lunedì 23 aprile 2012

La settima stanza


Altro film degno di essere menzionato è “La settima stanza” che propone la vita di Benedetta Edith Stein. Nel 1922 Edith, ebrea, si converte al cattolicesimo. È una professoressa di filosofia ed insegna nell'Università di Breslavia.  Edith informa la mamma della sua conversione. La mamma lo accoglie come un tradimento e, stracciandosi parte delle vesti la rinnega come figlia. Edith ha un rapporto piuttosto burrascoso con un suo collega, professore di filosofia che l'ama profondamente. Egli vorrebbe carpirle un bacio, ma Edith non ci sta e nella colluttazione, perde la Croce dorata che portava al collo. Dopo tale reazione, Franz, il professore, non lascia occasione per provocarla con le parole. Le dice che la sua conversione è una semplice farsa e che la sua non è altro che una ricerca di potere.  Le leggi razziali emanate da Hitler si fanno sempre più penose e restrittive e costringono la famiglia Stein a smembrarsi. Edith assiste involontariamente ad un dialogo fra due professori dell'università: uno di questi racconta che è costretto a divorziare dalla moglie perché ebrea. Questa, a causa delle leggi razziali è obbligata a partire per i campi di sterminio. Edith esce dall'ombra e rivolgendosi al professore, gli manda i saluti per la moglie. Anche Edith subisce l'effetto delle leggi e viene licenziata dal Rettore dell'università, il quale si mostra assai dispiaciuto e l'indirizza al professor Franz che ha ottenuto un posto proprio nel governo. Edith accetta l'invito e il suo destino s'incrocia nuovamente con quello del professore. Egli non può fare molto per lei se non consigliarle di lasciare la Germania. Edith sorprende con le sue risposte: “Non mi sono mai schierata dalla parte del potere: la Germania è la mia Patria e non la lascerò.” 
Decide di entrare nel Carmelo di Colonia: la sua famiglia si sta ormai smembrando. Una sorella con la sua famiglia decide di recarsi in America. La mamma ed un'altra sorella decidono, invece di rimanere in Germania. Edith informa la famiglia della sua decisione di entrare nel Carmelo di Colonia. La scelta è accolta da scetticismo e non viene assolutamente compresa. La famiglia pensa che Edith stia semplicemente tradendo il suo popolo, abbandonandolo alla sua sorte crudele. Ella sembra, però, avere le idee chiare. Al professore Franz aveva detto che il simbolo della sua vita era la Croce, e così fu davvero. La mamma è ammalata e viene accudita dalla sorella rimastale accanto. Edith entra nel Carmelo di Colonia. La Madre Badessa le ripete in continuazione che nel convento si entra solo per vocazione e non per fuggire il mondo. Ci sono alcuni momenti tragici della vita di Edith durante i quali si sente rigettata dalla famiglia che l'accusa di egoismo, in particolare dalla sorella che seguirà la mamma negli ultimi momenti di vita. Ella le dirà addirittura che parla tanto d'amore ma in fin dei conti non fa nulla di concreto per far vedere questo amore. E così affermerà pure che le preghiere sue stanno uccidendo la famiglia stessa. Momenti davvero tragici che Edith affronta nella preghiera personale, stringendo il crocifisso fino a farsi uscire del sangue dalle mani. Urla il suo dolore a Dio con le parole del salmo: “Dio mio, perché mi hai abbandonato?” Si getta a terra a forma di croce, sembra vivere la sua agonia, eppure troverà il coraggio di costituirsi insieme con la sorella che, dopo la morte della mamma, si unirà a lei in convento e a donare la sua vita nel campo di sterminio al posto di una bambina che durante il viaggio aveva rassicurato.Là incontrerà il professore al quale domanderà perdono e, lui stesso sembra soffrire della situazione. Non può più fare nulla per lei e con rammarico, le ricorda il suo consiglio di andare via dalla Germania Nazista e le chiede il motivo per cui non lo ha seguito. Sembra che nel campo di sterminio, Edith incontri degli uomini nelle SS che fanno il loro dovere perché costretti: anche l'espressione dell' SS che riceve da Edith la richiesta di risparmiare quella bambina, sembra dispiaciuta o sorpresa da tanta generosità. Così si conclude la sua vita ed entra nuda nella settima stanza affermando la sua paura, ritornando bambina nel grembo della madre...

