A volte è opportuno fermarsi a riflettere su dove sta andando il mondo, perché in esso viviamo. Ricordo che tanto tempo fa, quando ero molto giovane, non mi piaceva assolutamente la mentalità del mondo, la vomitavo letteralmente. Come cristiani, però, siamo chiamati a vivere questo tempo che Dio ci ha dato. Ogni epoca ha le sue caratteristiche, sia belle che brutte e la nostra sta prendendo una strada che stupisce, che interroga.
Internet e i mezzi di comunicazione sono strumenti che possono essere usati in modo negativo o positivo. In sé non hanno nulla di cattivo, è l'uso che se ne fa che determina l'impatto sociale.
Nell'era della Comunicazione, siamo sempre più distanti gli uni dagli altri, preferiamo i rapporti virtuali a quelli reali perché rapportarsi con gli altri suscita inevitabilmente sofferenza o comunque fatica... fatica a comprendersi, a stare insieme, ad accettarsi. Nell'era in cui si parla maggiormente di inclusione, spesso e volentieri ci siamo persi in un buonismo decadente, perdendo così il vero significato di amare tutti e della carità cristiana. Peggio ancora, non riusciamo a sopportare le semplici differenze dell'altro che esistono, ma solamente con il nostro impegno possono diventare un arricchimento.
E così, nell'era della pretesa dell'uguaglianza, assistiamo a una scristianizzazione della società: si accettano idee contro la vita, ma non si accetta chi la pensa in senso cattolico e cristiano che viene puntualmente emarginato, messo da parte, escluso.
E così, si assistono a matrimoni con se stessi (un tale si è vestito metà da donna e metà da uomo), con pupazzi e con intelligenze artificiali.
È una società che fugge da se stessa, che ripugna l'Umanità stessa, sempre più virtuale, ricercante disperatamente soluzioni nel benessere che non l'appaga più.