Papa
Francesco ha esortato i cristiani a non alimentare fra di loro
gelosia e invidia. Purtroppo entrambe sono il cancro dell'anima che
spinge persino a desiderare che l'altro non gioisca. È terribile.
Certo è che nel nostro cammino sperimentiamo la debolezza, le
inconsistenze. È proprio in queste che saggiamo la forza e l'amore
di Dio. La vita cristiana, come tale, deve fondarsi solamente su
Cristo e sul suo amore. Forse a noi non sembra, eppure si può vivere
senza tutto tranne che la presenza di Dio.
Padre
Matteo La Grua, famoso esorcista siciliano e responsabile dei gruppi
del Rinnovamento nello Spirito, affermava una cosa vera e assoluta:
la depressione e altre malattie di origine nervosa hanno
principalmente il loro esordio nella negazione di Dio. Ho spesso
riflettuto su questo: la tristezza, la sofferenza, fanno parte della
nostra vita ed è inevitabile che accadano e che siano una parentesi,
sebbene momentanea. Il guaio è quando queste diventano atteggiamento
abituale. Vuol dire che troviamo piacere ad alimentare la nostra zona
d'ombra, quella che apparentemente non ci piace, ma nella quale ci
troviamo benissimo perché soddisfa una parte di noi stessi di cui
non ammetteremmo mai l'esistenza. Padre Matteo afferma chiaramente
che queste hanno origine proprio dall'esclusione di Dio dalle proprie
esistenze. Adoriamo la nostra interiorità senza adorare Colui che
l'ha creata. Padre Matteo non dice che questo passo sia automatico, è
faticoso. Il cammino verso Dio è in salita: bisogna scalare una
montagna, la stessa che Mosè aveva salito per ottenere il Decalogo.
Lo stesso vale per entrare in se stessi: il Decalogo è inscritto
nelle nostre coscienze e per questo motivo l'infrazione di questo ci
provoca una sofferenza sorda. Il nostro istinto è quello di
allontanare Dio dalle nostre vite, un po' come quello che accadde ai
nostri progenitori nel giardino dell'Eden. Quando peccarono, la loro
coscienza sapeva bene che avevano errato e si erano allontanati da
Dio, ma non credevano abbastanza nel suo amore, quindi, quando
sentirono i passi di Dio, si nascosero, timorosi di essere sorpresi.
È Dio che fa il primo passo e cerca l'uomo. Né l'uomo né la donna
sanno prendersi la responsabilità del proprio errore con il quale
avevano stretto alleanza con il diavolo. In questo caso l'uomo
preferisce allontanarsi da Dio, ignorare la sua presenza perché sa
bene che la sua coscienza non è pulita e che da lui Egli potrebbe
volere di più, una purificazione totale, fino a preferire Dio alla
sua stessa vita, come Gesù ha affermato: “Chi ama la propria vita
più di me non è degno di me”. Alla luce di questo si può
comprendere quindi, come per l'uomo sia naturale che allontani Dio
dalla propria vita. È un interrogativo martellante per la sua
coscienza che ha gustato la dolcezza del peccato. Il frutto che il
serpente usò per tentare l'umanità era bello e buono da vedere.
Egli riuscì a sottomettere l'uomo passando attraverso i sensi, ma la
vittoria più grande l'ottenne quando riuscì ad insinuargli il
dubbio della bontà di Dio.
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