martedì 17 aprile 2012

La carità

Un altro aspetto su cui riflettere, è la carità. Dannion si sente profondamente cambiato. Tutto ciò che l'attirava prima, aveva perso consistenza. Comprese che la carità doveva essere il perno su cui poggiare tutta la costruzione della sua vita, un perno fondamentale che le avrebbe donato senso. Troppo spesso si svuota la vita di queste piccole cose: la carità deve partire dalle minime circostanze: non sono atteggiamenti esterni, ma è una disposizione d'animo che stimola a vedere la realtà circostante con occhi di misericordia. È difficilissimo praticare l'amore con chi è a noi vicino. Amare il prossimo significa non giudicare mai il suo comportamento, ma vederlo bisognoso di amore, forza e comprensione, proprio come noi. Invece quando si vede sbagliare gli altri, si tende ad evidenziare l'errore, talvolta quasi a gioirne e poi ci illudiamo di possedere carità facendo i camalli, cioè i lavori più pesanti. Oppure ci deliziamo di scaraventare quella nostra accusa sul muso dell'altro, con una parola, senza preoccuparci minimamente dello stato d'animo di chi la riceve, vantandoci della nostra sincerità e forza. Perché? Sono dinamiche interiori difficili da scovare: spesso è desiderio di emergere o semplicemente di affetto. Non sempre indice di cattiveria! Però sono ferite che provocano dolori immensi in chi ci è vicino. Non possiamo negarlo, così come non possiamo negare che comunque la nostra vita deve far leva sulla carità. C'illudiamo di passare per altra strada! Non può essere così. La carità deve avere radici profonde nei pensieri.

lunedì 16 aprile 2012

Un commento, il finale


Sotto la pubblicazione del film “Oltre la vita”, vi era un commento particolare riferentesi al finale del film. In pratica questo terminava in modo singolare e significativo, indice di alta spiritualità e di fede. 

Dannion desidera fortemente tornare alla casa del Padre e rifiuta energicamente un'operazione al cuore ma l'amico riesce a convincerlo rammentandogli che lui stesso aveva detto che la morte sarebbe dovuta giungere da sola. Dannion quindi si fa operare: durante l'operazione il cuore si ferma e lui rivede tutta la sua vita e la mamma con sua sorella. I medici si danno da fare per rianimarlo e lui deve ritornare, una seconda volta, nel suo corpo, a malincuore. Il film finisce con una scena abbastanza enigmatica per chi non ha compiuto un cammino di fede: Dannion, dopo aver tenuto una conferenza e parlato della sua esperienza, non dimenticando di dare la sua testimonianza di fede, viene avvicinato da una donna che lo redarguisce dicendogli che aveva ancora dei vizi e che quindi aveva raccontato tutte menzogne e che si domandava come mai Dio aveva scelto proprio una persona così infima per sperimentare il suo amore. Dannion risponde umilmente che aveva ragione, che lui non meritava le attenzioni di Dio. Un tempo avrebbe risposto prepotentemente: il suo comportamento evidenziava proprio il fatto che la sua esperienza corrispondeva ad un cambiamento radicale di vita. Quel “finisce così???” del commento, non ha compreso questa sfumatura dell'autore, rimasto senz'altro colpito dalla vicenda di Dannion e dalla sua testimonianza di vita, così come molti furono colpiti da quella di Gloria Polo.

