martedì 4 agosto 2015

Giorgio Perlasca

Da poco ho visto nuovamente un film straordinario quanto straordinario è il tratto di vita che racconta: quella di Giorgio Perlasca. Una persona veramente bella e nobile, il modello che vorrei seguire e riuscire a ricalcare nella mia vita. Già, perché se paragoniamo quello che ha fatto Giorgio con carriere e potere che raggiungono i vertici, notiamo subito che differenza passa tra una vita veramente vissuta e una che lascia il tempo che trova. Ciò che ha fatto, Giorgio Perlasca l'ha ritrovato nell'eternità ed è stato proprio un eroe, nel vero senso della parola e non è vero che tutti noi avremmo fatto la stessa cosa: egli, infatti, ha rischiato la sua stessa vita per salvarne altre che all'epoca contavano nulla. La sofferenza che travolgeva il popolo ebreo ma non solo, avrebbe mosso sicuramente il nostro cuore, ma saremmo riusciti come lui a rischiare le torture naziste, il coraggio di guardare le SS in faccia, per salvare uomini, donne, bambini?
Giorgio Perlasca si trova nel bel mezzo della seconda guerra mondiale in Ungheria per motivi di lavoro e impossibilitato a tornare in Italia, si dedica, usando ogni mezzo, alla salvezza degli Ebrei stretti dalla morsa del Regime Nazista che sta lentamente crollando e non vuole lasciare tracce dei delitti perpetrati.

La carica di umanità di Giorgio è davvero straordinaria e la domanda che spesso gli viene posta è questa: “Perché fa tutto questo?”. Riesce a portare la gioia e la speranza in luoghi dove si aspetta il nemico che venga da un momento all'altro, cercando di far scorrere il tempo con meno angoscia possibile: spera tutto, anche se talvolta tocca la propria impotenza. Tuttavia lotta, pensa che il suo atto d'amore possa salvare più vite possibile, piega l'arroganza, suscita ammirazione e rispetto anche in chi avrebbe dovuto arrestarlo immediatamente. La sua opera è incessante. Si fa portavoce dei più piccoli e li protegge con fare paterno ed umile. Il suo amore non ha un colore politico, perché quando vede la situazione ribaltata e il nemico che l'aveva aiutato ucciso barbaramente, il suo cuore viene inondato di sofferenza e pietà. La sua opera voleva salvare cinquemila vite umane, ma purtroppo si ridussero ad una manciata. All'epoca era già molto. Bellissimi e toccanti certi passaggi del film che gettano le basi per riflessioni importanti inerenti la religione e al modo di opporsi a regimi che perpetrano vittime. 

Il comportamento eroico di Giorgio mette in crisi chi ha cercato di salvare gli Ebrei, ma non ha avuto il coraggio di esporsi come lui. Il motivo per cui lo fa è l'amore che ardeva nel suo cuore e stupiva e affascinava... a ben ragione, anch'io vorrei raggiungere questo livello così eroico...

domenica 2 agosto 2015

Il santo tristo

Come Mario Filippo, ci sono stati tanti altri giovani. Un altro esempio è quello di Chiara Badano, focolarina, morta anche lei alla stessa età di Mario Filippo, solamente che è nata prima, nel 1971. La storia è più o meno quella: entrambe hanno saputo vivere la sofferenza con amore e gioia e si sono preparati a spiccare il volo tra le braccia di Gesù. Quel che ci hanno insegnato, come gli amici di Mario Filippo hanno accennato, è a non piangerci addosso. Spesso e volentieri si è abituati a vedere ciò che non si ha, fissandosi nella negatività dell'esistenza, senza accorgersi che la nostra vita è piena di doni, di cose stupende. Già, la negatività fa più scalpore, attira più l'attenzione della gente, ma ci sono ancora cose belle. Dovremmo abituarci a vedere le cose positive e non soffermarsi su quelle negative. È importante per la nostra serenità e per vivere con dignità questa vita che ha tanti regali da farci... Ma se siamo impegnati a vedere il brutto, non potremo mai riconoscere tali doni... Che peccato! Che grande peccato! Un Santo diceva: “Un santo triste è un santo tristo!”

