Il nostro passato ci insegna. La storia stessa c’insegna. Leggere libri, guardare anche film, quelli istruttivi, ci aiuta ad aprire la mente, a metterci nei panni degli altri. Già, perché a quanto pare la difficoltà degli uomini del nostro tempo, è quella di mettersi nei panni altrui, ovvero capire le sofferenze, le emozioni degli altri. Si fa una confusione totale, anche fra le persone cosiddette credenti. Si predica l’amore, si legge il vangelo, poi di fatto avvengono tante discriminazioni, e a causa di una rigidità interiore eccessiva, si scambia l’osservanza totale per santità. Proprio come i farisei. Abbiamo timore di amare, abbiamo paura degli altri, ci sentiamo eternamente minacciati, soprattutto quando si pensa al nostro portafogli. Più si ragiona come Gesù e più ci si sente soli. Alcune persone camuffano i loro sentimenti di rabbia come una cosa giusta, per un bene superiore, ma tante volte non è così. Per crescere bisogna di fatto cercare di uscire dai propri schemi per comprendere gli altri.
I farisei accusavano Gesù perché stava con i peccatori. Oggigiorno non abbiamo perso questa mentalità. Il fatto di comprendere gli altri, non vuol dire condividere i loro pensieri più scabrosi o approvare ciò che fa, è semplicemente capire che la persona che commette il peccato non è il peccato stesso. Forse è spinta dalle proprie ferite interiori o prigioniera del male. Non possiamo mai sederci sul banco d’accusa e puntare il dito sugli altri, perché non sappiamo cosa faremmo noi nelle medesime circostanze. Uno psicologo diceva che dovremmo decentrarci talmente tanto da noi stessi che dovremmo riuscire a capire anche l’azione omicida di un assassino. Come cristiani, come dovremmo pensare?
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