Ultimamente in una rete privata hanno trasmesso nuovamente il bellissimo film capolavoro di Roman Polanski, "Il pianista". Espongo brevemente la trama per chi non la conoscesse. Il film è ambientato in Polonia al tempo del Nazismo. Questo drammatico periodo storico viene presentato con gli occhi di un artista che ama profondamente la musica, arte che si rivelerà come ancora di salvataggio. Persa tutta la famiglia ingoiata dall'odio nazista nei campi di concentramento, salvato da un gendarme che lo aveva già aiutato in precedenza, il pianista, Władysław Szpilman, vive ramingo fino alla liberazione della Polonia. Egli vive le drammatiche vicende del tempo che vede gli Ebrei e non solo, vittime di un odio che non ha pari, di una follia generale che uccide senza ragione e gode della tortura della sofferenza altrui. Władysław Szpilman vede i rastrellamenti, le fucilazioni, i morti di fame ai margini della strada... vede un odio cieco che uccide bambini innocenti. Dopo che Varsavia insorge, Władysław ritorna nel ghetto e vaga in cerca di cibo. Si rifugia in una soffitta con una scatola di cetrioli che aveva trovato. La fame è molta e l'unica scatola che può salvarlo, è dura da aprire. Mentre cerca di aprirla con mezzi di fortuna incontra un ufficiale tedesco che, venuto a conoscenza della sua antica professione di pianista, gli chiede di suonare l'opera 23 di Chopin. L'ufficiale è colpito dalla sua esecuzione e lo aiuta portandogli da mangiare e regalandogli il suo pastrano per difenderlo dal rigore del freddo. L'ufficiale tedesco viene poi catturato dall'Armata Rossa e quindi deportato nei campi di lavoro. In seguito ad alcune ricerche, l'ufficiale tedesco viene identificato come Hosendelf Wilm, un uomo che, durante la guerra, svolse un'azione umanitaria straordinaria, salvando numerose vite dall'odio nazista.
Il film induce alla riflessione, soprattutto in seguito alle vicende di Pribke, uno degli autori dell'eccidio delle fosse Ardeatine.
L'odio cerca sempre una giustificazione. A quei tempi la giustificazione era l'appartenenza a un gruppo politico. Il film "Il pianista" dimostra che non è quello che giustifica. Tra i boia c'erano anche uomini che avevano il coraggio di essere uomini rischiando la loro stessa vita, come fece Hosendelf. Sì, perché qui si tratta di fare la differenza tra uomini e assassini. Non si spara senza ragione per ragioni politiche, è solo un pretesto. Ciò che accadde a quei tempi è inammissibile. Non si può spiegare una tale crudeltà. Il film di Polanski è crudo ma non rappresenta poi tutta la realtà così com'era. Sorge spontanea una domanda: e se fosse capitato a noi? Se fossimo stati noi gli ebrei? Avremmo accettato la "logica" dell'olocausto? No, credo di no. A volte si parla senza riflettere, senza aver vissuto sulla pelle certe cose. Bisognerebbe imparare a mettersi nei panni degli altri per capirli veramente e porsi questa domanda: a me piacerebbe essere trattato così? E così, in nome di una bandiera, di idee politiche si è diventati degli assassini "legali", giustificati. Non è così, non può essere così: la violenza non si deve mai giustificare, a qualsiasi bandiera appartenga. Al tempo della seconda guerra mondiale, infatti, non hanno sbagliato solamente i nazisti. Come Martin Gray aveva raccontato nel suo libro, "In nome dei miei", la vendetta non riportava i suoi in vita: erano stati ingoiati dalla furia e follia nazista, ma nemmeno la vendetta ricercata facendo parte dell'Armata Rossa, aveva riportato i suoi cari in vita. L'odio li aveva uccisi e la vendetta era amara, non gli dava alcun conforto: o si era boia o vittime. Mentre faceva parte dell'Armata Rossa, si accorgeva che i suoi metodi erano spietati come quelli dei nazisti: il suo sguardo si posava su bambini, donne, uomini tedeschi anonimi che non avevano nulla a che fare con i boia che li picchiavano, li uccidevano nei campi di sterminio. La sua vendetta non trovava respiro: si sentiva come i boia tedeschi che avevano rovinato la sua vita. L'odio non si giustifica che si vesta di rosso o di nero. Mai. Così capì che i suoi potevano ritornare in vita con la generazione di altre vite e non con la vendetta. Questo riporta alle parole di papa Francesco: non si risponde alla violenza con la violenza. Martin non era cattolico, era ebreo, non "accettava" la predicazione di Gesù di non opporsi al malvagio, eppure l'aveva compresa pienamente, era stata la sua coscienza a raccontargli il vero amore.
Stiamo attenti a come agiamo: Gesù aveva detto che è dalle piccole cose che si comincia. Se si è senza scrupoli nelle piccole cose, lo saremo anche nelle grandi. Chi è fedele nel poco, lo sarà nel molto. Se siamo crudeli o disonesti nel poco, lo saremo anche nel molto... Abbiamo i politici e la società che noi ci meritiamo. Cominciamo noi ad essere fedeli, onesti, costruttori di pace e umanità, senza aver paura dei nostri limiti, perché nessuno è perfetto, ma cerchiamo di costruire noi una società migliore, smettendo di puntare il dito contro gli altri. Facile responsabilizzare sempre gli altri, ma io cosa faccio per rendere la società migliore?
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