Pensando alle letture di
oggi, mi sorprendo a meditare su una gran quantità di argomenti,
tanti dei quali toccati inavvertitamente nei giorni scorsi.
Prima di tutto il
sacrificio di Abramo. Dio gli aveva chiesto di sacrificare suo
figlio, il suo figlio unigenito. Al giorno d'oggi tale richiesta può
farci arricciare il naso: come può chiedere Dio ad Abramo di
sacrificare il suo primogenito? Sacrificare il primogenito alle
divinità era una pratica usuale del tempo. La novità è che Dio
ferma il braccio risoluto di Abramo, accetta il suo sacrificio e gli
permette di trovare un ariete da immolare al posto del figlio.
La cosa più imbarazzante
per Abramo non è tanto la richiesta di Dio, ma il fatto che questa
costituisca una piena contraddizione alla promessa fattagli da Lui
stesso: la discendenza numerosa. Se Dio gli avesse tolto il suo unico
figlio, come sarebbe potuta nascere la discendenza. Mi viene in mente
ciò che disse poi Gesù: Dio è capace di far sorgere dalle pietre
figli di Abramo. Dio è onnipotente, per cui in quella che a noi
appare una pura contraddizione, si snoda il suo progetto, la sua
volontà.
Mi viene poi alla mente
il momento tragico dell'agonia del Getsemani. Quel momento è un
momento tragico, perché Gesù è solo, sente incombere su di sé
tutto il peso della passione, il dolore, il tradimento, l'abbandono
da parte di Dio Padre e dell'uomo. Per Gesù quell'attimo è
traumatico. Tutti le circostanze della sua vita, vogliono insegnarci
qualcosa. Gesù vuole dirci che la passione è stata preceduta da
atti concreti di donazione. È stato tutto un crescendo ed il culmine
non è stata la morte sulla Croce, ma il più grande e gioioso
evento: la Resurrezione.
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