublimavano la propria esperienza di
sofferenza nell'offerta a Dio, sapeva vivere felicemente anche in un
lager e morire serenamente perdonando persino i suoi aguzzini. Com'è
possibile? Eppure sono storie vere. Viktor Frankl ha raccontato
queste vicende e le ha viste con i propri occhi. Ha dimostrato che
anche in una condizione terribile, sia fisica che psicologica, si può
essere felici e altruisti! Nel mondo cristiano tanti sono riusciti a
morire martiri in un campo di concentramento, basti pensare a Edith
Stein, a Massimiliano Kolbe. Hanno affrontato il loro martirio con
dignità, a testa alta, facendo tremare la mano dei loro stessi boia,
come d'altronde hanno fatto i primi cristiani. Allora il segreto
della felicità non sta in quello che ci accade, nelle contingenze
della vita, ma in una intensa vita cristiana, nella visione di una
vita eterna...
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