sabato 14 aprile 2012

Oltre la vita, un film, storia vera


Un film incredibile, bellissimo: “Oltre la vita”. È un po' vecchio, ma induce alla riflessione, anche perché è un'esperienza vissuta realmente nel 1975. A tratti il film è denso di contenuti spirituali che interrogano, coinvolgono il vissuto personale.
A me, ha fatto riflettere intensamente.
Racconta di un giovane violento, incapace di avere pietà di alcuno. Egli lavorava nella macelleria dei propri genitori ed era sposato con una brava ragazza. Un giorno, durante un violento temporale, riceve una chiamata da parte di un amico. Il telefono suona e dapprima, si decide a non rispondere per non interrompere la cena con la moglie. Il trillo del telefono continua a superare il rimbombo dei tuoni, perciò si dispone a rispondere. Quando lo fa, la comunicazione è fortemente disturbata pertanto sceglie di cambiare telefono ed usare quello installato nella loro camera da letto, ma, mentre tenta di ascoltare quello che l'amico ha da dirgli, un fulmine lo colpisce. Lui rimane esanime per terra, mentre la moglie, ignara di tutto, continua a governare la cucina. Finalmente si accorge di ciò che è accaduto perché Dannion non risponde più alle sue domande. L'amico che si trovava ancora al telefono, sollecitato dalla moglie, disperata, chiama l'ambulanza e Dannion viene trasportato in ospedale. Tentano di rianimarlo ma ecco che ad un certo punto, si vede la sua anima che si stacca dal corpo. Egli vede la disperazione della moglie, ma anche tutta la sua vita come in un film. Dannion rivive tutto il male compiuto, le conseguenze dei suoi atti violenti e, a quella vista avverte un pentimento struggente e domanda perdono piangendo. Dio gli fa vedere cosa sarebbe il mondo senza amore e gli svela alcuni avvenimenti del futuro. Finito questo, è giunto il momento per Dannion di tornare indietro. Dannion non vuole ma il corpo che giaceva come una cosa inanime, accoglie nuovamente la sua anima. Mentre lo stanno trasportando nell'obitorio, si accorgono che lui è ancora vivo. Dannion si riprende lentamente: mentre il corpo riprende vigore e ritorna così com'era prima, la sua anima è profondamente cambiata. Non si riconosce nemmeno più: l'involucro, il corpo, è lo stesso, ma il suo spirito non è più lo stesso. Cerca di riparare il male fatto, ma, ovviamente, chi aveva sofferto immensamente per le sue angherie, non gli dà alcuna possibilità. Gli amici si accorgono che Dannion è dotato adesso di poteri di divinazione: egli talvolta scorge il futuro. Agli inizi tentano di sfruttare questo dono per fare soldi, ma Dannion non ci sta. Qualcosa dentro di sé è profondamente cambiato. Non è più lui: i divertimenti di una volta non lo allettano più, il suo pensiero costante è quello di riparare il male fatto e di compiere del bene, aiutare i poveri, cercare di guidare le anime che si trovano in difficoltà usando il dono concessogli da Dio. Casualmente conosce un tale che s'interessa di queste esperienze oltre la vita, e sarà lui che lo aiuterà nel profondo travaglio interiore che lo affliggerà mentre s'impossessa molto lentamente della sua nuova identità. Egli diventa testimone della sua vicenda: spiega che è importantissimo amare il prossimo e fare del bene, era questo il comando che gli era stato affidato quando si era separato dal suo corpo. Dapprima il tale che l'aiuta in questo cammino è molto scettico: pur interessandosi di queste cose, non dà loro credito. Pensa che siano invenzioni, che in realtà non esista un Dio. Dannion è esasperato. Cerca in tutti i modi di ritornare quello che era, dicendosi che è stata un'illusione. Ma quest'avvenimento, l'ha profondamente cambiato e, mentre prova a civettare con una ragazza come faceva prima nel vano tentativo di far rivivere il vecchio Dannion, mente questa cerca di fare il pieno di benzina alla sua macchina, vede che essa morirà in un tragico incidente stradale. Egli soffre nel vedere il dolore degli altri. Cerca di cambiare il destino di quella ragazza manomettendo la sua auto ma proprio quello provoca l'incidente mortale in cui lei perderà la vita. Colui che l'aiuta in questa vicenda comprenderà pienamente che Dannion sta affermando il vero solamente quando una rivelazione fattagli da Dio quando era incosciente, si avvererà: la tragedia di Cernobyl. L'atteggiamento del nuovo amico nei confronti di Dannion, muta radicalmente e siccome quest'ultimo non riesce, nonostante i suoi innumerevoli tentativi a riparare e fare del bene a quelli del suo paese, gli propone di andare con lui a tenere conferenze, a depositare la sua testimonianza. Dannion accetta, ma la moglie non riconosce né il nuovo modo di essere del marito né questo suo bisogno di fare del bene e presentare la sua testimonianza. Gli dice che lo preferiva com'era prima, ma Dannion si rende perfettamente conto che deve andare avanti nell'assecondare la sua nuova identità e quindi accetta la proposta del suo amico e parte, sennonché, mentre lui sta fuori, suo papà lo chiama e lo avverte che mamma sta male e sta morendo. Dannion non trascura i suoi doveri di figlio e ritorna al capezzale della mamma morente. Il prete è fuori dalla camera della mamma e Dannion, le domanda se vuole confessarsi. La mamma non vuole e gli rivela di essere orgogliosissima di lui, di com'era diventato affermando che era il figlio che ogni