Mario Filippo Bagliani

A proposito dell'intendere la vita come un dono, come un dono eterno, ha dato esempio concreto Mario Filippo Bagliani la cui vita è stata raccontata da don Paolo Gariglio. Purtroppo il libro non si stampa più, però il suo contenuto è davvero eccezionale, da meditare e ammirare. Il libro ha come titolo “Ciao don!”, il saluto che il ragazzo rivolgeva al sacerdote che aveva chiamato e a cui aveva chiesto di accompagnarlo nell'ultimo tratto della sua giovane vita. Ne vale davvero la pena scorrere quelle pagine intrise di speranza e di eternità. E proprio oggi sia il Papa che la Madonna di Međugorie hanno affermato che la vita, la vita vera è quella eterna e tutto deve essere vissuto in funzione di essa. 
Un melanoma si è impossessato del corpo di Filippo e nel giro di due mesi l'ha consegnato alla morte... anzi, come lui diceva, il vero Inizio! Un ragazzo di diciannove anni appena compiuti, con in cuore il desiderio di vivere ancora e assaporare la gioie della vita, si deve cimentare, suo malgrado, ad affrontare un esame importantissimo, che tutti noi saremo chiamati ad affrontare: la morte.
Agli inizi, quando sa della malattia, Filippo soffre molto. Vorrebbe vivere, la sua giovane età glielo impone! Ama molto la natura e la gente e tutto ad un tratto deve abituarsi ad affrontare un destino anormale per la sua età... Oltre tutto il melanoma è lo stesso male che aveva portato via suo papà all'età di 29 anni. Filippo non può ricordare il padre, aveva pochissimi mesi quando Claudio era volato in cielo. Gli voleva bene e desiderava conoscerlo... Filippo è vissuto sempre con la mamma e la nonna, una famiglia striminzita però felice nonostante la morte l'abbia visitata più volte. Dopo l'iniziale combattimento, Filippo, ben presto, accetta la volontà di Dio nella sua vita e vive profondamente e intensamente anche gli ultimi mesi di vita, dando coraggio a tutti coloro che erano vicini a lui, la mamma, la nonna, lo zio Carlo, medico, e gli amici. Il male lo divora, ma Filippo, inaspettatamente, riesce a toccare i tre mesi... contro i due mesi che di solito concede alle sue vittime. Fino in fondo, Filippo sta accanto alla mamma e alla nonna, s'incanta davanti alla neve che gonfia fiabescamente il parco, rivede e assapora il suo mare e piano piano si spoglia del suo corpo... un vestito che gli sta troppo stretto. Prepara il suo cuore all'eternità, all'incontro con Cristo e il suo papà che desidera tanto conoscere e abbracciare. Semplicemente vive la comunione dei Santi, scritta nel suo cuore. Filippo ama, incoraggia, sorride, si prepara all'eternità, mentre veramente la morte lo sta venendo a prendere. Il suo coraggio è davvero grande. In un istante comprende che deve lasciare tutto sulla terra, le sue cose... ma anche i suoi affetti più cari... raccomanda loro di amare, di fare del bene come lui avrebbe fatto se il Signore gli avesse concesso più giorni. Sa che rivedrà i suoi cari nell'aldilà, come d'altronde anche lui si sta per unire con gli affetti che già hanno varcato quella soglia. Struggenti gli ultimi saluti prima di essere sedato, per poi morire dopo appena 36 ore... Sa che non li rivedrà più! Saluta tutti, per tutti ha delle frasi appropriate ed ironiche. Anche scritti semplicemente sul libro, fa tremare il cuore. Non è una fiaba raccontata, è una storia vera, la storia di una persona come noi, non dotata di doni straordinari! Desidero riportare solamente alcune parole del suo testamento, scritto prima di morire:
“Miei cari,
spero leggiate presto queste parole perché ciò significherebbe che le mie agonie sono finite. La nonna Miranda scrisse il suo testamento morale nel 1989 ma morì nel 2000; fui colpito da questa anticipazione di morte, ma contemporaneamente lo trovai stupendo e mi diede ispirazione per ciò che scriverò. Questo testamento lo dedico soprattutto a mia madre, donna della quale posso dire di conoscere tutto, pregi, difetti e preconcetti. Devo ringraziare mia madre (i cui pregi svettano sopra i suoi difetti) perché è stata l'unica, soprattutto in questo mio terribile periodo, l'unica che mi capiva fino in fondo e mi accettava. Soffriva per me, assieme a me, mi voleva bene con tutto, tutto il cuore per come ero, non per quello che sarei stato o per quello che gli rappresentavo; in questo era l'unica. Cara mamminetta, so quanto sarà duro sopportare tutto ciò, diciannove anni passati a sotterrare una lancia che ti trafisse il cuore {la morte del marito Claudio, padre di Mario Filippo, N.d.R} per poi essere colpita alle spalle! Mamma, prova a pensare a questa morte come una liberazione, come una Grazia di Dio Misericordioso per liberarmi dalle pene morali e fisiche e portarmi a Salvezza. Mamma, fai morire con me una parte di te, così mi sarai sempre vicina. Ma con l'altra parte lotta per salvarti dall'oblio. Lotta come hai sempre fatto nella vita, non aver paura di piangere o di sentirti bene e cerca di fare tutto il bene che puoi e che io mi ero ripromesso di procurare agli afflitti se si fosse trattato di un banale “linfonodo”:...
Passiamo alla Nonna. Sei forte e sai ottenere ciò che vuoi. Non piangere su te stessa ma aiuta e sorreggi mamminetta che, così piccola, può essere spazzata via da questa tremenda tempesta. Hai la mia completa fiducia. Non annegare in un mare di lacrime, tu sei un leone, non una pecora...
A proposito di cose e di patrimonio, aiutate i bisognosi, come avrei fatto io certamente. Dello zio Carlo ho ammirato la sua calma e flemma in ogni momento... tanto che mi faceva pensare che avesse raggiunto l'illuminazione...
Ti ringrazio per ciò che hai fatto per me in vita; mi hai seguito nella mia agonia fedelmente e sei stato di grande sostegno.

