“Il settimo sigillo” è un film un po’ particolare ma affronta alcuni temi attuali, insiti nel cuore dell’uomo. L’uomo è un essere religioso per natura, possiede intrinsecamente dentro di sé il desiderio dell’eternità. Molti atei hanno voluto spiegare tale anelito, come un modo per l’uomo di superare le difficoltà della vita, ma non è così. Egli possiede una nostalgia di Dio profonda, irrinunciabile, di Dio e lo cerca perché comprende che non può vivere solamente di cose materiali.
Difficile raccontare la trama del film in quanto verte su valori e interrogativi spirituali ponderanti. Si dovrebbe vederlo. Il protagonista del racconto è un Crociato appena tornato dalla Terra Santa con il suo scudiero, un uomo irruento e coraggioso, desideroso di combattere per la giustizia. Il Crociato invece è un tipo riflessivo. Forse il fatto di aver visto tanta gente morire durante le Crociate, l’ha indotto a riflettere, a porsi degli interrogativi divenuti pressanti, sull’esistenza, sulla fede e sulla morte. È un po’ la stessa esperienza di san Francesco: combattere per Cristo in quel modo, non è tutto, lascia l’amarezza, un vuoto interiore e una nostalgia struggente di Dio e della sua Vera Presenza. Non è facendo fuori gli infedeli che si conquista lo spirito del cristianesimo.
Il film si apre con la scena del protagonista sulla riva del mare. È un ritmo incessante quello del mare, lambisce la rena con le sue onde e culla i pensieri dell’uomo. È la solitudine interiore, quel vuoto silenzioso che incombe e schiaccia l’anima e la porta a interrogarsi sull’esistenza di Dio e sul senso della morte. Il protagonista allora ingaggia una partita a scacchi con la morte, dicendo che è un gioco classico che le si addice: nei dipinti la si vede spesso giocare a scacchi, ma questo è simbolico. Il gioco degli scacchi richiede molta attenzione, intelligenza e astuzia. Non è un passatempo qualunque, è d’intelligenza.
L’uomo alla fine deve interrogarsi sul senso della vita e sull’esistenza della morte e, per quanto ci si lambicchi il cervello, non si potrà mai vincerla. Arriverà l’ora, come accadde al Crociato, nella quale ci si troverà a faccia a faccia con Dio. La morte svelerà il volto di Dio e la sua grandezza. Allora non resterà altro che inginocchiarsi e chiedergli perdono e misericordia. Imperversava la peste su tutto il territorio e la gente domandava misericordia e faceva penitenza in modo abbastanza forte: faceva processioni in cui ci si flagellava. Si cercava la causa, ma non si trovava. Presero una ragazza e, pensando che fosse indemoniata, la arsero al rogo. I soldati spiegarono tale gesto dicendo che forse lei era la causa della pestilenza. Il crociato non aveva dubbi. Non era lei la causa. L’ignoranza, lo smarrimento dei veri valori cristiani, portano ad una crudeltà senza limiti. Si arriva a uccidere per la religione: i cristiani del passato l’
hanno fatto! Forse anche quelli del presente, in modo diverso, ma sono pur sempre uccisioni.
La morte non può essere fermata e vince la partita a scacchi, con intelligenza, abilità e astuzia. Il crociato vorrebbe persino incontrare il demonio affinché gli sveli il volto di Dio e storni tutti i suoi dubbi sulla sua esistenza. Ma nulla: lo troverà nel suo cuore, nella misericordia usata verso quella povera donna condannata al rogo per stupide superstizioni.
Il crociato tornerà a casa dove l’aspetta sua moglie che era morta tempo fa. Alla fine di un banchetto, il banchetto della vita, la morte si presenta, con passo felpato, come la Signora indiscussa dell’esistenza. Inutile opporsi: la salutano e assieme a lei cominciano una danza. La morte li ha costretti a danzare. La morte fa una danza, tutta particolare, una danza di cui non prevedi i passi, va e viene, salta e cammina, si nasconde o si burla degli altri. Tanto tutti i ragionamenti sono vani, importante è domandare perdono a Dio per i propri peccati e sottostare alla sua danza, inesorabile.
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