mamma desiderava avere. Dannion le prende la mano e le spiega che morire è ritornare al Padre, in un Regno di gioia, pace e amore. Ad un certo punto la mamma vede la sorellina morta a soli 16 anni e domanda al figlio il motivo di tale visione. Il figlio per non allarmarla le dice che ne ignora il motivo ma l'invita ad andare da sua sorella, di non avere paura. La mamma in quel momento muore ed è proprio lui che le chiude gli occhi. Dopo quel fatto, Dannion vaga in auto assieme al suo nuovo amico e casualmente incontra una persona che fruga nella spazzatura e l'invita a salire sulla macchina promettendogli che gli avrebbe dato del cibo. E così fu! Dannion trova tanti altri indigenti e offre a tutti da mangiare in un ristorante senza badare a spese. L'amico lo segue stupefatto, coinvolto sempre di più nella vicenda di Dannion. Ormai ci crede fermamente: i fatti che sono sopravvenuti all'esperienza di Dannion sono testimonianza verace, indiscutibile.
Dannion dovrà ancora lottare con se stesso: alcuni cercano di sfruttare la sua capacità di prevedere il futuro nel gioco dell'azzardo e lui ne è tentato fortemente, tanto che si raccoglie in preghiera e domanda a Dio la forza di non sfruttare quel dono disonestamente. Le donne cadono ai suoi piedi, ma lui non intende stare con nessuna di queste nel modo che esse vogliono, tanto che, messosi a servizio di queste persone che domandano aiuto, non riesce a trovare più il tempo per dedicarsi a sua moglie, la quale, piangendo, gli dice che vorrebbe vivere facendo finta che lui non esista più. Egli, infatti, non riesce a rimanere inoperoso scorgendo, grazie al suo dono, la sofferenza altrui.
È un film che davvero induce alla riflessione. Il primo spunto di riflessione può essere questo:
Perché Dannion, a differenza di Gloria Polo, non è andato all'inferno pur essendo assai violento fin da bambino, mentre lei, pur andando in chiesa da ragazzina, non ha ottenuto lo stesso dono?
Lì per lì anch'io a questa domanda sono rimasta perplessa. La risposta sta nell'atteggiamento di fondo completamente diverso dei due: Gloria vedendo la sua vita non si è pentita di quello che aveva fatto, ma cercava giustificazioni e si avvaleva del fatto di essere cattolica; Dannion invece, rimase profondamente colpito dalla sofferenza che aveva provocato con il suo atteggiamento violento, aggressivo e si pentì sinceramente. Ecco la differenza tra i due. Entrambe poi sono tornati in vita con la stessa missione, di amare il prossimo ed essere testimoni di ciò che era loro accaduto, radicalmente cambiati.
Ogni peccato riconosciuto sinceramente, suscita in cuore il desiderio di riparazione. Dannion, si preoccupava di riparare affrontando le persone che aveva precedentemente fatto soffrire. Non si accontentava di fare del bene, ma bramava riparare il male passato. Non è poco questo. Se fosse stato un sentimentalismo, o un semplice senso di colpa, non si sarebbe curato così tanto di tale aspetto.
Impressionante che la moglie, considerata da tutti una brava ragazza, non riusciva ad accettare il Dannion nuovo, il figlio che qualsiasi mamma desiderava avere, ma viveva nella nostalgia di quello violento.
Altro aspetto è che non si riflette abbastanza sulle conseguenze delle proprie azioni: non si pensa a sufficienza che si fanno soffrire gli altri e questo ha ripercussione nell'eternità. Si usano parole inutilmente, si getta fango tranquillamente, non curandosi del fatto che l'altro vive il suo dramma. Dannion era stato cambiato dal sentire su di sé il dolore altrui e troppo spesso su questo si passa sopra. Non bisogna indurire il cuore in visioni spesso fredde di fede senz' amore: Dannion nel periodo di difficoltà nel rapporto con la moglie, era andato da una cartomante, per accondiscendere a un desiderio della moglie. Le aveva domandato della sua relazione con la moglie dicendo che aveva parecchi problemi. La cartomante aveva risposto che questi si sarebbero risolti e lui aveva ribattuto, sapendo bene come sarebbe andata a finire, che non era assolutamente vero. La cartomante a queste parole reagì dicendo che doveva avere fede. A questa parola Dannion non ci sta più: la redarguisce dicendo che non si può usare il termine fede a sproposito...
Quante volte abbiamo detto che ci può essere una fede senza amore e quindi sterile, come quella del diavolo! In nome di Dio si può anche uccidere, la storia insegna!
Altro aspetto su cui riflettere: l'onestà di Dannion. Egli cerca di vincere in continuazione la tentazione di usare il suo dono venalmente o approfittando del fatto che era diventato l'oggetto di desiderio di tante donne. Dannion si dibatte, resiste urlando la sua preghiera a Dio: lo stesso impeto usato una volta nel fare del male, adesso lo impiega nel resistere alla tentazione. Questo aspetto può passare inosservato ma ciò a cui non resisteva affatto Dannion erano le donne, l'alcool, i soldi. In queste cose, adesso, egli resiste eroicamente. Non ostenta il suo dono quando sa che la verità in quel momento non può essere accettata: ad una madre che mostra la foto del suo bambino scomparso, egli, pur sapendo che era già morto, non risponde, non ostenta la sua capacità nel dare cognizioni che fanno soffrire. Rispetta la sensibilità di quella donna, aspettando che siano gli stessi avvenimenti a svelarle ciò che a quel bambino era accaduto.