Qui ringrazia i parenti e gli amici più cari che l'hanno assistito e i medici, i colleghi di sua madre... 
Non senza una vena di humour; ad uno dice: <>.
Conclude:

Spero conserviate un buon ricordo di me. Il mio funerale sarà la mia fonte di liberazione dalle pene. Statemi certi che non vagherò nel buio ma nella Luce e con le persone che amo: nonna Miranda, nonno Filippo, il grande nonno Silvio, i grandi del Cielo e finalmente potrò abbracciare il mio papà per la prima volta e per questo saranno valse le pene che ho passato. Signore, Misericordia fammi sta Grazia.
Voglio bene a tutti!!!

Mario Filippo Bagliani”

E ancora la lettera scritta poco prima di morire:
“Carissimi tutti,

Non sapete quanto sia difficile per me buttare giù queste due righe, stanco e assonnato come mi sento ultimamente. Credo di aver sofferto abbastanza in questa vita e non augurerei all'essere più crudele esistente sulla terra di sopportare ciò che è toccato a me. È già da un po' che mi sento stufo e straziato, proprio per questo non pensate alla mia morte come ad una fine, ma come ad un grande inizio. L'inizio di una Nuova Vita dove la mia anima si separa finalmente da questo corpo ormai martoriato e devastato dalla malattia. Comunque dell'esistenza trascorsa qui non dimenticherò mai il colore mutevole delle stagioni, quello sgargiante dei fiori, il bianco della neve, i profumi, le montagne, il mio amato mare. Credo che il mio futuro sarà migliore, anche perché so che incontrerò finalmente i miei cari che mi hanno preceduto in questo viaggio e potrò abbracciare mio padre. Non posso fare a meno di ringraziare tutte le meravigliose persone che mi hanno sempre voluto bene e seguito anche nei momenti più difficili e tristi, cercate di essere amorevoli ed uniti tra voi e solidali col prossimo che soffre, anche quando non sarò più tra voi. Desidero infine dare ancora un grosso abbraccio alla mia mamma, la persona che ho amato di più in questo mondo e dirle che le sarò sempre accanto.

Arrivederci a tutti.
Mario Filippo
9 luglio 2002”

E non ci sono parole da aggiungere...

sabato 1 agosto 2015

La vita è bella...?

“La vita è bella”... Davvero...
Sembra una frase retorica e pure crudele pensando a quante sofferenze vi sono nel mondo. Eppure, proprio partendo da questa frase, quante riflessioni! Prima di tutto ci riporta al film interpretato da Benigni. Ambientato in un periodo più che difficile, quello della seconda guerra mondiale, esprime nella sua semplicità, ciò che l'uomo dovrebbe vivere ogni giorno: la bellezza della vita nonostante la sofferenza e le grandi difficoltà, dovute a svariati motivi, quali i limiti personali ma anche la cattiveria e l'efferatezza degli altri.
Benigni ci insegna che ne vale la pena: per amore si può vivere un momento drammatico come la propria morte come un atto estremo generoso e altruista. Si sente la paura, si è consapevoli che la vita è difficile, terribile, e che tutti siamo in viaggio verso la morte ma l'amore la colora vivacemente. È l'amore che dà un senso alla vita: quando un cuore ne è privo si lascia andare alla disperazione: quando ci si ferma in superficie, non si può capire la bellezza di un qualcosa. Ad esempio il mare: se rimaniamo in superficie siamo trascinati dalle onde, sballottati di qua e di là rischiamo di lasciarci sbattere contro gli scogli; ma se c'immergiamo, scopriamo la bellezza e la vita che brulica nei fondali... e ci accorgiamo che ne valeva la pena di non vivere superficialmente, guardando solo il nostro ombelico e il nostro dolore. Quando siamo imbrigliati nel nostro dolore, non ci accorgiamo affatto del dolore degli altri, siamo egoisti, capaci solamente di perdere il nostro tempo e di piangerci addosso.

