Ormai è cominciata la Quaresima e in questi giorni riflettevo su come spesso noi uomini ci sentiamo impotenti di fronte alla sofferenza. Ci sono situazioni così complesse davanti alle quali capiamo di avere le mani legate, di desiderare ciò che sembra impossibile, ma non poterlo ottenere perché non sta nelle nostre forze. Meno male che capitano queste situazioni, perché proprio in queste sperimentiamo i nostri limiti e impariamo a sollevare i nostri occhi in cerca dell'aiuto del Signore.
Già, proprio in quel momento in cui percepiamo nitidamente la nostra impotenza, la nostra impossibilità a cambiare il corso degli eventi, che entriamo in “crisi”. Dobbiamo entrare in crisi, perché le crisi sono il momento favorevole in cui si decide per il male o per il bene, in questo caso per la speranza o la disperazione.
È impossibile vivere senza sperimentare la sofferenza, seppur abbiamo fede. Gesù stesso pianse quando si accostò alla tomba di Lazzaro. La nostra sensibilità è fondamentale per compiere il bene, ma è opportuno che la speranza nasca nei nostri cuori. Ecco l'arma in più dei cristiani: davanti all'impossibile, si spera ancora, non si perde la fiducia. È una fiducia che nemmeno la morte può spegnere. Il cristiano crede fermamente nella vita oltre la morte, per cui la dove termina la nostra impotenza, inizia l'onnipotenza della preghiera. Questa è la carta vincente di ogni cristiano ed è considerevolmente il Jolly della situazione perché ha il potere di cambiare le sorti di una persona, di una circostanza... e non è poco. È difficile vivere questa dimensione per chi non crede veramente e può essere scambiata per insensibilità o altro ed invece è la leva che avrà il potere di sollevare il mondo. Chi non ha fede si abbandona facilmente alla disperazione o alla depressione. Chi invece ha fede pensa che anche una situazione impossibile volgerà comunque al bene.
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