venerdì 13 aprile 2012

La vita oltre la morte


È vero, oltre la morte, c'è un'altra vita e i legami di affetto non si spezzano con la morte, anzi, si solidificano e spronano alla conversione. È un racconto molto personale, ma nel mio cuore è accaduto la stessa cosa che è avvenuta in quello della Maddalena quando si è vista davanti a sé Gesù risorto. È una gioia incontenibile, la gioia di chi ha trovato la risoluzione di una dramma che, a tutta prima sembra quello più insoluto: la morte.

Nella vita si passano momenti davvero difficili, pure nel rapporto con noi stessi. Ci sembra di aver compiuto parecchi passi avanti, o almeno, siamo sicuri di aver messo tutta la nostra buona volontà per superare un determinato difetto ed invece il Signore ci lascia camminare da soli e, puntualmente, se poggiamo sulle nostre deboli forze, ecco che caschiamo miseramente al suolo. Miseramente, guardiamo le nostre ferite che sanguinano, senza avere il medicamento adatto e non riusciamo più ad alzarci perché abbiamo consumato tutte le nostre forze precedentemente. È vero che una bella frase afferma: “non guardare dove sei caduto, ma dove sei scivolato”, ma, poi, nella realtà rimane abbastanza difficile, per vari motivi: il nostro orgoglio, la nostra debolezza...
Tutti noi, forse, almeno una volta nella vita, abbiamo sperimentato questo: l'avercela messa tutta ed essere ritornati al punto di partenza... E abbiamo vari esempi pure da chi nella vita ha “giocato” bene e seriamente e, dopo la sua morte, si è avviata la causa di beatificazione. Facciamo un esempio: Benedetta Bianchi Porro. Mi direte cosa c'entra con la premessa che ho fatto... C'entra, c'entra, eccome! Ebbene, Benedetta sembra aver accettato la sua gravissima malattia, neurofibromatosi, che piano piano la inchioda alla croce, immobilizzandola. Non è assolutamente facile perché si troverà sorda, cieca, paralizzata completamente, ma forse dai santi ci aspetteremmo che accettino tutto subito, che vadano solo avanti... o almeno che non guardino appunto dove sono caduti.
La croce della malattia per Benedetta diventa pesante perché ad essa si affiancano numerose croci spirituali, tra cui la solitudine. La malattia le tocca il cuore, la sua vita spirituale. Benedetta crede fondamentalmente all'amicizia, quella vera ed è alle sue amiche che svela il suo cuore. In questo periodo molto difficile per Benedetta, un'amica, le manda una lettera che spesso ho citato: “La vera croce è quando non abbiamo più nulla di nostro, niente, nemmeno quel briciolo di generosità che ci farebbe ricchi di qualche cosa..., neanche un po' di forza per confidare in essa; la croce è quando siamo spogli di tutto, e siamo davvero noi stessi, poveri, poverissimi, con le mani vuote, con tante tentazioni dentro. La croce serve a farci vedere qual è la vera e unica sorgente di sicurezza e di pace: e la nostra pace diventa vera perché è fondata su di Lui”
È una riflessione veramente profonda e vera. La croce della malattia non sarebbe tale se non coinvolgerebbe pure il nostro spirito. Anche Gesù, infatti, sulla croce, si sentì abbandonato dal Padre: il suo dolore era parimenti spirituale. Certamente, Lui ha vissuto in modo perfetto la sofferenza rispetto anche ai santi che hanno dovuto faticare per conquistare la vetta.
È pur vero che dopo la croce c'è sempre la resurrezione, ed è questa la speranza più grande che ci ha insegnato Gesù. Seppur abbiamo contemplato le nostre ferite, non temiamo: ad ogni fallimento c'è la Resurrezione! Difficile crederlo, quando si soffre intensamente.

Ho raccontato questo per voler arrivare al dunque, al principio di questo post: la vita oltre la morte, esiste davvero!