L'esempio di Benigni l'hanno vissuto tanti santi, persone comuni che hanno sentito e combattuto contro il dolore e la sofferenza, ma che poi hanno compreso che proprio dentro di essi vi era la gioia dell'amore, del dono di sé. Ci sono arrivati tanti bambini, tanti adolescenti, tanti giovani, tanti adulti. Neanche per loro è stato facile accettare il dolore, ma hanno saputo trasformarlo in un gesto d'amore, hanno compreso che non siamo in vita per soffrire, ma siamo chiamati ad una vita che non avrà mai fine. Questa terrena è solo di passaggio! Lo hanno capito e proprio per questo hanno amato la vita terrena. Hanno compreso che andava assaporata lentamente, anche nei momenti tragici che sono anch' essi di passaggio; santa Teresa d'Avile diceva: “Niente ti turbi, niente ti spaventi, solo Dio basta”. È in questo contesto che si colloca la frase del Vangelo di oggi: “chi non ama me sopra ogni persona e cosa, non è degno di me”... Bene, quando il discorso tratta di parenti o persone, può essere accettato anche da un egoista: in fondo l'egoista tranquillamente si distacca dalle persone... ma Gesù incalza: “Chi non odia la propria vita, non è degno di me... non può essere mio discepolo!”.

La chiamata del cristiano è esigente, bisogna staccarsi da tutto e da tutti... soprattutto da come intendiamo la vita, la nostra vita. Ma Gesù intende dare anche una strada da percorrere: è Lui la strada. Se si mette Gesù al primo posto, ecco che il cammino è ben impostato, anche un po' facilitato.  Quando diamo importanza troppo a noi stessi, rischiamo di svalutarci, perdendo di vista il fatto che noi siamo eterni... che il nostro spirito è eterno: quando ci preoccupiamo di noi stessi, culliamo quella parte di noi stessi che subirà la corruzione. 

La vita

La vita è fatta di piccole cose e va affrontata piano piano, per gradi. Non è facile, quante volte si devono affrontare delle lotti cruente, sia nel corpo che nello spirito. Umanamente, senza fede, rimane quasi impossibile superare certi problemi. Eppure, la vita ha il suo fascino, nei suoi profumi, nelle bellezze che ci circondano, anche se ci accorgiamo immediatamente che è molto precaria. La vita terrena è un viaggio brevissimo che ci viene dato da vivere una sola volta. Ecco perché bisogna custodirla nel senso giusto e amarla profondamente. Forse non ci pensiamo abbastanza e sebbene siamo consci della presenza sinistra della morte, non lo siamo abbastanza da poter assaporare ogni attimo. Il “Carpe diem” di Orazio deve diventare cristiano, ovvero, dobbiamo abituarci a “cogliere l'attimo”, un attimo, che, se ci pensiamo bene, non ritornerà più...
Se avessimo davvero idea della morte, non ci nasconderemmo nei nostri dolori chiudendoci sempre di più a riccio, diffidenti di tutto e di tutti, ma apriremmo il nostro cuore all'amore, senza paura del rischio, ma vivendo intensamente ogni attimo. Sì, decisamente, ne vale la pena. Si perdono tante cose che non si presenteranno mai più. La vita è un rischio da correre, sempre, anche quando davanti ai nostri occhi si presentano precipizi che ci mozzano il fiato... Già, perché i cristiani hanno una certezza: la mano di Dio che li guida costantemente e... soprattutto le sue braccia spalancate pronte ad abbracciarci quando stiamo rischiando troppo. Ma aveva pienamente ragione Gesù: il Regno di Dio appartiene ai violenti e solo i forti se ne impossessano. Solamente chi rischia, chi tenta il tutto e per tutto per vivere fino in fondo, capisce la grandezza del dono della vita, una vita che non va vissuta nello sciupio dei sentimenti o nella sfrenatezza del peccato, ma nella ricerca del vero Amore. Solo così, aprendo il proprio cuore, si comprende la bellezza della vita, altrimenti accovacciati nel proprio intimo, si contempleranno sempre e solamente le pareti del proprio io e... con tutto il rispetto, per quanto possano essere belle, sono sempre più belli i paesaggi che si ammirano oltre la finestra dei nostri occhi.