Ho sperimentato questo: la fatica del camminare e la delusione di ruzzolare miseramente indietro, al punto di partenza... di aver invano faticato, di vedere le potenze del male ergersi infuriate e travolgere la mia vita. Un po' come avvenne a Giobbe, ma è raccontato anche in una rivelazione personale sentita su Radio Maria, mi pare: satana domanda il permesso di vagliare Giobbe; nella rivelazione personale, chiede il permesso di vagliare la Chiesa stessa, di farla tremare fin nelle fondamenta, e Dio... glielo dà. Tristezza infinita, si potrebbe affermare, in effetti: sembra che Dio abbandoni le anime a Lui care in balia di satana. “Fa' pure!” Mamma mia! Fa' pure vuol dire che Dio lascia totalmente il potere a satana e, di conseguenza, l'anima sentirà l'abbandono di Dio. Pure la Chiesa lo ha sentito: travolta dall'ateismo dirompente, viene naturale domandarsi che cosa ne sarà di essa! Si ritorna quindi alla lettera ricevuta da Benedetta: la vera croce è quando non si ha neppure la forza per lottare... ma lo scopo di tale “abbandono” di Dio rimane quello con cui si conclude la riflessione della Romolotti: l'unica sorgente di sicurezza è Lui! Ecco il punto a cui ci vuole far giungere Dio lasciandoci in balia di satana, perché così è. Pure con Giobbe, sebbene lo veda immerso nella sofferenza, non interviene... nemmeno quando lo vede capitolare, le forze interiori abbandonarlo. Lascia fare, così come lascerà fare con il Figlio stesso. Gli fa vivere la passione fino in fondo, fino alla morte. Ma il bello è che poi c'è sempre la Resurrezione! Dopo il terremoto sopravvenuto alla morte di Gesù che terrorizza tutti, ecco il terremoto della Resurrezione che sposta la pietra che chiude il sepolcro.
Ebbene, in questo momento di difficoltà, di notte mi ritrovo nella casa di Genova insieme con mamma e papà. Papà predilige apparire dove è vissuto. Lui è vestito come quando andava a lavorare e come lo è nella foto sulla tomba. Mi guarda intensamente e sento una voce che racconta ciò che ha preceduto il matrimonio dei miei genitori, una cosa che ignoravo totalmente: io sapevo che la famiglia di mamma aveva accolto mio papà con affetto e senza remore, cosa vera, ma non del tutto. Mi avevano raccontato parzialmente gli avvenimenti per non “insudiciare” ai miei occhi la memoria del nonno materno morto di una malattia atroce a soli 47 anni... Che io, poi, non ho nemmeno conosciuto.
Nel sogno la figura di mio nonno era completamente differente: mi è stato raccontato da papà che picchiava mia mamma ed era molto severo e che nonostante questo, si erano sposati ugualmente e che grazie a queste prove, il loro matrimonio era veramente convinto... Convinto, ecco il termine usato. Non era precisamente la voce di mio padre che raccontava questo, era una voce che sentivo e parlava al mio cuore mentre lui mi guardava. Poi è uscito in giardino ed io l'ho seguito. Ha svoltato l'angolo del giardino andando dalla parte del palazzo che dà sulla mia parrocchia, si è voltato prima verso di me, poi verso la chiesa, ha fatto un piccolo inchino ed è scomparso, come passando attraverso una porta invisibile. Pensavo fossi io ad aver avuto le allucinazioni, perché le cose risultavano assai diverse da come le aveva raccontate papà in sogno. Ho chiamato mia mamma e le ho raccontato del sogno e di ciò che aveva detto di suo papà, cioè di mio nonno. Le ho domandato se era vero. Mi avevano sempre riferito che lo avevano accettato! Lei mi ha spiegato che entrambe le versioni erano vere: nonno aveva accettato mio papà, ma non desiderava che lei uscisse da sola  con lui e che era vero che nonno picchiava mamma (aveva 15 anni circa) quando tornava dalle passeggiate... ed è anche vero che mio padre dichiarò al futuro suocero che aveva intenzioni serie ma che doveva dargli l'opportunità di conoscere mamma. Cose che ignoravo assolutamente! La mia sorpresa a tal racconto, è stata grande! Era quindi proprio lui, mio papà. Io non conoscevo le cose che lui mi ha raccontato. È stato un po' come vivere la gioia della Maddalena quando ha visto Gesù. È davvero un avvenimento meraviglioso! Toccare con mano che la vita oltre la morte c'è davvero e che i legami non si spezzano ma si rinsaldano ancor di più. Mio papà mi ha consolato e nello stesso tempo “ammonito”, scosso. È meraviglioso!!!
Ho riportato questo fatto personale, perché penso possa fare del bene a tanti altri, che dia forza a chi ha perso i propri cari. Non esisterebbero le anime se non esistesse Dio e quindi è una prova dell'esistenza di Dio anche questa.

venerdì 6 aprile 2012

Il senso della vita

Un altro triduo pasquale...Giorni di riflessione e di interrogativi. Che senso ha il vivere? E' il grande interrogativo che scuote, di cui la risposta muta radicalmente il modo stesso di vivere.
Trovare il senso della propria esistenza, non è questione di poche riflessioni e di risposte date a casaccio attinte da qualche libro di devozione o teologia somma. Nemmeno i libri delle vite dei santi ci possono rispondere in quattro e quattr'otto. E' la domanda per eccellenza, quella da cui deriva tutto il modo di vivere, la felicità stessa di una persona. Qual è il senso della mia esistenza? Svuotata del vero senso, la vita rimane vuota e diventa una voragine sempre più da colmare e se non lo si fa con Dio, si getta dentro essa tutto ciò che capita tra le mani. Quella voragine va colmata e l'uoomo lo fa con tutto ciò che trova, senza distinzione, ma, poiché lo fa con oggetti corruttibili, questi sono destinati a scomparire, a sciogliersi e a ricreare quel vuoto che fa temere, che fa tremare il cuore.
Da questo vuoto si crea il "mal di vivere", come lo chiamavano i poeti... i disagi, come li chiamano gli psicologi e disagi di vari tipi. Da questo vuoto incolmabile nascono le diverse dipendenze dagli stupefacenti, per rompere quella monotonia che uccide, dal cibo, per trovare piacere e avere di che occupare la mente.
Pare che tutti questi disagi dipendano dalla risposta che si dà a tale domanda: un senso a questa esistenza va dato.
E' vero, è così, non può essere altrimenti. Quando si cammina, si deve avere un senso preciso; se non fosse così, si procederebbe a tentoni e si rischierebbe di perdersi e, perdersi, vorrebbe dire provare paura, soffrire... disagio. 
La morte di Gesù in croce, dà un senso a questa esistenza, dà senso alla morte di ogni uomo. Il seme che muore dà vita... La morte di Gesù ha donato la vita stessa: il suo senso.

giovedì 5 aprile 2012

Discussioni inutili


Tanti hanno in mente che i teologi, visto che “conoscono” o presumono di conoscere Gesù, amano Dio più intensamente. No, non è vero. Se è per questo anche Giuda Iscariota conosceva e stava con Gesù ma non ha creduto alla misericordia di Dio.
Tanti teologi possono non credere in Dio, anzi, possono addirittura perdersi perché, cercando di entrare nel suo mistero, il loro animo può incorrere in dubbi terribili e, questi, provocare una lacerazione interiore, una crisi dagli esiti fatali.
Quindi, vediamo tanti studiosi lambiccarsi la mente sul periodo della nascita e della morte di Cristo senza preoccuparsi di pregarlo e amarlo.
Cosa cambia sapere che Cristo è nato davvero il 25 dicembre? Tanto ormai hanno accertato la sua presenza storica: ne hanno parlato ampiamente gli storici latini e, quindi, non si può più affermare che non sia esistito. Pure Paolo, san Paolo, era un non credente... colui che ha scritto le lettere che difendono il cristianesimo. Come fariseo praticante, non avrebbe avuto alcun motivo a raccontare storie sulla sua visione e conseguente cecità! Sarebbe stato a suo discapito.
Ci sono stati dei testimoni che ne autenticano l'accaduto.
La faccenda delle date è un po' una discussione inutile che non entra nella sostanza della fede la quale rimane ancorata all'evento storico della morte e resurrezione di Gesù.
Prestar fede, aver fiducia, in coloro che hanno raccontato l'evento chiave della Resurrezione è fondamentale...

domenica 1 aprile 2012

La Passione


Leggere la Passione è sempre molto commovente: scuote gli animi in profondità. Quando un nostro caro muore, è normale ripercorrere soprattutto gli ultimi momenti della sua vita. Si ricordano come per far rivivere quella persona, per stampare in modo indelebile il suo volto nel nostro cuore. Ed è certamente molto drammatico ed inesplicabile il modo in cui Gesù morì: violentemente, consegnato dai suoi stessi discepoli. Come ho detto precedentemente il dolore di Gesù, la sua passione potrebbe pure far vacillare la nostra fede. La morte di una persona scuote gli animi, disorienta... E' il dolore che umanamente non ha rimedio. I discepoli e coloro che hanno amato autenticamente Gesù, subito dopo la morte, ne avranno ripercorso i dolori, ne avranno ricordato i gesti, le azioni, si guardano ai luoghi che egli ha frequentato per farlo rivivere. Ecco il senso della via crucis. Quando una persona a noi cara muore, se ne ricorda principalmente il termine della vita, ciò che ha dovuto soffrire e quindi come ha affrontato la morte; i luoghi che ella ha frequentato pullulano di ricordi indelebili, rimandano alla persona che non c'è più fisicamente. La mente ne accarezza i momenti, si commuove, piange, se ne chiede anche il motivo.
La Passione è l'assurdità della violenza dell'uomo che si accanisce su un uomo innocente che nella sua vita non ha fatto altro se non del bene. Bisogna avere davvero tanta fede. Poco tempo fa, ho letto da qualche parte che il dolore degli innocenti, va letto in consonanza con la morte di Gesù. Ed è vero: i Giudei, soprattutto i capi della religione volevano uccidere Gesù, spinti da motivi religiosi, politici e personali, ma colui che davvero l'ha consegnato alla morte è stato un suo discepolo, un apostolo. Anche questo fa scuotere la fede fin dalle sue fondamenta. Se sapeva che Giuda era così, perché lo ha fatto oggetto di una chiamata così sublime qual era quella dell'apostolato? Non si può comprendere umanamente. Sembra assurdo. Eppure sta nella logica di Dio stesso, del suo amore. Egli va al di là di ogni nostra aspettativa, il suo amore infrange le barriere, i nostri limiti.